Salmo 43
14 gennaio 1981
Si presenta posto in termini drammatici il problema della prova, della tribolazione, del dolore di ogni individuo, della comunità, del popolo, della Chiesa. Piovono le contrarietà e le cose dure.
Castigo dei peccati, o vi è una diversa finalità, una azione della Provvidenza per cui non bisogna sgomentirsi, ma aspettare una rivelazione più grande della bontà di Dio? Forse Dio vede corto come noi? Non ha il suo sguardo che vede e misura tutto?
Certo anche noi abbiamo udito con i nostri orecchi tutti i prodigi1 che lungo il corso dei secoli ha compiuto nella Chiesa e nei suoi Santi. Quando leggiamo la storia, le tappe sono segnate dalle vittorie della Chiesa.
E Lattanzio, già nel secolo IV scriveva «Della morte dei persecutori»2. Chi va contro Cristo muore di una morte tremenda. Ogni persecutore cantava vittoria. Dalla prima persecuzione generale di Nerone all’ultima: deleto nomine christianorum3. Buttati in massa alla morte, buttati nell’anfiteatro con la folla enorme che applaudiva, i cristiani morivano e sembrava la fine di un’utopia. Nessuno li difendeva. Era chiamata insania, pazzia, una dottrina che era contro tutte le consuetudini sociali, contro tutto il buon senso comune. Il graffito del Palatino: “Alessameno adora un asino”4. Nessuna apertura e nessuna speranza. E passano lentamente nel martirio e nel sangue tre lunghi secoli. E arriva il trionfo perché Cristo vince: “Per piantarli hai sradicato le genti”5, “Sei tu il mio re, che decidi la vittoria per Giacobbe”6.
Poi altre prove tremende ancora di più. Le forze del male si concentrano dentro la Chiesa. I mali; convertiti, gli opportunisti vogliono un Cristianesimo più accomodante, più alla mano, ed ecco l’eresia di Ario che prorompe violenta, che a un certo momento ha il pieno appoggio del potere politico. Dirà san Girolamo: “Un giorno il mondo si svegliò ariano”. “Per te abbiamo respinto i nostri aggressori”7. Ancora Cristo trionfa nella sua Chiesa in una lotta durata quasi un secolo. Poi, le altre eresie. Ancora prove, ancora martiri. Così di secolo in secolo. Continua la Passione di Cristo nel suo corpo. La Chiesa è sempre perseguitata. Lutero l’ha mutilata di popoli interi, ma lo Spirito ha suscitato una moltitudine di santi e la Chiesa, purificata e irrobustita, ha compiuto altri prodigi.
E siamo ai nostri tempi, e noi sentiamo tutta l’angoscia del salmista e comprendiamo le sue parole: “Ci hai fatto fuggire […]. Ci hai consegnato come pecore da macello”8.
E il tempo ci sembra enormemente lungo. “Il mio Cuore Immacolato trionferà – ha detto a Fatima –. E verrà certamente. Se pregherete, se farete penitenza”9. La nostra precisa responsabilità personale. I nostri peccati non sono un affare esclusivamente nostro in rapporto a Dio. I nostri peccati fanno mucchio e gravano sugli altri, pesano sulla Chiesa. Vi è una catena che ci unisce, una solidarietà che ci lega. Ecco perché anche chi ha fatto bene ne patisce e potrebbe ripetere le parole: “Non avevamo tradito la tua alleanza ecc...”10. Dobbiamo capire bene che siamo innestati in un corpo sociale. Dobbiamo sentire quello che si vive in tutto il corpo sia di gioia, sia di sofferenza, sia di lavoro, sia di responsabilità. La liturgia tende proprio a educarci a questo senso di membra del Corpo Mistico.
Come tutte le membra del corpo umano pur essendo molte formano un solo corpo, così i fedeli nel Cristo (cfr 1Cor 12,12). Cristo ama la Chiesa come sua sposa, e si è reso esempio del marito che ama la moglie come il suo proprio corpo (Ef 5,25-28). E poiché in Lui “abita corporalmente la pienezza della divinità” (Col 2,9) colma dei suoi doni divini la Chiesa, “la quale è il suo corpo e pienezza di Lui” (Ef 1,22-23).
Il sacrificio di Cristo diviene il sacrificio della Chiesa. “Tutta la comunità dei salvati offre il sacrificio universale ed è offerta a Dio per mezzo del sommo sacerdote Gesù” (sant’Agostino11). La Messa è il sacrificio del Capo unito però alle sue membra, animate dalla sua stessa volontà di immolazione: è il sacrificio rituale del corpo e del sangue di Cristo in cui confluisce e trova valore il sacrificio spirituale delle sue membra. Dice la Lumen Gentium: “Per la rigenerazione e l\'unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati a formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le opere del cristiano, spirituali sacrifici”12.
Senza di questo la Messa perderebbe il suo pieno effetto.
Nell’Antico Testamento Dio aveva detto: “Voi sarete per me è un regno di sacerdoti, una nazione santa” (Es 19,6; cfr Dt 7,6). Questo raggiunge la sua perfezione nel Nuovo Testamento, come dice san Pietro: “Avvicinandovi a lui […], pure voi […] siete edificati come edificio spirituale e un sacerdozio santo. […]. Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa” (1Pt 2,4-10). “Tutti i fedeli nella Chiesa sono sacerdoti, avendo ricevuto nel Battesimo l’unzione che li fa partecipi del sacerdozio” (sant’Ambrogio13). Tutti i fedeli sono offerenti del corpo immolato di Cristo e del suo sangue. Il sacerdote, quando offre, non compie un atto individuale ma rappresenta il Cristo e tutta la Chiesa. È tutto il Corpo Mistico come corpo sacerdotale che offre al Padre la vittima divina. Il popolo esprime la sua adesione in vari modi, soprattutto con l’Amen, in modo particolare con l’Amen posto alla fine del Canone, che è il più importante di tutti.
E tutti sono offerti. Certo Gesù è l’unica vittima che ha operato la salvezza, ma Cristo è capo dell’umanità e unisce a Sé nell’offerta tutti quelli che si presentano: è la goccia dell’acqua che si unisce al vino del sacrificio.
“Vi scongiuro che offriate i vostri corpi come vittima santa, viva, a Dio gradevole, come razionale vostro culto” (Rm 12,1). A Cristo, fatto obbediente per amore fino alla morte e alla morte di Croce14, si unisce il sacrificio e l’oblazione di umiltà di tutti coloro dei quali ti è nota la fede e la devozione15.
“Sorgi, vieni in nostro aiuto”16. Ci aiuta tanto da rendere suoi e dare il valore di sua azione ai nostri dolori. Quando il cristiano soffre è Gesù che soffre. Valore, dignità di redentori: le nostre tribolazioni diventano le nostre cose più preziose.
È la sua misericordia che ci redime e ci permette e ci dà l’aiuto per fare della nostra carità il grande mezzo di grazia. Non resta un desiderio, non resta una povera opera umana. Le meraviglie di Dio non sono solo dei tempi antichi, sono ovunque i cristiani nel sacrificio eucaristico. Perché “edificati come pietre vive possiamo, come sacerdozio santo, offrire vittime spirituali, gradite a Dio” (Mediator Dei17).
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