225 - Povertà 2

225. Povertà (2)

1. Gesù non possiede che per dare. Si lascia spogliare fino alla spogliazione totale in cui si è rivelato Dio.

Anche la vita di Nazaret, per umile che sia, non gli appartiene. Egli l’abbandona e se ne va. I suoi beni sono quelli che riceve dagli altri (pie donne) che lo invitano qua e là. Egli non ha una pietra dove posare il capo1.

Povero, inchiodato alla Croce e prigioniero degli uomini.

Non c’è un modo definitivo di essere poveri. Non si è poveri una volta sola; non si è poveri in una certa maniera. Si è poveri in questa costante disposizione del cuore alla spogliazione, che ci fa liberi di tutto, anche della nostra povertà. È per questo che è tanto difficile: non c’è una ricetta di povertà.

2. Ritornare al Vangelo: di questo abbiamo bisogno.

Il primo movimento – il più facile –, il negativo: non comprare che l’utile, limitare le spese, saper vivere in una mediocre comodità, in un ambiente di società in cui la mediocrità è sovrana. Rinunciare alle tentazioni dell’evasione e dalle distrazioni facili e seducenti mondanamente. Per essere autentici essere liberi – figli di Dio – dai possessi terreni.

Ma l’economia non deve essere una sottile tentazione di avarizia.

Amputare le distrazioni frivole, il tempo speso inutilmente e sottratto alla preghiera e alla riflessione.

Dare a chi ha bisogno di te, dei tuoi beni pur infimi, del tuo tempo, della tua presenza, del tuo volto, della tua salute, della tua parte di distensione; vincere la tentazione della vanità, della marca, della qualità migliore del tuo vicino.

Prestare non solo del superfluo, del necessario, un oggetto a cui si tiene. Brocca di Santa Teresa2. Un oggetto dato e che si prevede perduto o rovinato; le mie cose.

Non è questione di crearsi un quadro artificiosamente povero: tavola di legno bianco. Rinunciare ai propri agi. Ospitalità. Venire a casa tua mi sembra come quando vado a casa mia.

Sobrietà che non esclude né il buon gusto, né la pulizia.

Non confondere povertà e cattivo gusto. Bisogna amare gli uomini non la nostra ostentata povertà. Il vero povero è quello che ha il suo unico appoggio in Dio, non in tante false realtà.

Il povero, come il santo, dona tutto.

3. Amare i poveri: maniera umana, non per «fare del bene».

Non fermarsi al povero interessante. Hanno bisogno di amicizia, di chi veramente li ami; non hanno sete che dei nostri doni.

Accettare dai poveri, che non dicano: “Nessuno ha bisogno di noi”. La povertà secondo il Vangelo ha il valore di segno nei riguardi del regno. Il mondo oggi interpella la Chiesa e i cristiani sul loro atteggiamento verso i beni materiali e la loro funzione sociale e escatologica.

Il valore di testimonianza in funzione evangelizzatrice.

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