15/03/1982 - 251 - Salmo 64

15/03/1982

251. Salmo 64

15 marzo 1982

È un Salmo di lode a Dio Signore e Creatore. Dovunque lo si deve benedire ma soprattutto là dove la lode ha il suo luogo, sul monte santo di Sion, in Gerusalemme1.

È vero, le colpe ci umiliano, ma il Signore le copre con la sua misericordia2. In questo perdono è beato chi può abitare nei suoi recinti e rimanere sempre nella lode3.

Sarà veramente ricco, perché chi è vicino a Dio godrà in modo mirabile dei suoi doni e difende e protegge. Da Lui vengono tutti i beni; tutti i popoli della terra, anche i più lontani, devono avere fiducia in Lui4. Perché è Lui che ha costruito la terra, che ha piantati i monti, che domina i mari5. Dinanzi ai suoi prodigi, tutte le genti devono rimanere stupite6. Da Lui viene il rigoglio della natura7. Dalla sua Provvidenza la natura in primavera sboccia8. Le acque fecondano e i prati fioriscono, le greggi si moltiplicano, cresce il grano. Esce un canto di ringraziamento e di giubilo9.

È in questo spirito di fiducia, di confidenza e di serenità che dobbiamo entrare. Sono le parole di Gesù: “Perciò vi dico, ecc...” (Mt 6,25 sq.10).

Dio è onnipotente; qualunque altro potere non è che una piccola eco del suo. Dalla sua parola è venuta ogni cosa. Dio è tutto per Se stesso e senza aiuto tutto eseguisce.

Noi siamo nelle sue mani: ci ha creati, ci conserva nell’essere, dipendiamo continuamente da Lui.

E Dio è infinita bontà. E Dio è mirabile provvidenza. Dio è presente dappertutto. Per questo gli uomini hanno sete di Lui, perché lo vedono nelle cose e lo vorrebbero vedere a faccia a faccia. Più del pane, più della luce lo dobbiamo cercare. Invano ci lasciamo prendere dalla inquietudine.

Le cose prese ci scontentano e ci umiliano perché sentiamo che sono inferiori a noi. Andiamo dietro a delle ombre. La gloria del mondo, l’amore dei sensi, la potenza; quegli idoli che vengono presentati dalle tentazioni sono illusioni e basta. Nel creato bisogna leggere Dio, è Dio che ci chiama a Sé. Rifiutarsi, voler ignorare Dio è già l’inizio dell’Inferno.

L’uomo può collocarsi nell’Inferno con il rifiutare Dio, perché l’Inferno è proprio questo. L’Inferno, come il Cielo, sono già una realtà.

Il Cielo è già vivere nella presenza di Dio, essere irradiati dai raggi della sua gloria. La vita eterna sarà una visione aperta, ma pure ora siamo figli di Dio che si nutrono della sua grazia e del suo amore. Cominciamo con il leggere Dio nelle cose create, poi interviene la salvezza di Gesù e ci porta un altro fiume che irriga la città, la Santa Chiesa, ed è la pienezza assoluta della gioia. Le meraviglie di Dio aumentano vertiginosamente nel soprannaturale e Gesù ci dà la sua incredibile gioia.

L’Inferno è essere separati da Dio, dalla sua vita, dal suo amore; è l’essere in uno stato di morte. E la condanna eterna non farà che sanzionare quello stato di morte nel quale l’uomo si è posto rifiutando la chiamata di Dio, rifiutando di comunicare con Dio. Dio viene a noi con tutto il suo dono per realizzarci nella nostra profonda realtà e l’uomo non vuole, perché preferisce il tentativo di farsi fuori e contro Dio. E la prova della vita sta proprio qui.

Ammettere Dio e la sua presenza non è questione solo della intelligenza; impegna l’essere tutto intero. L’incontro ci obbliga a scegliere per o contro Dio. E precisamente ci mette alla prova in tutto, in ciò che in noi è volontà di appartenerci, di bastarci, di centralizzare su noi stessi. Volontà di autosufficienza. Vogliamo essere la misura delle cose e vogliamo ammettere se non ciò che possiamo dominare.

Per vivere alla presenza illuminante di Dio ci vuole l’umiltà, riconoscere i nostri limiti e saper accogliere il dono che Dio ci fa di Se stesso in Gesù. Fede è credere che Dio interviene nella nostra esistenza. Vi è un abisso tra Dio infinito e la nostra povera umanità. Le meraviglie della natura non solo ci fanno conoscere l’esistenza di Dio, ma ci dicono la nostra estrema povertà e come siamo distanti dalla sua onnipotenza e santità.

Ecco la rivelazione: Dio è passato sopra questo abisso, è venuto da noi. “Tu visiti la terra e la disseti, la ricolmi delle sue ricchezze”11. La terra benedetta è stata il grembo della Beata Vergine. Nella nostra carne Dio è arrivato fino a noi, i nostri occhi lo hanno visto e le nostre orecchie lo hanno udito12. E Dio, divenuto come noi, ha fatto passare l’anima di Gesù attraverso tutti i martìri, e il suo corpo è stato immolato per noi.

“Coroni l’hanno con i tuoi benefici”13. Da Betlemme a Nazaret, dal Giordano al Calvario e poi nella gloria della Risurrezione e della Ascensione. Il Cuore di Cristo ci spiega tutto. Ci parla che Dio è essenzialmente amore. Dio solo può parlare di Dio. Solo il Figlio può parlare del Padre.

E tutte le sue opere nascono unicamente dall’amore. “Colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura” (Gv 3,34). Ed è voluto rimanere con noi sempre, per continuare in modo misterioso ma pienamente efficace la sua opera. L’uomo senza di Lui non può certo fare la primavera dello spirito. Vi sono profondità di peccato e di miseria che è impossibile guarire per l’uomo. È una falsità dire che può bastare l’organizzazione degli uomini o che gli uomini si mettessero d’accordo perché scomparissero le miserie spirituali. Lo sappiamo bene quanto lo spirito dell’uomo è prigioniero della forza del male, dello strapotere dell’egoismo.

Ritorna lo stupore del Sabato Santo. Solo Cristo ha vinto il peccato e con il peccato la sua alleata, la morte. “O morte, dov’è la tua vittoria?”14. Gesù persegue l’uomo fin quando questi gli apre la porta. Fa scorgere le cose sotto un’altra luce. Di un essere egoista ne fa un generoso, restaura il disordine nel cuore. “Rottura con il disordine stabilito” (Mounier). Distrugge l’uomo falso, inclinato, morto.

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