19/04/1982 - La Prima Confessione

19/04/1982

103c. La Penitenza

19 aprile 1982

Parliamo allora della Confessione dei fanciulli, particolarmente della prima. Bisogna dare un concetto, una dottrina giusta e chiara parlandone molto tempo prima e continuando a martellare su questa idea. In due direzioni ci dobbiamo muovere.

La prima: che è una cosa molto grande e seria; non si può ridurre a una formalità e a una consuetudine. La tradizione è che in seconda si va alla Confessione1.

E la seconda: che non vi è nulla di pesante o di terrificante ma che è una liberazione dalle cose sporche che sono in noi; è uno straordinario e meraviglioso arricchimento, è una grande gioia di incontro.

Ragioniamone.

I bambini devono apprendere che debbono prima imparare a pentirsi e poi a confessarsi. Dove, con la parola «confessarsi», si intendono tutte quelle attività da svilupparsi, a gesti da compiere e formule da ripetersi. Che è secondario, anche se ovviamente si devono fare; gli esami2 e la recita dell’Atto di Dolore. Altrimenti sarebbero le cose che impedirebbero il fine stesso della Confessione, tanto più si pensa alla soggezione, alla paura, se non altro all’imbarazzo che prende i piccoli di fronte a una cosa nuova, complessa e difficile. Tanto più che qualcuno che prepara cerca di rendere il procedimento più complicato che facile.

Talora la preoccupazione di insegnare ai bambini diventa l’ostacolo che vanifica tutto il lavoro precedente di preparazione. Niente formalismo e preoccupazione per questi. Chi prepara sia molto intelligente. Altrimenti si dà una cattiva idea e si rischia che il bambino confessi colpe mai commesse, colpe di cui non sa neppure il significato.

L’esame di coscienza per il bambino non è racimolare qualche peccato dalla lunga lista che il catechista ha detto o ha dettato.

Bisogna che il bambino si ricordi di quando ha detto di «no» a Gesù volontariamente, non per un errore involontario. L’esame lo si renda leggero come una piuma e non intricato come un alambicco.

Esami brevi, espressi in poche parole, tuttavia completi.

La brevità non impedisce che siano completi. Si fa come chi guarda un oggetto, che lo gira da ogni lato: le mancanze si possono richiamare alla mente in forma sempre nuova, senza perdere di vista la sostanza.

Si fa come la donna del Vangelo che cerca in ogni angolo della casa3: si fa la ricerca nella casa spirituale del bambino, non nel palazzo grande e lussuoso del ricco adulto. Si ricercano i peccati abituali dei piccoli.

Prudenza, per non falsare la coscienza. Andare adagio a parlare di peccati mortali, che meritano l’inferno. Non è facile che un bambino della Prima Confessione faccia un peccato mortale. L’esame della Confessione dovrebbe essere il richiamarsi quello che la saggia mamma ha tante volte presentato con le sue domande: “Dove hai detto di «no» al Signore che ti voleva buono, gentile, generoso con i compagni… Nel vincere i tuoi capricci, ecc…”.

È così anche più agevole parlare del dolore sul quale è bene insistere e preoccuparsi. Il dolore è il punto focale e centrale. Bisogna ricordargli che Dio lo ama e lo ha amato tanto. Per questo, per il suo bene, gli ha fatto conoscere i suoi valori. Che è estremamente brutto avergli detto di «no» e dannoso. Il peccato è un volontario allontanamento da Dio.

È il sacramento del ritorno. Anche quando non ci sono peccati gravi, la Confessione è una purificazione e una rinnovata adesione al Cuore di Gesù. Egli è vicino a noi e bussa4, siamo stati cattivi, apriamogli il cuore, diciamo che non lo vogliamo più fare.

Dio aspetta la nostra contrizione per compiere una cosa meravigliosa, una cosa che vale di più di una creazione materiale, rinnova la nostra anima, infonde in noi la grazia che ci ha già dato nel Battesimo e l’accresce; proprio perché ci ama, la sua azione non si ferma al cancellare, ma è soprattutto mirabile in quello che ci dona.

Bisogna poi presentare Gesù Crocifisso. La Passione e Resurrezione di Gesù non sono idee, dottrine belle e sublimi, ma fatti storici reali della misericordia di Dio, che interessano e si rivolgono a ognuno di noi e ci invitano a convertirci a Dio.

Le azioni salvifiche della vita di Gesù sono a noi vicine nell’anno liturgico. Nelle feste principali, in cui i misteri della vita di Gesù sono resi attuali e operanti, la contrizione e l’amore si accendono in modo particolare; tuttavia è nella ricorrenza pasquale il momento più propizio per un ritorno a Dio. In tale occasione il nostro dolore si unisce al dolore di Cristo. Con il pentimento rendiamo concreta quella condanna del peccato che fu annunziata da Cristo Crocefisso.

Al bambino bisogna fare capire che la Confessione è un incontro in cui si realizza una gioia e una fiducia illimitata mediante il pentimento e la ricerca di Lui.

La prima Confessione è un giorno di festa. Dio ridona ai suoi figli lo splendore della grazia come nel Battesimo. In quel giorno la liturgia manifesta questa meravigliosa trasformazione ponendo sul bambino una veste candida, segno di gioia, di trasformazione, di somiglianza con Cristo risorto, con gli angeli e con i santi in cielo. Nella prima Confessione preparare i vestiti più belli per indicare il rinnovarsi della trasformazione operata nel Battesimo.

Nella prima Confessione Gesù Risorto dona la grazia che lo aiuta a crescere come un vero figlio di Dio, a migliorare la condotta, a vincere le inclinazioni. Il sacramento è stato istituito da Gesù Risorto nel giorno di Pasqua per comunicare a tutti la gioia pasquale5. Il bambino deve sapere che incontra Gesù incontrando il sacerdote che ne occupa il posto. È per questo incontro che avrà un cuore nuovo.

Si deve far festa in casa. Incontro con Gesù-Amore che dà sollievo, serenità, fiducia, non oppressione, tristezza.

Questa preparazione non deve essere abborracciata negli ultimi giorni. Si deve dare un’impostazione di fondo. Il bambino deve imparare ad apprezzare la grazia e voler riacquistare la purezza dell’anima e rendersi cosciente di ciò. Bisogna insistere non sugli atteggiamenti nozionistici, sugli aspetti negativi suscitati dalla considerazione del peccato, ma su tutto ciò che può aiutare a vivere con più fervore la vita della grazia.

Certo bisognerà aiutarlo a sviluppare in se stesso il senso della colpa e la capacità di detestarla, ma poi sono i lati positivi che occorre approfondire, insistendo non soltanto sulla purificazione, ma anche sull’arricchimento della grazia e di forza soprannaturale che deriveranno dall’incontro con Gesù col quale andrà al Padre che tanto lo ama.

Tutto perciò dovrà essere intonato e ordinato al ritorno al Padre mediante l’incontro con Gesù.

Bisognerà ancora ricordare che la soddisfazione da compiersi non è che l’inizio di una vita rinnovata alla quale ci sarà da provvedere. L’efficacia formativa è proporzionata alla sua genuinità. Essa non è un prezzo della assoluzione, non può essere un gioco di compensazione o una multa.

È una collaborazione fra due persone che si riconciliano: una collaborazione ubbidiente e docile da parte del penitente, misericordia da parte di Dio. L’immensa bontà di Dio ammette l’anima perdonata a partecipare alle soddisfazioni infinite che Cristo offrì alla Santissima Trinità. Questa comunicazione delle soddisfazioni è un dono gratuito. Però richiede da parte di chi lo riceve, perché raggiunga il suo effetto, una realizzazione, una appropriazione, un’attenzione che consiste in un’opera da compiere.

Tale opera orale, se piccolissima, ha un singolare valore perché è parte del sacramento con la quale veniamo a partecipare delle soddisfazioni infinite del Salvatore. Gesù non ha istituito il sacramento per dispensarci dal fare penitenza ma per darci la forza di fare penitenza con Lui.

Già prima di ricevere il perdono bisogna convertirsi, bisogna fare penitenza. I ragazzi non sapranno essere ben disposti alla confessione se non si sentono obbligati per amore a riparare; se non sanno riparare i loro peccati attuali, se rifiutano di sacrificare il proprio egoismo, in spirito di penitenza. Essi si preparano alla Confessione facendo penitenza. E questo spirito di penitenza incoativo, questa risoluzione di fare penitenza il sacramento lo compie e gli dà l’efficacia che viene da Cristo.

La penitenza sacramentale ha valore in quanto ci è data in nome di Cristo. Ma essa non basta per riparare i peccati. Essa è piuttosto il segno efficace dello spirito di penitenza che ci deve animare.

Accettandola, noi accettiamo di vivere da penitenti, di accogliere tutti i dolori che incontreremo in spirito di penitenza per i nostri peccati e per quelli dei nostri fratelli. L’intervento del confessore che dà la soddisfazione consacra il cristiano come penitente nella Chiesa. E in rapporto a tutta questa vita di espiazione la soddisfazione sarà come un rito iniziale. Troppe volte si considera con leggerezza.

Il bambino è invitato a guardare il Crocefisso e a commuoversi per eccitarsi alla contrizione. E la risoluzione che prende è più a titolo di progetto che a titolo di riparazione. E quindi è insufficiente. Bisogna che impari a riparare, a rimettere volontariamente l’ordine in lui e intorno a lui e anche a espiare, cioè ad accettare di fare penitenza. Per il bene suo e di tutta la Chiesa.

Dopo la Confessione è bene ricordare che Dio ha dimenticato i nostri peccati, che li ha gettati in fondo al mare (Mi 7,19).

Ora, compiere la penitenza. Se è una preghiera dirla con solennità, in ginocchio, lentamente.

Uno sforzo d’attenzione che ripara la disattenzione o la dimenticanza di Dio.

Prima lo ringrazieranno e lo loderanno, decideranno l’impegno. Lo si dovrà aiutare a ringraziare e a lodare. Il ringraziamento insieme, e conservare il clima di gioia e di confidenza. Ogni peccato è da espiare. Avviarlo a penitenze volontarie, anche per i peccati altrui; sublime concezione cristiana della carità.

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