13/02/1980 - 251 - Salmo 29

13/02/1980

251. Salmo 29

13 febbraio 1980

Il Salmo è pieno di riconoscenza e di fiducia. Racconta un’esperienza. Un momento di presunzione, il collasso, il pronto intervento della misericordia di Dio che ha liberato, letteralmente, ha preso su dal profondo del pozzo. Di qui nasce spontanea la voce del ringraziamento, la giusta esaltazione di Dio che salva dalla morte, che muta l’angoscia nella serenità e nella gioia.

Ogni anima di peccatore convertito può vedere la sua storia. Dalla tristezza alla gioia; la vera liberazione. Bisogna ripetere le parole di san Paolo (2Cor 1,3): “Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre di misericordia”. Quando il Signore Gesù la sera di Pasqua appare ai suoi apostoli non solo augura, dà la pace: è il frutto della riconciliazione con Dio per la penitenza del Cristo.

Come nella creazione “il Signore Iddio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (Gen 2,7), così ora avviene una creazione della misericordia divina per il suo sangue. “Alitò su di essi e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi»” (Gv 20,22-23).

L’umanità era veramente affondata nel fondo del pozzo. Non vi era più speranza. Ecco radioso l’intervento di Gesù. Per il suo mistero pasquale ci associa alla sua morte (“Voi siete morti con lui”1), ci associa ancora alla sua risurrezione e ci dona il suo Spirito di vita e di amore. È veramente prodigioso l’intervento di tanta bontà. Come diceva san Pietro nel giorno di Pentecoste: “«Pentitevi […] per la remissione dei peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi, infatti, è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». Con molte altre parole li scongiurava e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa»” (At 2,38-40).

“Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva” (Ez 33,11); “Ha fatto risalire dagli inferi ecc...”2. Ed è in una sola maniera che possiamo presentarci a Dio: “Per mezzo di Gesù Cristo possiamo presentarci al Padre in un solo Spirito” (Ef 2,18).

“Cristo Gesù nostro Signore ci dà coraggio di presentarci in piena fiducia a Dio” (Ef 3,12). Lo Spirito Santo opera la trasformazione totale: “Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia al momento opportuno” (Eb 4,16). La storia degli interventi di Dio si chiama giustamente «la storia della salvezza». Mediante il Battesimo l’uomo partecipa profondamente al mistero della morte e risurrezione di Gesù e tutto lo sviluppo della vita spirituale sarà in questo ordine: sarà una continua effusione dello Spirito di liberazione e di santificazione.

Il ritornare dopo lo sbandamento del peccato verrà detto «riconciliazione». È la grande opera di Cristo: riconciliare gli uomini con il Padre e riconciliarli tra di loro, e la Chiesa è incaricata di continuare: “Dio ci ha riconciliati con se stesso per mezzo di Cristo. A noi egli ha affidato il ministero della riconciliazione: poiché in Cristo Dio ha riconciliato con sé il mondo, non imputando ad essi le loro colpe e facendo di noi i depositari della parola che annuncia la riconciliazione. Per incarico di Cristo, dunque, noi siamo ambasciatori ed è come se Dio esortasse a mezzo nostro. Vi supplichiamo in luogo di Cristo: riconciliatevi con Dio” (cfr 2Cor 5,18-20).

Di qui continua il salmo: “Cantate inni ecc…”3; la gioia cioè di essere nella pace con Dio. La liberazione dal peso del peccato, dalle catene, ma ancora di più: il possesso della grazia, cioè la comunicazione di vita con la Santissima Trinità, il rifiorire di un amore tanto più grande quanto più è diventato umile e consapevole della propria fragilità.

Avvenimento pasquale nella gloria dell’alleluia. Cristo trionfa del male, del mio male, della mia vera morte, del mio fallimento. Il tempo del peccato è una brutta sera, il momento di buio. Sorge presto il mattino radioso della risurrezione, il mattino di Pasqua in cui si ha la manifestazione efficace e meravigliosa dell’amore di Dio che è fedele alla nuova e eterna alleanza. Nell’anima si è compiuta una trasfigurazione a immagine di Cristo risorto. Le forze ritornano forti per la lotta in se stessi.

Non è la sicurezza superficiale fondata su se stessi: “Nella mia prosperità ecc...”4. La sicurezza è lo Spirito Santo che è l’Amore che unisce il Padre e il Figlio e che unisce ancora i peccatori riconciliati con il Padre e il Figlio e li unisce nella Chiesa e con la Chiesa di cui è l’anima.

“A te grido ecc…”5. Sarà in una dipendenza sentita e vissuta che sboccerà, una sicurezza incredibilmente gagliarda. La nostra estrema povertà, perché siamo polvere – “Ti potrà forse lodare la polvere?”6 –, non ci potrà impedire la lode e la gloria, proprio perché lui è fedele e “solleva dalla polvere il misero” (1Sam 2,8).

“Si fa più festa nel Regno di Dio per un peccatore che si converte che per novantanove giusti”7, così come sia cruciale prudenza il dolore.

Si possono ben applicare le parole del profeta: “Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell\'afflizione, rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre ecc...”8. L’opera dello Spirito Santo è essenzialmente un’opera di gioia, che porta alla gioia vera, alla pace piena. Tutto cambia: il sacco di penitenza in abito di gioia9.

Ci rinnova in tutto. La preghiera è il suo dono: ci rende capaci di pregare, ci rende partecipi della preghiera di Cristo, e perciò della sua confidenza e della sua gioia. Particolarmente la liturgia è la sua grazia, segna il passaggio dello Spirito Santo nella sua Chiesa” (Sacrosanctum Concilium, 43); la Liturgia, che è l’esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo. “In essa, per mezzo di segni sensibili, viene significata e in modo proprio a ciascuno di essi realizzata la santificazione dell’uomo e viene esercitato dal Corpo Mistico di Gesù Cristo, cioè dal Capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale” (Sacrosanctum Concilium, 7).

“Nella Liturgia terrena noi partecipiamo, pregustandola, a quella celeste che viene celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristo siede alla destra di Dio quale ministro del santuario, del vero tabernacolo; insieme con tutte le schiere delle milizie celesti cantiamo al Signore l’inno di gloria; ricordando con venerazione i Santi, speriamo di ottenere un qualche posto con essi, e aspettiamo, quale Salvatore, il Signore nostro Gesù Cristo, fino a quando egli apparirà, nostra vita, e noi appariremo con Lui nella gloria”(Sacrosanctum Concilium, 8).

Sentiamo così sempre la liturgia come la grande epiclesi, perché invii lo Spirito Santo ai figli e li conduca nella consumazione della gloria.

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