23/02/1981 - Educare alla Carità

23/02/1981

103b. La Carità

23 febbraio 1981

Il legame tra i due sposi è un legame d’amore. Tutta la famiglia si basa su questa realtà: “Tu amerai”.

Si sono scelti perché si sono amati e devono sempre di più scoprire di essere chiamati a realizzarsi nell’amore. L’amore si costruisce ogni giorno. Dal loro amore sono nati i figli quasi personalizzazione del loro amore.

E nella grazia del loro amore è segnata tutta l’educazione che devono dare ai figli. L’amore è alla base di ogni gesto, di ogni atteggiamento. Insieme devono amare per educare insieme. Nell’amore insieme devono trovare la forza di ogni sacrificio, il superamento di ogni incertezza.

Nella loro liturgia domestica questo diventa il punto centrale. Sono portati dallo stesso istinto ad amare i loro figli; sono portati sul piano umano, dal loro retto sentimento. Per i cristiani nessuna cosa è scontata, ma tutto deve venire da Dio Padre: il loro amore deve essere soprannaturale.

Devono amare con la potenza dello Spirito Santo diffuso nel loro cuore.

Che cosa vuol dire amore soprannaturale?

Il figlio deve vivere in una comunità cristiana, salvifica. Imitazione della prima comunità, la Santissima Trinità; una comunità dal sacramento del Matrimonio; una comunità apostolica.

Ogni famiglia ha la sua sorgente, il suo modello, e il suo fine ultimo nella vita trinitaria. L’amore trinitario.

Attraverso la grazia del sacramento, matrimonio e famiglia partecipano al mistero soprannaturale d’amore della Chiesa che il Verbo del Padre, fatto uomo, si è scelto come sposa morendo sulla Croce e inviandole lo Spirito, l’amore in cui Egli si dona al Padre.

La famiglia sacramentale partecipa così in modo indicibilmente elevato e gratuito al mistero divino dell’amore trinitario. Quanto più la famiglia rispecchia la famiglia di Nazaret, tanto più diventa una Trinità sulla terra.

Le tre Persone sono totalmente e essenzialmente relazionate l’una all’altra; sono il dono di Se stesso perfetto e sussistente. Il Padre è tale proprio in quanto trasfonde Se stesso, tutto quello che è e ha, nel suo Verbo a Lui consostanziale. Padre e Figlio sono tali in quanto si donano reciprocamente l’uno all’altro nello Spirito Santo, nello spirito di amore.

Lo Spirito Santo è la terza persona in quanto legame di amore, come dono dell’amore tra Padre e Figlio.

L’anima dell’uomo è stata meravigliosamente creata e redenta secondo il modello della Trinità. E su di esso ella deve venire formata in seno alla famiglia sacramentale anche per quanto riguarda la sua esperienza spirituale. La vita nella famiglia come comunità d’amore naturale e soprannaturale deve formare lo spirito e il cuore dell’uomo in modo che diventi capace di aprirsi ai più profondi misteri del cuore divino. Poiché l’amore di Cristo (che si sacrifica) e la sua Resurrezione sono la grande rivelazione della mutua donazione intertrinitaria, è su questa immagine che deve essere modellata la vita della famiglia.

L’uomo diviene completamente se stesso (uomo a immagine di Cristo) proprio quando vede la sua dignità nel servire per amore. La donna e la madre diventa una persona cristiana perfetta nel dono confidente di sé allo sposo, nel sacrificio e nella dedizione ai figli. I figli divengono ciò che devono essere secondo le intenzioni di Dio, il cui amore li ha chiamati per nome, e si sforzano di corrispondere a quell’amore in modo sempre più cosciente e più libero. Come all’inizio della loro vita c’è Dio Amore che ha benedetto l’amore dei genitori, così lo scambio continuato dell’amore fa risplendere sempre più in loro l’immagine di Dio. Quanto più si amano tanto più trovano il loro vero io, cioè la forza e la capacità, simile a quella di Dio, di donare amore e di sentire con gioia l’amore.

Costituire la famiglia come una comunità di amore.

Resta come grande traccia ciò che dice san Paolo:

“E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità.

Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”1.

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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
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    Umberto Roversi

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