251. Salmo 73
8 maggio 1985
Il Salmo esprime la desolazione di fronte alla sciagura estrema per il tempio dell’Alleanza distrutto, ridotto a una rovina1.
Il popolo di Israele era legato a Dio da un patto sacro; come mai Dio ha permesso tanto crollo? Ricorda Signore il monte di Sion sopra il quale tu abiti2. È stupore di un dolore terribile. “Fino a quando?”3. Possibile tanta bestemmia e tanta profanazione? Il mistero di una notte nera senza una luce di speranza. Non le insegne, non un profeta, nessuno sa indicare un termine4. Perché Dio non interviene, perché non agisce la sua potente mano? “Perché ritiri la tua mano e trattieni in seno la destra?”5. Eppure, continua il salmista, la storia dimostra quale mano potente essa sia6.
L’opera mirabile della Creazione. Dalla terra informe e deserta, dalle tenebre che ricoprivano gli abissi, Dio ha operato le meraviglie dell’universo7.
La storia dell’Esodo8 dice ancora la predilezione di Dio, il Re d’Israele, per il popolo che Lui stesso ha scelto e ha privilegiato: “Guarda il tuo patto. Sorgi o Dio”9.
E lo sgomento si ripete, e l’angoscia prende pure noi se guardiamo alle immense rovine causate dalla persecuzione a Cristo e ai cristiani, alla Chiesa di ogni tempo e soprattutto alla Chiesa di oggi.
Intere nazioni da tempo nella persecuzione più crudele da che decenni non cambia; né umanamente si vede come possa cambiare, come si possa spezzare un giogo inumano contro i più sacrosanti diritti umani e cristiani.
Anche noi ripetiamo: fino a quando? Milioni di martiri. I santuari distrutti, le anime violate. La gioventù fuorviata, i sacerdoti uccisi o posti nei campi di eliminazione.
L’ammonimento e la speranza ci vengono dal Vangelo. L’ottava beatitudine: “Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi e esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi” (Mt 5,10-12). Aveva detto ancora: “Sarete odiati da tutti a causa del mio nome” (Mc 13,13); “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi. […] questo vi faranno a causa del mio nome” (Gv 15,20-21). È dunque la somiglianza con Lui, è l’essere suoi discepoli: “Alzati gli occhi verso i suoi discepoli: […] Beati voi che ora piangete” (Lc 6,20-21).
Un discepolo non è da più del Maestro10. E il Maestro è rigettato, è crudelmente perseguitato; è trattato da malfattore – lui che era passato facendo del bene a tutti –, schernito, flagellato, sputacchiato, crocefisso per opera del suo popolo, dei sacerdoti e custodi della legge e dell’alleanza. E segno di contraddizione resterà sempre.
Nessun buddista bestemmia Budda, nessun musulmano; ma i cristiani bestemmiano il loro Dio e il loro Redentore. Un mistero di iniquità; Gesù-Amore, dal Cuore aperto è fatto segno dell’odio più atroce. Ecco dove noi dobbiamo guardare, e la beatitudine è proprio nel dividere la sua sorte. Dirà san Paolo: “Mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,10).
E scriverà ai cristiani di Tessalonica (2Ts 1,411): “Così noi possiamo gloriarci di voi nelle Chiese di Dio, per la vostra fermezza e per la vostra fede in tutte le persecuzioni e tribolazioni che sopportate. Questo è un segno del giusto giudizio di Dio, che vi proclamerà degni di quel Regno di Dio, per il quale ora soffrite”.
E san Pietro diceva (1Pt 4,1212): “Carissimi, non siate sorpresi per l’incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Ma nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati voi, se verrete insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore. Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome”.
Sono testi che dobbiamo meditare profondamente. Perché allora capiremo qualchecosa. Il mondo ha la sua logica opposta alla logica evangelica. Il cristiano appare irritante.
Fin dai primi secoli nell’ambiente di Roma i cristiani venivano accusati di essere odiatori del genere umano perché vivevano una vita appartata e non partecipavano al ritmo della vita comune, non partecipano ai giochi pubblici nel Circo, non frequentavano le terme, non praticavano i costumi sessuali comuni.
Non ci dobbiamo meravigliare se anche adesso essere cristiani veramente è scomodo e urta l’opinione della gente.
Il cristiano apparirà almeno strano, superbo e chiuso. Gli si muoveranno critiche, si dubiterà gratuitamente della sua dirittura, si calunnierà. Non bisogna stupirsi e bisognerà evitare accuratamente due conseguenze.
La prima, di adottare in parte la logica mondana per farsi accettare. Prendere a pretesto di dover parlare la stessa lingua del mondo in cui viviamo. Il senso della nostra vita dobbiamo sempre prenderlo da Cristo e la nostra costruzione si ha solo nell’imitazione di Cristo e delle sue virtù.
La seconda conseguenza è di irritarci e di porre la condanna sulle persone. Racconta il Vangelo di Luca che Gesù in viaggio verso Gerusalemme fu respinto da un villaggio di samaritani. “I discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Ma Gesù si voltò e li rimproverò. E si avviò verso un altro villaggio” (Lc 9,5413).
Il cristiano deve rinnovare la bontà e la mansuetudine di Gesù. Come non dobbiamo vivere come loro per il successo e per il piacere, così non dobbiamo imitarli nelle loro forme di egoismo e di irritabilità. Noi siamo per portare l’amore di Cristo, dobbiamo essere pieni di pazienza e di comprensione. Secondo quanto è detto, non dobbiamo spegnere il lucignolo che fumiga, e non dobbiamo spezzare la canna incrinata14. Non dobbiamo essere dei messaggeri sgraditi. Per quanto sta in noi, dobbiamo essere umanamente simpatici.
Abbiamo degli esempi storici magnifici: da san Tommaso Moro a san Francesco di Sales. E ultimamente Papa Giovanni. Dobbiamo essere di esempio in tutte le virtù umane: sincerità, riservatezza, rispetto, linearità, cortesia, coraggio, fedeltà alla parola data, senso vivo di umiltà e di coerenza.
Diceva lo stesso Papa: “Invano cercheremmo il cristiano là dove non c’è sorta di virtù naturali”.
Senza farci illusioni: la via del cristiano resta sempre scomoda e lunga.
“Quando tornerò ecc...” (Lc 18,8). Quello che importa è che crediamo che Gesù è presente nel mondo e che dobbiamo essere suoi testimoni. Ci costerà una specie di martirio quotidiano nelle nostre relazioni, nell’ambiente di lavoro, forse in famiglia.
Cerchiamo, vivendo nel mondo, di non essere del mondo15 e gioiremo profondamente della beatitudine. Perché “tuo è il giorno e tua è la notte”16.
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