08/03/1982 - Il peccato e la penitenza

08/03/1982

103c. Il peccato e la penitenza

8 marzo 1982

Necessità del trattarne. I ragazzi crescono in un ambiente totalmente negativo. Dobbiamo educarli al sapore vero delle cose, a un senso di dignità. Sono nel mondo ma non del mondo. Un modo di parlare, di trattare, perché devono avere una onestà e integrità di condotta tutta diversa. E la cosa è difficile, perché il mondo oggi rifiuta anche la parola «morale» come qualchecosa di sorpassato e di odioso.

La decomposizione morale prende tutti i campi, permea tutti i discorsi. Una sfacciataggine inaudita presenta come normale ciò che è orribile, e come naturale ciò che è la perversione, la più deleteria.

La morale cristiana è presa in giro come sorpassata, logora, antiquata. Nell’interno stesso della Chiesa ci sono dei cedimenti e dei compromessi spaventosi. I nostri ragazzi ogni giorno esperimentano gli ambienti scolastici dove professori e alunni vanno a gara a proclamare la libertà da ogni legge. Bisogna che noi li facciamo incontrare con la persona di Cristo che è l’ideale meraviglioso e il Maestro unico. Solo incontrandosi con Lui acquisteranno quella energia interiore che li farà maturare in uomini liberi, padroni delle loro passioni e dei loro istinti capaci di testimoniare il Vangelo nella vita di famiglia e nella vita sociale.

Dobbiamo dunque ascoltare che cosa ci dice Cristo del peccato. Non sentiranno la morale come una pesante condizionale esterna alla loro libertà, ma l’esigenza di un amore che parte dallo Spirito Santo che abita in loro e che preserva la loro esistenza dal fallimento e dalla rovina in cui cadono tante giovinezze.

Isaia aveva predetto: “Il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità”1. Gesù viene per combattere il peccato e tutto sarà contro il peccato, e morirà per liberare l’uomo dal peccato. Le prime parole della sua predicazione sono: “Convertitevi ecc...”2, un mutamento radicale dello spirito dell’uomo che lo ponga in condizione di ricevere la misericordia di Dio e di essere liberato.

Gesù denuncia il peccato che esce dal cuore: “Ciò che esce dall’uomo questo contamina l’uomo” (Mc 7,20). Non è sufficiente la giustizia esteriore quella degli scribi e dei farisei3. Venuto a combattere il peccato ne indica la strada della vittoria indicando la misericordia infinita di Dio. La Redenzione è opera di amore e insegna che l’uomo deve ritornare all’amore. La parabola del Figliol prodigo4. Insegna che cosa vuol dire amare. È l’allontanamento del figlio; torna ad essere figlio. E la gioia del Padre; e sempre ritorna questa gioia: la dramma,5 la pecora6. Gesù ci rivela che è così misericordioso che non solo perdona ma ha la gioia di perdonare, si trova bene a perdonare: “Si farà più festa ecc…”7.

E più ancora che le sue parole sono i suoi atteggiamenti. Accoglie i peccatori e mangia con loro8. La peccatrice9. “Non sono i sani che hanno bisogno”10, “Non sono venuto a chiamare ecc…”11. Zaccheo12.

Ma come accoglie i peccatori che si pentono, è inesorabile contro il peccato accettato e amato. Lui, che è venuto a togliere il peccato del mondo, non tollera il peccato perché è rifiuto volontario della luce: “La luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno preferito ecc…”13. Il peccatore ostinato è contro la luce perché la teme: “Chiunque fa il male odia la luce”14. Atteggiamento amato: “Se foste ciechi, sareste senza peccato; ma voi dite: Vediamo, e il vostro peccato rimane”15.

Non si spiega l’ostinazione del peccato se non per opera di Satana: “Chiunque commette peccato è uno schiavo” (Gv 8,34). Il peccatore è figlio di Satana e ne compie le opere (1Gv 3,8). “Fin dall’origine egli fu omicida […] mentitore e padre della menzogna” (Gv 8,44). Liberandosi dal peccato ci si libera da Satana. E Gesù insegna che il peccato non è solo un episodio individuale ma ha delle gravi implicazioni sociali. Sodoma e Gomorra16.

Noi siamo membra della Chiesa e non viviamo nel guscio di un individualismo isolato. Ogni peccato, fosse anche il più segreto, è contro la santa comunità dei credenti. “La santità della Chiesa è stata data in proprietà al cristiano perché è suo membro” (Rahner). Come Cristo anche la Chiesa ha continuamente di fronte l’Avversario pronto a seminare la zizzania nel campo del padre di famiglia e a strappare dal cuore degli uomini la Parola affinchè essi, credendo, non si salvino. Tenta di distruggere l’opera di Dio con tutti i mezzi, soprattutto camuffandosi come angelo di luce.

Nessuna paura o sconforto. Abbiamo la speranza di Gesù Risorto vittorioso sulle forze del male. Satana, il Peccato, la Morte. Non si è più soggetti.

L’uomo, aderendo a Cristo risorto con la fede e unendosi a Lui nel Battesimo, muore al peccato e diviene con Cristo e come Cristo risorto un uomo nuovo vivente di una vita nuova (Rm 6,4), una nuova creatura (2Cor 5,17) che, pur continuando a vivere in un corpo mortale, non è più nella carne ma nello Spirito.

La Resurrezione non abolisce la drammaticità dell’esistenza, ma agisce una forza divina che libera dalla schiavitù mortificando e spegnendo in lui l’egoismo e accendendo la carità, facendo di lui un pacifico, mediante l’eliminazione di tutto ciò che si oppone alla pace; un povero cioè un distaccato dal denaro e dalla potenza; un mite che alle armi e alla violenza oppone la forza, dolce e paziente, della verità e della giustizia. La Resurrezione perciò è la speranza dell’uomo e del mondo; è la luce che rischiara il doloroso cammino.

Ma per unirci al Risorto bisogna passare per il Calvario. Persuadersi della necessità della penitenza. “Voi siete una cosa sola con Cristo” (Gal 3,28). Solo così si è salvi: “Mortificate le vostre membra terrene”17; “Se vivrete secondo la carne, morrete; ma se con lo Spirito darete morte alle opere della carne, vivrete” (Rm 8,13).

Terzo concetto. Cooperare alla distruzione del peccato è unirsi a Cristo e agli altri.

Episodio di Fatima: “Non voglio bere perchè voglio soffrire per i peccatori”. “E allora tu, Giacinta”; “Anch’io voglio fare penitenza”. Allora Lucia versò l’acqua in un fossetto18. Ogni tanto promettevano di passare nove giorni e anche un mese senza bere fuori dai pasti, neppure a casa. Altre volte si flagellavano le gambe con le ortiche.

Secondo Giovanni Battista il peccato costituisce le vie tortuose che bisogna raddrizzare, le valli da colmare, le colline da abbassare, perché ogni uomo possa vedere la salvezza di Dio19.

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