23/05/1979 - 251 - Salmo 25

23/05/1979

251. Salmo 25

23 maggio 1979

Il Salmo ben si addice a Cristo, perché lui è stato veramente l’innocente, l’Agnello immacolato senza macchia che ha sofferto immensamente quando si è voluto caricare dei nostri peccati e, come dice Eb 7, si è presentato al Padre per noi “santo, innocente, senza macchia”1. Egli è la nostra giustificazione.

Per noi il Salmo rappresenta bene il nostro desiderio, la nostra volontà, la nostra preghiera di purificazione.

Nella Liturgia precedente2 lo recitavamo all’Offertorio alla lavanda delle mani, che si diceva «Lavabo» dalla parola latina del Salmo3. In realtà è segno ottimo nella vita spirituale il bisogno incessante di purificazione. Man mano che l’anima viene a conoscere Dio così santo e così grande, man mano che l’anima desidera entrare in comunione con Lui, sente sempre più il bisogno di purificare il cuore dal peccato anche minimo. Non si sazia di chiedere perdono, non si sazia di fare penitenza. “Per vedere Dio bisogna morire” (Santa Teresa, bambina4). Morte, cioè necessità di trasformazione rinunciando a se stessi e accettando di cambiare la mente e il cuore, rinunciando a quanto può impedire l’adesione totale a Dio seguendo con la Croce Gesù. Realizzando la nuova vita.

Questa incomincia con il Battesimo che è prima di tutto purificazione mediante l’infusione dello Spirito Santo e l’innesto della nuova realtà. È la vocazione cristiana, che è chiamato a realizzare attraverso le lotte e tentazioni una conformità prima a Cristo. Questo comporterà la rinuncia alla propria volontà, ai propri piaceri, al proprio egoismo e con un dinamismo che non si deve interrompere ad acquistare i sentimenti di Cristo. È un lavoro continuo.

Non è possibile questo se non si ha una ricerca continua di “innocenza”, se non ci si lava sempre le mani5, cioè le nostre azioni, se non si ha la conquista dello spirito di mortificazione, se non si capisce che il nostro amore a Dio e la nostra gioia esigono questa strada. Amare è donare, è mettersi in totale disponibilità a quanto Dio domanda, fa con Lui una sola cosa.

Dobbiamo avere molta stima della mortificazione perché, disciplinando noi stessi, ci preserviamo dalle cadute e possiamo purificare tutta la nostra vita. Non per rinnegare il valore delle cose ma per saperlo apprezzare; non per porci negatori della vita ma per saperla vivere. Altrimenti le cose vengono a noi come impedimento; è che rinunciamo a ciò che ha meno valore per acquistare di più in Dio. Ci rende liberi, padroni, signori.

Il lavoro della grazia spinge un’anima a conquistare questo cuore libero, questa serenità basilare. Acconsentire al piano di Dio è lasciarsi condurre a questo tipo di conquista.

Non avere paura. Alle volte per questa mancanza di purificazione totale e di dominio di sé che è una conseguenza certe anime hanno perduto una grande santità. Dobbiamo comprendere come è vitale.

Vi sono delle mortificazioni accettate, delle doverose, delle volontarie.

Vorrei insistere su un tipo di mortificazione che è di tutti i giorni e che si chiama: la pazienza. Questa costituisce la mortificazione più vera, quotidiana, e il vero mezzo di purificazione. Dobbiamo partire dalla pazienza di Dio, dalla dolcezza sua modello perfetto.

Il Salmo 144 dice: “Paziente e misericordioso è il Signore, lento all’ira e ricco di grazia. Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande verso tutte le creature”6. Gli uomini bestemmiano ed egli tace, l’offendono e non li castiga.

E Dio è apparso nella sua vera fisionomia in Gesù. La meravigliosa sua pazienza che commuove fino in fondo al cuore; la pazienza della sua infanzia, la pazienza del lavoro e del silenzio, la pazienza nella sua predicazione, con i suoi nemici e con i suoi discepoli e i suoi apostoli, la pazienza con Giuda e nella sua Passione crudele.

Noi frequentemente dobbiamo adorare, ammirare, lodare, amare e benedire la divina pazienza di Gesù.

La sua pazienza con noi per i nostri peccati, per i nostri propositi ripetuti e falliti, con la nostra mediocrità ossessionante.

Dobbiamo ammirare la pazienza di Gesù Eucarestia che sta sempre nel tabernacolo ad aspettarci, e quando arriviamo siamo così assonnati e dispersi. La pazienza dei sacrilegi.

Dobbiamo dunque capire il valore della pazienza. “La prova della vostra fede produce la pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla” (Gc 1,3-4). È la virtù che ci fa sopportare senza lamento le prove della vita per obbedire a Dio che le permette e le manda. Il paziente dimostra così a Dio il suo amore facendo la sua volontà. La pazienza non è solo virtù per chi è vecchio, perché non è inerzia o rassegnazione, ma è sforzo dinamico di speranza, è costruzione di speranza.

Bisogna vederne il lato estremamente positivo e costruttivo. È l’accettazione di ciò che Dio adesso, in questo momento, vuole da noi; dei mezzi che Lui ci dà, delle difficoltà che abbiamo sul cammino, delle nostre difficoltà.

Molti si entusiasmano quando pensano alla santità, ma pochi arrivano perché non hanno pazienza di loro stessi, non si accettano, non accettano le cose, quelle cose; non accettano qualche persona con cui vivono: “Quante volte ho tentato, ma ora mi sono rassegnato”.

La pazienza è una tensione profonda, non è fatalismo. Un sasso ingombra la strada e impedisce il cammino: c’è chi passa sopra, chi vi gira attorno, chi aspetta che gli uomini e le cose mutino; intanto si fa qualche altra cosa.

Pensate a chi vorrebbe le cose perfette, altrimenti niente. Siccome non riescono a trasformare tutto, ad avere la comprensione e la collaborazione di tutti, lasciano tutto. Mancano di pazienza e la loro vita diventa una sorta di nevrosi. Il nervosismo fa strage e influisce su tutto. Non sappiamo aspettare. Siamo dei malati.

E per la nostra perfezione e per le opere occorre pazienza. La pazienza è un amore forte che non si lascia soffocare, che sa che più le opere sono grandi più richiedono umile lavoro, che non si può far tutto in una volta; si fa quello che è in nostro potere, che bisogna accettare anche delle strade lunghissime.

Bisogna che ogni mattina poniamo l’anima nostra in una giusta disposizione, e prevediamo le occasioni di pazienza e gli imprevisti. Reprimere le nostre reazioni, offrendoci per la purificazione. Dobbiamo accrescere il nostro desidero di soffrire per amore del Signore; porre questa nostra offerta nella Messa, superando tutte le tentazioni di avvilimento, ripiegamento e di impazienza, vedendo particolarmente nelle cose e nel lavoro due grandi occasioni di pazienza. Specialmente in certe giornate in cui tutto sembra congiurare contro.

Dobbiamo saper far forza a tutti i costi. Proporci di chiedere spesso questa pazienza e di valorizzare le piccole croci, le privazioni, le noie, le malinconie, le privazioni, le difficoltà del dialogo, le pene dello studio o del lavoro. Arrivando non sotto le nubi ma sopra a una grande pace e a una grande abituale pace e serenità grande, che è frutto di santità. Non giustificandoci per l’impazienza altrui.

Condividi su
MOVIMENTO FAMILIARIS CONSORTIO
Via Franchetti, 2
42020 Borzano
Reggio Emilia
Tel: + 39 347 3272616
Email: info@familiarisconsortio.org
Website: familiarisconsortio.org
  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
    tra la vita delle persone, condividendo tutto. 
    In fondo, forse, è il segreto più prezioso che ci ha svelato.”
    Umberto Roversi

© 2022 Movimento Familiaris Consortio | Via Franchetti, 2 42020 Borzano (RE) | info@familiarisconsortio.org |Privacy Policy | COOKIE POLICY | SITEMAPCREDITS