10/05/1978 - 251 - Salmo 5

10/05/1978

251. Salmo 5

10 maggio 1978

Viene usato come preghiera del mattino. Perché dal mattino informiamo tutta la nostra giornata, nella invocazione, nell\'amore, nella confidenza: “O Signore, o mio Re, o mio Dio”1. Tutto deve essere permeato di preghiera.

Abbandonare la preghiera è lo stesso che abbandonare il Signore. Dovrebbe essere continua. Tutto quello che esce da noi dovrebbe essere preghiera. Perché Dio è tutto, in Lui si assommano tutte le perfezioni; è sempre aperto all\'ascolto, infinitamente buono e infinitamente giusto.

Tutti i vaneggiamenti umani non contano, i disegni e l\'orgoglio dell\'uomo non realizzano, si infrangono miseramente. I progetti non valgono. Sopra tutti i beni vale affidarsi al Signore, dipendere da Lui, trovarsi con Lui. Purtroppo cerchiamo spesso di esentarci da una preghiera che dovrebbe essere senza interruzione. Diciamo che sarebbe eccessivamente gravoso dedicarci a tale esercizio. Non comprendiamo ciò che Gesù ha detto in Lc 18: “È necessario pregare sempre e non venire mai meno”2.

Sono tante le cose da fare, come si può pregare sempre? E poi che cosa dire: dopo un po\' abbiamo terminato tutto il nostro repertorio.

Ma la preghiera non è qualcosa che appiccichiamo alla nostra vita: deve essere il motore, l\'anima della nostra vita. Perché è accogliere Dio e la sua parola nella nostra vita di persone e di componenti una comunità, è camminare nella sua luce e nel suo amore. È comunione con Lui. È colloquio. È offerta e accettazione. È risposta. E chi molto ha da fare, molto ha da offrire, e chi molto ha da soffrire è privilegiato nel suo dono.

Offrire è sempre possibile: non allontana da ciò che siamo intenti a fare. Ci rende invece più sereni e più forti. Perché non lavoriamo per noi, per la nostra gloria; ma per Lui, sorretti dalla sua grazia, in comunione con il suo Spirito.

La preghiera non è un bel discorsetto. Non abbiamo bisogno di prendere in prestito dai poeti delle espressioni liriche. Non abbiamo bisogno di snaturarci e di metterci in posa.

La preghiera deve essere la cosa più naturale e semplice. Deve essere attesa: della sua luce e del suo aiuto.

Ad ogni momento ho bisogno della sua grazia, della attualità della sua grazia. “I miei occhi sono a te, come le ancelle alle mani della padrona”3. Lui è tutto: ci guarisce, ci perdona, ci sostiene.

La preghiera deve essere continua, come continua deve essere l\'unione della nostra volontà con la sua. La preghiera non può allora produrre stanchezza perché è nell\'ordine che noi facciamo come vuole Lui, che noi compiamo volentieri ciò che la sua grazia ci spinge a fare.

“Signore, guidami con giustizia, spianami davanti il cammino”4.

Redimentes tempus5 (Ef 5,16). La preghiera ci insegna a tesoreggiare il tempo, scandisce il nostro tempo.

I nostri giorni non ci appartengono. Accettazione del nostro dovere, di quello che domanda da noi. Imparare a non lamentarci, a non dare troppo peso alle nostre cose, e alle nostre difficoltà. Ecco perché abbiamo bisogno della riserva d\'olio, della preghiera. Perché abbiamo bisogno di lavorare attorno alla nostra anima. Perché spesso ci troviamo logori; necessitiamo di coraggio, di quel silenzioso coraggio di tutte le ore, soprattutto di certe ore quando dal sepolcro aperto di quelle bocche esce quel fiato che ci disgusta terribilmente, ci dà la nausea6. Soprattutto di certi momenti in cui ci prendono le vertigini e ci sembra di non riuscire a stare in piedi. Soprattutto di certi momenti in cui si insinua perfida l\'ombra del dubbio e tutto sembra crollare in noi e attorno a noi. Soprattutto in quei momenti in cui sale la sensualità come una marea, e la materialità si presenta come l\'unica risoluzione possibile, l\'unica che abbia un senso logico.

Quello che ci necessita è un bisogno di certezze ed è di questo che dobbiamo fare scorta. “Gioiscono quanti in te si rifugiano”7. Rifugio vuol dire certezza, non vuol dire spensieratezza e non vuol dire ozio e negligenza. Rifugio vuole dire che la disperazione non ci deve mai prendere, che la pace deve sempre essere grande nel nostro cuore, che dobbiamo fare la nostra parte certi che Lui fa mirabilmente la sua. Le sue esigenze non cambiano mai e vengono dalla sua sapienza e dalla sua infinita bontà. Non superano mai le nostre forze ed è Lui che è al lavoro con noi.

Perciò “esultino senza fine”8. Tornano le parole di san Paolo: Neque mors, tribulatio, angustia, fames, ecc...9, niente può separare dalla sua carità. “Tu li proteggi”10.

Ecco perché dobbiamo essere generosi in una maniera continua. Non dobbiamo avere i su e i giù, e le nostre giornate non devono essere un penoso decrescendo, dal mattino alla sera, da una confessione all\'altra. Lui è la nostra ricchezza e la fonte inesauribile della nostra energia, e quando abbiamo dato tutto e con slancio pieno, sentiamo che la sua grazia ci rende ancora pronti e come all\'inizio. In ipso vita erat11.

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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
    tra la vita delle persone, condividendo tutto. 
    In fondo, forse, è il segreto più prezioso che ci ha svelato.”
    Umberto Roversi

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