17/04/1985 - 251 - Salmo 71

17/04/1985

251. Salmo 71

17 aprile 1985

È un inno di glorificazione e di esaltazione di un re di Israele. Ed è una figurazione di un re, il più grande, il più forte di tutti, il più bello e il più glorioso che è Gesù, il Re dei re, il Signore dei signori. Dobbiamo meditare a lungo sulla regalità di Gesù, dobbiamo vedere il suo volto divino. Non dobbiamo mai dimenticare che se per noi si è umiliato ed è apparso un povero oltraggiato e sfigurato nella Passione, è il Figlio eterno di Dio Padre, è lo splendore dei secoli.

“O Dio, dà al re”1. La più grande testimonianza è venuta a Gesù dal Padre Celeste al Battesimo e alla Trasfigurazione: “Questi è il mio Figlio prediletto; ascoltatelo” (Mc 9,7), “Tu sei il mio Figlio diletto, in te mi sono compiaciuto” (Mc 1,11); si rivolge direttamente. Gesù stesso lo dirà che è il Padre a rendere la testimonianza. “Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso; e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. […] il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. Se fossi io a rendere testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera; ma c’è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace” (Gv 5,26 sq.).

È Lui dunque il Figlio del Re e ne partecipa al potere in pienezza. Siede alla destra di Dio Padre2 e il suo regno non avrà fine.

“Governi con giustizia”3. Il suo regno avviene in modo mirabile. “Sì, io sono re”4 dirà a Pilato. Tutta la sua storia lo afferma. Lo dice l’Angelo a Maria5. Vengono i Magi, “i re di degli Arabi e di Saba offriranno tributi”6. “Quando sarò innalzato trarrò tutte le cose a me”7. La Croce, segno di ignominia, diventa la sua bandiera di trionfo. Nell’inno Vexilla Regis prodeunt: “I vessilli del Re escono, rifulge il mistero della Croce. […]. Albero glorioso e fulgido, ornato della porpora del Re”. Tu ci dai, o Dio, la vittoria per mezzo della Croce. Il Redentore del mondo esce vincitore dal combattimento. Cristo è vincitore per mezzo della Croce: Regnavit a ligno Deus8.

“Renda giustizia ai miseri ecc...”9 La sua vittoria diventa la nostra vittoria. Quanto più parteciperemo alla Croce tanto più parteciperemo al trionfo. Quanto più ci uniremo a Lui e vivremo con Lui nell’umiltà e nella povertà di spirito. Sappiamo bene che il Padre ci coltiva; è Lui il vignaiuolo che coltiva la pianta10. “Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto” (Gv 1511).

“E durerà quanto il sole”12. È il Regno di Gesù Verbo incarnato. Cristo è centro e fine di tutta la Creazione. Tutta la vita divina fluisce in Lui. “Egli è l’immagine del Dio invisibile, nato prima di qualsiasi creatura; in Lui infatti tutte le cose sono state create, quelle che stanno nei cieli e quelle sulla terra, le cose visibili e quelle invisibili […]. Tutto è stato creato da Lui e in vista di Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte le cose in Lui hanno consistenza” (cfr Col 1,15-18). Tutte le cose ricevono un senso da Lui, essendo la sapienza di Dio, “irradiazione, fulgore della sua gloria ed impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola” (Eb 1,3). In Lui tutto si ricapitola (Ef 1,10) e acquista coesione, funzionalità, senso, ragione di essere.

“Egli libera il povero ecc...”13. Il peccato è il più grande male. Non vi è miseria che gli si possa paragonare. “Chi fa il peccato diventa schiavo del peccato”14. Gesù ci è venuto a salvare. È il Re che rompe le catene e ci conduce nel suo Regno. A Zaccheo: “Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19,10). Chi è nel peccato è perduto. Per questo Gesù passa una vita di servizio: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mt 20,28). E per questo, vero buon Pastore darà la sua vita (Gv 10,11-15).

“E vivrà e gli sarà dato”15. Gesù è il Re dei re, il Signore dei signori (Ap 17,14), perché come Verbo del Padre tutte le cose sono create da Lui, perché è il Redentore di ogni uomo, è il Santificatore che ci ha conquistato e ci dona la sua vita, è il centro della storia di tutti i secoli. È il principio, è il centro, è il vertice. Egli ha il diritto supremo di governarci.

E tutta la sua opera di evangelizzazione è per il Regno di Dio in noi e in tutti, nell’individuo e nella società. Sottometterci a Lui perché bisogna che regni. Sottomettere la nostra mente. Credere profondamente alla sua regalità. Credere al suo amore. Come Egli stesso ci ha detto: “Rimanete nel mio amore” (Gv 15,9). Mantenersi in comunione vitale con Lui. Sapere che solo Lui ci dà tutta la verità; tutta.

Non lasciarci impressionare da chi grida di più, da chi ostenta il numero. La virtù non è legata al numero. L’idolatria del numero, della folla. La folla nella piazza a Gerusalemme gridava e sbagliava e commetteva il delitto più orrendo di tutti i secoli. A Gesù: “Non Lui”16. La storia si ritorna a ripetere, non bisogna impressionarsi. Il Re Giudice lo ha detto: “Guardate di non allarmarvi […]. Sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome”17. È l’esperienza della Chiesa. “Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà. Ma chi persevererà fino alla fine, sarà salvato” (Mt 24,11-13).

“Ci sia in terra abbondanza di frumento”18. Dal Cuore di Cristo venga ogni bene. È un Re che ama, “passò facendo del bene” (At 10,38) e ci dona sempre. È il Padre che ce lo ha dato – è un dono infinito! – sacrificato e immolato per noi. Proprio per questo grande è la nostra speranza, è la nostra risposta al suo amore. Speranza non è passività. Con il suo dono-talento noi dobbiamo trafficare. Bisogna coltivare il frumento. La salvezza non si è ancora pienamente realizzata.

Siamo figli di Dio, “e se siamo figli, siamo anche eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria” (Rm 8,17). Ma la gloria non si è ancora rivelata in noi. Abbiamo lo Spirito che ci attesta che siamo figli “per il quale gridiamo: «Abbà, Padre!»”19, che ci santifica, è il Vivificante. Ma “gemiamo interiormente” (Rm 8,23), aspettando la redenzione del nostro corpo. Caratteristica della vita cristiana diventa questa tensione tra il «già», e il «non ancora». Bisogna vigilare e pregare.

Tutta la storia nostra diventa un’attesa di Colui che deve venire. Il cristiano per questo non può rimanere ozioso. Si impegnerà, come nessun’altro, per la pace del mondo e per il progresso in una dimensione universale.

“In Lui si sentiranno benedette”20. Gesù nell’ora della sua donazione totale ha dato il suo corpo e ha dato il suo sangue, “versato per voi e per tutti”21. Tutti possono prendere, per tutti vi è la possibilità della salvezza e della santità. “Due passeri si vendono per un soldo? […]. Voi valete di più”22. Il Padre è provvidente e misericordioso con tutti. E il ladro, dal supplizio alla santità23. Gesù solo rifiuta di pregare per il mondo, perché con la parola «mondo» si intende tutto il cumulo di rifiuto alle amorose premure del Padre, come all’opera redentrice del Figlio.

Il suo è un Regno di giustizia e di pace. Tutti sono chiamati, ma la legge evangelica bisogna accoglierla tutta, in tutte le sue proporzioni. Un cristiano non può scendere a compromesso. O consumati nell’unità o disgregati in ogni dispersione. Non vi è una strada media, non equilibrismo. O tendere alle altezze della santità o non c’è che il naufragio. Perché chi ha ricevuto molto deve dare molto24. Un naufragio svelato o larvato.

Ma un cristiano deve essere un altro Cristo. Poniamo il Cristianesimo nelle altezze dell’amore. Chi non tende alla santità scarta tutto ciò che è sublime, lo tace. E il tacerlo porta alla mediocrità.

La legge di Cristo Re non è la legge della misura, è la legge dell’eccesso. Tradisce Cristo chi segue la legge del calcolo.

“Benedetto il Signore, Dio d’Israele”25 Come Gesù è la lode del Padre e dall’offertorio nel grembo della Vergine è stato una perenne preghiera, così pure dobbiamo noi valorizzare una forte preghiera insieme con Lui. Imitazione, o meglio, assimilazione a Lui.

Lui ha continuato sulla terra – “Il Verbo si è fatto carne”26 – l’inno iniziato dall’eternità. Nell’Annunciazione Maria è diventata la prima Cattedrale dove si è elevato l’inno dell’obbedienza e dell’amore. “Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato” (Sal 2,7) ha risposto il Padre. “Chiedi a me: ti faccio erede di nazioni, mio dominio i confini della terra (Sal 227).

Sentire la nostra vocazione di essere uniti a Gesù nella preghiera redentiva. Sentire che la prima grazia che gli dobbiamo chiedere è proprio essere come Lui e agire come Lui. Avendo Gesù, abbiamo tutto e tutto il nostro essere è per questo.

Una preghiera di un antico Vescovo Orientale:

“Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me. Aiutami perché io possa venire da Te.

Dammi l’udito, perché io possa ascoltarti. Dammi gli occhi, perché io possa vederti. Dammi il gusto, perché io possa assaporarti. Dammi l’odorato, perché io possa sentire la tua fragranza. Dammi le gambe, perché io possa venire da Te. Dammi la bocca, perché io possa parlare di Te. Dammi il cuore, perché io possa temerti e amarti.

Ponimi, Signore, per la tua strada e camminerò secondo la tua verità. Togli da me la mia volontà e dammi la volontà di eseguire la tua. Togli da me tutto ciò che c’è di vecchio e dammi il nuovo. Togli il mio cuore di pietra e dammi un cuore umano che ti ami, che ti veneri e ti segua”.

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