251. Salmo 46
4 febbraio 1981
È una celebrazione osannante a Dio meraviglioso nella sua azione di trionfo. Egli ha vinto tutte le potenze contrarie, tutte le nazioni ha messo sotto i piedi1, ha dato al suo popolo prediletto la piena vittoria.
Plaudite manibus2. Tutti sono invitati a partecipare al tripudio della festa. L’arca dell’alleanza sale sul monte. “Dio regna”3.
Da questa situazione concreta la nostra meditazione sale al più grande trionfo, al quale anche noi siamo invitati a partecipare: al trionfo di Gesù Risorto al quale il Padre ha dato la vittoria assoluta e lo ha posto alla sua destra.
L’Ascensione del Signore: “Uomini di Galilea perché fissate nel cielo lo sguardo? Come lo avete visto salire al cielo, così il Signore ritornerà”4. “Il Signore Gesù, re della gloria, vincitore della morte e del peccato, è salito al di sopra dei cieli tra i cori festanti degli angeli. Mediatore tra Dio e gli uomini, giudice del mondo e Signore dell\'universo, non ci ha abbandonato alla povertà della nostra condizione umana, ma ci ha preceduto nella dimora eterna, per darci la serena fiducia che dove è Lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria” (Prefazio5).
L’Ascensione è esultanza: “Applaudite popoli tutti”6. Gesù è intronizzato nella gloria divina. “Gesù Risorto Dio l’ha costituito Signore e Cristo” (cfr At 2,36); prerogativa per diritto, essendo il Figlio di Dio incarnato, e per la sua conquista, avendola meritata con la sua immolazione sulla Croce, immolazione con cui Gesù recupera tutto ciò di cui il Verbo si era spogliato nell’Incarnazione, quando “spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana” (Fil 2,7).
È esaltato e glorificato, immesso nella sublimità della essenza divina. L’Ascensione è un mistero unico con la Risurrezione, un unico e indivisibile evento.
Col Mistero Pasquale Gesù ha pienamente glorificato il Padre suo, ha sconfitto il peccato e salvato l’umanità.
L’esaltazione dell’umanità sua è l’innalzamento alla più alta dignità. È penetrato nel santuario celeste come sacerdote supremo presso il Padre (Rm 8,34: “Sta alla destra di Dio e intercede per noi”; Eb 4,14: “Poiché dunque abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, come noi, eccetto il peccato”).
La sua glorificazione è per il Padre che Egli come Figlio glorifica degnamente, perpetuando l’offerta di Sé come sacerdote e vittima «misticamente» che ha suggellato la nuova alleanza eterna con il suo sangue. È per gli uomini come unico mediatore presso Dio, grazie alla solidarietà con noi, grazie a quella natura umana che ha assunta e per cui è diventato uno di noi.
Gesù è, allora, l’unico perfetto sacerdote del cielo al cospetto del Padre e la sua intercessione e preghiera è continua. Come siamo sicuri data la potenza di questa azione. Lui che ci ha amato e ci ama di un amore infinito.
“La nostra eredità ha scelto per noi”7. L’ascensione sua è pure ascensione nostra. Là dove salì la gloria del Capo si rivolge la speranza dei membri. Non solo siamo eredi perché figli8, ma vi siamo già penetrati con Cristo.
È questa speranza alla base della nostra gioia. Gesù ha inaugurato il nuovo modo di vita presso Dio, nella quale saranno introdotti tutti gli eletti. Perché allora abbiamo tanti pensieri terreni e siamo così legati a questa nostra misera esistenza? Vuol dire che non abbiamo ancora vinto le nostre passioni e siamo schiavi degli avvenimenti del tempo. Dobbiamo scoprire bene com’è vero che siamo pellegrini.
La Chiesa è il “popolo messianico che ha per capo Cristo «dato a morte per i nostri peccati e risuscitato per la nostra purificazione» (Rm 4,25) ed ora, dopo essersi acquistato un nome che è al di sopra di ogni altro nome, regna glorioso in cielo. Ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio, nel cuore dei quali dimora lo Spirito Santo come in un tempio. Ha per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati9. E, finalmente, ha per fine il Regno di Dio, incominciato in terra dallo stesso Dio, e che deve essere ulteriormente dilatato, finché alla fine dei secoli sia da Lui portato a compimento, quando comparirà Cristo, vita nostra10 e «anche le stesse creature saranno liberate dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio»11” (Lumen Gentium, 9).
Dobbiamo vivere il mistero della Chiesa nella sua pienezza.
La venuta è già incominciata: “È arrivata a noi l’ultima fase dei tempi. La rinnovazione del mondo è irrevocabilmente fissata e in certo modo reale è anticipata in questo mondo: difatti la Chiesa già sulla terra è adornata di vera santità, anche se imperfetta” (Lumen Gentium, 48). Il cristiano ha una visione profonda di tutti gli avvenimenti per cogliere la quotidiana venuta di Cristo che nella misura della nostra povertà di recezione realizza progressivamente, anticipandola, la completa manifestazione della gloria. “Congiunti dunque con Cristo nella Chiesa e contrassegnati dallo Spirito Santo «che è il pegno della nostra eredità»12, con verità siamo chiamati, e lo siamo veramente, figli di Dio ma non siamo [ancora] apparsi con Cristo nella gloria, nella quale saremo simili a Dio, perché lo vedremo qual è. Pertanto, «finché abitiamo in questo corpo, siamo esuli lontani dal Signore»13; avendo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi e bramiamo di essere con Cristo. Dalla stessa carità siamo spronati a vivere più intensamente per Lui, il quale per noi è morto e risuscitato. E per questo ci sforziamo di essere in tutto graditi a Lui e indossiamo l’armatura di Dio per potere star saldi contro gli agguati del diavolo e tener fronte nel giorno cattivo. Siccome poi non conosciamo né il giorno né l\'ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l\'unico corso della nostra vita terrena, meritiamo di entrare con Lui al banchetto nuziale”14.
Consideriamoci così pellegrini con lo sguardo fisso al cielo dove è Gesù nostro bene. Ascoltiamo un brano di sant’Agostino: “In questa vita sei ospite, sei di passaggio. I tuoi beni dovrai lasciarli ad altri, ospite ad ospiti. Sei in un albergo, tu vai ed altri vengono; tuo padre ha ceduto a te il suo posto e tu lo cederai ai tuoi figli. Perché dunque che affatichi? Tu dici: per i miei figli. Ed essi per chi si affaticheranno? Si risponde ancora: per i loro figli. E così senza fine. Dunque nessuno si affatica e pensa per sé. Sei tu che devi accudire a te stesso. Usa di questo mondo con libertà di spirito senza stolte compiacenze per ricavarne beni spirituali ed eterni. Siano per te le ricchezze aiuto per il viaggio, non incitamento a cattivi desideri; usane per necessità, non già per diletto e per superbia… Usale come il viandante usa la mensa, il bicchiere, la brocca, il letto nell’albergo, come uno cioè che deve lasciare tutto per continuare la strada”15.
“Sappi che sei in viaggio: ristorati ma va oltre; non portare con te quello che trovi nell’albergo, ti troveresti in difficoltà nel cammino. Canta come sogliono fare i viandanti, ma cammina; conforta con il canto la tua fatica, ma non indugiarti oziosamente. Avanza nel bene, nella fede, nella speranza della vita eterna. Non smarrirti, non tornare indietro, non arrestarti. Canta e cammina, verso la vita, verso quella beatitudine eterna, sicura e senza contrasti ove brilla l’Amore per sempre”16.
Allora vivremo come se dovessimo morire domani e lavorare come se dovessimo vivere sempre. In una esistenza di 76 anni, sono passati 39.945.600 minuti. Se ogni minuto forse un atto di amore, ciò costituirebbe un poema di amore.
“Perché state guardando il cielo?”17. Non possiamo essere inattivi, e non compiere il nostro dovere. Dobbiamo essere testimoni. Vuol dire realizzare nel proprio modo di pensare e di fare quello che si crede.
“Tutto quello che fate in parole e in opere, tutto fatelo nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie a Dio e al Padre per mezzo di Lui” (Col 3,17).
Cristo è stato la nostra Pasqua18, realizzò il suo esodo perché non restò prigioniero della morte ma fu risuscitato dal Padre e ascendendo al Padre portò con sé prigioniera la prigionia, ossia liberò gli uomini prigionieri della morte e del peccato ed elargì i doni agli uomini ed elargì loro lo Spirito Santo, e mediante lo Spirito guida le nostre fatiche.
Uno Spirito di potenza, uno Spirito di sapienza, uno Spirito di amore.
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