23/01/1980 - 251 - Salmo 27

23/01/1980

251. Salmo 27

23 gennaio 1980

Il silenzio di Dio. È il più grande tormento e la più grande delle prove. Dio tace. Tutti gli avvenimenti ruotano, tutti gli uomini parlano e decidono, tutto succede come a caso, il male trionfa e i buoni vengono calpestati. E le stelle stanno a guardare.

È il terribile problema del male e del dolore. Un problema che non si risolve se non si pone la propria vita nell\'amore. Allora si capisce come il silenzio di Dio è solo apparente, come in realtà la nostra collaborazione è valida, accettata, meritoria.

È solo con l\'amore che noi entriamo nella forza della Redenzione di Cristo, perché il peccato non si vince e non si cancella se non con il dolore. Non cerco il dolore per il dolore; cerco l\'amore. Noi siamo peccatori e dobbiamo esserne ben persuasi e perciò dobbiamo volere il dolore di pentimento, la penitenza che nr viene di conseguenza.

Ma ancora facciamo parte di un popolo di peccatori e Dio vuole arrivare agli altri attraverso il nostro amore e attraverso la nostra penitenza. Dobbiamo sentirci così solidali con gli altri che i peccati del mondo li dobbiamo sentire come nostri.

“Perché se tu non mi parli, ecc…”1; “O Signore, tu sei veramente un Dio nascosto (Isaia2). Ma Dio ha parlato e la sua parola si è fatta carne. Ed è qui la sostanza della nostra fede: “Mentre tutte le cose erano nel silenzio, la tua parola (il tuo Verbo) onnipotente, o Signore, è sceso dal cielo, dal tuo trono regale” (Sap 183).

Dio è intervenuto nella storia degli uomini per dirci la sua verità, per salvare gli uomini, per impedire che la vita degli uomini sia un’inutile corsa verso la morte. “Filippo, chi vede me vede il Padre. Non credi che io sono nel Padre e il Padre che dimora in me è Lui che fa le opere? Credete a me quando vi dico che io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le stesse opere” (Gv 144). Conoscere Gesù è dunque tutto.

“Egli è l’immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura, poiché per mezzo di Lui sono state create tutte le cose […] e in vista di lui […] tutte sussistono in lui” (Col 15). “Se tu non parli”6. Dove è Dio è Gesù. Non si trova Dio, se non si trova Gesù. “Gloria dell’Unigenito”7. L’umanità, più che il pane, il piacere, il benessere, cerca Dio e solo nel Dio che Gesù ci ha manifestato può trovare la sua pace.

Quella ansia che agita, quella scontentezza che ci prende è quando non lo possediamo come Lui vuole, non lo serviamo come è giusto, non lo amiamo sopra tutte le cose. Mescoliamo al suo servizio troppi altri servizi e prima di tutto al nostro egoismo e al nostro orgoglio. Non bisogna essere mai sazi, bisogna avere sempre più fame della sua parola (insegnamento).

Un’anima che lo ama non cessa di meditare e quel giorno che passa senza la sua luce è un giorno perduto, non si è fatta della strada. Un’anima che ama non cessa di adorarlo e di contemplarlo nell’Eucarestia, perché qui è la realtà del suo Corpo e del suo Sangue dati per noi: “Se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo non avrete la vita in voi” (Gv 68). Qui dunque sta la nostra forza, il nostro sostentamento. Dio è ancora nascosto ma sta in mezzo a noi; Dio è in un grande silenzio ma alle anime che lo cercano e lo amano ha da dire delle mirabili parole.

“Lo stolto proclama nel suo cuore: Dio non c’è” (Sal 139). Il suo silenzio è il silenzio di chi ama e di chi rispetta la libertà, ma è un silenzio che vale più di ogni parola. In tutta la terra risuona: “Sia Benedetto il Signore ecc...”10,

“Poiché non hanno compreso ecc…”11. Chi non vuole Cristo non vuole la pace e il bene. Chi lo rifiuta per essere libero, si pone invece nella schiavitù più avvilente. Chi non lo vuole come ingombrante, si prostra a una moltitudine di idoli. Chi non lo vuole col pretesto della gioia si crea l’inferno. L’inferno è essenzialmente l’assenza di Dio; uno si colloca qui: separato dalla sua vita, dal suo amore, dall’unico grande motivo che ci fa comprendere gli altri uomini.

“Non hanno compreso l’agire del Signore e le opere delle sue mani”12. Gli uomini vogliono ascoltare solo se stessi, il grido delle loro passioni, vogliono applaudire a se stessi, e alla proiezione delle loro ignominie, gli idoli del momento identificati in uomini o cose che sollecitano le loro bramosie. Il Signore non può parlare loro; non lo ascoltano, non hanno il tempo per entrare in dialogo con il loro Dio.

L’uomo deve far silenzio in se stesso, deve tendere l’orecchio.

“Sia benedetto il Signore che ha dato ascolto alla voce della mia preghiera”13. Hai creato il tuo silenzio, Dio rompe il suo. Diceva San Gregorio Magno: “Se non si riesce a liberarsi dalla oppressione degli affanni e a calmarne il tumulto ricorrendo a un silenzio interiore, non solo non si toccherà mai il vertice della contemplazione, ma non si riuscirà neppure a conoscere se stesso. Quando l’ispirazione divina solleva in silenzio un’anima, allora si può udire la voce misteriosa di Dio, perché il parlare dello Spirito risuona all’ascolto del cuore nel silenzio”.

Mai come nei nostri tempi è necessaria. Bisogna far tacere mille voci per ascoltarlo, Lui e Lui solo. Leopardi parlava dei “sovraumani silenzi”14 come componenti misteriosi dell’universo. L’invito della fede è di un silenzio grande per il raccoglimento in quel tempio vivo dello Spirito Santo che è la nostra anima per conversare con Lui. Deus intimior intimo meo15. La nostra vocazione è la contemplazione di Dio e delle sue mirabili opere perché Cristo operi in noi il volere e l’agire (Fil 2,13). Per svolgere tutto sotto lo sguardo di Dio.

“Il Signore è la mia forza e il mio scudo, ho posto in Lui ecc...”16. Dio allora ci accompagnerà come una presenza sensibile, ci avvolgerà e ci dirigerà qualunque cosa facciamo. Sarà come per gli Ebrei dell’Esodo una colonna di fuoco di notte, una nube di giorno17. Poco importerà se alle volte la sensibilità sembrerà addormentata. Anche il salmista (72) dice: “Davanti a te stavo come una bestia”18. Il Signore è con noi! “Ma io sono con te sempre: tu mi hai preso per la mano destra”19. Poco importerà che sia fatto il colloquio con poche parole. Al pubblicano è bastato dire: “Abbi pietà, o Dio, di me peccatore” (Lc 1820), e a Bartimeo, il cieco di Gerico: “Gesù, abbi pietà di me”21, ed ebbero la salvezza, o con amore le parole di Marta e dei Giudei: “Signore, vieni a vedere”22. Alle volte non saranno neppure necessarie le parole; la fatica stessa sarà essa stessa a parlare, quando per la sua gloria abbiamo dato tutto il nostro tempo. Questa fatica diventerà voce e si innalzerà al suo cospetto: “Questo incenso salga a Te o Signore e discenda su di noi la tua misericordia”23. Allora il nostro dono diventa la nostra preghiera posta così in un silenzio totale.

“Il Signore è la forza del suo popolo ecc...”24. Nella sua benedizione sarà la nostra vera gioia di ogni giorno e ripeteremo le parole della Compieta: In Lui e nella sua pace mi addormenterò e riposerò25.

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