26/04/1978 - 251 - Salmo 3

26/04/1978

251. Salmo 3

26 aprile 1978

Moltitudine dei nemici, di Cristo, della Chiesa, dell’anima.

Dio è salvezza, kabod, nube luminosa di protezione, è scudo, difesa, ci fa tenere alta la testa, vince l’umiliazione, il segno della vittoria. Non è un fatto del passato; è di ogni giorno. “Hai smascellato...”; …i denti”1.

La lotta contro la fede.

Il mondo non più concepito come un’epifania di Dio, ma come un cantiere dell’opera dell’uomo. La responsabilità delle culture. Autosufficienza umana. Le culture immanenti sono passate dall’orgoglio iniziale alla constatazione dei propri fallimenti. L’uomo ha preteso di prendere il posto di Dio in ogni scelta e in ogni rapporto, è arrivato ad un limite di disperazione esistenziale e alla negazione di tutto.

Cristo non ha annunciato una cultura ma ha offerto una speranza di liberazione che va oltre la storia anche se noi dobbiamo cercare di viverla nel nostro tempo.

Sulla nostra spiritualità. Dobbiamo essere forti; il Signore ha parlato delle anime deboli: sorta la tribolazione (Mc 4,17).

Anime forti se ne vedono poche. Bisogna essere arditi nelle difficoltà, costanti, fermi anche quando si è stanchi.

Non bisogna lasciarsi sradicare, alle prime tribolazioni perdere anni di lavoro. Il modo di essere forti non è moltiplicare le emozioni e le tenerezze. Ma la fede, ma le convinzioni, non le suggestioni. La fede non è un’abitudine meccanica di operare. Le statue di un guerriero si abbattono con facilità, ma le querce no. Convinzioni profonde perché fatte dallo Spirito Santo. Non essere canne.

Non meravigliarsi della lotta. La vita deve essere così. “Vi seminò sopra zizzania”2. Non il terreno, non il seme. Non è tanto il peccato, ma quelle che crediamo virtù nostre.

Devozione sbagliata, posizioni sciocche, cattivo gusto. Per essere forti essere aggressivi. Per non far lavorare la testa dire che ci affidiamo alla fede. Per non far fatica e non assumerci le responsabilità parlare di obbedienza. Confondere la tranquillità con l’immobilità. La cura della propria anima per trascinare quella degli altri. Presentare la verità della fede in modo sbrigativo ed errato. Postula intellectum ampliorem, quam habes3 (Sant’Ignazio a Policarpo).

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