251. Salmo 47
18 febbraio 1981
“Degno di ogni lode”1. Dio è il benefattore supremo nell’ordine della natura e nell’ordine della grazia. Dio ha profuso nell’universo i segni delle sue infinite perfezioni.
Il mirabile ordine dell’universo: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Gen 1,31). Lo stupore di Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre si continuò nei secoli. Da tutti i cuori retti si alzò il grido: “Grazie, o Signore; sia lode a Te”. Ma il capolavoro di Dio è l’opera di salvezza realizzata in Cristo. In Lui Dio ha riunito tutte le genti e ha fatto “il suo monte santo, altura stupenda”2, la sua Chiesa, Corpo Mistico e prolungamento di Cristo per tutti tempi e tutte le latitudini. La Chiesa sacramento di salvezza3.
Essendo Cristo la luce delle genti, la sua luce splende sul volto della Chiesa per illuminare tutti gli uomini annunziando il Vangelo ad ogni creatura (Cfr Lumen Gentium, 1).
“Ti rendo grazie o Padre”4: le parole di Gesù si sono ripetute in continuo atto di amore.
“Rese grazie”5, le parole della consacrazione sono nel ringraziamento. L’Eucarestia diventa il grande momento del ringraziamento fervido, universale.
“Poiché dall’oriente all’occidente grande è il mio nome fra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché grande è il mio nome fra le genti” (Ml 1,11).
La Chiesa ha il grande mezzo per potere veramente dare a Dio infinito un ringraziamento adeguato.
Non solo comprende come è veramente cosa buona e giusta il nostro dovere e fonte di salvezza rendere grazie sempre e in ogni luogo6, ma che ne ha la possibilità e la gioia, perché possiede Gesù, ed è unita strettamente a Lui davanti al Padre, “a colui che può fare assai più immensamente al di là di quello che domandiamo o pensiamo, per la potenza operante in noi, a lui gloria nella Chiesa e in Gesù Cristo per tutte le generazioni dei secoli. Amen” (Ef 3,20-21).
In questa identificazione con Cristo, la Chiesa non teme. Sa che il Signore combatte con Lei. “Ecco i re si sono alleati”7. Ritornano le parole dell’Esodo: “Gli Egiziani sapranno che sono il Signore” (Es 14,4); “Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto e il popolo temette il Signore e credette in lui” (Es 14,31). Allora potrà far suo il canto di trionfo di Mosè: “Voglio cantare in onore del Signore perché ha mirabilmente trionfato […]. Mia forza e il mio canto è il Signore, egli mi ha salvato. È il mio Dio e lo voglio lodare, è il Dio di mio padre e lo voglio esaltare” (Es 15,1-2).
“Dio l’ha fondata per sempre”8. La stabilità della Chiesa non deriva dalle sue strutture, dal favore di uomini, da sapienza terrena. Tutta la sua potenza è perché è posta sulla pietra d’angolo che è Gesù: “Stringendoci a Lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo” (1Pt 2,4). Giovanni nell’Apocalisse vide lo splendore della Chiesa del cielo: “«Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell\'Agnello». L\'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. […]. Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo” (Ap 21,9 sq.).
“Ricordiamo, Dio, la tua misericordia […] la tua lode si estende”9. Bisogna che saliamo alla lode perfetta, all’adorazione serena. Quando il profeta Ezechiele dice: “Tale mi apparve l’aspetto della gloria del Signore. Quando la vidi, caddi con la faccia a terra” (Ez 1,28). “Della gloria del Signore è piena la terra”10 e dobbiamo restare davanti a Lui nell’ammirazione per le sue opere, nel riconoscere la grandezza e la maestà della sua presenza e della sua azione.
Adorazione che innalziamo trepidi al Re della gloria, al Figlio di Dio incarnato. “Sappia, dunque, con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso” (At 2,36); “Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore a gloria di Dio Padre” (Fil 2,9).
Gesù ancora ci invita a questa adorazione: “È giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità” (Gv 4,24). È la consacrazione di tutto ciò che siamo, di tutto l’essere: “Voi siete di Cristo e Cristo è di Dio” (1Cor 3,22).
È per questo che dobbiamo compiere il nostro compito di adoratori nel vero tempio, che è il corpo di Cristo: “Egli parlava del tempio del suo corpo” (Gv 2,19).
“Gioisca il monte di Sion”11. La gioia di essere suoi, di essere amati e difesi da Lui. Scoprire la gioia è scoprire il ringraziamento e viceversa. È ritrovare sempre nel cuore e nella bocca la lode e la glorificazione di Dio. Lodare Dio è proclamare con tutte le forze le sue opere mirabili.
Ringraziarlo è riconoscere come il suo dono è dono nel senso vero della parola, qualcosa di assolutamente gratuito che manifesta il suo amore e la sua misericordia. Il ringraziamento cristiano è una eucaristia, cioè è la lode data a Dio per la misericordia che ci ha dato in Gesù Cristo.
L’Eucarestia sacramentale è il ringraziamento che il Signore ha dato alla sua Chiesa. Il sacrificio che ha fatto Gesù è stato un ringraziamento al Padre, perché il Padre ha avuto compassione del suo popolo e ha mandato Lui, il Figlio diletto che ha offerto tutta la vita, e particolarmente l’opera del Mistero Pasquale: “Per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità” (Gv 17,19).
È per questo che Gesù ha voluto donarsi a noi nell’Eucarestia, per essere il nostro ringraziamento al Padre. Perché solo Lui sa ringraziare e noi lo possiamo solo in lui, con Lui e per mezzo di Lui. Come dice san Paolo: “Tutto quello che fate in parole e in opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo, per mezzo di Lui, grazie a Dio Padre” (Col 3,17). Gesù non è solo l’unica vittima di espiazione, è anche l’unica vera ostia di lode.
Dal pane e dal vino consacrati che in modo sacramentale ma reale contengono il divin sacrificio, Gesù continua a ripetere e ripeterà fino alla fine dei secoli: “Io ti ho glorificato sulla terra compiendo l’opera che mi desti da fare”12. Ed è sicuro che il Padre gradirà per sempre la sua offerta, gli mostrerà la sua compiacenza: “Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie; io la do da me”13.
E Gesù ci unisce a Sé non solo come ostie di espiazione ma ancora come ostie di lode e di ringraziamento. Dobbiamo dunque offrirci nella Messa in sacrificio di lode, poiché Lui si è fatto tutto nostro. “A colui che in tutto ha potere di fare molto di più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi, a Lui la gloria nella Chiesa e in Gesù Cristo per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli” (Ef 3,20-21).
Dalla Messa alla vita: rimanere sempre nel ringraziamento per tutto, per quello che abbiamo e per quello che non abbiamo, per le gioie e per i dolori; ripeteremo sempre: Grazie, o Signore.
Non vi è nulla di più giusto, di più necessario poiché Lui nasconde nelle cose molto più di quello che pensiamo.
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