246. Pietà personale nella presidenza dell’Eucarestia
Chi ha esperimentato la vocazione di Cristo a seguirlo nel sacerdozio, rimane colpito e segnato nell’intimo della personalità. In fondo, egli non si sente più legato a quanto avviene nel mondo, bensì a quanto è avvenuto una volta per sempre attraverso il messaggio di salvezza. L’ammissione al sacerdozio non è un contratto denunciabile tra il chiamato e comunità ecclesiale, ma un’azione dello Spirito Santo che conferisce un dono che non viene mai meno.
Segno di tale perennità è quel particolare carattere sacramentale per cui il sacerdote viene marcato dall’unzione dello Spirito Santo (Presbyterorum Ordinis1). Tale carattere non è frutto di immaginazione ma costituisce una realtà che trova la sua spiegazione nella chiamata definitiva di Dio.
Il sacerdote deve essere pertanto un uomo di preghiera e di meditazione. Bisogna legare strettamente la vita alla teologia. Impegno a vivere esistenzialmente la propria chiamata.
Il modello è Gesù. Come Lui ha vissuto la sua Messa. Venendo in questo mondo: Ecce venio ecc…2, fino al termine: Consummatum est3. Adempimento perfetto della volontà del Padre, accettazione incondizionata. Ha abbracciato tutta la sofferenza umana, ha accettato la vita così come era al suo tempo; vive da vero uomo in quel determinato ambiente.
Exinanivit4. Adesione costante. Tutto per la glorificazione del Padre e per la redenzione dell’umanità, comunicandole la vita divina e facendo l’unità per gli uomini dispersi.
La Messa non è che l’attualizzazione del mistero redentivo di Cristo che continua nello spazio e nel tempo fino alla parusia. È morto per noi. Focalizzare i vari momenti della Messa nella Liturgia della Parola e in quella Eucaristica.
La prima ha come scopo di farci conoscere quale è la volontà del Padre, cioè quale è il contenuto della Rivelazione. “Chiunque mi ama osserverà la mia parola e il Padre ed io ecc…”5. Attraverso la parola Dio dimora in noi. Manducatio verbi6. Come per Gesù che ha avuto la preoccupazione costante di rapportare tutta la sua vita alle Scritture, di adeguarla alla rivelazione del Padre.
Illuminata dalla parola, ecco i tre momenti della Liturgia Eucaristica. Vederli strettamente uniti alla nostra vita.
Offertorio; guardare ai segni. Il più espressivo è il calice, simbolo della vita (Non bibam calicem7). Così come per Gesù anche per noi. Dopo aver conosciuto la volontà del Padre, diamo una risposta. Valore vitale risposta alla nostra vocazione unita alla Messa.
Consacrazione. Momento del sacrificio di Cristo e della Chiesa. È la nostra trasformazione in Cristo. Finalità di tutto il Mistero Pasquale. Estote Christus8; trasformarsi nei suoi sentimenti.
Comunione: patto del Nuovo Testamento nel corpo e nel sangue di Gesù. Venendo in noi, si attua questo patto e ci mette in una pace gioiosa.
Una profonda vita spirituale di raccoglimento, di meditazione e di preghiera, di ascesi e di carità, fuori dai momenti forti della Liturgia resta sempre indispensabile. Se ciò non avviene, la stessa partecipazione alla Liturgia rischierebbe di non essere personale né comunitaria, ma solamente meccanica, formalistica e gregaria. La Sacrosanctum Concilium nel n. 12 ricorda un altro motivo che indica la relazione stretta tra preghiera e Liturgia per cui si rende necessaria la preghiera privata: non si potrebbe osservare il precetto dell’Apostolo di pregare “senza interruzione” (1Ts 5,17)9.
Ma vi è una ragione più profonda: la preghiera privata è rigorosamente richiesta e presupposta dalla stessa Liturgia come necessaria preparazione e come testimonianza d’averla vissuta autenticamente. La Sacrosanctum Concilium è ben lontana dall’avvallare o dal sospingere illusoriamente ad una vita di quietismo liturgico; oltre la preghiera privata anche l’esercizio continuo di una sana ascesi cristiana, che manifesta la vita stessa di Cristo nella nostra carne mortale (2Cor 4,10-11), è un presupposto essenziale perché lo stesso sacrificio rituale e sacramentale dell’Eucarestia sia veramente un segno genuino e non vuoto, che esprima il “sacrificio spirituale di noi stessi come offerta eterna” a Dio (Sacrosanctum Concilium, 1210).
È veramente straordinario e profondo lo spirito che ha informato questa dottrina conciliare, la quale mette fuori causa ogni discussione circa la vera natura della preghiera nella Liturgia e fuori della Liturgia e riafferma con estrema energia l’unità totale di tutta la vita spirituale cristiana. (Pietà).
Testimonianza che deve essere ripensata e vissuta attraverso una dimensione essenzialmente, indispensabilmente sacramentale: la conversione del cuore, la fede, il Battesimo sono parti costitutive della testimonianza al Signore, in speciale sulla Cresima che con il suo carattere deputa in modo speciale il cristiano alla testimonianza, anzitutto nel culto comunitario che culmina nella celebrazione eucaristica, e poi nella testimonianza anche apostolica (Lumen Gentium, 11). Perciò la funzione della celebrazione eucaristica del Mistero Pasquale viene di nuovo considerata nel suo aspetto centrale e decisivo (Presbyterorum Ordinis, 6). (Testimonianza).
Come deve essere la vita di pietà: biblica, cristocentrica, ecclesiale.
La formazione sacerdotale deve avere allora una chiara dimensione trinitaria. Bisogna imparare a vivere in intima (unione) comunione e familiarità con il Padre mediante il suo Figlio Gesù Cristo Signore nello Spirito Santo. La via per arrivare alla Trinità è Gesù Cristo. A Lui siamo stati conformati ontologicamente per mezzo del sacramento dell’Ordine. Con Lui bisogna vivere uniti per tutta la vita in intima familiarità.
Questa amicizia familiare si deve effettuare particolarmente mediante la partecipazione al Mistero Pasquale, la meditazione e assimilazione della Parola di Dio, l’unione al proprio Vescovo, ai confratelli, a tutti gli uomini particolarmente ai più poveri.
L’unione a Gesù significa imitazione volontaria della sua vita, della sua abnegazione, della sua povertà; significa conformità a Cristo Crocefisso.
L’unione alla Santissima Trinità mediante Gesù Cristo Signore comporta anche l’unione alla Chiesa, Corpo Mistico di Cristo. Il sacerdote è nella Chiesa e per la Chiesa.
Ne consegue un’altra caratteristica della spiritualità sacerdotale, quella ecclesiale, la quale è radicata nella stessa essenza del sacerdozio.
Questo deve creare una mentalità comunitaria che sappia vincere lo spirito individualista, sviluppi ardore o spirito missionario e apostolico; e in fraterna e efficace collaborazione sacerdotale nella piena fedeltà e obbedienza al Santo Pontefice.
Si capisce che gli esercizi di pietà non devono essere considerati come il tutto; essi devono stimolare profondamente a una vita di fede, di speranza, e di carità, a vivere secondo il Vangelo.
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