251. Salmo 68
20 marzo 1985
Salmo messianico. Descrive le sofferenze di Gesù. Quanto ha dovuto fare per noi peccatori. La sua angoscia: “In preda all’angoscia pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano per terra” (Lc 22,44); il suo abbandono: “Dio, Dio mio ecc...”1.
Il fango delle nostre iniquità, delle nostre brutture, dei nostri tradimenti: “Portò i nostri peccati sul suo corpo” (1Pt 2,24), “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di Lui giustizia di Dio” (2Cor 5,21).
“La mia gola è riarsa”2; “Ho sete”3, tutti i tormenti. “Nella mia sete mi abbeverarono di aceto (v. 22). E così tutto il salmo in una sequenza esatta e terribile. Siamo chiamati a meditare, a rivivere, a commuoverci, sentendo la Passione dalla sua bocca, raccontata da Lui . Ci dice la sua angoscia, un po’ di quello che ha provato. Ci dice specialmente il perché di tante orribili sofferenze, il suo amore. Perché il Padre fosse onorato e realizzata la riparazione, la sua gloria proclamata; perché noi tutti fossimo salvi e il peccato fosse distrutto.
Ha accettato tutte le umiliazioni perché avessimo la speranza e potessimo avere la gioia dei figli di Dio.
Dobbiamo ripetere con san Paolo: “Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). Il tuo Dio ti ha amato più della sua vita medesima. Le sue piaghe ti devono parlare con grande eloquenza. Il suo sangue, dal quale viene ogni grazia, continuamente è effuso per noi nel sacramento dell’altare.
Ci dobbiamo ricordare un cosa fondamentale della vocazione del cristiano a partecipare alla sua Passione: “Chi non prende la sua croce e non mi segue non è degno di me (Mt 10,38). La Croce è il vertice della rivelazione divina: “Noi proclamiamo un Cristo crocefisso” (1Cor 1,23) per cui dobbiamo ripetere con San Paolo: “Non ho voluto sapere altro tra di voi se non Gesù Cristo, e Gesù Cristo crocefisso” (cfr 1Cor 2,2). Tutti infatti gli eletti il Padre fin dall’eternità li ha distinti nella sua prescienza e “li ha predestinati a essere conformi alla immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29); (Lumen Gentium, 2).
Il Salmo ci invita a ripetere le parole di Gesù, a fare nostri i suoi sentimenti. Non ci dobbiamo dimenticare che siamo nel Corpo Mistico, che siamo sue membra. La Croce deve essere sempre al centro e non dobbiamo temere.
Diceva Paolo VI: La Passione di Cristo occupa un posto essenziale nel Vangelo. È diffusa una tendenza a tenere chiuse le pagine del Vangelo, che documentano il tragico epilogo della breve vita temporale di Gesù; sono pagine conturbanti. Si vorrebbe un Vangelo più sereno, più facile, più comodo, più conforme al nostro fortissimo istinto e al nostro abilissimo studio di togliere dalla vita il dolore volontario, cioè il sacrificio. Che cosa sarebbe un Vangelo, cioè un Cristianesimo, senza la Croce, senza il dolore, senza il sacrificio di Gesù? Sarebbe un Vangelo, un Cristianesimo senza la Redenzione, senza la salvezza, della quale […] abbiamo un bisogno assoluto”4. E la salvezza si verifica nel fare la volontà del Padre, che ha voluto che il suo Figlio prediletto bevesse il calice fino il fondo e che ogni uomo ne facesse parte per sé e per la salvezza di tutti.
Come secondo una tradizione la Veronica asciugò il volto di Gesù intriso di sangue, di sudore e di fango, tutti dobbiamo porci in questo compito. Dice il Salmo: “Ma io sono misero e dolente; o Dio, la tua salvezza mi innalzi”5.
È un gesto santo per cui viviamo la realtà della Redenzione. E san Pietro ce lo ripete: “Anche Cristo patì per voi lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme” (1Pt 2,21). E la morte di Gesù non è un fatto passato; si ripete nel nostro tempo, nella nostra vita rinnovata e continuata attraverso l’Eucarestia.
A ogni Messa si rinnova il Calvario e Gesù glorioso viene a noi con la sua Croce e ce ne porta i frutti. Si rinnova col Sacrificio e ogni battezzato diventa concelebrante con Cristo e la Chiesa: “Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale” (1Pt 2,9).
Dice il Salmo: “Il Signore ascolta i poveri, i prigionieri non disprezza”6. Certo – dice un teologo – questi amici di Dio sparsi per il mondo e non stimati, né considerati, ma che sono entrati nel dramma della Passione con tanta fede e amore, possono unirsi all’offerta del sacerdote, sostenerla, sollevarla, superarla. Essi potranno, forse di più di quanto egli non sappia farlo, seguire Gesù nel mistero reso presente della sua agonia in Croce, discendere nell’intelligenza della tragedia della loro epoca e prendere su di sé l’afflizione illimitata dell’umanità per caricare l’ostia stessa ch’egli tiene nelle sue mani. Sembreranno in qualche modo rapirgliela per presentarla meno indegnamente di lui al Padre Celeste e elevarla più in alto verso il Cielo”.
Tutti sono chiamati alla partecipazione viva della Croce di Gesù: è una chiamata universale. Il Concilio Vaticano lo ricorda: i laici devono attuare “un esercizio continuo di fede, di speranza e di carità […]. Nel pellegrinaggio della vita presente, nascosti con Cristo in Dio” (Apostolicam Actuositatem, 4). Gli sposi devono vivere il loro amore “uniti dallo stesso modo di sentire, da una mutua santità, così che, seguendo Cristo principio di vita, nelle gioie e nei sacrifici della loro vocazione, mediante il loro amore fedele, possano diventare testimoni di quel mistero di amore che il Signore ha rivelato al mondo con la sua Morte e Resurrezione” (cfr Gaudium et Spes, 52). “Sono uniti in modo speciale a Cristo sofferente per la salvezza del mondo quelli che sono oppressi dalla povertà, dalla debolezza, dalla malattia e dalle varie tribolazioni, o soffrono persecuzione per la giustizia. Il Signore nel Vangelo li chiama beati, e «il Dio […] di ogni grazia, che ci chiamò all’eterna sua gloria in Cristo Gesù, dopo un po’ di patire, li condurrà lui stesso a perfezione e li renderà stabili e sicuri» (1Pt 5,10)” (Lumen Gentium, 41).
Dobbiamo dunque nell’Eucarestia partecipare alla Passione di Gesù.
Dice ancora la Lumen Gentium n. 34: “Il sommo ed eterno Sacerdote Gesù Cristo, volendo anche attraverso i laici continuare la sua testimonianza e il suo servizio, li vivifica con il suo Spirito e incessantemente li spinge ad ogni opera buona e perfetta. Ad essi infatti che intimamente congiunti alla sua vita e alla sua missione concede anche parte del suo ufficio sacerdotale […], affinché sia glorificato Dio e gli uomini siano salvati. Perciò i laici, essendo dedicati a Cristo e consacrati dallo Spirito Santo, sono in modo mirabile chiamati e istruiti per produrre in sé sempre più copiosi frutti dello Spirito. Tutte infatti le loro opere, le preghiere e le iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiuti nello Spirito, e persino le molestie della vita, se sono sopportate con pazienza, diventano spirituali sacrifici graditi a Dio per Gesù Cristo; i quali nella celebrazione dell’Eucarestia sono piissimamente offerti al Padre insieme all’oblazione del Corpo del Signore”.
Bisogna ricordarsi che vivere la Messa è vivere la Morte e la Passione di Gesù, unendo le proprie sofferenze.
Recitiamo con molta fede il Salmo; ci farà entrare nel mistero dell’amore di Gesù che tocchiamo nella Messa. E meditando i singoli dolori che ha voluto per noi, sentiremo quale è il nostro posto con Maria Madre di Gesù. Fin da principio il suo amore fu perfetto ma nello stesso tempo crescente, come un germe che ha la forza di crescere sempre. Da: “Sia fatto come tu hai detto”7, fino alla partecipazione ai piedi della Croce , fino alla sua morte.
Vorrei terminare con una pagina di san Francesco di Sales perché è qui, nella comunione con Gesù, che si ha la vera carità e la vera devozione. “Gli struzzi non volano mai, le galline volano con difficoltà terra terra e di rado; invece le aquile, le colombe e le rondini volano sovente, veloci e molto in alto. Così i peccatori non si sollevano mai fino a Dio, anzi, non fanno che correre sulla terra e per la terra; i buoni, che non hanno ancora raggiunto la devozione, si innalzano a Dio con le loro opere buone, ma di rado, con volo lento e pesante; le persone devote volano a Dio sovente, con facilità e in alto”8.
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