225. Povertà (1)
1. La povertà è oggi il grande appello dello Spirito Santo alle anime. “La Chiesa oggi si trova davanti alla vocazione della povertà di Cristo”1. È un atteggiamento dello spirito: spirito di povertà. Educarsi a questo:
a) il denaro è solo un mezzo;
b) alcuni valori non hanno prezzo;
c) le ragioni della vita sono superiori alla vita stessa;
d) è dovere saper rinunciare a qualcosa di proprio per aiutare chi è nel bisogno. Povertà via alla carità.
2. La povertà di spirito: stare bene attenti che non diventi un’esercitazione letteraria. Ci vuole un esercizio di reale e generosa carità, di un impegno a far parte dei propri beni ai poveri. Puer natus est nobis2, per tutti i poveri.
“Guai a voi, o ricchi… Guai a voi, o sazi” (Lc 6,24-25).
“Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli” (Mt 19,23); “Quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo” (1Cor 7,30-31); “Quando abbiamo di che mangiare e di che coprirci, contentiamoci di questo” (1Tm 6,8).
3. Lo spirito del mondo è il titanismo, il prometeismo.
L’uomo autosufficiente, maturo, adulto, che sa organizzare la sua sicurezza, che sa vincere ogni ostacolo. Il ricco del Vangelo si autoesalta e sta qui la sua perversione: la sua sicurezza terrena, a prescindere dalla dipendenza da Dio.
Non erano beni ingiustamente acquisiti.
“Riposati, mangia, bevi e datti alla gioia” (Lc 12,19).
La povertà consiste nell’affidarsi completamente a Dio che solo ci salva: “Io invece esulterò nel Signore per la gioia della sua salvezza. Tutte le mie ossa dicano: «Chi è come te, o Signore, che liberi il debole dal più forte, il misero e il povero dal predatore?»” (Sal 343).
È la risposta alla Sua Parola (Mt 5,3; Lc 12,22-24) e nella imitazione di Cristo il quale “da ricco che era, si fece povero” (2Cor 8,9).
Il peccato per eccellenza è per la Bibbia l’autoaffermazione dell’uomo che si contrappone a Dio; sta qui il tipico tradimento dell’alleanza e la peggiore forma di idolatria. “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo” (Ger 17,5); Dio solo salva.
Perciò il vero Israele si fida di Dio, non delle proprie risorse o delle alleanze terrene. Abbandono in Dio, lasciarsi condurre dalla sua mano. Se la ricchezza economica è tanto pericolosa da rendere problematica la salvezza (Mt 19,23), lo è proprio perché suggerisce all’uomo un atteggiamento di autosufficienza.
I poveri sono prediletti del regno perché posti fragili e disarmati davanti a Dio che salva, i primi destinatari (“Mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio”; Lc 4,18), sono i piccoli, i fanciulli, i primi che erano gli ultimi, i mendicanti chiamati al banchetto.
“Imparate da me”4; il tipo nuovo di uomo: povero, mite, misericordioso, bisognoso di giustizia, pacifico, semplice e puro di cuore5.
Servi di Jahvè, poveri e sofferenti: “Dio sceglie ciò che è debole per il mondo per confondere i forti” (1Cor 1,27; cfr 2Cor 12,5-9). In essi agisce la forza della Croce, che altrimenti resterebbe svuotata.
Le tentazioni di Gesù: si dà inizio alla nuova economia nella quale Dio agisce direttamente.
Povertà è rinuncia ai beni e ancora al denaro e al potere (Mt 6,24).
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