121. Eucarestia (1)
1. Ogni mattina c’è questo abisso che si apre tra le nostre labbra ed i denti, questa lingua che avanza quale vetta ardente dello spirito interiore. Considera, Signore, questa soglia logorata dal tuo passo assiduo! Tu sei come l’avaro che ogni giorno va a render visita al suo tesoro (Claudel).
2. Nella Comunione, chi si comunica non è soltanto penetrato interamente dal mistico fuoco della carità di Cristo, ma riposa in un contatto diretto con la stessa Persona del Verbo Incarnato. In tale unione, chi vigila così il suo amore pur nell’oscurità della fede, come può non ottenere una conoscenza più intima e profonda dell’anima stessa di Gesù? Questo amore, questa conoscenza del Signore, che è in pari tempo il più puro e il più profondo effetto della Comunione, è senza dubbio ciò che ha maggiore importanza agli occhi stessi di Cristo.
3. Le nostre Comunioni sono più veramente e più profondamente tali allorché ci danno di partecipare a quella vita di contemplazione e di amore vissuta da Cristo nella Santissima Trinità.
Le nostre Comunioni sono più fruttuose quando, oltre ad accrescere il nostro amore per il prossimo e ad approfondire in noi la fede, ci portano ad una conoscenza più intima e pura del mistero di Cristo in cui tutti siamo uno.
4. La nostra contemplazione è un atto di culto che anticipa la visione e la lode del cielo. La meditazione che prolunga la nostra Messa e la Comunione è una misteriosa riproduzione sulla terra del grande coro di adorazione che si innalza in Cielo.
Carità fraterna e opere buone, sia pure unite alla Messa ed emananti da essa, potrebbero portare perfino ad una deviazione dalla retta via se non lasciassero il posto a momenti di ringraziamento silenzioso dopo la Comunione, di meditazione ed adorazione davanti al Tabernacolo.
5. O Theos agape estin1. Non eros. L’amore umano non può essere mai pura agape, perché siamo contingenti e insufficienti, la nostra povertà spasima per essere soddisfatta.
Agape è l’amore che trabocca e dà della sua pienezza. Dio è un infinito darsi. La Trinità è un infinito dono di vita in cui le tre Persone sussistono nel dono reciproco l’uno all’altro.
Per entrare nel mistero trinitario ecco l’Eucarestia.
Nel Sacrificio della Croce rinnovato nella Messa si rivela mirabilmente l’essenza di Dio che è l’agape: del Padre che ci dà il Figlio, del Figlio che muore per amore nella fiamma dello Spirito Santo.
6. Cristo nel Santissimo Sacramento è sommamente attivo: è Lui che ci chiama perché desidera darsi a noi. Egli mi ama e viene a me. La sua azione sull’anima mia parte dal suo Corpo, ci trasforma e ci divinizza per sua virtù. È per sua volontà che riceviamo la grazia dello Spirito Santo. Ed è lo Spirito Santo che suscita in noi una risposta. L’amore di Cristo dilata la nostra capacità di ricevere la grazia e ci sospinge ad atti di una carità più fervente e più spirituale.
E non solo la sua illuminata intelligenza e la sua volontà agiscono in questo sacramento, ma anche la sua memoria.
La sua Passione gli è sempre presente, non ha bisogno di nessun mistero sacramentale; in virtù dell’unione ipostatica tutti i tempi gli sono presenti. Ma la Messa ci porta Cristo nella sua Passione. Il che vuol dire che chi assiste alla Messa e lo riceve nella Comunione è presente a Lui nella sua Passione.
Cristo durante la Passione ha visto tutto, anche i nostri peccati e le nostre consolazioni (Miserentissimus2).
7. Nella Messa vi è una duplice Consacrazione. Le specie del pane e del vino sono consacrate separatamente in modo che il Corpo di Cristo è presente sull’altare misticamente separato dal suo Sangue. È in virtù di questa separazione che Cristo viene immolato e offerto al Padre in stato di vittima. Perciò il Corpo glorioso di Cristo senza sofferenza alcuna, senza nessun cambiamento fisico inerente al suo essere, viene misticamente posto nella stessa condizione nella quale ha espiato sulla Croce i peccati del mondo.
Quindi nella Messa quello che è presente sull’altare è il Cristo crocefisso. È il Cristo che ha sofferto per noi, il Christum passum3, che offriamo al Padre, non il Cristo glorioso, per quanto sia il Corpo glorioso di Cristo che viene posto lì in stato di immolazione. Cristo Re e Sommo Sacerdote che regna nella gloria, agendo attraverso la persona del ministro consacrato, rende presenti sotto i veli sacramentali la sua Carne e il suo Sangue gloriosi. Il Corpo presente è il Corpo vero e vivo di Cristo nella gloria. Questa è la presenza reale effettuata nella Transustanziazione. Ma vi è anche la presenza del Cristo crocefisso effettuata dalla separazione simbolica del Corpo e del Sangue del Signore. Una presenza in misterio, nel significato di una azione divina che manifesta l’intervento del Dio eterno nel mondo dello spazio e del tempo per unire gli uomini a Sé.
8. Vediamo sull’Altare la sublime sobrietà del Cristo. L’eloquenza di questo rito tremendo e pur silenzioso è l’eloquenza perfetta con cui Dio stesso, servendosi delle più semplici parole umane e delle più comuni e ordinarie tra le cose dell’uomo, ha istituito il sacramento che ci apre le porte del Cielo.
9. Non ci santifichiamo come unità isolate ma quali membri di un organismo vivente, la Chiesa; ci santifichiamo come membra gli uni degli altri. Il crescere del singolo nelle virtù del Cristo contribuisce potentemente a render l’intera Chiesa rassomigliante a Cristo e perfeziona l’unione di lei con il suo Sposo divino. Tutte le virtù del Cristo Crocefisso dovrebbero venire riprodotte con un orientamento particolare cioè dirette all’unione dei fedeli in Cristo.
Edificare il Corpo di Cristo.
10. Le disposizioni dell’anima di Cristo nel Santissimo Sacramento possono essere comprese dai passi della Lettera agli Ebrei, in cui è descritto come Sommo Sacerdote e Vittima (Eb 3,1-15; 4,10; 4,13-15; 5,5-10; 7,25).
11. Liberarci nella Comunione dalla pietà individualistica, cioè il fare della Comunione un rifugio da noie e dolori, uno sfuggire dalla realtà. Ma accettare le responsabilità di membra del Corpo Mistico (Merton, p. 111).
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