103b. Ascoltare il ragazzo
23 marzo 1981
Il più importante non è parlare; è più vitale saper ascoltare.
Se si esercita l’autorità senza l’ascolto, non solo si fa una cosa inutile ma si fa una cosa dannosa. Il ragazzo ha bisogno di parlare e di esprimersi, ha bisogno di dire ciò che prova e ciò che sente, le sue reazioni di fronte agli avvenimenti che lo hanno interessato e lo hanno coinvolto.
È necessario allora avere una regola di ascolto.
Prima di tutto non deve apparire che è una tua curiosità, dà fastidio; soprattutto vedere le loro reazioni davanti ai fatti, il modo di viverli, le influenze subite, il giudizio sugli adulti, chi stimano e perché (i genitori, i compagni di scuola, il sacerdote), i criteri di valutazione e di stima, i loro centri di interesse, il loro senso di gioia o di tristezza, i loro sogni, le loro fantasie, ciò insomma che si svolge e si agita nell’interno del loro animo, le aspirazioni superficiali e profonde, il loro modo di collocarsi con gli altri, gli amici, il gruppo .
Per poter vedere il loro temperamento. Perché il grande lavoro che dovranno compiere sarà proprio il trasformare il temperamento in carattere. È qui il grande aiuto che dovrà dare l’educatore. Ascoltarlo per aiutarlo; aiutarlo in modo concreto e vero. Studiarlo per dare a lui un aiuto sapiente. Che si direbbe di un medico che volesse curare un malato senza conoscerlo o solo superficialmente, senza sapere le possibili reazioni del suo organismo? la sua capacità o meno a sopportare l’azione curativa? Quanto più l’educatore.
La sua parola, la sua azione, il rapporto educativo che egli stabilisce con il fanciullo, tutto suscita una reazione. C’è tutto un mondo da esplorare andando alle radici. È necessario scoprire la chiave della sua incipiente personalità. Allora si andrà meno lontano nel valutare le sue azioni, la sua responsabilità. Se abbisogna di stimolo o di inibizione, si imparerà ad armonizzare la nostra azione, la parola, con il suo interesse, bisogno.
Scavare in fondo al suo composto tri-psichico. Alle volte si concluderà che più che di prediche o di riprensioni ha bisogno di medicine o di cuore.
(Bilioso). Forte nel senso dinamico, ha bisogno di muoversi, di spazio, cerca di impiegare la sua ricca dinamicità. È volitivo, attivo. Pronto a decidere e a realizzare. Però non è costante. Lasciarlo muovere, dargli modo, incarichi. Farsi aiutare per organizzare e attivizzare gli altri. Lo faremo capo. Comprensivi per la sua esuberanza. Nel correggerlo, interventi energici.
(Sanguigno). Espansivo, cordiale, è loquace; ha buona dose di sentimento, sconfina nel campo della fantasia, sa scoprire. Non spegneremo il suo entusiasmo, indirizzarlo al bene; sensibili alle sue confidenze. Valorizzarlo nelle sue fantasie e progetti. Usare garbo. Se sbaglia, ragionare con lui; ricorrere raramente al castigo.
(Nervoso). Viva sensibilità, ipersensibile e permaloso. Facilmente reagisce e scatta. Pessimista, si abbatte e si esalta. Con difficoltà acquista equilibrio; talvolta in contraddizione con se stesso; ama la solitudine. Facilmente si distacca dalla materialità, è facile all’ideale; sensibile all’arte, gusto estetico, dotato di fantasia. Causa il sentimento spesso soffre ed è troppo introspettivo. Usare prudenza nel correggerlo: sente sempre di più di quanto vogliamo dire. Quando scatta, usare pazienza: rimandi la risposta ad altri tempi; usare tatto e finezza. Ascoltarlo attentamente quando si lamenta. Valorizzare le doti di intelligenza e sensibilità.
(Linfatico). Calmo nei movimenti, pigro nell’azione, non ama lo sforzo. Solitario; con gli altri si trova male perché lo disturbano nella sua quiete e incapace a difendersi. È paziente e reagisce meno all’educazione. Nelle sue antipatie è lento ma perseverante. Capace di ordine e disciplina, di intelligente e minuzioso lavoro. Bisogna stimolarlo all’azione, fargli gustare la gioia del successo. Non abusare della sua pazienza rimproverandolo spesso. Far sorgere il bisogno di agire facendo leva sulle sue buone qualità. Non credere, perché è lento ad agire, che sia passivo; saper aspettare, perché la sua abulia è dovuta alla costituzione fisica.
Mettere del buon senso: il saper vedere, non fermarsi a schemi, la scienza umana arriva solo fino a un certo punto. Rendersi conto del perché agiscono a una determinata maniera. Osservarli in tutte le loro manifestazioni: dal gioco alle scelte più spontanee. Rendere armonico l’impasto migliorandone le qualità e riducendone le debolezze.
Non sgomentirsi di fronte agli indecifrabili.
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