169 - La spiritualità dell' Ufficio divino

169. La spiritualità dell’Ufficio divino

A. Trasformare gli elementi dell’Ufficio in autentica preghiera. In dialogo orante.

B. Aggancio con la vita: creare l’osmosi tra preghiera ed esistenza.

A. Mens concordet voci1. Hoc versetur in corde quod profertur in voce2 (Sant’Agostino).

1) I mezzi espressivi sono segno. Ma il contenuto deve essere «solo» preghiera fervorosa, attiva, intelligente e anche sapida; un’adorazione in spirito e verità3, uno slancio di fede, di speranza e di amore che sgorga dai singoli e, per la fraternità che li lega, si esprime in un unico grido, si incanala attraverso quelle formule «divine» che vengono scandite all’unisono.

Cristo assume l’uomo come strumento “poliarmonico” (Clemente di Alessandria4) e le corde in primo piano non sono le vocali ma della mente e del cuore. Le formule non sono preghiera, ma mezzo di preghiera. Non è la quantità delle formule quanto la profondità e l’intensità dei sentimenti che esprimono. Non moltiplicare le parole (Mt 6,7). È il cuore che deve parlare.

2) La Chiesa, che non è un’astrazione, ha bisogno della partecipazione intima dei singoli per alimentare il suo dialogo con Dio. Se io veramente prego, la Chiesa assume la mia preghiera come sua, e io divento come il piccolo rigagnolo che entra nel gran fiume. Ma se io non prego, la Chiesa non può assumere una preghiera che non esiste. Non può essere liturgica se non è preghiera. È flatus vocis5.

3) Il rapporto tra preghiera personale e comunitaria è stretto. Tutta la vita di preghiera deve integrarsi in modo omogeneo con l’Ufficio, altrimenti questi non sarà mai una cosa viva. Una osmosi.

Una preghiera corale tutta tesa alla contemplazione, che sfocia in un incontro personale di ogni anima con Dio. Una preghiera personale che sgorga da quella comune come dalla sua fonte più genuina, che si alimenta di Bibbia e di Liturgia.

Ciò che ha intessuto il dialogo universale della Chiesa con il suo Sposo diventa il dialogo personale e irripetibile di ogni anima con Dio. E poi ci si sente spinti a un nuovo innesto nella comunità orante per arricchire il proprio mondo interiore con l’apporto dei fratelli.

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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
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