QUADERNO 8 Crestomazia1
Chco Pietro Margini Albinea – Gennaio 1939
1 Titolato così da don Pietro sulla pagina iniziale del quaderno per indicare una raccolta, tra brani scelti di autori, di ciò che fosse “buono da imparare”. In basso, sulla sinistra della stessa pagina, per sottolineare il concetto annota: “Flores ex multis” (Fiori tra molti). 2
1. La felicità consiste nel possesso di Dio. L’Eucarestia è Dio che si è fatto nostro (Beato Eymard).
2. La tua miseria, o anima cristiana, non ti allontani dalla Santa Mensa perché questo tesoro è stato lasciato per il povero (P. Granata). 3. Fatevi presentare al banchetto Eucaristico da Maria. È così fervorosa la mano di Maria che ci conduce a Gesù! Oh! una Comunione con Maria quante risonanze ha durante la giornata, e lungo la vita (Lebou). 4. L’Eucarestia è fiamma d’amore, è centro d’unità: di là pertanto dobbiamo implorare e aspettare il rimedio all’odio e all’egoismo che ci divide; a quel dolce pascolo si riuniranno le pecorelle tutte e il gregge sarà uno col suo pastore (Card. Sanfelice). 5. Non lasciar la Comunione a causa delle tue distrazioni, freddezze, aridità, perché a raccogliere il tuo spirito nulla varrà meglio del suo re; nulla lo scalderà quanto il suo sole, nulla lo potrà soavemente confortare come il suo balsamo (San Francesco di Sales). 6. Fate conoscere l’Eucarestia con la predicazione, diffondetela con la Comunione; che il popolo la conosca, l’adori, l’ami. L’Eucarestia è tutta la religione (Pio X). 7. Siamo consapevoli del valore di una Santa Messa? Offrire Gesù, offrirci con Gesù, raccogliere le proprie lacrime e le proprie pene nel calice ove è raccolto il Sangue della Vittima Divina non è forse il fine della nostra vita quaggiù? Ecco la messa! (Mons. Arista). 8. Noi siamo alimentati di tal cibo che alla vista di esso tremano gli Angeli, né lo possono mirare senza timore, a cagione del fulgore che egli spande; e noi ci riduciamo con Lui in una sola sostanza e restiamo unificati col Corpo e col Sangue di Cristo (San Giovanni Crisostomo). 9. Darsi è l’ultimo termine dell’amore e darsi in cibo è la forma e la misura della donazione; perché fra colui che mangia e colui che è mangiato vi è per dir così l’unità di sostanza (Mons. Gay). 10. Maria va al Tempio, ma non vi entra senza prima purificarsi: Ella che è l’Immacolata, la Vergine delle Vergini, la Sposa dello Spirito Santo, la Madre
2 Il Quaderno 8 raccoglie il frutto di un lavoro decennale che don Pietro ha svolto, a partire dal penultimo anno del Seminario fino ai primi otto anni di ministero a Correggio, trascrivendo frasi o brani per lui significativi dei più svariati autori. Si ringraziano, per la competenza e la generosità dimostrate nella traduzione di tante frasi, Annamaria, Elisabetta, Lucia, Marco, Maria Cristina, Mariapia, Rossella e Silvia. di Dio! Proprio vero! Non altro che i Vergini «possono entrare nel tempio del Re» (id.). 11. Come chi tuffasse la mano nell’oro fuso la ritirerebbe tutta dorata, così l’anima immersa nel Sangue del Salvatore (per mezzo della Comunione) diventa pura e brillante come l’oro passato per il crogiuolo (San Giovanni Crisostomo). 12. Gesù Cristo ci diede una prova veramente ineffabile del suo amore col darci nel Santissimo Sacramento la sua anima pegno di redenzione, il suo Sangue in sacrificio di espiazione, il suo Corpo quale vincolo d’unione tra noi e Lui e tutte le squisite dolcezze della sua divinità (Sant’Alberto Magno). 13. Che significa: Comunione? Significa che noi entriamo in comunione con Gesù Cristo, che noi partecipiamo alla sua Carne e alla sua Divinità, e che per l’Eucarestia noi entriamo in comunicazione con gli altri fedeli e siamo a loro uniti, perché formiamo con essi e con Cristo un medesimo corpo (San Giovanni Damasceno).
14. Se potessimo vedere l’interno di un’anima che ha ricevuto or ora Gesù Eucarestia, ve lo scorgeremmo come un grano d’oro o un fiore in mezzo ad un cristallo. Egli vi loda, benedice e glorifica il suo Padre come in un tabernacolo animato e vi si compiace assai più che su un altare o in un ciborio d’oro (M. Olier).
15. Dobbiamo andare a Gesù ogni volta con un poco meno di noi perché Gesù lasci in noi un pochino più di sé (San Francesco di Sales).
16. Nella Comunione non abbiamo bisogno di godere ma di saziarci; non di trovare consolazioni ma di attingere forza ed amore (P. Schryvers).
17. Ubi ergo charitas est, quid est quod possit deesse? Ubi autem non est, quid est quod possit prodesse? Daemon credit, nec diligit3 (Sant’Agostino).
18. Al dono divino che è la Fede noi possiamo ricambiare con un dono umano sì, ma pure divino: le Missioni.
19. Non devo trovar nulla a ridire alla tua volontà, o Signore, mi basta di obbedirti e di seguire i tuoi disegni. Io sono un tuo strumento, devo risuonare come tu vuoi. Sofferente, innalzato o abbassato, utile o inutile a tutti come tu mi rendi, o Signore. Solitario, ignorato come il fiore del deserto, errante come uccello senza nido per riposarmi, sempre avrò sul labbro la parola della Madre tua Maria: Fiat voluntas tua.
20. L’anima nostra non è mai contenta; è essa che desidera ali per volare fuori delle realtà, per volare nel sogno, nell’infinito. Ali! Ali! perché essa
3 Laddove dunque è la carità, che cosa potrà mancare? E dove non è, che cosa potrà giovare? Il diavolo crede, ma non ama. vuol salire; e mentre noi sembriamo calmi al focolare domestico, vicino alla famiglia, occupati nei nostri lavori, ecco ad un tratto l’anima che sussulta, che aspira ad elevarsi sempre più in su. Volare lontano dai dolori, dai disinganni, dalle insidie terrene, volare lontano in alto, in alto per ritemprare la propria energia, la propria volontà. Volare verso l’Infinito che è Dio, ove si trova il rifugio delle pene, la forza delle debolezze, l’amore nell’abbandono. E quando l’anima ha potuto per qualche istante innalzarsi così, si sente ristorata e ricomincia sorridendo il cammino giornaliero senza curarsi sotto i pesi, sotto le noie, le spine di tutte le ore. La preghiera e un po’ di meditazione della parola di Dio sono le nostre ali.
21. La peggiore specie di sventure non meno che la maggior somma di esse provengono dalla nostra vicendevole condotta. Un po’ più di benevolenza e d’amore; tutto sarà appianato.
22. Il silenzio del Santissimo Sacramento pare ci dica sempre: Gesù non pensa ad altro che a te! (Padre Faber).
23. All’aquila che deve spaziare nei cieli sono state date delle grandi ali. All’uomo che deve salire fino al trono di Dio è stata data la grazia.
24. Che il mio cuore sia l’Altare dove Gesù s’immoli, il Tabernacolo ove Gesù vegli, l’Ostensorio ove Gesù si manifesti.
25. Anche la pace ha i suoi martiri (…). Ogni qualvolta e dovunque una giusta causa è in gioco, se tu dai testimonianza per essa, sei martire. E poichè la giustizia e la carità è Cristo, dovunque la giustizia o la verità o la castità soffre, se tu la difendi con tutte le tue forze meriti il premio del martirio (San Cesario d’Arles).
26. La comunione come si associa bene con la sofferenza! Un’anima eccellente, morta sulla croce, scriveva: “Io non ho conosciuto che due cose belle in questa vita: soffrire e comunicarsi!” (P. Pontlevoy).
27. La benevolenza è una esuberanza di noi stessi inondante il prossimo. Per essa mettiamo il prossimo al nostro luogo, lo trattiamo come vorremmo essere trattati noi, scambiamo la nostra posizione colla sua, e così noi in tale tempo diventiamo il prossimo, e il prossimo diviene noi stessi (Frederick Faber).
28. Guarda: pieno di speranza tu affidi alla terra il seme dorato e nella primavera aspetti lieto che esso germogli. Solo nei solchi del tempo sarai tu esitante a gettare azioni buone, che seminate dalla saggezza, fioriscono tranquillamente per l’eternità? (G. Schiller).
29. Alla vista dell’Universo io adoro, ma tremando; alla vista dei Tabernacoli, io adoro amando. Chiamate Dio «Potente» levando gli occhi al firmamento; chiamatelo «Grande» contemplando i mari; «Maestà terribile» ascoltando la voce dell’uragano; voi dovete cambiar linguaggio entrando nei nostri templi. Dio si chiama con un nome più dolce: «nostro Padre» (Mons. Pie).
30. Spes messis in semine4.
31. “Et ecce duo caeci sedentes secus viam andierunt quia Iesus transiret et clamaverunt dicentes: Domine, miserere nostri, Fili David ecc…” (Mt 20,34). O tenebrae omni lumine clariores, o acutissimus excitatis aspectus!5
32. Vi furono più anime convertite dalla benevolenza che non dallo zelo o dall’eloquenza o dall’erudizione e queste tre doti non riuscirono mai a convertire, se non erano accompagnate da benevolenza (Padre Faber).
33. La santità dipende meno dalle cose che facciamo, che dal modo con cui le facciamo. È una frase comune, ma contiene materia sufficiente per lo studio di un’intera vita, e per la pratica dell’eternità (Padre Faber).
34. Nelle cose spirituali la bontà della materia ha importanza maggiore della sua novità. Non disprezziamo dunque questa trita osservazione: nella devozione è meglio essere al sicuro che essere originale (Padre Faber).
35. Quando si ha il tabernacolo sotto gli occhi, il Vangelo in mano e la fede nel cuore, niente è più facile della meditazione (Mons. Gay).
36. Gesù Cristo è il capolavoro di Dio Padre. L’Eucarestia è il capolavoro di Gesù Cristo, il capolavoro del suo amore (Botrel).
37. Chi non conosce l’Eucarestia non conosce l’amore di Dio. Tutt’ al più ne ravvisa alcuni effetti, come il mendicante la liberalità del ricco da quelle poche monete che da lui riceve (BeatoEymard).
38. Un’anima ben disposta riceve nella Santa Comunione un favore incomparabilmente più grande di quello di tutte le visioni e rivelazioni che i Santi uniti insieme hanno avuto (Lallemant).
39. Il cristiano cammina verso l’Eternità di Comunione in Comunione. Ad ogni posto di sosta il Cristo l’attende perché si rifaccia e riprenda vigore (Mauriac).
40. Siamo creature fragili, impotenti, incapaci da sole di qualsiasi bene. Mendicare è l’unico ripiego nostro, mendicare continuamente alla porta della divina misericordia le grazie necessarie per perseverare nel bene. Colpiti dalla lebbra del peccato originale, sembra che solo le labbra siano
4 La speranza della messe è nel seme. 5 “Ed ecco che due ciechi, seduti lungo la strada, sentendo che Gesù passava, si misero a gridare: «Signore, abbi pietà di noi, figlio di Davide!»” (Mt 20,34). O tenebre più luminose di ogni luce, o chiarissima immagine del risorto! rimaste intatte onde poter invocare l’aiuto di Dio. Derelicta sunt tantummodo labia circa dentes meos6 (Willi).
41. Intrattenersi con Dio in preghiera è una cosa più accetta, più gradita alla Santissima Trinità, più meravigliosa per gli angeli, che non sia operar miracoli e dettar leggi al mondo (Willi).
42. Sicut corpus sine anima non potest vivere, sic anima sine orazione mortua est et graviter olens7 (San Giovanni Crisostomo).
43. Il nostro valore agli occhi di Dio sta in proporzione del nostro spirito di preghiera (Willi).
44. La predicazione, il buon esempio, la preghiera, tre doveri sacerdotali; ma il più importante è la preghiera (San Bernardo).
45. La vita non può mai essere interamente felice, perché essa non è il cielo; né interamente infelice, perché al cielo ci conduce (Craven).
46. Semper tibi displiceat quod es (...). Nam ubi tibi placuisti ibi remansisti. Si autem dixeris: Sufficit; et periisti. Semper adde, semper ambula, semper profice8 (Sant’Agostino).
47. Noi siamo totalmente di Dio, noi dobbiamo vivere interamente per Dio.
48. Restare giovane significa restare generoso, in altri termini vuol dire avere un ingegno che calcola e un cuore che non calcola. Significa darsi, abbandonarsi a Gesù e alle anime in un ordine perfetto (Leopold Giloteaux).
49. La vera gioia si trova nella gioia dei santi che trionfano delle tentazioni, e nella gioia dei martiri che muiono per la loro fede (Leopold Giloteaux).
50. In questa vita bisogna farsi perdonare la propria superiorità con un grande amore alla bontà (Leopold Giloteaux).
51. Vivere significa progredire sempre più avanti verso il vero e verso il bene (Leopold Giloteaux).
52. Per essere sacerdote bisogna essere nato grande o divenirlo (Lacordaire).
6 “Non mi resta che la pelle dei miei denti” (Gb 12,20). 7 Come il corpo senza l’anima non può vivere, così l’anima senza la preghiera è morta, e puzza pesantemente. 8 Ti dispiaccia sempre ciò che sei (…). In realtà, dove ti sei compiaciuto di te, là sei rimasto. Se poi hai detto: «Basta»; sei addirittura perito. Aggiungi sempre, avanza sempre, progredisci sempre. 53. Il sacerdozio è l’immolazione dell’uomo aggiunta all’immolazione di Dio (Lacordaire).
54. Usare della propria vita con umiltà, con semplicità, nel silenzio, per nostro Signore (Leopold Giloteaux).
55. La bontà è un balsamo che cauterizza tutte le piaghe, un profumo che allontana ogni vapore malsano, un’armonia che ristabilisce dovunque l’ordine. Giammai una pena, per quanto dolorosa essa sia, ha resistito agli atti di bontà, fatti in vista della sua guarigione. La bontà è quella forza divina che ci spinge ad essere utili, a darci a tutti per far loro del bene,a metterci a disposizione di tutti, a cercare di far loro piacere, a rendere loro dei servigi, a essere loro piacevoli. La bontà è l’effusione di quanto v’ha di bene nel nostro cuore e nel nostro animo, nel cuore e nell’animo degli altri. Oh! se sapessimo ascoltare il buon Dio che ci dice ad ogni momento: Sii buono! Sii buono! Oh! Se conservando in noi dopo la Santa Comunione, la grazia di Dio, noi lasciassimo che Gesù Cristo – Lui così buono! – si serva delle nostre mani per venire in aiuto ai nostri fratelli; delle nostre labbra per consigliarli, consolarli, incoraggiarli, rallegrarli; dei lumi della nostra intelligenza per comunicarli ad essi; dei nostri beni materiali per venire in loro soccorso; della nostra influenza per non lasciarli senza appoggio! (Pagliette d’oro).
56. Diventare migliori per essere meno indegni di Dio! (Leopold Giloteaux).
57. L’eternità! Ecco la realtà. Il tempo è un’illusione salvo per quanto è occasione di merito (Leopold Giloteaux).
58. Volete rendere a Dio un grande onore in questo mondo? Volete lavorare per la difesa dell’Evangelo? Volete testimoniare Dio e suo Figlio a questo secolo che non crede più? Volete fare per la gloria di Dio più di quello che non abbiano fatto gli oratori, i filosofi, e i teologi? Fatevi santi. Mostrate al mondo la tradizione ininterrotta della santità cattolica. Il mondo vi guarderà, vi osserverà, vi spierà da vicino; ma se vedrà che in un secolo di denaro voi ne siete distaccati; che in un secolo di orgoglio voi siete umili; che in un secolo di piaceri voi siete casti; che in un secolo di difetti e di debolezze, voi siete forti e tranquilli, meravigliato di un tale spettacolo, il mondo sarà costretto a rendere omaggio a Dio che è ammirabile nei suoi santi. Quanto più il combattimento inasprisce, tanto più la lotta si ravviva; quanto più il nemico diviene forte, tanto più deve ingrandire la santità dei figli di Dio (Berreyve).
59. O mio Dio, Padrone e Salvatore della mia vita, concedetemi, ve ne scongiuro, la grazia di non uscire da questa vita, senza avervi reso tutta la gloria che vi dovevo rendere, senza aver fatto tutto il bene che dovevo fare, senza aver raggiunto il livello della perfezione che dovevo raggiungere; e per arrivarvi e riparare tutto il tempo perduto, io vi supplico di servirvi di tutti i mezzi che sapete essere utili: io accetto tutto! (L. Giloteaux).
60. Psalterium meum, gaudium meum9 (Sant’Agostino).
61. Solo colla preghiera si giova alle anime (Beato Perboyre).
62. Nulla per la natura, tutto per Dio (Leopold Giloteaux).
63. Nostro Signore propose ad Anna di Xaintonge di esimerla dal cibo, e la santa rifiutò: Voglio essere – diceva essa – oggetto d’imitazione e non d’ammirazione.
64. La santità e la felicità sono due compagne inseparabili e due sorelle che non stanno mai l’una senza l’altra (Padre Rigoleu).
65. Il mezzo per essere felici è quello di essere generosi (Leopold Giloteaux).
66. Splendori vitae totum illuminans orbem fulgere debet animus sacerdotis10 (San Giovanni Crisostomo).
67. Advocatum habemus apud Patrem et ipse est exoratio (...). Oratur in forma Dei, orat in forma servi, orat pro nobis, ut caput nostrum, oratur a nobis ut Deus. Oramus et oratur a nobis. Ut sacerdos noster orat pro nobis, oramus ergo ad illum, per illum, in illo; et dicimus cum illo, et dicit nobiscum11 (Sant’Agostino).
68. Vexillum Christi humilitas12.
69. Tota christianae sapientae disciplina non in abundantia verbi, non in astutia disputandi, neque in appetitu laudis et gloriae, sed in vera et voluntaria humilitate consistit, quam Dominus Jesus Christus ab utero Matris usque ad supplicium crucis pro omni fortitudine et elegit et docuit13 (San Leone Magno).
9 Il mio salterio, la mia gioia! 10 L’animo del sacerdote deve risplendere per la purezza della vita illuminando tutto il mondo. 11 Abbiamo un avvocato presso il Padre ed Egli stesso è preghiera supplichevole. È pregato nella natura di Dio; prega nella natura di servo, prega per noi, come nostro capo; è pregato da noi come Dio. Noi preghiamo insieme con lui e lui è pregato da noi. Come nostro sacredote prega per noi, noi dunque preghiamo rivolti a lui, preghiamo per mezzo di lui e in lui; noi diciamo con lui e lui dice con noi. 12 Il vessillo di Cristo è l’umiltà. 13 Tutta la disciplina della sapienza cristiana non consiste nell’abbondanza di parola, nell’acutezza della discussione e nemmeno nel desiderio di lodi e di gloria, ma nella sincera e volontaria umiltà, che il Signore Gesù Cristo sia amò sia insegnò dal grembo della Madre fino al supplizio della croce a vantaggio di ogni fortezza. 70. Fode in te fundamentum humilitatis et perveniet ad fastigium charitatis. Vis capere celsitudinem Dei? Cape prius humilitatem14 (San Bernardo).
71. Quid superbis, pulvis et cinis, cuius conceptus culpa, nasci miseria, vivere poena, mori est angustia?15 (San Bernardo).
72. Se noi vogliamo tutto ciò che Dio vuole, se noi non vogliamo che ciò che Dio vuole, la nostra vita è perfetta (P. Foch).
73. Volere ciò che Dio vuole significa essere forti; non volere che ciò che Dio vuole significa essere liberi: essere liberi ed essere forti significa essere capaci di tutto (Mons. Gay).
74. Bisogna avere la passione della volontà di Dio (Leopold Giloteaux).
75. Non fare nulla quando è comandata l’inazione è fare tutto ciò che si deve (Mons. Gay).
76. Io ho guardato il mio Cristo crocifisso; l’ho considerato con amore e mi è apparso che la mortificazione era Lui, l’obbedienza era Lui, l’umiltà era Lui. Allora una trasformazione si è fatta in me, e tutto quello mi apparve divino (Padre Felix).
77. Venne nel principio il Padre e con la parola creò la terra. Venne, inviato dal Padre, il Figlio e con la parola e col sangue i campi paterni seminò ed irrigò. Venne, inviato dal Figlio, lo Spirito Santo, e quel che il Figlio aveva tratto alla spiga, egli, con lingua e fuoco, maturò. Venne dal Cenacolo, la Chiesa, e nel nome delle Tre Persone, con la prola e con l’acqua, miete e raccoglie (T. Casini).
78. Non mi sento mai meno solo come quando sono solo (De Ravignan).
79. Raccogliersi è un sospendere i pensieri, le intenzioni, i battiti stessi del cuore per ascoltare Dio, lasciarsi rapire dai suoi insegnamenti ed amarlo (Leopold Giloteaux).
80. L’orazione? Non saprei definirla. È una gioia calma e sovrabbondante; sono istanti di delizia raffinata dall’amore. O Dio tutto bontà che cosa siete voi adunque? (Leopold Giloteaux).
81. L’orazione? È Amore. È Dio che entra nella mia anima e l’anima mia che entra in Dio. Gioia indefinibile! (id.).
14 Scava in te il fondamento dell’umiltà e giungerai alla sommità della carità. Vuoi comprendere la grandezza di Dio? Comprendi prima la sua umiltà. 15 Per cosa ti inorgoglisci, tu polvere e cenere, il cui concepimento è una colpa, nascere è una miseria, vivere una pena, il morire è una angustia? 82. Il sacerdote deve riflettere sul valore del sacrificio prima di salire all’altare, sopra la potenza della parola apostolica prima di salire in cattedra, sulla grandezza del giudice di cui è delegato prima di entrare nel confessionale, sopra la fecondità della preghiera e il bisogno immenso delle anime prima di aprire il suo breviario. Dovrebbe uscire dall’orazione come un tempo Mosè discendeva dal Sinai: con la fronte coronata di gloria e con il cuore infiammato di zelo per il popolo che gli è affidato (Leopold Giloteaux).
83. Amare significa darsi, dimenticarsi, immolarsi (id.).
84. Io sono risoluto ad essere buono, buono fino alla confusione; sarò buono, sempre buono, buono ad oltranza, buono verso tutti (Leopold Giloteaux).
85. Austerità nell’interno! Amabilità all’esterno! (id.).
86. Mio Gesù, non vi domando che una grazia, e non posso domandarvene altre, perché questa grazia basta e basta infinitamente per voi, per me, e per tutti gli uomini miei fratelli. Mio Gesù, voi non potete rifiutarmi questa grazia di sapervi far amare da tutti gli uomini, fino all’ultimo, senza eccezione di uno solo. Fatevi amare, mio Gesù dell’amore il più puro, il più ardente, il più generoso, il più costante, il più tenero, perché voi non desiderate che quello, perché voi non vi siete incarnato che per farvi amare, perché tutte le vostre umiliazioni, i vostri dolori, le vostre sofferenze, le vostre angosce per trentatré anni, non hanno avuto altro scopo che di farvi amare dagli uomini. Fatevi amare, se non tanto quanto voi siete amabile poiché è impossibile, almeno tanto quanto ne siamo noi capaci. Io non vi lascerò, mio Gesù, vi inseguirò, vi importunerò, non vi lascerò un istante di riposo, né di giorno né di notte, fino a quando non m’abbiate accordato questa grazia di farvi amare. Ve la domando, mio affettuoso Gesù, per le vostre lacrime, per i vostri sudori, per tutte le gocce del vostro divin sangue, per i vostri chiodi, per le vostre spine, per il fiele e l’aceto di cui siete stato abbeverato. Ve la domando per la vostra croce, per la vostra crocefissione, per la vostra morte, per gli sputi che hanno imbrattato il vostro volto augusto, per gli schiaffi che lo hanno oltraggiato, per la vostra flagellazione, la vostra incoronazione di spine, per la vostra agonia nell’orto degli Olivi, per il vostro abbandono sulla Croce. Ve la domando per le vostre umiliazioni e i vostri annientamenti infiniti, per la vostra povertà estrema, per l’oceano immenso dei vostri dolori e delle vostre sofferenze. Ve la domando per il vostro Divin Cuore, infinitamente amabile, amante, e compassionevole. Ve la domando per l’amore che Dio il Padre e Dio lo Spirito Santo hanno per voi e per l’amore reciproco che voi avete per queste due adorabili persone. Ve la domando per l’amore che voi avete per la vostra immacolata Madre Maria, e per quello che essa ha per voi; per tutti i dolori e le angosce di questa Madre dolorosa; per l’amore che voi avete per il vostro affettuoso Padre San Giuseppe; per tutti i vostri Angeli e Santi e per quello che essi hanno per voi. Fate di me, in me e per me, tutto ciò che vi piacerà, o mio Gesù! Fatemi vivere, fatemi morire, riunite sopra di me le sofferenze di tutti gli uomini, tutti i tormenti del purgatorio e dell’inferno. Omnia possum in Iesu meo16; ma non mi rifiutate, ve ne scongiuro per tutto ciò che vi è di santo e di sacro in cielo e sulla terra, questa grazia di farvi conoscere ed amare da tutti gli uomini fino all’ultimo, senza eccettuarne un solo. Dunque, o mio Gesù, fatevi amare dai cuori che possono ancora amarvi. Io sono ai vostri sacri piedi e non cesserò di bagnarli delle mie lagrime che il giorno in cui mi avrete accordato questa grazia. Io diffido il cielo, la terra e l’inferno, diffido tutte le creature insieme di strapparmi dai vostri adorabili piedi. Sì, Gesù, io resterò ai vostri piedi fino al mio ultimo sospiro. La morte stessa non mi strapperà. Vi sarò nel tempo e fino alla fine dei tempi, fino a quando vi saranno anime da salvare, da strappare all’inferno, al demonio e al peccato, fino a quando vi saranno anime in favore delle quali poter domandare questa grazia preziosa, quella di amarvi nel tempo e nell’eternità. Mio Gesù, noi siamo tutti indegni, infinitamente indegni, di una indegnità infinita. Ricordatevi, pertanto, che noi siamo stati tutti oggetto del vostro amore infinito ed eterno, essendo stati amati da voi una eternità intiera, prima che noi esistessimo, prima che la vostra potenza ci traesse dal nulla. Ricordatevi dunque, mio affettuosissimo Gesù, che noi siamo stati creati e formati a vostra immagine e somiglianza, che voi ci avete destinati ad amarvi sempre, che noi siamo stati l’oggetto, lo scopo e il fine della vostra Incarnazione e di tutti i travagli della vostra vita mortale. Ricordatevi che noi siamo stati tutti coperti dal vostro sangue adorabile. Fatevi dunque amare, mio affettuosissimo Gesù, non per causa nostra, ma per causa vostra; non per amore di noi, ma per amore per voi che siete infinitamente degno d’amore e d’amore infinito. Viva Gesù, nostro amore, Maria nostra speranza e Giuseppe nostro protettore. Così sia.
87. Nascondiamo le nostre pene e i nostri dolori; stiamo attenti agli altri quando siamo infelici noi stessi. Vi è al mondo felicità simile a quella di un’anima felice della felicità degli altri? (Leopold Giloteaux).
88. Colui che non cerca la croce di Gesù non cerca veramente nemmeno la gloria di Gesù (San Giovanni della Croce).
89. La pietra di paragone della virtù è l’imitazione del Cristo dolorante e disperato (Pierre De Clorivière).
16 Tutto posso nel mio Gesù. 90. O divin Crocifisso, attraverso alle mie lacrime ho guardato le tue mani forate per l’amore degli uomini; le mie labbra hanno incontrato i chiodi che attaccano i tuoi piedi e la mia mano che serrava la tua immagine s’è posata sulla piaga del tuo cuore. Ho a lungo bagnato di pianto questa croce, e a poco a poco, l’amore ha vinto la sofferenza; piansi ancora, ma era quasi pianto di felicità! (Abate Perreyve).
91. Una volta crocefisso si diventa salvatore: le anime sono a questo prezzo (P. Baron).
92. Morire combattendo significa riportar vittoria con altrettanta verità quanto morire vincendo (Basil William Maturin).
93. Riempite talmente la vostra vita di bene che non vi rimanga più posto per il male (Maturin).
94. La santità non è uno svuotare la vita ma un colmarla (id.).
95. I dolori non bisogna solo sopportarli, ma portarli con cuore contento perché ciascuno è una particella della croce del Salvatore (Leopold Giloteaux).
96. L’allegria è la forma la più virile del coraggio (id.).
97. Recitare il breviario è un quotidiano salire dal deserto, un traboccare del cuore in una santa gioia, un continuo appoggiarsi sul Diletto! (Giovanni Schulte).
98 La conoscenza di sé, senza il pensiero di Dio, non può condurre che alla disperazione (Maturin).
99. Sanctuarii lapides dispersi per plateas jacent, cum personae sacrorum ordinum voluptatum suarum latitudini deditae, terrenis negotiis inhaerent17 (San Gregorio Magno).
100. Hostia pro Hostia18. Prima di vedervi lassù, divin sposo dell’anima mia, nella gioia della vostra visione eterna, voglio passare la mia vita quaggiù a divenire la piccola ostia dell’Ostia d’Amore. Come l’Ostia del Tabernacolo, voglio restare bianco e puro, voglio che il mio cuore dimori sull’altare tra il cielo e la terra. Come l’Ostia del Ciborio, voglio andare dove l’obbedienza mi dica d’andare, nei grandi doveri della carità. Come l’Ostia del Santo Sacrificio, mi lascerò rompere, consumare in tutte le fatiche e i sacrifici dell’abnegazione. O mio Dio, andrò a tutti, sotto forma
17 Le pietre del santuario giacciono disperse per la pianura, poiché le persone dei sacri ordini dedite alla grandezza dei propri piaceri sono attaccate agli affari terreni. 18 Un ostia per l’Ostia. d’ostia, vale a dire di sacrificio ispirato dal vostro amore (Leopold Giloteaux).
101. Semina un atto, raccoglierai un’abitudine. Semina un’abitudine, raccoglierai un carattere. Semina un carattere, raccoglierai un destino.
102. Vi è bisogno del cuore anche per l’acquisto della conoscenza; vi sono dei segreti che non si rivelano se non a condizione dell’amore. Il poeta ci dà una rivelazione che la scienza ignora completamente. L’amore apre l’occhio a vedere ciò che la ragione non potrebbe mai vedere senza aiuti, o non comprenderebbe se pure vedesse. Nessuno mai conobbe profondamente e completamente chi prima non ha amato. Non soltanto l’amore trasforma e idealizza, ma anche e innanzitutto, rivela. “Chi non ama non conosce Dio”19 (Maturin).
103. Maria è come il compimento della Santissima Trinità, perché Ella è la corona e la perfezione di tutte le opere divine nell’ordine della natura, della grazia e della gloria (Sant’Eutichio).
104. Nella vita ordinaria, egli (Nepoziano) si disprezzava; la povertà era il suo più bel ornamento, metteva al contrario la più grande attenzione alla decorazione della chiesa. Un cuore che ama Dio è attento alle piccole cose come alle grandi; Egli sa che renderà conto anche d’una parola inutile (San Girolamo).
105. Il demonio procura che paia superbia l’aver desideri grandi e voler imitare i santi; ma giova molto il farsi animo a cose grandi, che quantunque l’anima non abbia subito forza dà nondimeno un generoso volo, ed arriva molto avanti (Santa Teresa d’Avila).
106. Perché noi non finiamo di dar tutto a Dio il nostro affetto, neanche a noi vien dato tutto l’amor suo (eadem).
107. Il portar la croce senza consolazione fa volare le anime alla perfezione (P. D. Antonio Torres).
108. Si sapis, concham te exhibebis, non canalem (...). Canales multos hodie habemus in Ecclesia; conchas vero perpaucas20 (San Bernardo).
109. Quia Deus bonus est, nos sumus21 (Sant’Agostino).
110. Il missionario del paganesimo moderno deve innanzitutto, come San Francesco d’Assisi, superare sé e il mondo. S’egli vorrà prima pensare a se stesso, alla sua persona e alle sue comodità, alla propria abitazione e al
19 1Gv 4,8. 20 Se sai, ti presenterai come un contenitore, non come un canale. Molti canali abbiamo oggi nella Chiesa; invece vasi pochissimi. 21 Poichè Dio è buono noi esistiamo. mangiare, agli onori e alla sua carriera, egli non diverrà mai lo strumento di Dio nell’apostolato del mondo pagano di oggi (Schulte).
111. Cognitio divinae veritatis ad effectivum Dei amorem inclinat. Stude ergo et amabis22.
112. “Beatus vir qui in sapientia morabitur” (Ecclesiasticus, XIV,22). In quantum homo sapientiae studio dat se, in tantum verae beatitudinis jam aliquam partem habet23 (Tanquerey).
113. Quod ad hoc quod aliquis sciat quemadmodum oporteat scire, novem sunt necesaria. Primo humiliter sine inflactione. Secundo sobrie sine praesumptione. Tertio certitudinaliter sine haesitatione. Quarto veraciter et sine errore. Quinto simpliciter sine deceptione. Sexto salubriter cum charitate et dilectione. Septimo utiliter cum proximorum aedificatione. Octavo liberaliter cum gratuita communicatione. Nono efficaciter cum bona operatione24 (San Tommaso25).
114. Prius vita quam doctrina; vita enim ducet ad scientiam veritatis26 (San Tommaso).
115. De te dicatur quod de Joanne Damasceno: “Maiores divitias arbitratus thesauro opprobrium Christi”27.
116. Non invitare il prossimo a donare se prima non avrai tu stesso donato, poiché alla scuola del sacrificio l’unica lezione è l’esempio.
117. Una larga, estesa ed esatta conoscenza delle pieghe più riposte dell’anima nostra può divenire una delle forze sociali più potenti ed una delle leve del progresso individuale e collettivo (De Carlo).
118. Le anime grandi devono soffrire molto.
119. Si crucem amares, vitam crucifixam ageres28 (San Giovanni Crisostomo).
22 La conoscenza della divina verità porta all’effettivo amore di Dio. Studia e quindi amerai. 23 “Beato l’uomo che dimorerà nella sapienza” (Sir 14,22). Nella misura in cui l’uomo si dà allo studio della sapienza ha già una parte della vera beatitudine. 24 Affinchè uno conosca come è necessario conoscere, sono necessarie nove cose. Primo, umilmente senza esagerazione. Secondo, sobriamente senza presunzione. Terzo, con certezza senza esitazione. Quarto, in verità e senza errore. Quinto, in modo semplice senza inganno. Sesto, in modo salutare con carità e amore. Settimo: in modo utile con l’edificazione del prossimo. Ottavo, in modo liberale con una comunicazione gratuita. Nono, efficacemente con una buona operazione. 25 In tutto il Quaderno 8, qualora il riferimento fosse San Tommaso, si deve intendere l’Aquinate. 26 Prima la vita che la dottrina; la vita infatti conduce alla conoscenza della verità. 27 Di te dicano quello che (dicevano) di san Giovanni Damasceno: “Considerò il disonore di Cristo ricchezza maggiore di un tesoro”. 28 Se amerai la croce, condurrai una vita crocifissa. 120. Caritas robur fidei, et fides fortitudo caritatis29 (San Leone Magno).
121. Ille non amat Christum, qui non amat Crucem Christi30 (San Pier Damiani).
122. Poena non sentitur in membris, cum spiritus est in coelis31 (Tertulliano).
123. Non sufficit Crux sua sine tua32 (San Giovanni Crisostomo).
124. Si nemo te crucifigit, ipse te crucifige33 (San Giovanni Crisostomo).
125. Zelus bonus est de amore veniens34 (Sant’Agostino).
126. Zelus est amatoris quidam impetus35 (San Dionigi).
127. Qui non zelat, non amat36 (Sant’Ambrogio).
128. Illuis doctoris libenter audio vocem, qui non sibi plausum, sed mihi planctum movet37 (San Bernardo).
129. Docente te in Ecclesia, non clamor populi, sed gemitus suscitetur; lacrymae auditorum laudes tuae sint38 (San Girolamo a Nepoziano).
130. Scimus quia in oculis Dei plus meriti est saepe mortificari, quam mori39 (Riccardo da San Vittore).
131 Videte Martyrem sola caritate morientem40 (San Pier Damiani).
132. Qui diligitis Christum, rapite omnes ad amorem Christi: nolite cessare lucrari animas Christo41 (Sant’Agostino).
29 La carità forza della fede, e la fede fortezza della carità. 30 Chi non ama la Croce di Cristo, non ama Cristo. 31 Il dolore non viene sentito nelle membra, quando lo spirito è nei cieli. 32 La sua Croce non è sufficiente senza la tua. 33 Se nessuno ti crocifigge, crocifiggiti tu stesso. 34 È buono lo zelo se viene dall’amore. 35 Lo zelo dell’amante è come un assalto. 36 Chi non ama ardentemente, non ama. 37 Volentieri ascolto la voce di quel Precettore che non suscita la lode per sé, ma muove al pianto me. 38 Quando insegni nella Chiesa, sia suscitata non l’approvazione del popolo, ma il gemito; le lacrime degli ascoltatori siano le tue lodi. 39 Noi sappiamo perché agli occhi di Dio è più meritevole essere spesso mortificato che morire. 40 Considerate che il martire muore solo per amore. 41 Voi che amate Cristo, trascinate tutti verso l’amore di Cristo; non cessate di guadagnare le anime a Cristo. 133. Totum eius patrimonium liber praecum; nihil habere, et crux!42 (San Basilio).
134. Paupertatem Dei Filius concupiscens descendit e coelo ut eam sibi eligat, et vobis sua quoque aestimatione faciat pretiosam43 (San Bernardo).
135. Beatus qui post illa non abiit, quae possessa onerant, amata inquinant, amissa cruciant. An non potius cum honore ea spernes, quae cum dolore perdis?44 (San Bernardo).
136. Commodissimum virtutis organum paupertas45 (San Gregorio Nazianzeno).
137. Tanto quisque perfectior est, quanto perfectius sentit dolores alienos46 (San Gregorio Magno).
138. Si non potes semper flere peccatum, saltem debes semper odisse47 (San Bernardo).
139. Paulus fuit biblioteca divinitatis48 (San Girolamo).
140. Facile est laudem non cupere dum negatur: difficile est ea non delectari cum offertur49 (Sant’Agostino).
141. Angeli amant nos, quia Christus nos amavit50 (San Bernardo).
142. In fide, amore et imitatione Christi!51
143. Honor te debet quaerere, non tu ipsum52(Sant’Agostino).
144. Mariam induite quotquot diligitis Eam; haec splendeat in moribus, haec fulgeat in actibus53 (San Bonaventura).
42 Tutto il suo patrimonio è il libro delle preghiere; non avere nulla… e la croce! 43 Il Figlio di Dio, desiderando la povertà, discese dal cielo per sceglierla per sé, e per renderla preziosa per voi anche con il suo apprezzamento. 44 Beato colui che non si allontana dietro quelle cose che appesantiscono le cose possedute, corrompono le cose amate, tormentano per le cose perse. Forse piuttosto non disprezzerai con onore quelle cose che perdi con dolore? 45 La povertà è lo strumento più opportuno per la virtù. 46 Ognuno è più perfetto quanto più perfettamente percepisce i dolori altrui. 47 Se non puoi sempre piangere il peccato, devi almeno sempre odiarlo. 48 Paolo fu la biblioteca della divinità. 49 È facile non desiderare la lode quando è negata, è difficile non compiacersi di essa quando è offerta. 50 Gli angeli ci vogliono bene, perché Cristo ci ha amato. 51 Nella fede, nell’amore e nell’imitazione di Cristo! 52 L’onore deve venire in cerca di te, non tu dell’onore. 53 Rivestitevi di Maria, quanti la amate; risplenda questa nei costumi, brilli questa nelle azioni. 145. Nihil tibi, Domina, est aequale, nihil comparabile. Omne enim quod est, aut supra te est, aut infra te est. Quod supra te est, solus Deus est; quod infra te est, est omne quod Deus non est54 (Sant’Anselmo).
146. Dum multae orationes dominicae et orationes angelicae coniunguntur. Corona texitur, qua coronata procedit Regina Mundi55 (Sant’Alberto Magno).
147. Orans, et non attendens; clamans tacet56 (San Gregorio Magno).
148. Mariae datum est dimidium regni Dei, idest regnum misericordiae57 (Gersone).
149. (Petrus) semel negavit, semper flevit58 (Sant’Agostino).
150. La vita è Gesù Cristo e la santità è Gesù Cristo vissuto (P. Mates).
151. La pianta sta a lungo al sole ed è così che forma i suoi tessuti, elabora la sua linfa, il suo profumo, il suo colore; essa non è, per così dire, che luce trasformata; allo stesso modo l’anima operosa non è che pensiero che si trasforma in opere, ed essa è nella via retta solo quando direttamente o indirettamente trae la sua luce dal sole divino (Sertillanges).
152. Tutti pensano; molti però non pensano mai a ritornare sul proprio pensiero per controllarlo, riordinarlo, correggerlo, se del caso; non rientrano fino al fondo di se stessi, per ascoltarvi la voce delle sorgenti, dove natura, Divinità, umanità individuale e umanità collettiva hanno pure la loro risonanza (Sertillanges).
153. Ogni idea, ogni immagine che dimora in noi, tende ad impossersarsi di noi, a modellarci sul suo stampo. È come un meccanismo interno che prepara una metamorfosi (…). Credo che, se si guardasse sempre il cielo, si finirebbe con avere le ali, diceva Flaubert; guardando troppo alla terra, non ci si lascierà crescere le zampe? (Sertillanges).
154. Noi non siamo liberi contro le nostre idee. La nostra libertà consiste solo nello scegliere le nostre idee e, facendole nostre, identificarle per così dire con il nostro essere. Penetrati da esse noi ne diventiamo gli schiavi, il che significa essere schiavi di noi stessi, cioè liberi. L’importante è sapere
54 Niente è uguale a te, o Signora, niente paragonabile. Infatti, tutto ciò che è, o è sopra di te, o è sotto di te. Ciò che è sopra di te è solo Dio; ciò che è sotto di te è tutto ciò che non è Dio. 55 Dunque molte orazioni domenicali e orazioni angeliche sono collegate. È intrecciata una corona e, messa in capo questa corona, avanza la Regina del mondo. 56 Pregando, e non aspettando; tace gridando. 57 A Maria è stata data la metà del Regno di Dio, cioè il regno della misericordia. 58 (Pietro) una volta negò, sempre pianse. quali idee avremo eletto, a quali idee avremo, in definitiva, lasciato libero dominio (Sertillanges).
155. La meditazione ci rende a noi stessi e alla verità. Allontanati un po’ dalla vita la domineremo e potremo fissare una regola al nostro cammino; diversamente dovremo subirlo (Sertillanges).
156. Nunquam dulcius Sancti requiescunt, quam dum laboribus fatigantur59 (Sant’Ilario).
157. Solus es si communia non cogites, si praesentia non affectes, si futura inquiras60 (San Bernardo).
158 Aliquid amplius invenies in silvis, quam in libis; ligna et lapides docebunt te, quod a magistris audire non possis61 (San Bernardo).
159. Volatus Sanctorum perficitur quatuor pennis, scilicet dilectionis, cognitionis, devotionis, et orationis62 (San Bonaventura).
160. In Sanctorum festivitatibus et gaudere et confundi debemus63 (San Bonaventura).
161. Si amittitur humilitas, virtutum aggregatio non nisi ruina est64 (San Bernardo).
162. Modus diligendi Deum est diligere illum sine modo65 (San Bernardo).
163. Omnem locum sublimem et excelsum velut praecipitium reformidabat66 (San Bernardo a proposito di San Malachia).
164. Caritatem pro armis habebat67 (San Fulgenzio a proposito di Santo Stefano).
165. Otiosus est sermo doctoris, si praebere non valet incendium amoris68 (San Gregorio Magno).
59 I Santi non riposano mai più dolcemente di quando sono spossati dalle fatiche. 60 Sei solo se non pensi alle cose comuni, se non aspiri alle cose di questo mondo, se cerchi di conoscere le future. 61 Nelle selve troverai qualcosa di più che non nei libri; la legna e le pietre ti insegneranno ciò che non puoi ascoltare dai maestri. 62 Il volo dei Santi è realizzato con quattro ali: l’ala dell’amore, quella della conoscenza, quella della devozione e quella della preghiera. 63 Nelle feste dei Santi dobbiamo godere ed essere turbati. 64 Se si perde l’umiltà, l’unione delle virtù non è se non rovina. 65 Il modo di amare Dio è amarlo senza misura. 66 Temeva ogni luogo alto ed eccelso come un abisso. 67 Aveva la carità al posto delle armi. 68 Il discorso del maestro è inutile, se non è capace di procurare il fuoco dell’amore. 166. Nolite quiescere lucrari Christo, qui lucrati estis a Christo69 (Sant’Agostino).
167. Si ad Deum tenditis, curate ne ad eum soli veniatis70 (San Gregorio Magno).
168. Zelus est amatorius quidam impetus71 (Dionigi Areopagita).
169. Nulla splendidior gemina, quam humilitas72 (San Bernardo).
170. Verae divitiae non opes sunt, sed virtutes73 (San Bernardo).
171. Tutte le cose coprono qualche mistero, tutte le cose sono come veli che coprono Dio (Pascal).
172. Sacerdos, cui dispensatio verbi commissa est; etiamsi sancte vivat, et tamen perdite viventes arguere aut erubescat, aut metuat, cum omnibus, qui eo tacente perierunt, perit74 (San Prospero).
173. Planta, riga, fer curam; et tuas explicuisti partes. Sane incrementum, ubi voluerit, dabit Deus, non tu. Ubi forte noluerit, tibi deperit nihil75 (San Bernardo).
174. Absque igne quis ignem accendet? Et sine caritate quis officia caritatis consummabit? Poteris plane inflammare coeteros, si fueris tu caritate concrematus76 (San Lorenzo Giustiniani).
175. Dio nella sua bontà si è assunto il compito di obbligarci ad essere grandi.
176. Io non temo che i miei peccati! (San Vincenzo de’ Paoli).
177. Parlando di coloro che aderiscono allo spirituale, che si sforzano di crescervi e di regolare la loro condotta su esso, Santa Teresa scrive: “Solo questi mi sembrano i veri viventi. Coloro che vivono la pura vita terrena mi sembrano talmente morti, che se il mondo intero non fosse popolato che da essi non offrirebbe ai miei occhi alcuna compagnia”.
69 Non smettete di guadagnare a Cristo, voi che siete stati guadagnati da Cristo. 70 Se tendete a Dio, state attenti a non arrivare da soli a Lui. 71 Lo zelo è, per così dire, un impulso amatorio. 72 Nessuna gemma più splendida dell’umiltà. 73 Vera ricchezza non sono i beni ma la virtù. 74 Il sacerdote, a cui è stata affidata l’amministrazione della Parola, anche se vive santamente, ma tuttavia si vergogna o teme di accusare con forza i viventi, perisce con tutti quelli che, poiché lui tace, sono morti. 75 Pianta, irriga, prenditi cura; e avrai adempiuto i tuoi doveri. Certamente Dio farà crescere quando vorrà, non tu. Se per caso non vorrà, niente va perduto. 76 Chi accenderà il fuoco senza il fuoco? E senza carità, chi adempirà i doveri della carità? Potrai infiammare gli altri del tutto, se sarai stato bruciato dalla carità. 178. La giovinezza non è una questione di età, ma un clima del cuore (Sertillanges).
179. Di Santa Giovanna d’Arco è stato detto: Camminava in cielo sulla terra. È la vita dei santi!
180. Una volta trovato Dio è possibile che non lo si trovi dappertutto? (Sertillanges).
181. Nulla è piccolo quando vi è in germe l’infinito; e questo germe vi è sempre in ogni azione fatta alla presenza di Dio (Sertillanges).
182. È nel dare ad ogni momento il suo valore essenziale e non nel far brillare, fosse pure col più grande splendore, l’ora eccezionale, che si prepara nel miglior modo il proprio progresso e la sua riuscita (Sertillanges).
183. Osservate un santo: non c’è realtà che non gli faccia rivolgere il suo pensiero a Dio, e che non lo conduca a Dio; guardate un’anima volgare: nessuna realtà desta in lei l’accordo col pensiero divino. Felice chi sa alzare i veli della realtà quotidiana e scoprirvi Dio (Sertillanges).
184. Nulla è indifferente nella nostra esistenza, perché Dio ci ama nella nostra interezza, nell’unità del suo Cristo. E nulla è piccolo di quello che offriamo, di quello che consacriamo perché, amandoci in Gesù, in ciascuno dei nostri gesti Dio vede tutti interi noi e il suo Cristo, giacchè l’amore, anima delle opere, è come l’anima nel corpo: tutta nel tutto e nella minima parte (Sertillanges).
185. Fare le più piccole cose come se fossero grandi a causa della maestà di Gesù Cristo che le fa in noi e che vive la nostra vita (Pascal).
186. La sconfitta non è mai altro che un invito a ricorrere a Dio; una umiliazione è il preludio dell’onore che si ritrova in Dio; una caduta è un primo passo per cadere nelle braccia di Dio (Sertillanges).
187. In ogni sofferenza è possibile trovare il mezzo di una creazione (id.).
188. L’uomo è un apprendista e il dolore è suo maestro; nessuno si conosce finchè non ha sofferto.
189. Ex agro procedit messis gaudium, de vinea fructus ciborum, et ex Scripturis doctrina vivifica. Ager uno tempore messem habet, vitis quoque uno tempore habet vindemiam; Scriptura vero semper, si legitur, edit doctrinam vivificam. Ager si demessus est, cessat, vinea post vindemiam infirmata est, Scriptura vero, etsi cotidie demetitur, spicae tamen interpretum in ea nunquam deficiunt. Et cotidie vindemiatur et botri spei in ea repositae non deficiunt. Accedamus igitur ad hunc agrum, et sulcis eius vivificis fruamur, et ex eo spiras vitae, verba Domini nostri Iesu Christi, metamus77 (Sant’Efrem).
190. Soffrire è una breve sofferenza; aver sofferto è una lunga gioia (Enrico Susone).
191. Dei tristi sentieri di questo mondo l’amore sa fare una strada inondata di sole (Sertillanges).
192. lla via dell’amore la sofferenza è una gioia, il dolore un sostegno.
193. L’ideale vale più della vita!
194. Oh, la Croce! La Croce carica di amore, grondante del sangue glorioso e inondata di luce celeste, quale talismano per i dolori, quale appoggio per le forze umane che declinano, quale gloria per la nostra umanità! (Sertillanges).
195. Quid est Scriptura Sacra nisi quaedam epistula omnipotentis Dei ad creaturam suam? … Stude ergo et cotidie Creatoris tui verba meditare (...). Disce cor Dei in verbis Dei, ut ardentius ad aeterna suspires, ut mens vestra ad coelestia gaudia majoribus desideriis accendatur. Tanto enim tunc maior ei erit requies, quanto modo amore Conditoris sui requies nulla fuerit78 (San Gregorio Magno).
196. Quando soffrite, fate una croce, o meglio avvicinate la croce del Cristo, la croce fraterna; distendetevi piamente le membra, riposatevi il cuore o lo spirito turbato o la coscienza inquieta. Tenetevi vicino al cuore divino dagli indicibili palpiti (Sertillanges).
197. Al momento della morte avessi pur tutto, eccettuato Dio, nulla mi sarà utile; e se avrò Dio, tutto il resto eccettuato, avrò tutto quello che cerco, perché troverò tutto in Lui (Sertillanges).
77 Dalla terra viene la gioia delle messi, dalle vigne il meglio dei cibi, e dalle Scritture la dottrina che dà vita. La terra fa maturare nello stesso periodo la messe, anche la vita giunge in un unico tempo alla vendemmia; la Scrittura invece, se viene letta, offre in ogni tempo insegnamenti che danno vita. Il campo, quando è stato mietuto, entra in una fase improduttiva; le viti, dopo la vendemmia, incontrano una pausa vegetativa. Se la Scrittura invece è attinta anche ogni giorno, tuttavia non vengono mai a meno i frutti degli interpreti concentrati su di lei. E quotidianamente la Scrittura viene vendemmiata e i grappoli di speranza riposta in lei non si esauriscono. Avviciniamoci dunque a questo campo e attingiamo ai suoi solchi vivificanti, e mietiamo fasce di vita da questo: le parole del Signore Nostro Gesù Cristo. 78 Che cos’è la Scrittura se non una sorta di lettera di Dio onnipotente alla sua creatura? Cerca quindi anche quotidianamente di meditare le parole del tuo Creatore. Scopri il cuore di Dio nella parola di Dio per desiderare più ardentemente le realtà eterne e la vostra mente si accenda di desideri ancora più grandi per le cose del cielo. Per una persona del genere allora la quiete sarà tanto più grande quanto più sarà stata inesistente la stessa quiete per amore del proprio Creatore. 198. Postquam Christiani Carthaginem perducti sunt, Anulinus proconsul, interrogat Emeritum, in equuleo positum. “Habes ergo Scripturas aliquas in domo tua? Et respondet: Habeo, sed in corde meo. Et proconsul: “In domo tua, inquit, habes, an non?” Emeritus martyr ait: In corde meo illas habeo… O martyrem apostoli memorem, qui legem Domini conscriptam habuit, non atramento sed Spiritu Dei vivi, non in tabulis lapideis sed in tabulis cordis carnalibus! O martyrem legis sacrae idoneum diligentissimumque custodem, qui traditorum facinus perhorrexens, Scripturas dominicas ne perderet, intra secreta sui pectoris collocavit!79 (Ruinart, Acta martyrum).
199. Cogitet homo diem elapsum, et diem incaeptum. Diem elapsum, ut bene redimat; et diem incaeptum, ut bene utatur80 (San Lorenzo Giustiniani).
200. Nusquam est securitas, fratres, neque in caelo, neque in paradiso; multo minus in mundo. In caelo enim cecidit Angelus sub praesentia divinitatis; Adam in paradiso de loco voluptatis; Iudas in mundo de schola Salvatoris81 (San Bernardo).
201. Augmentum caritatis est diminutio cupiditatis; perfectio caritatis, nulla cupiditas82 (Sant’Agostino).
202. Ponderibus suis aguntur, loca sua petunt. Oleum infra aquam fusum super aquam attollitur, aqua supra oleum fusa, infra oleum demergitur; ponderibus suis aguntur, loca sua petunt. Minus ordinata inquieta sunt: ordinantur et quiescunt. Pondus meum amor meus; eo feror, quocumque feror83 (Sant’Agostino, Le Confessioni, Libro 13, c. 9).
203. Dio ha creato un mondo per l’uomo viatore ed è quello che noi abitiamo; ha creato un mondo per l’uomo beato ed è il Paradiso; ha creato
79 Dopo che i Cristiani furono condotti a Cartagine, il proconsole Anulino interroga Emerito in sella a un puledro. \"Hai dunque delle Scritture in casa tua?\". Risponde: \"Io le ho, ma nel mio cuore\". E il proconsole disse: \"Le hai o no a casa tua?\". Il martire Emerito disse: \"Io le tengo nel mio cuore\". O martire memore dell\'apostolo, che hai tenuto impressa la legge di Dio, non con l\'inchiostro ma con lo Spirito del Dio vivo, non su tavolette di pietra ma sulle tavole pulsanti del cuore! O (grande) martire, custode esemplare veramente attento della legge sacra, (che) sprezzante dei delitti dei malvagi hai conservato le Scritture del Signore nei recessi del tuo cuore per non perderle! 80 L\'uomo tenga presente che un giorno è finito e un altro è iniziato. Un giorno è finito per redimersi bene e un altro è iniziato per servirsene bene. 81 O fratelli, non c\'è alcuna sicurezza né in cielo né in paradiso; e nel mondo molto meno. In cielo infatti, alla presenza della divinità, cadde l\'Angelo; da un luogo di letizia, in paradiso, Adamo; nel mondo, dai discepoli del Salvatore, Giuda. 82 La crescita della carità e la diminuzione delle passioni; la perfezione della carità è l\'assenza di passioni. 83 Un peso non trascina soltanto al basso, ma al luogo che gli è proprio. L\'olio versato dentro l\'acqua s\'innalza sopra l\'acqua, l\'acqua versata sopra l\'olio s\'immerge sotto l\'olio, spinti entrambi dal loro peso a cercare il loro luogo. Fuori dell\'ordine regna l\'inquietudine, nell\'ordine la quiete. Il mio peso è il mio amore; esso mi porta dovunque mi porto. un mondo per se stesso, a cui ha dato nome Maria (Beato Grignion de Montfort).
204. La scienza è uno sforzo verso la creatura; la religione è uno sforzo verso il Creatore (E. Branly).
205. Mi fa più male restar privo della Comunione che il sopportare tutte le miserie della vita di campagna in questo sterminato deserto, il Sahara. (Generale De Sonis).
206. Tutte le altre devozioni sono dolcezze di cui può, senza dubbio, alimentarsi la vita di pietà, ma l’Eucarestia è pane. Il pane prima di tutto, il pane! (Card. Pie).
207. Ah! facciamo spesso la Comunione spirituale, così in punto di morte potremo dire a Gesù: “Gesù mio, vi ho accolto tante volte nel mio povero cuore: ora accogliete me con voi in paradiso” (San Gabriele dell’Addolorata).
208. La pietà cristiana non deve essere altro che un esercizio preparatorio alla Santa Comunione od un ringraziamento. Ogni esercizio che così non si riferisce alla Santa Comunione è fuori del suo miglior fine (Beato Eymard).
209. Gesù, Giuseppe, Maria eran tre regni di Dio, ma non v’era che un Re; erano tre creazioni ed era una di esse il Creatore. Erano tre e parrebbe tuttavia che fossero uno solo, in una stupenda unità che formava uno solo di tre, lasciandovi tre tuttavia la trinità della terra (Padre Faber).
210. È possibile che Gesù si sia fatto Uomo, sia morto in Croce, si sia nascosto sotto i veli eucaristici per non ottenere dalla sua creatura che dei sentimenti di timore? Ma per farsi temere la sua giustizia aveva altri mezzi! Ah! L’amore non è amato! (P. Matheo).
211. Vi auguro ogni bene perché vi auguro Gesù; gli auguri dei cristiani sono le preghiere, e le preghiere sono le chiavi che aprono i tesori di Dio (Mons. Gay).
212. La fede è un fuoco che tanto più cresce a quante più anime si apprende; chi se lo chiude in sé, rischia di soffocarlo per mancanza di quell’ossigeno che è la carità, virtù espansiva e non egocentrica. Non si è fatto tutto quando si ha la fede per sé; allora incomincia il debito di darla ad altri. La religione nasce nelle coscienze, ma non ci muore. Nasce, e si espande fuori. Chiuderla come in uno scrigno significa comprimervi l’immensità di Dio e dell’amore, cioè compiere un’operazione di deformazione o limitazione; e ne segue un culto piccolo a nostra misura, geloso del culto altrui, un tentativo settario di sequestrare pei propri usi la divinità (Igino Giordani, Segno di contraddizione). 213. L’umiltà e la bontà sono quasi la stessa cosa. Quando si è buoni, ci si sente portati a darsi, a sacrificarsi, a rendersi piccoli: e questa è umiltà. Sii dunque buono e sarai umile. I tuoi occhi, le tue labbra, le pieghe della tua fronte, tutto prenderà un nuovo aspetto; e se prima eri fuggito, poi sarai cercato ed amato (Lacordaire).
214. Alla Santa Messa l’anima riceve Dio in eredità, ma a sua volta essa diventa eredità di Dio: eredità prima, eletta, benedetta, unita in modo speciale a Gesù Cristo.
215. Pensa: mentre il superbo si rallegra delle lodi, ancorchè false, l’umile si rattrista delle lodi ancorchè vere.
216. Industriamoci ad acquistare la carità senza di cui i più ricchi son poveri; mentre mercè di essa i più poveri sono ricchi (Sant’Agostino).
217. La fronte del giovane è il lampo della fronte di Dio, ed è impossibile vedere un’anima vergine sopra un volto puro, senza essere preso per lei da una segreta attrattiva, che è un misto di tenerezza e di rispetto (Lacordaire).
218. Chiunque pretende di dividere il proprio cuore tra la terra e il Cielo, nulla dona al Cielo ma tutto alla terra poiché la terra trattiene ciò che il Cielo non accetta.
219. II povero fa più bene al ricco accettando la sua carità di quello che faccia il ricco al povero offrendogliela (Manzoni).
220. Date ascolto al consiglio di chi molto sa; ma soprattutto date ascolto al consiglio di chi molto vi ama (Graf).
221. Combattere se stesso è la guerra più difficile; vincere se stesso è la vittoria più bella (Friedrich von Loguau).
222. Quando abbiamo toccato degli aromi, le nostre mani imbalsamano tutto quello che toccano. Facciamo sì che le nostre preghiere passino per le mani della Madonna ed Ella le imbalsamerà.
223. Chi non prega non riesce a far nulla di bene; chi prega poco riesce a far poco; ma chi prega molto riesce a fare molto.
224. Quando si parla dei difetti altrui, quante fiaccole accendiamo perché meglio si vedano!
225. Non diteci, Vergine sacrosanta, che non potete aiutarci per la moltitudine dei nostri peccati, perché voi avete una tale potenza e pietà, che nessun numero di colpe può mai superarle (San Gregorio di Nicomedia). 226. Ciò che non serve all’eternità, non è che vanità.
227. Chi fa poco conto delle mortificazioni esteriori, con dire che le interiori sono più perfette chiaramente dimostra che non è niente mortificato né esteriormente, né interiormente (San Vincenzo de’ Paoli).
228. L’esperienza insegna che è quasi sinonimo il dire che uno è grande divoto della Madonna o che è grande divoto del Santissimo Sacramento (Padre Faber).
229. Ave Maria! O ammirabile e sovrammirabile Ave, con cui sono posti in fuga i demoni, son liberati i peccatori, rallegrati i figli. Ave! Per cui l’angelo si congratula, il Verbo si incarna. O dolcissimo e soavissimo Ave con cui si rallegrano le creature della terra (San Bonaventura).
230. Maria è la «forma» di Dio umanato. Se qualcuno si getta in questa forma divina, esso sarà ben presto modellato e formato in Gesù Cristo e Gesù Cristo in lui. Con poca spesa e in breve tempo egli sarà come deificato perché si è gettato nel medesimo stampo donde uscì formato un Dio (Beato Grignion de Monfort).
231. L’arma più potente per vincere il demonio è l’umiltà. Perché non sapendola egli punto adoperare, non se ne sa neppure difendere (San Vincenzo de’ Paoli).
232. Io vorrei persuadere le persone spirituali che il cammino della perfezione non consiste in tanti modi, né in tanti pensieri, ma nel rinnegare in tutto se stesso, e nel darsi a patire ogni cosa per amore di Cristo. E se manca questo esercizio, tutte le altre maniere di camminare nella vita spirituale sono un andare di palo in frasca e per via di bagatelle, senza profitto alcuno, ancorchè la persona abbia un’altissima contemplazione e comunicazione con Dio (San Giovanni della Croce).
233. I due piedi sui quali si cammina verso la perfezione sono la mortificazione e l’amor di Dio. Questo è il destro, quello il sinistro (San Francesco di Sales).
234. Tutta la scienza dei santi si riduce a due cose: fare e soffrire. E chi meglio ha fatto queste due cose, si è fatto più santo (San Francesco di Sales).
235. Io vorrei che la mia lingua non sapesse proferire che il nome di Gesù (…), che la mia penna non sapesse scrivere che di Gesù (…), che i miei pensieri non volassero che a Gesù (…). Non trovo nessun oggetto né in terra né in cielo se non che il mio diletto (Santa Gemma Galgani). 236. Ogni Comunione dà a Dio una gloria infinita, poiché Gesù rinnova in noi, per mezzo della Comunione, tutto ciò che venne a fare in questo mondo (De Gibergues).
237. Chi vuol conoscere le perfezioni più intime di Gesù, le più recondite attrattive del suo amore, deve cercarle nel Cuore di Maria (Beato Eymard).
238. Per la Santa Comunione Gesù Cristo diviene l’anima della nostra anima. Se noi adoriamo, egli adora; se preghiamo, egli prega; se amiamo, egli ama. I nostri atti si confondono con i suoi e divengono divini (Suarez).
239. Colla Comunione tutti i sacrifici della vita cristiana diventano gioie. Essere appoggiato al braccio del Diletto per andare al sacrificio, soffrire sotto gli occhi di questo Sposo e per essere gradito al Suo Cuore rassomigliandogli maggiormente: ecco la suprema felicità (Beato Eymard).
240. L’esperienza insegna che l’indulgenza con sè e la durezza con gli altri sono un solo ed unico vizio (La Brugère).
241. Ogni tua gioia non sia completa, se anche un altro non ha goduto con te.
242. La Santa Messa è come una colonna salda che sostiene il mondo vacillante sotto i suoi delitti (Sant’Eucherio).
243. Che cosa è il Sacerdote? “Alla luce della fede è Cristo in terra; alla luce della civiltà, esso è della civiltà stessa autore e conservatore; alla luce del rogo, è un martire; alla luce della lampada del tempio, è una vittima; alla luce della storia, un trionfatore; alla luce della scienza, un maestro”.
244. Andate per mezzo di Maria a Gesù; nascondetevi dietro di Lei; mettetevi sotto il suo manto; rivestitevi delle sue virtù; non siate se non un’ombra di Maria. Non avete che da attingere in Maria e dire a Gesù: “Ti offro le ricchezze che la mia buona Madre mi ha acquistate”. E Nostro Signore sarà molto contento di voi (Beato Eymard).
245. Maria amò sino al Calvario, sino alla morte. Fu sul Calvario che divenne Madre di amore, e sarà là che voi diverrete veri adoratori, degni del Cenacolo, degni di Maria e di Gesù (Beato Eymard).
246. Gesù è il fiore che sboccia sullo stelo di Jesse; se vuoi cogliere questo fiore benedetto fa piegare colle tue preghiere il ramo che lo porta e non cercare Gesù, l’Eucarestia, che sul seno verginale di Maria (San Bonaventura). 247. Voi che vi comunicate, siate durante il giorno come un vaso che ha ricevuto un profumo prezioso, come un santo che ha passato un’ora in cielo; non dimenticate la visita reale di Gesù (Beato Eymard).
248. Ricordatevi bene che non conosce il Cuore di Gesù né la grandezza del suo amore chi non fa la Comunione. Il cuore si fa conoscere da sé e non altrimenti; bisogna sentirne i palpiti (id.).
249. Vivere in Gesù, di lui, per lui, nel dolore e nella gioia, serenamente tutto aspettando dal suo amore, tutto desiderando dalla sua generosità, questa è vera e perfetta sapienza, questa è vera e perfetta letizia, questo è vero e perfetto amore.
250. Più amate questo cibo (l’Eucarestia) più ve ne cibate; più ve ne cibate, più l’amate. L’amore e la fame di questo celeste alimento si accrescono a vicenda (Sant’Anselmo).
251. La croce troppo lontana da noi poteva essere dimenticata. Ci bisognavano degli altari e su questi altari non più ostie imperfette, ma l’Ostia Divina che l’amore aveva immolato sulla Croce (Monsabrè).
252. Abituatevi ad orientarvi dalla parte del Tabernacolo (…). La distanza ve ne separa, le occupazioni ve ne allontanano (…), ma il vostro cuore e gli occhi vostri vi si indirizzino sovente (Mons. Pichenot).
253. Volete voi lavorare per Gesù, per la Chiesa, pel vostro prossimo, per la povera società che va in rovina? Andate spesso a comunicarvi. Come San Giovanni dopo aver riposato sul Cuore di Gesù, vi volgerete agli uomini e direte: Amatevi gli uni e gli altri (Mons. Giovanni Volpi).
254. Per rispetto verso l’Eucarestia che nutre i fedeli, gli Angeli del Cielo fanno guardia d’onore intorno al corpo dell’eletto che riposa in seno alla terra e vegliano su di esso per la gloriosa resurrezione (San Giovanni Crisostomo).
255. Oh! Se non avessimo quaggiù l’Eucarestia, questa terra sarebbe troppo triste! Bisogna ringraziare la Bontà divina di averci dato questo Paradiso di amore, quest’oasi dolcissima nel deserto di questo mondo, porto sicuro nel mare tempestoso della vita (Beato Eymard).
256. Con l’orazione domandiamo a Dio le grazie; nella Santa Messa lo costringiamo a darcele (San Filippo Neri).
257. Se si dura un anno a camminare alla presenza di Dio, alla fine dell’anno ci troveremo alla cima della perfezione senza avvedercene (Santa Teresa). 258. Gli Apostoli avevano fatta la Comunione una volta sola, e Gesù li chiamò suoi amici; che sarà dunque di noi se lo riceveremo spesso? (Beato Eymard).
259. Fare tutto per piacere a Gesù è in certa guisa come dir Messa tutto il giorno; ciascuno degli atti nostri è un incenso, un’ostia, un sacrificio, purchè solo da noi si desideri che sia così (Mons. Landriot).
260. Voi siete un tempio; ammettete pure le cose nel vestibolo, gli uomini nella navata, ma riservato a Dio il santuario (Mons. Gay).
261. Non è necessario essere ricchi per avere la possibilità di donare molto; basta avere un cuore che sa amare.
262. Può essere sommo artista anche colui che riesce a dare a se stesso un’impronta degna dello Spirito Creatore.
263. Un cuore senza Dio è un cuore senza amore (Giuseppe Duprè).
264. Ama la verità, e amerai Dio.
265. Ogni anima che si rinnova, rinnova.
266. Hai mai visto la montagna d’inverno? Aguzze cime bianche, stagliantesi fra il verde delle pinete, tremolii di ghiacciai, bagliori di sole sulle nevi eterne, nell’ammanto di un cielo azzurro, terso, splendente, senza un vapore o una nuvola. Trasparenza di luce, trasparenza della tua anima. Disprezza lo stagnarsi facile nelle cose che sanno di fango o nei pantani del male; ama questa luce che riempie lo sguardo e il cuore. Sia tutta luce la tua vita: luce perché nulla devi nascondere agli altri, luce perché altri guardando te ti trovino in tutto retto e sincero, luce perché rispecchi in ogni tua azione o pensiero Colui che è luce per ogni uomo che crede: Gesù Signore.
267. IL vero segreto della felicità sta nell’esigere molto da sé e poco dagli altri (Guinon).
268. Come si prega Maria: Santa Maria, Madre di Dio, conservatemi un cuore di fanciullo, puro e trasparente come l’acqua sorgiva; ottenetemi un cuore semplice che non assapori le tristezze; un cuore magnifico nel donarsi, tenero alla compassione; un cuore fedele e generoso che non dimentica alcun beneficio e non serba rancore per alcuna offesa. Fatemi un cuore dolce ed umile, che ama senza chiedere contraccambio, felice di nascondersi in un altro cuore dinnanzi al vostro Figlio Divino; un cuore grande ed indomabile, che nessuna ingratitudine possa chiudere, nessuna indifferenza possa stancare; un cuore tormentato dalla passione della Gloria di Gesù Cristo, ferito dal suo amore di una ferita che non potrà guarire che in Cielo. Così sia (Padre Leonzio de Grandmaison). 269. Nec aliud unquam objectum inibi mente attendat, quam solum Jesum Christum vulneratum, sicque per eum in eum, id est, per hominem in Deum, per vulnera humanitatis ad intima divinitatis suae, sedulo et obnixe intendat84 (Sant’Alberto Magno).
270. La verità non scoraggia mai! (Mons. Gay).
271. La luce è meno amica dell’occhio che la verità dell’anima (Thomassin).
272. La teologia è il miglio alimento della devozione e il miglior alimento dell’amore divino; è essa che l’infiamma più prontamente, che lo fa ardere più a lungo, e che lo fa irraggiare più ardentemente all’esterno. In un cuore semplice e ardente d’amore la teologia brucia come un fuoco sacro (Padre Faber).
273. Conoscenza di Dio! o gioia delle gioie! Signore, è questa conoscenza che prende l’amore. Esso vien dopo l’amore trasformatore. Chi conosce nella verità, quegli ama nel fuoco (Beata Angela da Foligno).
274. Guardo a me stesso e penso che sofferenza deve essere stata per Gesù il vivere in mezzo a uomini come siamo noi.
275. La meditazione è l’ora in cui il cuore parla a Dio e in cui Dio parla al nostro cuore.
276. L’umiltà è verità, non altro che verità e quindi è l’unica dignità della vita. Povera gente quella che trova la dignità nel vile che non sa resistere a un fremito d’ira; povera gente quella che sa trovare la dignità nel disprezzo di un fratello! L’umiltà è nel conoscere tutta la nostra miseria, tutta la nostra fragilità; l’umiltà sta nel non disperare perché siamo in buone mani; l’umiltà sta nel valutare, quando ci compariamo con i nostri fratelli, tutte le circostanze della nostra e della loro esistenza. Oh! Se facessimo sempre così, come sarebbe più degna la nostra vita, più maschia la nostra virtù. L’umiltà, che è il profumo ascoso della virtù che ascende solitario a Dio, nei rapporti coi nostri fratelli produce la mansuetudine, la dolcezza, la cortesia (Contardo Ferrini).
277. Chi aveva la fortuna di conoscere San Francesco di Sales esclamava: “Oh! Come dev’essere buono Dio, se così buono è il Vescovo di Ginevra!”. Chi avvicina noi, soprattutto in certi momenti di piccole impazienze e di poca carità, può forse ripetere le stesse parole?
84 Mai nessun altro pensiero occupi la mente, se non Gesù Cristo e le sue ferite, e così attraverso di Lui si diriga in Lui, cioè, attraverso la sua umanità si orienti verso Dio, attraverso le ferite dell\'umanità all\'intimità della sua natura divina, con zelo e tutte le forze. 278. Vae clerico sine sacris libris, quasi miles sine armis, caecus sine ductore85 (Tommaso da Kempis, Doctrinale iuvenum).
279. Tam doctrina quam vita clarere debet ecclesiasticus doctor. Nam doctrina sine vita arrogantem reddit, vita sine doctrina inutilem facit86 (San Gregorio Magno).
280. Clerici dormire debent a citiis, ut sint pennae columbae deargentatae, ne quid appareat in illis, quod obfuscet candorem ecclesiasticae puritatis87 (Decreto Innocenzo III).
281. I filosofi vaneggiano, i belli spiriti fanno pietà; l’uomo degno di stima è solo quegli che è penetrato del suo nulla e della grandezza di Dio (Teodoro Tronchin a Rousseau).
282. La dedizione costituisce il bisogno, la gioia, la gloria dell’amore; anzi ne forma la sostanza (Mons. Gay).
283. Dare quel che si ha produce conforto; ma questo conforto non è neppur paragonabile a quello di chi è giunto al dono di tutto se stesso a Dio (id.).
284. Chi dona alla Chiesa rende a Dio.
285. Oh! stringiamoci alla Croce. Frutto del patire è risorgere; il bene patire è via alla gloria.
286. Il passato non cade come acqua cupa in un abisso, ma rimane in noi, nella mente che ricorda nel cuore che ama, nell’anima che prega (Soror).
287. A formar uomini veramente grandi né il genio, né l’amore, né la gloria non sono mai bastati; sempre ci è voluto il dolore. Il dolore è la grande potenza di cui Dio si serve per santificare e salvare le anime (Lacordaire).
288. Ogni purificazione da qualunque parte venga avvicina sempre di più l’umanità a Cristo (P. Bondioli).
289. O anime, che volete andar tanto sicure e consolate, se sapeste quanto sia grato a Dio il patire, e quanto giovi per arrivare agli altri beni, non cerchereste mai consolazione in cosa alcuna; ma terreste piuttosto per gran fortuna il portar la croce dietro al Signore (San Giovanni della Croce).
85 Guai all\'ecclesiastico senza i libri sacri: è quasi un soldato senza armi, un cieco senza guida. 86 Un maestro del clero deve risplendere tanto per la dottrina che per la vita. Infatti la dottrina senza la vita lo rende arrogante e la vita senza le opere inutile. 87 Chi fa parte del clero deve dormire pronto (vestito) perché non appaia in lui niente che possa offuscare il candore della purezza ecclesiastica. 290. Non c’è segno più evidente che permetta di arguire se uno sia santo e nel numero degli eletti quanto il vederlo menar buona vita, e provato nello stesso tempo con desolazioni, patimenti e travagli (San Luigi Gonzaga).
291. La nostra santificazione è la salute delle anime (Padre Chevrier).
292. Vale più un’oncia di croce, che non un milione di libbre di orazione. Vale più una giornata crocefissa, che non valgano cento anni di tutti gli altri esercizi. Vale più lo stare un momento in croce che non il gustare le delizie del Paradiso (Venerabile Suor Maria Vittoria Angelini).
293. Se il Signore ti desse il potere di risuscitare i morti, ti darebbe assai meno che quando ti fa il dono di poter patire. Perché coi miracoli ti renderesti debitore a lui, mentre col patire ti rendi lui debitore verso di te. E poi quando i patimenti non avessero altra mercede, che quella di poter soffrire qualche cosa per quel Dio che ti ama, non è questa una gran mercede, e sufficiente rimunerazione? Chi ama capisce quel che dico (San Giovanni Grisostomo).
294. Se Dio ti fa patir molto, è segno che ha dei grandi disegni sulla tua persona e che sicuramente ti vuol far santo. E se tu desideri di divenire un gran santo, pregalo tu stesso che ti dia molta materia di patire. Poiché non v’è legno migliore della santa croce, che servì a Cristo per quel suo gran sacrificio di immensa carità (Sant’Ignazio di Loyola).
295. Non vi è miglior prova per distinguere la paglia dal grano nella Chiesa di Dio, quanto il soffrire contraddizioni, patimenti e disprezzi. Chi resiste a questi è grano. Chi si solleva è paglia; e tanto più leggera quanto va più in alto cioè quanto più si commuove e più superbamente risponde (Sant’Agostino).
296. La meditazione è per l’anima come un’isola solitaria, ov’ella accogliesi in mezzo ai profumi dei fiori e al vergine incanto della natura per ascoltare unicamente la voce del suo Diletto che ineffabilmente le parla al cuore (M. P. Knefstein).
297. Onorare Maria è lo stesso che procacciarsi la vita eterna (Sant’Alfonso Maria de’ Liguori).
298. Voi, o Madre di Dio, vi appressate all’altare della divina Misericordia non per pregare, ma per comandare; non quale ancella, ma come Signora (San Pier Damiani).
299. Il modo col quale noi pregheremo deciderà della nostra salvezza (Fénélon).
300. Un solo atto di virtù fatto con fervore fa avanzare un’anima più che altri cinquanta fatti dimessamente (Santa Teresa di Gesù). 301. La vita cristiana non è che una lunga e continua tendenza del nostro cuore verso quell’eterna giustizia per la quale sospiriamo quaggiù: ogni nostra felicità è di essere sempre assetati.
302. Applichiamoci alla preghiera in modo tale che pregando si conosca e ciò che si è, e ciò che si dovrebbe essere (San Cipriano).
303. Senza uomini dotti il mondo potrebbe andare innanzi benissimo; ma senza uomini buoni ogni cosa sarebbe sovvertita.
304. Io non saprei concepire una vita senza preghiera; uno svegliarsi il mattino senza incontrare il sorriso di Dio, un reclinare la sera il capo, ma non sul petto di Cristo. Una tal vita dovrebbe somigliare a notte tenebrosa, piena di avvilimento e di sconforto, arida per un tremendo anatema di Dio, incapace a resistere alle prove, abbandonata al reprobo senso, ignara delle gioie sante dello spirito. Oh, povera vita! Come si possa durarla in tale stato è per me un mistero, ma è già un mistero tutto il cuore umano. Oh, io supplico il Signore che la preghiera non abbia mai a morire sulle mie labbra, che abbia prima a uscire il mio spirito che ammutolirsi così miseramente. Sì, perché il giorno (oh Dio non lo permetta) che tacesse la preghiera sulle mie labbra, sarebbe finita in me ogni vita morale, sarebbe finita l’aspirazione al bene, sarebbero finiti i conforti migliori dell’anima mia! Se tacesse la mia preghiera, vorrebbe dire che Dio mi ha abbandonato (Contardo Ferrini).
305. L’uomo tanto vale quanto soffre.
306. Fate che un’anima senta veramente Dio una volta sola, ed essa non sarà perduta (Contardo Ferrini).
307. Homo est ens finitum quod tendit ad infinitum88 (Vico).
308. L’uomo che soffre è sacro.
309. Non laudo, quia non audeo sed tantum replico89 (San Bernardo della Beata Vergine Maria).
310. Ducat nos mater ad Filium, filia ad Patrem, sponsa ad Sponsum, qui est Deus benedictus in saecula90 (San Pier Damiani).
311. Benedicta sit Sancta Trinitas atque indivisa unitas, qui fecit nobiscum Misericordiam suam, idest Mariam91 (Richard a Saint Laurent).
88 L\'uomo è un essere finito che tende all\'infinito. 89 Non esprimo lodi poiché non oso, ma soltanto ripeto. 90 La madre ci conduca al Figlio, la figlia al Padre, la sposa dallo Sposo che é Dio benedetto nei secoli. 312. Dona (o Maria) mihi misero iugem et perennem memoriam suavissimi Nominis tui. Sit cibus suavissimus, cibus dulcissimus animae meae. Adsit mihi in periculis, adsit in augustiis, adsit in principio laetitiae meae92 (Sant’Anselmo).
313. (Maria) Sancta, et inter sanctos post Deum singulariter Sancta93 (Sant’Anselmo).
314. Dignitas Divinae Maternitatis est suo genere infinita, quia est suprema coniunctio cum Persona infinita94 (San Tommaso).
315. Si quid spei nobis est, si quis gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare, quae ascendit deliciis affluens (…). Sic est voluntas eius qui totum nos habere voluit per Mariam95 (San Bernardo).
316. Beata Virgo dicitur meruisse portare Dominum omnium, non quia meruit ipsum incarnari, sed quia meruit ex gratia sibi data illum puritatis et sanctitatis gradum, ut congrue posset esse Mater Dei96 (San Tommaso).
317. O Magna, o pia, o multum amabilis Maria! Tu nec nominari quidem potes, quin accendas, nec cogitari, quin recrees affectus diligentium te97 (Eckebert, inter operas Sancti Bernardi).
318. Viderunt eam filiae Sion, et beatissimam praedicaverunt eam. Praedicaverunt beatam Virginitate, beatiorem Foecunditate, beatissimam Foecunditate simul et Virginitate98 (Guillelmus Abbas).
91 Sia benedetta la Santa Trinità e indivisa Unità, che realizzò con la nostra umanità la sua Misericordia, cioè Maria. 92 Dona o Maria a me misero il ricordo perenne e inesauribile del tuo Nome soavissimo. Sia il cibo soavissimo, il cibo dolcissimo dell\'anima mia. Mi assista nei pericoli, mi assista nelle angustie, mi assista al principio della mia delizia. 93 Maria è Santa e, dopo Dio, Santa in modo singolare fra i santi. 94 La dignità della Maternità Divina é per suo genere infinita, poiché suprema é l\'unione con la Persona infinita. 95 Se in noi c\'è qualche speranza, qualche grazia, qualche salvezza, ricordiamoci che tutto questo viene dispensato da colei che si distingue per lo splendore dei doni (…). É questa la volontà di Colui che ha voluto farci ottenere tutto attraverso Maria. 96 Si dice che la Beata Vergine abbia meritato di portare (in grembo) il Signore di tutti non perché lei meritò che Lui in persona si incarnasse in lei, ma poiché per grazia a lei donata meritò un grado di purezza e di santità tale da poter essere degnamente la Madre di Dio. 97 O Maria grande, o pia, o molto amabile! Tu non puoi neppure essere nominata senza infervorare (ancora di più il cuore), neppure essere pensata senza che tu rafforzi l\'affetto di coloro che ti amano. 98 Le figlie di Sion la videro e la esaltarono veramente beata. La celebrarono beata per la Verginità, ancora più beata per la fecondità e veramente beata per la fecondità unita alla verginità. 319. O tu illa pie potens, et potenter pia, Maria, de qua ortus est fons misericordiae, ne contineas, precor, tam veram misericordiam, ubi tam veram agnoscis miseriam99 (Sant’Anselmo).
320. Quia Dominus potentissimus potentissime tecum est, ideo et tu es potentissima secum. Potentissima es per ipsum, potentissima apud ipsum, ita ut vere dicere possis: In Hierusalem potestas mea100 (San Bonaventura).
321. Ianua Paradisi, Fenestra Caeli, per quam supernus Rex humiliatus ad ima descendit; et homo qui prostratus iacebat, ad superna exaltatus ascendit101 (San Pier Damiani).
322. Praedica reverendam Angelis, desideratam Gentibus, Patriarchis, Prophetisque praecognitam (…) exaltatam super choros angelorum ad coelestia regna. Haec mihi de illa cantat Ecclesia102 (San Bernardo).
323. Salve Maria; salve o voi che siete termine dei dolori, fine delle inimicizie, conduttrice dei mortali a Dio, e congiunzione di Dio all’uomo. Salve, o fugatrice delle sventure, riconciliatrice dei peccatori, sicurezza dei giusti, rimedio ai caduti, spronatrice di chi generosamente corre, eccitatrice dei tiepidi, fermezza degli uomini buona volontà, e degli infermi salute (Beato Giovanni Geometra).
324. Non ti partire mai da me, o Maria! Sii tu la mia assistenza, la mia vita, la mia salute, o Madre della mia salute, o Madre di Gesù.
325. O Maria, una stilla del tuo amore vince la soavità del miele; in paragone al tuo tutti gli amori della terra sono più amari del fiele e della mirra.
326. La vittoria del male del tempo e dell’eternità è l’amore.
327. Pensare a Maria, parlare di Maria, operare per Maria, amare Maria è un gustare le beatitudini dei Santi (Camavitto).
328. O Maria fa che io sia degno d’essere di Dio come tu sei degna di essere sua Madre (Camavitto).
99 Tu, piamente potente, tu potentemente pia, o Maria, da cui scaturì la fonte della Misericordia, io prego perché tu non trattenga una misericordia tanto vera quando incontri una miseria altrettanto vera. 100 Poiché il Signore onnipotente é molto potentemente con te, anche tu quindi sei potentissima con lui. Tu sei potentissima proprio attraverso di lui, potentissima presso di lui, cosicché possiamo veramente dire: “In Gerusalemme il mio potere”. 101 Porta del Paradiso, finestra del Cielo, attraverso la quale il Re del cielo discende agli inferi; e l\'uomo, che prostrato giaceva, ascese glorioso al cielo. 102 Inneggia lei onorata dagli angeli, attesa dalle Genti e preannunciata dai Patriarchi e dai Profeti (...), innalzata sopra i cori angelici ai regni celesti. 329. Oratio Deiparae habet rationem imperii; unde impossibile est eam non exauderi103 (Sant’Antonino).
330. Accedis non rogans, sed imperans, domina non ancilla, o Maria104 (San Pier Damiani).
331. Maria columna ignis est, illuminans mundum multis misericordiae suae beneficiis. Quid nos miseri, nos obtenebrati, quid in nocte huius saeculi faceremus, si tam luminosam columnam non haberemus?105 (San Bonaventura).
332. Cum dico: “Ave Maria”, infernus contremiscit, Satan fugit106.
333. Imperio Virginis omnia famulantur etiam Deus107 (San Bernardino da Siena).
334. Amare i nemici è l’unica via perché non resti sulla terra neanche un nemico (Papini).
335. Il vero coraggio consiste nel fare da solo ciò che si è capace di fare in faccia al mondo (La Rochefoucauld).
336. Un’anima che fosse sempre ai piedi del Santissimo Sacramento implorando misericordia sarebbe più apostola degli stessi apostoli (Beato Eymard).
337. Gesù Cristo istituendo l’Eucarestia è andato agli ultimi limiti dell’amore. Non lo si può offendere in questo mistero, senza arrivare agli ultimi limiti dell’ingratitudine (Mons. De La Bouillerie).
338. La Comunione di tutti i giorni è il desiderio di Gesù Cristo, è il voto della Chiesa, è il massimo interesse delle anime nostre; in una parola è l’ideale verso cui dobbiamo orientare la nostra vita (Pio X).
339. Il saper soffrire è indizio di essere molto esperto nella scienza della vita (Maintron).
340. Il cristianesimo ha posto la carità come un pozzo di abbondanza nel deserto della vita (Chateaubriand).
103 Le preghiere della Vergine, essendo preghiere della Madre di Dio, hanno una certa ragione d’imperio; onde è impossibile che non sia esaudita. 104 O Maria, tu avanzi non supplice, ma potente; regina, non ancella. 105 Maria é una colonna di fuoco che illumina il mondo con le innumerevoli grazie della sua misericordia. Che cosa potremmo fare noi disgraziati, noi ottenebrati, noi nella notte di questo secolo, se non avessimo una colonna tanto luminosa? 106 Quando dico: Ave Maria, l’inferno trema, il demonio fugge. 107 All’autorità di Maria tutti si sottomettono, anche Dio. 341. Il piacere che si prova a beneficare ci paga con usura il beneficio (Masillon).
342. Si pensamus malum quod fecimus, minus est quod patimur, maius est quod meremur108.
343. Cum Ecclesia per proxima originibus tempora caesareo iugo premeretur, conspecta sublime adolescenti imperatori crux amplissimae victoriae, quae mox est consecuta, auspex simul atque effectrix. En alterum hodie oblatum oculis auspicatissimum divinissimumque signum: videlicet Cor Iesu sacratissimum, superimposita cruce, splendidissimo candore inter flammas elucens. In eo omnes collocandae spes; ex eo hominum petenda atque exspectanda salus109 (Leone XIII, Enciclica Annum Sacrum).
344. Il dolore cresce attorno a noi, la misura se ne va colmando, la società pende verso un abisso spaventevole; mio Dio, dateci dei santi (Lacordaire).
345. Quante sono le ore che dedichiamo al bene del prossimo, altrettante devono essere quelle che consacriamo direttamente a Dio (Servo di Dio L. M. Calco).
346. “Altri semina e altri miete”, dice il Vangelo110. Seminiamo, seminiamo a piene mani e lasciamo generosamente mietere agli altri. Il Padrone che sta nei cieli darà Lui la giusta mercede.
347. È necessario studiare per amare di più; chi conosce di più Iddio, più lo ama.
348. Se gli occhi del Signore non fossero stati così dolci non sarebbero stati così terribili.
349. Amare è dare; più che voler prendere o ricevere è dare il proprio cuore, la propria mente e la propria anima: e questo dono non può farsi che ad un’altra anima, ad un altro spirito. Amare è porre fuori di sé, in un altro essere, la ragione di vivere, ma di vivere totalmente, di sviluppare il proprio essere consacrandosi a lui. Amare Dio che cosa dev’essere dunque?
350. Molti lodano la scienza. I suoi frutti maturano per il tempo. Solo la virtù matura frutti per l’eternità.
108 Se pensiamo al male fatto, è meno ciò che patiamo di ciò che meriteremmo. 109 Allorché la Chiesa, alle origini, era oppressa dal giogo dei Cesari, ad un giovane imperatore apparve, in alto, una croce, auspice ad un tempo e realizzatrice della splendida vittoria che subito dopo seguì. Ora vi è offerto davanti agli occhi un segno faustissimo e divinissimo, cioè il Sacratissimo Cuore di Gesù, che porta su di sé la croce e che splende tra fiamme di lucentissimo candore. In lui dobbiamo collocare ogni speranza, a lui va richiesta e da lui va attesa la salvezza. 110 Cfr Gv 4,37. 351. Un’ora di abnegazione conduce sovente più lontano che un anno di studio.
352. Gran cosa abbiamo promesso a Dio, ma assai maggiori Dio ha promesso a noi; osserviamo quelle e aspettiamo con certezza queste. Breve è il diletto del mondo, ma la pena che segue ad esso è perpetua; piccola è la pena di questa vita, ma la gloria dell’altra vita è infinita. Così scrisse San Francesco d’Assisi nel suo testamento.
353. Se donaste a Dio tutte le ricchezze, non gli dareste la millesima parte della gioia che gli procura la salvezza di un’anima.
354. Portate le anime a Dio ed Egli stesso sarà la vostra grande mercede.
355. La volontà di Dio, compiendosi in un’anima, è il regno di Dio attuato sulla terra nella sua perfezione, nella sua pienezza, nel suo valore infinito, e i regni del mondo sono nulla accanto a questo regno interiore che portiamo dentro di noi e che è il regno dei cieli.
356. Come una bottiglia se non si svuota d’aria non si può riempire d’acqua, così il nostro cuore nella meditazione non potrà riempirsi di buoni pensieri, riempirsi di Dio, se non lo svuotiamo di tutti i pensieri inutili e vani, di tutti gli attaccamenti alle cose della terra.
357. Per accendere una candela è sufficiente un fiammifero; perché volerne sciupare degli altri? Nella meditazione quando abbiamo trovato un motivo abbastanza forte per accendere in noi l’amore a una virtù, perché affannarsi tanto e tormentarsi il cervello per ricercare altri motivi?
358. La lampada non può vivere senza l’olio e la pianta senza la linfa; il nostro cuore non può vivere senza la pietà.
359. Il sacerdote è il termometro della parrocchia: come sarà lui così sarà la parrocchia.
360. Soffrire della propria impotenza è una modalità dell’amore; i cuori indifferenti non si lamentano di non amare. Consoliamoci quindi quando, pur attraverso a tutti gli sforzi più generosi, non riusciamo a distogliere il nostro cuore dall’apatia e dalla indifferenza.
361. Bisogna pensare alla morte per vivere la vita.
362. Le anime generose nell’ascesa faticosa verso la perfezione, nel gusto mistico del divino, sentono il desiderio incontenibile di fondersi in quel più altro grado di amore che è il dolore. Soffrire molto. Soffrire nel corpo e più ancora nel cuore. Ma soffrire traendo dalle ferite e dai crepacci dell’anima tinte di aurora e freschezze di fiori, ma cavando dal sale delle lagrime dolcezze di nettare e riflessi di conchiglia. Soffrire col sorriso nel cuore e nelle pupille e col sole nel volto e nella veste scura.
363. Coloro che piangono sono quelli che sanno (Ruysbroech).
364. Perché abbandonarsi alla tristezza, se Gesù è la gioia del cielo e la sua gioia è d’entrare nei cuori afflitti? (Padre Faber).
365. Un’anima bisogna che vada alla Santa Comunione, pane di forza e di vita, povera e debole, riconoscente ed amante.
366. L’Eucarestia è amore, perché Dio è amore; Deus caritas est111. È amore che si fa compagno: il Tabernacolo; amore che si dà: la Comunione; amore che si sacrifica: la Santa Messa.
367. La felicità dell’uomo è nella passione del suo amore (…) ma solo una passione divina può beatificare il cuore dell’uomo, renderlo buono e generoso: è la nobile passione dell’Eucarestia.
368. L’osar poco è segno di poco amore.
369. Morire per una causa sacra non può essere vano e nullo. È cosa grande ed ha un seguito. Un atto simile, un simile dono di sé, è una realtà che sussiste. Nulla di piccolo si perde, e tanto meno, nulla di grande. Ogni martire ha la sua vita eterna, in piena e salda verità (Gratry).
370. Le creature sono come una specie di sacramento il quale nasconde ed insieme manifesta Dio (Olier).
371. Dimora del Verbo è l’uomo e la Verità di Lui è Amore (Odi di Salomone).
372. Puritas tua confert: spiritum libertatis, gaudium securitatis, firmitatem caritatis112 (San Bernardo).
373. Triforme est desiderium electorum: unanimiter habitare in Domino. Unde est: Unam petii a Domino (...). Victoriam obtenere de mundo. Unde est: quis me liberabit de corpore mortis huius? Presentaliter frui Deo. Unde est et illud: desiderium habens dissolvi et esse cum Christo113 (San Bernardo).
111 1Gv 4,16. 112 La tua purezza reca: lo spirito della libertà, la gioia della sicurezza, la forza della carità. 113 Triplice è il desiderio degli eletti. Abitare unanimemente in Dio, quindi: “Una cosa ho chiesto al Signore (…)”. Ottenere la vittoria sul mondo, quindi: “Chi mi libererà dal corpo di questa morte?”. Godere sensibilmente di Dio, quindi anche questo: “… avendo il desiderio di essere dissolto dai lacci del corpo e di essere con Cristo”. 374. Noi stiamo in un egoismo interno prodigioso, mostruoso, ridicolo. Vediamo noi stessi ad esclusione degli altri, ci amiamo noi stessi contro tutti. Siamo tutti quanti quegli spiriti ristretti che vedono chiaro nei loro piccoli pensieri, e nulla nei pensieri altrui; spiriti dalla veduta corta, spiriti tenebrosi che, da vicino, vedono ciò che è buio, e non vedono da lontano ciò che è luminoso (Gratry).
375. In tutte le cose il Padre nostro ha fatto per noi più che non sappiamo.
376. Se l’eloquenza è l’anima che si esprime, il pianto è il cuore che canta.
377. Non preoccupiamoci mai di piacere al mondo; abbiamo il coraggio di sopportare le critiche e la disapprovazione. Nessun rispetto umano. Che Iddio sia contento di noi. Che importa il resto? (Card. Merry Del Val).
378. Abituiamoci a considerare l’anima nostra come un campo di battaglia nel quale dobbiamo combattere e vincere per l’amore di Nostro Signore (Merry Del Val).
379. Per Iddio si deve e si può sacrificare tutto (id.).
380. Accettate ogni cosa da Dio e la vostra vita sarà la prima strofa di un inno eterno, l’aurora di una felicità senza tramonto. Porsi con tutta fiducia nelle mani di Dio, vedere in ogni cosa la mano di Dio, rassegnarsi interamente a Dio (id.).
381. Impariamo a temere, piuttosto che a desiderare la dignità e le superiorità, poiché esse non devono essere per chi ne è investito se non un aumento di lavoro e di pena (id.).
382. Chiunque smette di lottare indietreggia. Il giusto è colui che estirpa ogni giorno l’iniquità di quel giorno (Gratry).
383. La nostra volontà è come uno scoglio in mezzo al mare. Le onde lo possono lambire ed anche sommergere, ma esso è là sempre immobile; e il mare quando si ritira dopo la tempesta, lo lascia intatto. Così la nostra volontà può restare ferma malgrado tutto ciò che possiamo sentire, malgrado tutte le tentazioni che possono assalirci (Card. Merry Del Val).
384. Le radici dello studio sono amare, ma assai dolci ne sono i frutti (Catone).
385. Non dimenticate che se voi non vi crocefiggerete, crocefiggerete Gesù (Card. Merry del Val).
386. Il silenzio e la solitudine formano l’atmosfera della croce; essa è un dono di Nostro Signore a coloro che Egli ama (id.). 387. Quando noi soffriamo umilmente le afflizioni che Dio ci manda, è sangue che noi diamo al Salvatore. La nostra rassegnazione tiene il posto del martirio (Bossuet).
388. O anima mea ama, amorem ab aeterno te amantem114.
389. Soffrire passa. Aver sofferto resta eternamente.
390. O amare, o ire, o sibi perire, o ad Deum pervenire!115 (Sant’Agostino).
391. Impariamo ad amare la Croce, accettarla come nostra eredità, come norma di tutta la nostra vita.
392. O dolcissimo Gesù, mia gioia, mio tutto, soltanto un Dio poteva amare come tu hai amato, e fare che il fallo del primo uomo divenisse come una sorgente di benedizioni. Gesù, mia speranza, la fama del mondo non avrà parte alcuna con me: io cercherò come Te una corona di spine per amare il tuo Cuore Sacratissimo.
393. In tua voluntate virtus est nostrae salutis116 (Sant’Agostino).
394. Laus propria foetet; fac multum, loquere parum117 (San Giovanni Berchmans).
395. La generosità nel servizio di Dio significa servire Dio a nostre proprie spese.
396. Gesù non sa di che farsi dei sacerdoti di parata.
397. Quid maius quam animis moderari, quam adolescentulorum fingere mores? Omni certe pictore, omni certe statuario, ceterisque huiusmodi omnibus excellentiorem hunc duco, qui iuvenum animos fingere non ignorat118 (San Giovanni Crisostomo).
398. Non vi è professione più bella ed assieme di più grande responsabilità, quanto quella dell’educatore. La sua opera lascia nelle anime traccia eterna. Come è bello il sentire molti che confessano di dover gran parte della loro formazione ad una parola sola, ad un cenno del loro educatore; altrettanto è triste il vedere un peccatore smarrito che maledice chi lo ha educato (Toth Tihamer).
114 Anima mia, ama l’amore che ti ha amato dall’eternità. 115 O amare, o salire, o morire a se stessi, o giungere a Dio! 116 La forza della nostra salvezza è nella tua volontà. 117 La propria lode puzza; parla poco e realizza molto. 118 Che cosa c’è di più grande se non governare gli animi, se non formare la moralità dei ragazzi? Io considero certamente ancora più straordinario di ogni pittore e di ogni scultore colui che si dedica a formare l’animo dei giovani. 399. L’anima umana si avvicinerà alla perfezione solo nella misura in cui sarà piena del pensiero di Dio (id.).
400. Il Vangelo: “Un po’ e poi mi vedrete…”119. Coraggio, la vita è corta… dopo, il Cristo.
401. Gli antichi popoli levavano i loro re sugli scudi, noi leviamo il nostro Re, Gesù, sui nostri cuori.
402. Davvero è difficile intrecciare dei bastoni per farne una verga, difficile raddrizzare un tronco d’albero storto, pulire della lana bianca che è già stata immersa nel colore, togliere l’odore preso la prima volta da un otre nuovo; altrettanto difficile è far abbandonare le cattive abitudini a chi le ha possedute fin da bambino (Pázmány).
403. La cura dell’anima umana vale incomparabilmente più di ogni altra cosa. E colui, che ha preparato un membro degno e coscienzioso per la società, ha fatto molto di più che se avesse scoperto il segreto di far l’oro (Tihamer).
404. Quis nesciat, primitias florentis aetatis, sicut et in plantis, et in vineis et rebus ceteris , acceptiores exsistere , ac proinde obsequia parvulorum gratiora esse, quam senum debilitatorum, qui non vitia deserunt, sed a vitii reliquuntur?120 (Gerson).
405. Il nostro mondo è molto triste e quaggiù ognuno soffre, ognuno insegue la felicità senza poterla raggiungere; però non avremo mai il diritto di ritenerci interamente infelici, finchè al mondo spunteranno i fiori e si vedranno giocare i fanciulli (Marschall).
406. L’occuparsi dei fanciulli è la migliore attività spirituale. Il prete che si occupa dei fanciulli rimane sempre giovane nello spirito, anche se il passare degli anni minaccia di inaridire la sua attività. Il fanciullo è una gioia vivente, una lieta primavera (Tihamer).
407. Amare pueros. Quid est enim catechista? Alter Christus121 (Concilio di Liegi, 1851).
408. L’amore basta a se stesso: i premi non si devono cercare, si deve cercare solo il beneplacito della persona amata.
119 Gv 16,17. 120 Chi non sa che le primizie del fiore degli anni, come del resto nella vegetazione, nelle vigne e in tutte le altre cose, risultano più gradite, e quindi che i saluti dei bambini sono piu apprezzati di quelli dei vecchi debilitati che non abbandonano i vizi, ma vengono abbandonati dai vizi? 121 Amare i bambini. Che cos’è infatti il catechista? È un secondo Cristo. 409. Dinanzi alla miracolosa chiave dell’amore si aprono da sé le più segrete porte del cuore (Tihamer).
410. La rugiada non si posa soltanto sulle rose ma anche sulle spine; la nostra carità non si deve volgere solo ai buoni e graziosi, ma altrettanto ai cattivi ed agli ineducati.
411. Spernere mundum, spernere neminem, spernere se ipsum, spernere se sperni122 (San Filippo Neri).
412. In San Francesco di Sales si sono veramente adempiute le parole di San Giovanni Crisostomo: Nihil hac pastorali mansuetudine violentius123.
413. Sii forte come il ferro e molle come la cera, e finirai per domare anche il più arrogante (Bodelschwingh).
414. De forti egressa est dulcedo124 (Gdc 14,14). Amore e autorità possono benissimo stare insieme.
415. Ad ogni educatore bisognerebbe che si potesse fare l’elogio che già si fece di Lacordaire: “Egli era duro come un diamante e dolce come una madre!”.
416. Semper punire ferocitates est, semper parcere pusillanimitatis125 (San Bernardo).
417. Nihil prodest verbis proferre virtutem et factis destruere veritatem126 (San Cipriano).
418. Il sacerdote deve poter dire: «Imitatores mei estote sicut et ego Christi». Non basta verbo pascere, è necessario anche exemplo pascere. Perché anche qui vale l’assioma: Omne agens generat simile sibi127 (San Tommaso).
419. Insegnare è molto più facile che educare; per insegnare basta sapere qualche cosa, per educare bisogna essere qualcuno (Adalbet Stifter).
420. Una condizione per la bontà d’uno strumento di musica è la risonanza. Come uno strumento polveroso non risuona, così un’anima ricoperta di pensieri terreni non può pregare. Prima di suonare, tendiamo le corde;
122 Disprezzare il mondo, non disprezzare nessuno; disprezzare se stessi, non disprezzare di essere disprezzati. 123 Niente è più dirompente di questa mitezza da pastore. 124 “Dal forte è uscita la dolcezza” (Gdc 14,14).. 125 Succede sempre di (dover) punire le crudeltà e di (dover) aver pietà dei deboli. 126 Non serve a niente proclamare la virtù a parole e demolire la verità coi fatti. 127 Il sacerdote deve poter dire: “Siate miei imitatori come io (lo sono) di Cristo” (1Cor 11,1). Non basta pascere a parole, è necessario anche pascere con l’esempio. Perché anche qui vale l’assioma: Ogni essere vivente genera altri simili a sé. prima della preghiera dobbiamo mettere in ordine l’anima e il corpo. L’artista accorda le differenti corde; altrettanto deve fare chi prega: rivolgere tutta la sua attenzione, la sua aspirazione ad una sola cosa, il parlare con Dio (Tihamer).
421. Se è vero ciò che si racconta di Frà Angelico che dipingesse tutti i suoi quadri in ginocchio per rappresentare più spiritualmente le sue immagini, quanto più fervoroso deve essere l’animo dell’educatore dei giovani alle cui mani è affidata la formazione di un gioiello di eterno valore (Tihamer).
422. La carità di Dio chiama incontro a sé la carità da Lui accesa nel cuore dell’uomo. Amore per amore, donazione per donazione, non per via di eguaglianza, ma di somiglianza tenuissima. Il sole domanda alla selce una scintilla. Ma la carità ha due progetti inseparabili: amor di Dio e amor del prossimo. Si ama veramente il prossimo quando lo si porta ad amare Dio.
423. Siamo tutti maglie di uno stesso tessuto, membra d’un corpo sociale che influiscono vicendevolmente e ricevono direzione e vita da un capo. L’antico capo, Adamo, ci rovinò; il capo novello dell’umanità ci salva. Elevato sulla Croce, Cristo tutto trae a sé in salvazione, come il capostipite prevaricatore aveva tratto sotto l’albero fatale tutta la posterità in perdizione.
424. Amanti amabimus, ut amantes, amplius amari mereamur128.
425. Unum est summum Bonum, unum summum malum; hoc peccatum, illud Deus129 (Sant’Agostino).
426. Qui majore imbutus fuit doctrina, maiori supplicio dignus fuerit, si inique agat. Itaque quanto prudentiores potentioresque sumus, tanto magis punimur si peccemus. Etenim si dives es, plures a te exigentur pecuniae, quam a paupere; si prudentior, maior obedientia; si potentia valeas, illustriora opera: in aliisque omnibus pari ratione pro virili et pro modulo conferes130 (San Giovanni Crisostomo).
427. Ad alimenta tanquam ad medicamenta: ad coenam tanquam ad tormentum131 (San Bernardo).
128 Ameremo per Colui che ama, per meritare, amando, di essere amati ancora di più. 129 Unico è il sommo Bene e unico è il sommo male; il sommo male è il peccato, il sommo Bene è Dio. 130 Colui che è maggiormente ricco di cultura è più degno di punizione, se agisce iniquamente. Perciò quanto più siamo colti e più capaci, tanto più siamo puniti se pecchiamo. Infatti, se sei ricco, più soldi ti sono richiesti rispetto che ad un povero; se sei più colto, maggiore [sia] l’obbedienza; se sei investito di più autorità, più luminose [siano le tue] opere: in tutte le altre realtà ti regolerai in relazione alla misura delle tue forze. 131 [Si accosteranno] al cibo tanto quanto ad una medicina, al pranzo tanto quanto ad una tortura. 428. Santa Caterina da Siena, trovandosi molestata da bruttissime tentazioni e grandi aridità, si animava e confortava dicendo a se stessa: “Vilissima peccatrice, quando anche tu dovessi soffrire queste tenebre, questi tormenti per tutta la vita, non dovresti accontentarti per fuggire l’eterno supplizio?”.
429. Noi non conosciamo la vita, la morte che per Gesù Cristo. Fuori di Gesù Cristo noi non sappiamo cosa sia la nostra vita, la nostra morte, Dio, noi stessi (Pascal).
430. Cristo è il salvatore della nostra umanità. Soltanto Dio divenuto uomo insegna agli uomini a divenire veramente uomini. Cristo vuole insegnare che, per mezzo e insieme a Lui dobbiamo salvare quel principio di origine divina della nostra natura, ch’egli stesso ha assunto nella sua personalità umana e divina. Una umanità che crede in Cristo crede anche a se stessa, al suo futuro, anzi al suo eterno avvenire; a ragione, poiché l’immagine essenziale dell’uomo è stata fissata da Cristo in grembo alla Trinità divina per ogni eternità. In nessuna religione e neppure nelle più nobili filosofie non cristiane, l’immagine dell’uomo diviene così chiara, grande e indimenticabilmente elevata come nella fede cristiana (Pfleger).
431. Non è davvero un linguaggio bigotto da parte di noi cristiani il parlare del Cristo vivo. Non vogliamo dire con questo che Egli è vivo soltanto per noi. Questa è una domanda a sé, e noi, sinchè avremo il coraggio di conoscere noi stessi, vi potremo rispondere solo con un palpitare di cuore. Ma egli è vivo nel senso oggettivo che soltanto Lui può darci e trasmetterci quella vita altissima e assoluta senza di cui la nostra esistenza umana non si può dire mai piena. E anche ammesso che la pienezza e la potenza della vita cristiana sia un avvenimento raro, il caos esterno e intimo della vita non cristiana è un fatto universale che oscura la terra. Di Cristo si può dire con una tremenda ironia che Egli brilla per la sua assenza. Il vuoto che Egli lascia nella vita umana è così assolutamente incolmabile che solo una figura di quintessenziata e insieme gigantesca sovrumana potenza vitale può provvidenzialmente colmarlo (Pfleger).
432. Cristo non è solo la cosa migliore, più bella, alta e profonda che abbiamo in questo mondo, ma anche, letteralmente, l’unica (Pfleger).
433. La natura rivela Iddio; la storia del genere umano rivela Cristo (Vito Fornari).
434. Splendor Patris / factor Matris / Iesu nostra gloria / da ut fiam / per Mariam / dignus tua gratia132.
132 Splendore del Padre, creatore della Madre, Gesù nostra gloria, concedimi che divenga, per mezzo di Maria, degno della tua grazia. 435. Il cuore allegro e contento è il miglior ringraziamento che si può rendere al Signore dei benefici che da Lui ci vengono di continuo.
436. Non dobbiamo avvilirci per le nostre cadute; su questa terra non si procede tanto di vittoria in vittoria, quanto piuttosto di rivincita in rivincita.
437. C’è nella vita umana, pur in mezzo alle varietà delle vicende, una «ripetizione» che sbalordisce; il senso eroico dell’esistenza sta appunto nel vincere questa monotonia quotidiana, rinnovandosi senza stancarsi mai.
438. La pazienza! Virtù veramente guerriera che ci distoglie dalla tiepidezza, dallo snervamento, dalla monotonia, per tenerci saldi, con l’olio d’una dolcezza che penetra ogni tessuto, sulle barricate della vita, macinati dal martirio del vivere quotidiano.
439. Vedere ed amare nei poveri – poveri in senso molto largo: di affamati di pane e di verità –, vedere in essi la persona di Gesù Cristo è un dono divino, è partecipare alla sua continua trasfigurazione non nella gloria del Tabor, ma nelle carni e nelle anime martoriate risplendenti delle stigmate di Lui: “Avevo fame e mi deste da mangiare, assetato e mi deste da bere”133.
440. La verità può capire l’errore; ma l’errore non può capire la verità (Wilfrid Ward).
441. Troppo incalza la Passione santissima di Gesù per potervi resistere (Beata Francesca Saverio Cabrini).
442. Quisquis es in mensa, primo de paupere pensa; nam cum pascis eum, pascis, amice, Deum. Nescit homo plenus, quam vitam ducat egenus134 (Poesia medioevale).
443. La forza più grande e più vera è la forza dello spirito che domina la materia. Sbaragliare eserciti e non vincere se stessi è una schiavitù orrenda. La vera forza dello spirito è quella che riesce ad osservare le leggi della gerarchia dei valori, a considerare il cielo per il cielo e la terra per la terra. Il nome vir dato all’uomo (da vis, forza) altrimenti converrebbe meglio agli elefanti e ai bufali.
444. Amico, io, vivendo, cercava conforto sul monte Parnasso; tu, meglio consigliato, cercalo nel Calvario (Epigrafe sulla tomba del Chiabrera a Savona).
445. I veli eucaristici ci nascondono Gesù ma sono trasparenti d’amore.
133 Cfr Mt 25,35. 134 Quando sei a mensa, pensa prima al povero. Infatti, chi nutre il povero, o amico, nutre Dio. Il ricco non capisce quanto il povero ami la vita. 446. L’infinito è il termine necessario delle cose dello spirito dell’uomo e come l’oceano nel quale si dispiega (Bougaud).
447. L’anima emerge fuori del tempo; ella con la mente, col cuore, con tutta intera la sua vita, infrange tutti gli inviluppi e si slancia nell’infinito. I Greci avevano trovato la parola per definire l’anima. Essi l’hanno chiamata un’aspirazione: ἄσθμα. Un’aspirazione a che? all’infinito (Bougaud).
448. L’uomo è fatto per la verità ma è necessario che un Dio scenda ad insegnargliela (Platone).
449. Alla stessa maniera che in un’opera del genio umano ciascuno di noi si taglia il regno che si confà alla sua misura, ogni cristiano cerca nel Cristo il suo proprio Salvatore, ed è meraviglioso che essendo venuto per ciascuno di noi, noi scopriamo fra tutte le sue parole quelle che Egli ci rivolge in particolare, mentre che altre toccano anime più elevate, e sono meglio comprese da quelli le cui difficoltà non somigliano per nulla al nostro dramma, al nostro occulto tormento (Mauriac).
450. Le due barche affondavano tanto erano piene di pesci. Allora Cefa cadde in ginocchio. Ed è ancora oggi il segno che Dio è presente, quando noi vediamo le nostre sozzure in tutto il loro orrore: “Signore discostati da me, perché io sono un peccatore”135 (Mauriac).
451. L’amore assoluto respinge i mediocri, urta la falsa aristocrazia, disgusta i delicati (Mauriac).
452. “Beati… Beati… Beati…”. Quelli che erano nell’ultime file e che non udivano se non quella parola ripetuta nove volte potevano credere che il messaggio fosse un messaggio di felicità. E non avevano torto. Grazie a un cambiamento più sorprendente di quello di Cana la povertà diventava ricchezza, e le lacrime gioia. La terra apparteneva non ai bellicosi ma ai miti (Mauriac).
453. “Signore non prenderti tanta pena, perché io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto”136. Gesù fu preso d’ammirazione. Egli non ha soltanto amato gli uomini li ha pure ammirati. E ciò che in essi ha ammirato è sempre la stessa cosa meravigliosa: non una stupefacente virtù né una straordinaria scienza teologica, ma un certo stato di resa, una disfatta, un annientamento, frutto di quella lucidità spirituale che è la suprema delle grazie. Umiltà che il volere non basta a conseguire poiché non è perfetta che a condizione d’ignorarsi. Battersi il petto è un gesto che non costa granchè: e quante labbra orgogliose non ripetono le parole del centurione e quelle di suo fratello, il pubblicano! “Io ti rendo grazie, o Signore, per ciò che mi hai fatto simile al pubblicano”. Così prega il fariseo d’oggi (Mauriac).
135 Cfr Lc 5,6-8. 136 Cfr Mt 8,8. 454. L’amore non vuole da chi egli ama ottenere nulla che non sia liberamente consentito (Mauriac).
455. Non è in potere di coloro che portano la carità nel cuore di non servire al Cristo. Taluno che crede odiarlo gli ha consacrato la vita poiché Gesù è travestito e mascherato in mezzo agli uomini, nascosto nei poveri, negli infermi, nei prigionieri, nei forestieri. Molti che lo servono ufficialmente non seppero mai chi egli è; ma molti che non lo conoscono neppure di nome udranno l’ultimo giorno le parole della gioia: “Ero io quei figliuoli, ero io quegli operai, io piangendo su quel letto di ospedale, io quell’assassino nella sua cella quando tu lo consolavi” (Mauriac).
456. La scienza è un cannocchiale volto all’alto per avvicinare la vista dell’Eterno.
457. L’uomo è nato per contemplare Dio e la via più prossima e aperta a questo fine è la contemplazione della natura (Carl Linneo).
458. La morte non strappa nulla; essa prostra, e la nostra anima non è trafitta che per ricevere dei germi eterni (Louis Veuillot).
459. Iddio ha vestito di bellezza la terra per trarci in alto, cioè a Lui medesimo (L. Bottaro).
460. Non mi dire in versi melanconici: «La vita non è che un sogno vuoto». L’anima assopita non è morta, e le cose non sono come sembrano. La vita è seria, la vita è reale, e la tomba non è la sua galera. “Tu sei polvere e in polvere ritornerai”137 non fu detto all’anima (Henry Longfellow, poeta americano).
461. Alla morte l’uomo finisce, l’anima comincia. Io sono un’anima. Sento bene che ciò che renderò alla tomba, non è il mio io. Ciò che è il mio io andrà altrove. Terra, tu non sei il mio abisso! Dio è eterno. L’anima è immortale (Victor Hugo).
462. Credi e spera perché questi morti non sono vermi, sono farfalle che rompono le loro crisalidi, che volano e vanno per gli spazi infiniti in seno a Dio a godervi l’amore infinito, l’eterna aspirazione del nostro cuore e la verità assoluta che lascia un abisso nella vostra immensa intelligenza (E. Castelar).
463. Qualora la mattina ebbi pregato mi ritrovai migliore e più forte nella giornata; qualora ebbi pregato alla sera ho riposato più placidamente la notte; qualora la prosperità mi arrise meglio ne godetti, dopo averne
137 Cfr Gen 3,19. ringraziato il Signore; qualora mi visitò l’afflizione, la preghiera mi aiutò a sopportare con fermezza e sperare con fiducia (C. Cantù).
464. Vivere quasi sempre fossi per morire. Studiare quasi perennemente vivessi (Guido Negri).
465. La ragione parla, ma l’amore canta. Ecco perché noi cattolici cantiamo i nostri simboli e i nostri misteri augusti. La fede è una credenza d’amore (Joseph-Marie de Maistre).
466. Solo l’amore poteva fare di Dio un uomo. Solo l’odio può spogliare l’uomo di Dio (Igino Giordani).
467. L’amore verso gli uomini è un aspetto, una riprova dell’amore verso Dio (Igino Giordani).
468. Se la Sapienza regge il cosmo fisico, l’Amore regge l’universo spirituale. C’è al centro di esso un Cuore infinito che trasmette ad ogni molecola un sangue vivificante e d’ogni parte lo raccoglie per epurarlo dalle tossine e ridistribuirlo sano. È il Cuore di Cristo (Igino Giordani).
469. La prima legge dell’amore è la legge dell’andare innanzi, del progresso. Fin dal primo momento dell’esistenza sua l’amore non può sussistere che alla condizione d’avanzare. È necessario che cresca, si elevi, si fortifichi per mezzo delle gioie e delle sofferenze, si approfondisca per mezzo della felicità, e più sicuramente ancora quaggiù per mezzo delle prove e dei sacrifici; in una parola, progredisca (Henri Perreyve).
470. L’Eucarestia è l’estensione della perpetuità dell’Incarnazione.
471. L’uomo aspirava a dimorare in Dio, e Dio aspirava a dimorare nell’uomo. Ecco l’uno nell’altro: l’Eucarestia. È l’ultima espressione della Religione (Bougaud).
472. La verità è come la rugiada: per averla e conservarla pura, è necessario raccoglierla in un vaso puro. Intendete la gran parola che noi cantiamo tutte le domeniche: “Nato da Maria Vergine”. Dio non nasce in ogni anima se non come nacque un’altra volta: Egli è il frutto dei cuori puri (Bougaud).
473. La purità è la luce del corpo, come l’umiltà è la luce dello spirito (Bougand).
474. Chiunque cerca la luce al di fuori della carità, cerca la luce in mezzo alle tenebre (Hello). 475. Quid ergo vovimus Deo, nisi ut simus templum Dei? Nihil gratius ei possumus offerre, quam ut dicamus ei quod dicitur in Isaia: Posside nos138 (Sant’Agostino).
476. La vera visione di Dio si ha solo attraverso alle lacrime.
477. Poveri morti! Sono impotenti! Il Purgatorio è un tempio, ma senza Sacerdozio, né altare di propiziazione. Però vi è la Comunione dei Santi che ci stringe, beati, viatori e purganti, in un dolce nodo d’amore: la Messa, che la Chiesa ha equiparato al Natale, il natale delle anime purganti.
478. L’Eucarestia è la suprema delle opere di Dio, è il riassunto di tutto Gesù: la sua vita, i suoi misteri (…), il magnete delle anime, la vera e reale vita della Chiesa. Il Santissimo Sacramento è trabocco di varie, commoventi manifestazioni divine (Padre Faber).
479. Nella giornata della Comunione, Gesù guardi coi vostri occhi, parli con le vostre labbra, ami col vostro cuore, insomma a tutti quelli che si avvicinano apparisca nello splendore soave della sua bontà divina (Mons. De Gibergnes).
480. In questa vita non vi è purgatorio, ma o paradiso o inferno. Poiché chi sopporta le tribolazioni con pazienza ha il paradiso, e chi non le sopporta con pazienza l’inferno (San Filippo).
481. Occorre che il cuore sanguini, se vuol irradiare amore. Gesù dall’alto della sua croce ce l’ha provato abbastanza (Myriam de Jesus.).
482. Offrire un fiore a qualcuno è in sé ben poca cosa; ma se nel calice di quel fiore tu metti un grande amore, ecco che dentro il fiore troveranno il tuo cuore. Così vuole Gesù: che l’amore, cioè, animi ogni nostra azione (Myriam de Jesus).
483. La fiducia è il regalo dei piccolissimi ai grandi, quindi il dono del nostro cuore al Cuore di Gesù (Myriam de Jesus)
484. Nel silenzio solamente si possono gustare certe intime armonie (Myriam de Jesus).
485. L’orazione non è che uno scambio d’amore (Myriam de Jesus).
486. Dio non è mai tanto grande agli occhi nostri, come quando si abbassa fino alla sua creatura per innalzarla a sé (Myriam de Jesus).
487. Quando vivrai di Dio, potrai darlo agli altri (Ghislaine).
138 Qual voto offriremo dunque a Dio se non la volontà d\'essere suo tempio? Nulla di più accetto potremmo offrirgli se non ripetergli quanto è detto in Isaia: “Prendi possesso di noi” (Cfr Is 26,13). 488. Il mio amore, un Dio crocefisso. La mia forza e la mia gioia, la santa Comunione. La mia ora preferita, quella della Santa Messa. La mia divisa: nihil sum139. La mia meta, il Cielo (Suor Maria Anna dell’Agnus Dei).
489. Dove si trova pietà si trova altresì un’intelligenza molto acuta, o per lo meno, molto saggia e prudente, giacchè la grazia in via ordinaria opera sullo sfondo della natura (Can. Camele).
490. Regni sempre nell’anima tua lo studio d’inclinare non al più facile, ma al più difficile; non al più gustoso ma al più scipito; non al più alto e prezioso, ma al più basso e disprezzato; non al più ma al meno; non a volere qualche cosa ma a volere nulla; non a cercare il migliore, ma il peggiore delle cose, desiderando di entrare, per amore di Gesù, nella nudità, vuotamento e povertà di quanto è sulla terra (San Giovanni della Croce).
491. Soffrire molto sulla terra è una gioia celeste ([…]140).
492. Due sono le principali malattie dell’uomo: l’orgoglio che lo allontana da Dio; la cupidigia che lo attacca alla terra (Pascal).
493. Che bella virtù è l’umiltà: ma quanto è difficile! Più difficile della verginità! È un dono di Dio come la verginità (Lina Noceti).
494. La mia maggior sofferenza è il timore di offendere Gesù; e questo timore serve a calpestare la mia superbia (Lina Noceti)
495. La croce fu sempre il mio sogno; voglio andare al Calvario (eadem).
496. L’altro ieri mi sentii orribilmente cattiva e vidi tutto il mio nulla. Glielo dissi a Gesù: Io sono un niente, eppure voglio andare al Calvario: mi ci devi condurre Tu! (Lina Noceti).
497. Dobbiamo fare ogni giorno una visita all’inferno per preservarci dal peccato mortale, una al Purgatorio per evitare il peccato veniale, una al Paradiso per animarci a sopportare le noie e le tribolazioni della vita.
498. Fortiter in re, suaviter in modo141.
499. La mortificazione esterna non è che il primo passo; ma chiunque non ha osato farlo s’affatica invano ed è fuori di strada. Alcuni s’immaginano che la mortificazione non giovi che a sottomettere la carne; è un’illusione: essa ha una potenza segreta per vincere l’orgoglio spirituale (Ginhac).
139 “Sono nulla”. 140 Riferimento bibliografico non comprensibile. 141 Energicamente nella sostanza, dolcemente nei modi. 500. Le croci sono più dolci delle estasi. L’amore a Gesù si prova nel dolore! (Lina Noceti).
501. Ogni giorno quando Nostro Signore viene nel mio cuore io lo prego a piantarvi la sua Croce (P. Ginhac).
502. Due cose belle vi sono nella vita: comunicarsi di Gesù e soffrire.
503. Per un’anima che ama Nostro Signore nulla vi è al mondo di più semplice della morte. È come voltare una pagina: la prima facciata è del tempo; la seconda dell’eternità (P. Ginhac).
504. Non basta ricevere la grazia, bisogna custodirla; non basta custodirla, bisogna espanderla; il profumo non è dato al fiore per sé solo: il buon odore di Gesù Cristo deve uscire fuori e rallegrare intorno a sé (Mons. Lazaire).
505. La vita non è un campo ove esercitare il proprio egoismo; né una battaglia da cui ritirarsi al primo incontro sfavorevole; è una prova da accettarsi con cuore saldo (…). La vera saggezza non sta nel rinunciare e negare, ma nel credere ed amare; credere nella santità della vita, amare e donare se stessi (Un commediografo moderno).
506. C’è una doppia generazione di martiri: quelli del sangue e quelli della carità: I primi corrispondono al sacrificio cruento di Gesù sul Golgota e lo continuano nella propria umanità; i secondi corrispondono al sacrificio incruento di Gesù Cristo nella Santissima Eucarestia (Albanetti).
507. L’Eucarestia è Gesù con noi: Ella rinnova l’Incarnazione e perpetua la vita di Gesù in terra. L’Eucarestia è Gesù per noi: Ella non soltanto ricorda, ma anche riproduce il sacrificio di Gesù sul Calvario. L’Eucarestia è Gesù a noi: Ella ci dà vivo e vero in cibo e bevanda Gesù, per la perfetta unione (Card. Mazzini).
508. Qualunque lode si faccia di Maria non può essere iperbolica, ma piuttosto insufficiente (San Bonaventura).
509. Il Santo Sacrificio della Messa è qualcosa di così grande che occorrerebbero tre eternità per offrirlo degnamente: la prima per prepararsi, la seconda per celebrare, la terza per ringraziare (San Giovanni Eudes).
510. Creando Maria, Dio pensava a Gesù Cristo e lavorava per lui (Tertulliano).
511. Per Maria il mondo è stato fatto; per lei è salvato dalla rovina (San Bernardo). 512. Non dovrà essere più puro di un raggio di sole chi fruisce di un tal Sacrificio (la Messa), la mano che divide quella Carne, la bocca che è riempita di quel fuoco celeste, la lingua che si arrossa di quel Sangue tremendo? (Padre Giocondo Lorgna).
513. Togli il sole, dov’è il giorno? Togli Maria e che resta se non tenebre? (San Bernardo).
514. Ricevendo Gesù Cristo nell’Eucarestia, noi riceviamo l’amore nella sua sorgente, l’amore nella sua pienezza, l’amore che brucia dal desiderio di comunicarsi secondo la disposizione dei cuori (Grou).
515. Prega sempre e comunicati più spesso che puoi perché allora sarai invincibile. Non vi sarà prova alcuna che tu non possa superare, né sacrificio che tu non riesca a compiere con gioia, né atto di perfetta virtù che tu non sappia attuare (Didon).
516 L’adulazione è una moneta falsa che ha corso soltanto a cagione della nostra vanità.
517. Chi ci può dire ciò che ha fatto di bene ed impedito di male, da venti secoli, quel disco di puro frumento nel quale palpita la vita di un Dio? (Coppée).
518. Dono e bontà di Dio sono anche le lacrime ch’egli ti diè a sfogo e ristoro d’un dolore; di una cosa sola ti prego: piangi davanti ad un’Addolorata, piangi vicino ad un’altare dopo una Santa Comunione (Card. Maffi).
519. Quando si riceve all’improvviso il principe, si copre di fiori quello che non si può subito rimuovere. La nostra miseria non finirà che alla morte: nascondiamola sotto le belle rose dell’amore. Nostro Signore sarà contento; domanda altra cosa venendo in noi? (P. A. Boyer).
520. Tu raggiavi nella candida ostia e mi parve di dover pronunciare il Nunc dimittis: Basta, o Signore, i miei occhi hanno veduto il tuo Sacramento d’amore (…). Ma anche una sublime foga mi è sorta appena tu mi sei disceso in cuore. O Gesù, rimanere teco Ostia vivente, rimanere a lungo con te (Guido Negri).
521. La vita è così: un viaggio verso Gesù Cristo; ed un anno è una parte di questo viaggio. Non allentiamo l’energia per ben camminare; non facciamo compromessi di sorta quando ci imbattiamo negli ostacoli; cerchiamo specialmente di capire Gesù per fare i passi come lui vuole.
522. Gesù! Che le mie giornate e tutta la vita sia un inno a tanto Nome tuo, o Gesù, e che il tuo Nome Gesù sia il titolo, il motivo, l’epilogo, l’eterno grido mio, il fondamento, l’essenza, il fastigio della mia letteratura, il ritmo della mia poesia. Gesù, Gesù! Breve specie di suono e di figura, che aduna grandezze infinite e nel tuo Nome, o Gesù, la immensità suprema (Guido Negri).
523. Se potessimo vedere l’interno di un’anima che ha ricevuto Gesù, ve lo scorgeremmo come un grano d’oro o un fiore in mezzo ad un cristallo. Egli vi loda, benedice e glorifica il suo Padre come in un tabernacolo animato, e vi si compiace assai più che su un altare o in un ciborio d’oro (M. Oliver).
524. Comunicatevi per gli altri, per far penetrare nella loro anima il raggio della bontà, il raggio della fede, della pietà e dell’amor puro di cui voi avete il focolare. Vostro padre o i vostri fratelli o degli amici intimi ricusano di inginocchiarsi a l’angelico e dolce banchetto? Comunicatevi per loro, e che essi, avvicinandosi a voi, sentano senza neppur pensarci, e quasi loro malgrado il beneficio di una comunione di seconda mano ([…]142).
525. Non perdere mai una Comunione per colpa tua. Una Comunione è più che la vita, più che tutti i beni del mondo, più che l’universo intero; è Dio stesso, il mio Gesù (Carlo de Foucauld).
526. L’anima cristiana è un altare fisso in cui il sacrificio si perpetua giorno e notte (Origene); perché l’Agnello immolato rimane in noi affinchè per suo mezzo noi offriamo incessantemente a Dio un’ostia di lode.
527. Bisogna essere come la lampada del Santissimo Sacramento: ardere fino a che c’è olio; ardere con gioia; prestarsi benevolmente per il servizio del Buon Dio, poi spegnersi tranquillamente senza fumigare cioè senza mormorare (Mons. De Ségur).
528. Ostia per Ostia. Come Gesù si è abbandonato a noi e come si è dato, dobbiamo abbandonarci a lui e darci; darci in contraccambio. Darci come gli si è esposto e dato in qualunque momento. Darci come il pane ci è dato, annientato, cambiato in lui.
529. A gocce beviamo la pena; nella rimunerazione avremo un torrente d’inondanti delizie, di gloria, di pace (San Bernardo).
530. È troppo naturale ricoprire i propri difetti. Ma se è così perché tanto godere che siano manifestati i difetti altrui? (San Francesco di Sales).
531. Chi riguarda il suo prossimo fuori di Dio, corre pericolo di non amare, né puramente, né costantemente, né ugualmente (San Francesco di Sales).
532. Chi corre al palio non bada agli altri, ma è tutto intento a raggiungere la meta. Così le persone veramente spirituali non badano a quello che
142 Riferimento bibliografico non comprensibile. fanno gli altri, ma solo attendono a portarsi avanti nelle virtù (San Giovanni Crisostomo).
533. Le croci non si hanno mai da mirare che attraversate con quella di Gesù, perché allora parranno sì dolci che si godrà più delle pene ed afflizioni che delle maggiori allegrezze e consolazioni di questo mondo (San Francesco di Sales).
534. Chi ha meno di propria volontà, più ne ha di quella di Dio (San Francesco di Sales).
535. Un vero servo di Dio non deve temere se non una cosa sola, cioè di temere qualche cosa più di Dio (San Gregorio Nazianzeno).
536. Chi fa quel poco di bene che sa, merita che il Signore Iddio l’aiuti a conoscere ciò che non sa (San Francesco di Sales).
537. Bisogna imparare l’eroismo quotidiano.
538. Andate a trovare Gesù nel suo Sacramento, ecco l’amico, la guida, il padre. Il bambino che ha ricevuto or ora un bacio dalla sua madre non è più felice dell’anima fedele che ha conversato con Gesù (Beato Eymard).
539. I contadini quando hanno raccolto tutti i covoni nell’aia e innalzata la gran massa d’oro c’infilano sopra la croce fatta con due canne. Gli apostoli lo stesso. Non c’è raccolto senza croce; chi è arrivato al raccolto attraverso la sofferenza, la sofferenza stessa come una grande benedizione lo manterrà.
540. La parola è luce ma è anche seme e non va gettata a caso.
541. So che il mio gesto è imperfetto e rude. Ha la pesantezza delle braccia stanche per il lavoro fatto. Nonostante la buona volontà di dissetare il Signore lo faccio con la grossolanità del soldato che porse alle labbra riarse una spugna poco pulita infilata su una bacchetta di issopo. Perciò ricorro a Maria che col braccio maternamente leggiero mette nel gesto tutte le sfumature di un amore incommensurabile, che impreziosisce le povere stille della mia offerta.
542. Solo la sofferenza per amore è feconda, l’altra è amara e sterile come l’acqua del mare. Solo la croce piantata nel cuore mette radici e frutti per le anime.
543. Le mani della Provvidenza sono le creature: mani che ci flagellano, mani che ci coronano di spine, mani che ci crocifiggono, che ci stritolano il cuore senza badarci (…). Abbandonarsi a queste mani con lo spirito di Gesù nella passione, con il suo amore che è stato il dono sanguinoso della vita per il mondo. 544. Nonostante tutti i nostri accorgimenti e la nostra preparazione vedremo il seme cadere inutilmente su schegge di granito; e invece un piccolo seme cadutoci a caso fiorire all’improvviso miracolosamente, come quei mazzi di fiori gialli in alto in alto fra le giunture del travertino sulla facciata delle chiese di Roma.
545. Nelle stanze da letto, nelle corsie, nel penitenziario, creature tribolate ogni mattina prima di pensare a sé, nella loro povertà facendo coppa delle mani, offrono refrigerio alla sete dell’Amore. Acqua se ne versa di certo per l’imperfezione del gesto ma rimane bello lo stesso, come il chierichetto che si alza in punta di piedi per posare le ampolline sull’altare.
546. Il dolore non è l’umiliazione. Non è il torto pratico. Si può soffrire senza imparare nulla, quando si soffre nel trionfo (Bourget Paul).
547. Chi mai ha paragonato il cuore umano a un palinsesto? I primi caratteri vennero cancellati e coperti di altra scrittura. Ma i segni scomparsi non sono distrutti. Per il foglio, se è vera pergamena, una reazione chimica basta a farli ricomparire; per il cuore basta una reazione psicologica (Paul Bourget).
548. La carità verso i morti consiste nel fare le cose ch’essi ci comanderebbero se fossero vivi (Pascal).
549. La bonarietà passa tanto facilmente per bontà (Bourget).
550. Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo. Vuoi che mi costi sempre sangue della mia umanità senza che tu mi dia lacrime? (Pascal).
551. Sembra che in certe ore sotto il dominio della passione una attività quasi estranea alla volontà nostra, quasi sonnambolica, si sviluppi in noi, o meglio attraverso di noi (Bourget).
552. Anzitutto sii sincero con te stesso e ne seguirà, come la notte segue il giorno, che non potrai essere falso con nessuno (Shakespeare).
553. La felicità umana giunta al suo colmo genera. Non muore senza prole, e la sua posterità è una tremenda sventura (Poeta greco).
554. Voglio che tu viva selvaggia in mezzo alla città come dentro un vasto deserto (La Voce a Santa Margherita da Cortona).
555. Il dolore è sempre il viatico dei forti.
556. Le orme di un santo sono fari di luce e di bellezza che non si spengono, perché le carni di un santo profumano l’aria per secoli (W. Oliva). 557. Ogni mattina Gesù ci propone tre ostie. L’Ostia Eucaristica, l’Ostia del patimento che racchiude pure Gesù, l’Ostia del momento presente, la sua divina volontà (San Francesco di Sales).
558. Gli altri cibi materiali hanno altra funzione che di restaurare giorno per giorno il logorio del nostro organismo, ma l’Eucarestia è farmaco d’immortalità che ci dà di passare dall’esilio alla Patria, dalla prova alla ricompensa, dal combattimento alla vittoria (Beato Eymard).
559. La santità è la bellezza di Dio.
560. Ognuno prima degli altri deve conquistare se stesso.
561. Un precipuo ostacolo al progresso è costituito dal fatto che gli uomini non ascoltano coloro che parlano più assennatamente ma coloro che parlano più forte (Schopenhauer).
562. Tout comprendre c’est tout pardonner143 (Madame de Staël).
563. Non flere, non indignari sed intelligere144 (Spinoza).
564. Longum iter est per praecepta, breve et efficax per exempla145 (Seneca).
565. Magister est prioris posterior dies146.
566. La plupart des hommes emploient la première partie de leur vie à rendre l’autre miserable147.
567. Imperare sibi maximum imperium est148 (Seneca).
568. Gesù nella consacrazione scende dal cielo sull’altare. Non basta. Dall’altare scende nei petti di coloro che lo amano, che l’aspettano. Due discese, una nel Sacrificio, l’altra nel Sacramento; due atti d’umiltà, due atti di amore infinito (Mons. Civardi).
569. Come nessuna linea esce dal centro senza passare per la circonferenza, così tutto ciò che esce dal Cuore di Gesù, che è il centro di tutti i beni, passa attraverso la Madonna che è come la circonferenza che lo circonda (Crasset).
143 Capire tutto significa perdonare tutto. 144 Non piangere, non adirarsi ma comprendere. 145 Lunga è la strada dei precetti, breve ed efficace quella degli esempi. 146 Il giorno successivo è maestro del precedente. 147 La maggior parte degli uomini impiega la prima parte della propria vita a rendere miserabile la seconda. 148 Comandare a se stessi è la forma più grande di comando 570. Succisa virescit149.
571. Il nome di Maria è un nome di singolare energia, ha in sé una forza divina (San Pietro Canisio).
572. Il tempo è infedele a chi ne abusa (Metastasio).
573. Le temps est un grand maître, il règle bien de choses150.
574. Est proprium stultitiae aliorum vitia cernere, oblivisci suorum151 (Cicerone).
575. Est quaedam flere voluptas152 (Ovidio).
576. Ognuno è figlio delle sue opere.
577. On donne des conseils mais on ne donne pas le sagesse d’en profiter153 (François de La Rochefoucauld).
578. L’amour propre fait que nous ne trouvons guère de gens de bon sens, que ceux qui sont de notre avis154 (id.).
579. Tout le monde se plaint de sa mémoire, et personne ne se plaint de son jugement155 (id.).
580. Le persone non sono ridicole se non quando vogliono parere o essere ciò che non sono (Leopardi).
581. Il Crocefisso ha la testa inclinata per baciarti in fronte; ha le braccia aperte per abbracciarti; ha il cuore aperto perché tu quivi trovi il tuo rifugio.
582. Vorrei avere una fiaccola e con quella andare per tutto il mondo per incendiare tutti d’amore a Gesù.
583. Homines dum docent, discunt156 (Seneca).
584. Non multa, sed multum157.
149 Tagliato, si rafforza. 150 Il tempo è un grande maestro, esso sistema molte cose. 151 È tipico dello sciocco guardare i difetti altrui e dimenticarsi dei propri. 152 V\'è un piacere nel piangere. 153 Si danno consigli, ma non si dà la saggezza di approfittarne. 154 L’amor proprio fa sì che noi non troviamo persone di buon senso, se non quelle che la pensano come noi. 155 Tutti si lamentano della propria memoria, ma nessuno si lamenta del proprio giudizio. 156 Gli uomini mentre insegnano, imparano. 157 Non molte [cose], ma molto [bene] (Quintiliano). 585. Per essere servo del Figlio, desidero essere servo della Madre (Sant’Ildefonso).
586. Pare che Nostro Signore vada incontro agli oltraggi e non badi al suo onore; che pensiero terribile! Ah! Il giorno del giudizio quanto si tremerà al pensiero di essere vissuti vicino a tanto amore senza averci badato (Beato Eymard).
587. Una sola volta Dio volle darci il Salvatore per mezzo della Vergine e la sua volontà non si muterà mai perché Dio non si pente d’aver prodigato i suoi doni. Rimane allora fissa e immutabile questa verità: avendo noi ricevuto per Maria il principio universale della grazia, ella coopera fattivamente in tutte le applicazioni della grazia agli uomini qualunque sia lo stato in cui si trovano (Bossuet).
588. Pretendere di acquistare nella Comunione i frutti del Sacrificio senza sacrificarsi, pretendere di deificarsi ricevendo l’Ostia senza immolarsi con essa sarebbe aspirare a vivere dell’altare come parassiti, cercare la salvezza fuori della Croce, confondere il banchetto eucaristico col banchetto celeste (Grimal).
589. Più sono eccelsi i doni ricevuti, più ne sono pesanti i carichi. Né era leggero il carico d’essere tanto intimamente unita al Redentore dell’umanità. La sua Madre ben l’esperimentò soffrendo con lui (Newman).
590. Io penso che non sia mai troppo il soffrire per guadagnare una Comunione (Santa Teresa del Bambin Gesù).
591. Al Calvario tutto si compie in un silenzio quasi assoluto. Poche parole sulla croce. Tutti quelli che sono a piè dell’albero della salvezza serbano essi pure il silenzio. Tutto avviene nell’intimità. Silenzioso lo sguardo di Gesù sulla Madre sua e sulle persone che lo circondano; silenzioso lo sguardo di Maria sul Figlio suo amatissimo e su San Giovanni che Ella ha testè adottato come figlio; silenziose le lacrime della Maddalena; silenziosi i suoi baci ai piedi trafitti di Gesù. Bisogna tacere, bisogna soffrire! (Giovanna Maria Favre).
592. Mi sembra che un’anima in stato di grazia debba essere ben bella; come un purissimo cristallo, essa riflette l’immagine adorata del suo Dio, e questi si compiace di rimirarsi in Lei (Giovanna Maria Favre).
593. Chi non ha avuto la sua ora di sogno, non ha ancor vissuto. Il pastore più misero ha da seguir sua stella, l’esistenza più umile ha sua fecondità (Myriam de Jesus).
594. O Verbo eterno, parola del mio Dio, io voglio passare la mia vita ad ascoltarvi! (Suor Elisabetta della Trinità). 595. Silenzio! Silenzio con noi stessi, silenzio con gli altri. Silenzio sulle nostre sofferenze, sulle nostre pene, sulle nostre gioie. Silenzio, ancora e sempre, per sentire la voce amatissima, la quale non parla che nel silenzio.
596. Il silenzio è semplicemente eroico.
597. Amare senza soffrire, non è amare! Soffrire amando non è più soffrire (Abate Thellier de Poncheville).
598. Dio ci vuol parlare tra le spine e i cespugli come a Mosè e noi vogliamo che ci parli tra gli zeffiri dolci e freschi come ad Elia! (San Francesco di Sales).
599. Un sorriso aggiunge un filo alla trama della vita. 600. Amantis illa hora est, qua pro amico patitur158. 601. Ove l’uomo non accetta l’economia dell’amore, dovrà, suo malgrado, accettare l’economia della giustizia.
602. La mia vita è divenuta un frammento di cielo (Padre Faber dopo la conversione).
603. Il Tabernacolo dove Gesù riposa nelle nostre Chiese, non è per lui che un luogo di attesa: la meta cui mira è il nostro cuore. Finché non ne ha toccato il fondo, il suo amore non ne è soddisfatto (Mons. De La Bouillerie).
604. Offrite a Dio per apparecchio alla Santa Comunione tutte le faccende che fate e poi comunicatevi tranquillamente (Santa Maria Maddalena De’ Pazzi).
605. Siamo sicuri di non errare in amarla, se il primo amore in amarla ci fa da guida. Gloria magna est sequi Dominum159 (Paolo Segneri).
606. Glorificatrice delle tre divine persone, Maria fu da esse glorificata. Il Padre la incoronò col diadema della potenza, sì che Ella potesse fare quanto le fosse piaciuto. Il Verbo la incoronò col diadema della sapienza, sì che Ella penetrasse i segreti della divinità e del governo dell’universo. Lo Spirito Santo la incoronò col diadema della misericordia, sì che Ella avesse viscere di dolce e materna pietà (Mons. Pio Alberto Del Corona).
607. Non si può vivere senza Gesù Cristo. Egli tutto raccoglie in unità divina ed elevante cielo e terra, eternità e tempo, passato e avvenire, gioia e dolore, gloria e umiliazione, perfezione e miseria. All’intelligenza, al cuore di ogni uomo, che cerca la verità e la felicità, Egli dona la rivelazione e la
158 È cara quell’ora nella quale si soffre per l’amico. 159 È una grande gloria seguire il Signore. potenza, perché superi il suo dolore, investighi i misteri della vita, e guardi con sicurezza di arrivo al di là della morte (D. Carlo Rossi).
608. A noi pare che oggi si realizzi la leggenda del gigante di Licia. Egli andò a cercare un Re a cui servire che fosse il più grande del mondo. Incontrò un sovrano che temeva Satana. Trovò Satana che tremava dinnanzi al Crocefisso. La prima epoca dell’Evo Moderno servì all’Umanesimo. La seconda a Satana. Oggi l’umanità, fallita, sul fiume del dolore, sta compiendo la sua penitenza, per ritrovare Colui che è più grande dell’Uomo e di Satana. Di sangue e di lagrime è rigonfia la corrente della storia moderna. Il nostro tempo pare che naufraghi nel gorgo spaventoso; ma sopra le sue spalle già è apparso il Cristo Dio e gli ripete: “Non aver paura, ci sono io”. Egli sempre perdona. Riprenderà il nostro tempo e il nostro Paese il nome di Cristoforo? (D. Carlo Rossi).
609. Nessuno è moderno come Cristo. Egli è come un Re che trae dal Suo scrigno le cose antiche e nuove (D. Carlo Rossi).
610. Non gli uomini hanno diritto di aspettare e di chiedere. Sei Tu (Cristo), invece che da millenni aspetti e amorosamente chiedi. Tu solo hai il diritto di attendere e pretendere. Sei Tu, Amore non abbastanza amato, l’insopprimibile Mendicante che da secoli stende la Sua mano traforata e rifulgente alle chiuse porte degli uomini e la stende invano. Tutta la parte divina incommensurabilmente più grande dell’opera comune fu da Te compiuta. Ora tocca a noi (Papini).
611. Ama i tuoi preti, Cristo, amali tutti e non solo i puri e gli ardenti, ma anche quelli che ti seguono a guisa di servitori rassegnati, anche quelli che dubbi e tentazioni consumano, anche quelli che ripetono le Tue parole di fuoco come lo scolaro stanco ripete la lezione tante volte imparata e mal ricordata (Papini).
612. Mio Dio gli uomini hanno divorato la mia vita (Mons. d’Hulst). 613. Dimentica te stesso e i tuoi difetti e pensa alle anime. 614. Colui che si dà alle opere di apostolato non deve pensare che tali opere gli chiudano la porta della contemplazione e lo rendano meno capace al raccoglimento. Egli deve al contrario rassicurarsi che tali opere lo dispongano in una maniera ammirabile (Alvares de Paz).
615. Se voi, cristiani, viveste come il Cristo, l’India intiera sarebbe ai vostri piedi (…). Maestro Gesù, in Europa non c’è più posto per voi. Venite, dimorate presso di noi, in Asia, nel paese di Buddha. I nostri cuori sono accasciati nella tristezza e la vostra venuta li solleverà (Rabindranath Tagore, poeta bengalese). 616. Noi diventiamo qualche cosa nella misura nella quale l’infinito entra in noi, per mezzo della grazia che ci fa partecipi della vita divina; solo allora, e unicamente per questo, noi diventiamo un valore, una potenza.
617. I sacrifici sono gioielli che Dio ti dà per salvare i fratelli: tu non gli rendi che della ghiaia, sei un falsario. Per dare a questi diamanti il loro valore infinito non basta la rassegnazione; quindi approfitta di questi giorni sontuosi per fare l’elemosina ai poveri del dolore. Non perdere neppure una pagliuzza. Dona tutto. Sii magnanimo (Guglielmo d’Arnaud).
618. L’amore a Gesù e a Maria possono rassomigliarsi a due cetre che suonano contemporaneamente assieme appena toccatane una. Esse infatti sono accordate sullo stesso tono di affetti, così che all’amore verso il Figliolo, fa eco armonioso l’amore verso la Madre, e tanto più cresce in noi l’amore verso Dio, quanto più aumenta l’amore verso la Vergine (Ven. Carlo Giacinto Bianchi).
619. L’Eucarestia insegna l’amore, e l’amore è più forte della morte. Noi saremmo temerari di fronte al dolore, se l’affrontassimo senza comunicarci; ma saremmo ingrati verso la comunione, se con essa non sapessimo soffrire (Mons. De La Bouillerie).
620. Patire per noi soli è strazio spesso vano; patire in Cristo e in nome di Cristo è pena che ha in sé la propria consolazione. Sentirsi coadiuvatori di Cristo nelle stazioni terrestri della sua Passione senza fine né confine acquieta l’anima, scema l’oppressione, attutisce gli spasimi (Papini).
621. “La vita – diceva Alberto Magno – è l’ombra della Croce: fuori di lì non v’è che la morte”. Vivere, dunque, vuol dire partecipare alla crocifissione. Chi non accetta con sereno animo i supplizi più atroci della vita non vive. Chi non sa soffrire in Cristo fino alla morte è simile ai morti (Papini).
622. Chi non vuole partecipare alla permutazione dei sacrifici – Dio che soffrì per l’uomo, l’uomo che soffre in Dio – non può essere cristiano, neppure di solo desiderio. Non bastano intenzioni e forme. C’è troppo zolfo nel nostro incenso, troppa musica nelle nostre orazioni, troppa ragioneria nella nostra carità (Papini).
623. Il vero superamento di sé sta nel sacrificio; l’uomo non va oltre se stesso se non con l’immolazione di se stesso (Daniel Rops).
624. O divina e beata Vergine, scala distesa verso il cielo, porta del Paradiso, ingresso nell’incorruzione, unione e concordia degli uomini con Dio! (Atanasio I Patriarca di Antiochia).
625. La Madonna dalla lana dell’Agnello da Lei generato intesse a tutti i fedeli gli indumenti dell’immortalità (San Nilo). 626. O gli uomini si persuadono a praticare lealmente e quotidianamente il Cristianesimo o sono condannati alla più orrenda agonia, alle torture d’un inferno terrestre che avrà termine soltanto nell’universale eccidio e nell’universale suicidio (Papini).
627. La più terribile carestia, oggi, è la carestia dei santi. Da gran tempo il mondo soffre della penuria dei santi. Ci vorrebbe, per salvare quel che ancora si può salvare, un esercito di santi (Papini).
628. Una Comunione di meno può essere il trionfo di una passione che diverrà il cancro per cui un’anima perirà (Monsabrè).
629. Salire più in alto, salire ancora, salire sempre. Andare dall’egoismo al sacrificio, dalla virtù naturale alla vita trasfigurata, dal bene al meglio. Scavare nella propria anima per mezzo del raccoglimento e di un’attenzione più fedele alla grazia divina sempre nuove profondità; rinunciare sempre a se stessi per entrare di più nella vita universale della carità; nutrire il proprio pensiero della sostanza del pensiero divino, dando ogni giorno un posto privilegiato alla lettura delle Sacre Scritture e specialmente del Vangelo, anche in mezzo alla vita la più laboriosa; non rimanere estraneo a nessuna sofferenza dell’umanità e compenetrarsi per quella dei sentimenti di Colui che aveva compassione delle folle (Gratry).
630. La morte è il nostro ultimo dovere. Bisogna farlo bene (Renè Bazin). 631. Le pietre fanno parte della strada (Renè Bazin). 632. Dio non improvvisa (Renè Bazin). 633. L’importante non è ottenere il rispetto, ma meritarlo (Renè Bazin). 634. Volete livellare? Poveretti non potrete distruggere l’aristocrazia delle anime (Renè Bazin).
635. Ciò che commuove di più gli uomini è l’amicizia per le loro anime (Renè Bazin).
636. La vita è così: un viaggio verso Gesù Cristo; ed un anno è una parte di questo viaggio. Non allentiamo l’energia per ben camminare, non facciamo compromessi di sorta quando ci imbattiamo negli ostacoli, cerchiamo specialmente di capire Gesù per fare i passi come Lui vuole. E non potremo capire Gesù se non comunicandoci con Lui, e con Lui parlando ad ogni comunione, domandandogli frequentemente: che debbo ora fare?
637. Gli Apostoli non potevano mostrare l’Eucarestia; bisognava conquistare il mondo con la croce di Gesù prima di elevargli un trono. Ma ora Egli vuol manifestarsi (…), si apre l’era dell’Eucarestia. Ah! Domandate l’estensione del regno di Gesù nel Sacramento. Adveniat Regnum tuum! (Beato Eymard).
638. L’uomo scusa in sè un pozzo d’infamia e accusa negli altri anche una gocciola sola di peccato; se tale ingiustizia fosse capovolta, se ognuno di noi si sentisse imputato prima che giudice, ogni seme di odio morrebbe prima di germogliare (Papini).
639. Il n’y a que les oiseaux, les enfants et les Saints que soient intéressants160 (Milosz).
640. Il culto dell’Eucarestia, di questo mistero d’amore che unisce Dio con l’uomo, esprime e misura il progresso della civiltà (Giuseppe Toniolo).
641. Perché non mi rinchiudi con te, o Gesù, nella tua cara prigione, e non mi vi tieni sempre? Quando io penso a te il mio cuore a te corre, mi scappa (…); io ti supplico di strapparmi dal petto questo mio povero cuore e rinchiuderlo nel sacro ciborio dentro il quale tu sei prigioniero (Angelina Nosadini).
642. Gesù Cristo si è moltiplicato sulla faccia della terra, l’abbraccia colla sua misericordiosa presenza. La divina giustizia non osa, non sa più dove colpire, perché ovunque vi sono ostie consacrate (Beato Eymard).
643. Il miglior modo di guadagnare il tempo è quello di «perderne» ogni mattina mezz’ora alla Messa (Federico Ozanam).
644. La Comunione mi riempie di tanto amore per le anime che mi sento pronta a sopportare i più atroci tormenti e la morte più terribile pure di non perderne una sola (Santa Caterina da Siena).
645. Il dolore è la forma più subblime dell’azione. Quando si soffre, siamo sicuri di non ingannarci, e sicuri di essere utili agli altri e alle grandi cause, alle quali si medita di servire. Chi soffre si eleva in Dio; e un’anima che si eleva in Dio, eleva il mondo. La bontà, il dolore c’insegnano a mettere un po’ di infinito e d’eterno in un amore che altrimenti resta un nome sterile e vano (Beato Matteucci).
646. La vittoria di Cristo sul mondo esige la vittoria di Cristo in noi stessi (Mons. Groeber).
647. L’Eucarestia è il colmo dell’umiltà perché è il colmo dell’amore. Quivi tutto è dono, ed ancorchè Colui che vi si dona sia ogni cosa, pare tuttavia essere niente, e di Lui non apparisce se non che si dona (Mons. Gay).
160 Non c’è nessuno di veramente interessante se non gli uccelli, i bambini e i Santi. 648. Ho visto tutta la mia infanzia rimpagliata di sedie esattamente dello stesso spirito e dello stesso cuore e della stessa mano con i quali quello stesso popolo aveva tagliato le sue cattedrali (Péguy).
649. Citius, altius, fortius!161 (Motto di giochi olimpionici).
650. Non è detto che la verità gridi sempre dentro di noi. Spesso non si tratta che di un lieve suono, quasi un sussurro, che faticosamente bisogna isolare fra molti assordanti rumori perché sia possibile ascoltare soltanto quello.
651. Per acquistare veramente una virtù, bisogna amarla, stimarla, e considerarla in nostro Signore. Vista in Lui e per Lui praticata, la virtù ci diviene amabile (Beato Eymard).
652. La giustizia rimane sempre giustizia anche se qualche volta essa perde la voce; è la menzogna che deve sempre farsi bella, ma rimane sempre menzogna, anche quando viene predicata da milioni o centinaia di milioni la accolgono. Si può sempre idealizzare lo scopo, ma quando esso viene realizzato con sistemi marci, anche i risultati sono marci (Card. Mindszenty).
653. La santità di cui il nostro tempo ha bisogno è la semplicità, l’umiltà (Van der Meersch).
654. Nella Chiesa vivente è dalla acutezza stessa dei flagelli sociali che nascono i salvatori (J. Calvet).
655. La discrezione, che San Benedetto diceva madre delle virtù, è come l’oro che tutti apprezzano ma non tutti posseggono (Mariano Cordovani).
656. I Cinesi hanno un detto che è caratteristico nella loro filosofia della vita: “Quando si beve l’acqua, si ricorda la sorgente”. Naturalmente la Santissima Trinità è la sorgente di tutti gli esseri. Ma nell’Incarnazione il Verbo scaturisce da una sorgente umana che non è altro che la Beata Vergine (John Wu Ching Hsiung).
657. Bello è constatare che il sapiente si corregge prima del dotto, e questi prima di un mediocre. La facilità a correggersi è proporzionale al grado dell’altezza (Cordovani).
658. Più fortunati dei discepoli di Emmaus Gesù non volle lasciarci soli; sapeva che i nostri piedi urterebbero ad ogni tratto: senza di Lui ogni ondata ci farebbe naufragare. Allora coperse col velo del Sacramento la sua Maestà per restare al nostro fianco lume tra le tenebre, pilota tra le onde, scudo nei combattimenti (P. A.).
161 Più veloce, più in alto, più forte! 659. Non ergo foris quaerenda est laetitia, (…), sed intus162 (Sant’Agostino).
660. Vitium inanis gloriae, vel solum, vel maxime cavendum esse perfectis: quo primo enim vitio lapsa est anima, hoc ultimum vincit163 (Sant’Agostino).
661. Deus multum irascitur, dum non exquirit, dum quasi obliviscitur et non attendit peccata164 (id.).
662. Timor Domini: non servilis, sed castus; gratis amans, non puniri timens ab eo quem tremit, sed separari ab eo quem diligit165 (Sant’Agostino).
663. Erubescat homo esse superbus, propter quem factus est humilis Deus166 (Sant’Agostino).
664. Intellegat homo medicum esse Deum, et tribulationem medicamentum esse ad salutem, non poenam ad damnationem. Sub medicamento positus ureris, secaris, clamas: non audit medicus ad voluntatem, sed audit ad sanitatem167 (Sant’Agostino).
665. Si nos delectant bona quae non sunt per se bona (…), qualis erit contemplatio incommutabilis boni, aeterni, semper eodem modo manentis?168 (Sant’Agostino).
666. Quidquid mihi praeter illum est, dulce non est: quidquid mihi vult dare Dominus meus, auferat totum, et se mihi det169 (Sant’Agostino).
667. Iustus fecit se parvulum Deo: ipsum fecit patrem, ipsum fecit matrem. Pater est, quia condidit, quia vocat, quia iubet, quia regit: mater, quia fovet, quia nutrit, quia lactat, quia continet170 (Sant’Agostino).
162 Non dobbiamo dunque cercare la gioia fuori (…), ma dentro. 163 Il vizio della vanagloria è il solo o quello da cui principalmente devono guardarsi i perfetti, poiché il vizio che per primo sedusse l\'anima è da essa vinto per ultimo. 164 Dio molto si adira, quando [il peccatore] non vigila e quasi dimentica e non sta attento ai peccati. 165 Il timore di Dio: non il servile ma il puro; che ama gratuitamente e non teme di essere punito da colui per il quale trepida, ma teme di essere separato da colui che ama. 166 Arrossisca finalmente di esser superbo l\'uomo, per il quale Dio si è fatto umile. 167 Capisca l\'uomo che il medico è Dio, e che la sofferenza è una medicina per la salvezza, non supplizio per la condanna. Sotto l\'azione del chirurgo, sei bruciato, tagliato, e gridi; il medico non ti ascolta secondo la tua volontà, ma in ordine alla tua guarigione. 168 Se ci dilettano queste cose buone che son chiamate buone, se ci dilettano quei beni che non sono di per sé tali (…), quale sarà mai la contemplazione del Bene immutabile, eterno, che sempre permane identico? 169 Qualunque cosa al di fuori di Lui non mi è dolce; mi tolga il Signore tutto quello che vuol darmi e mi dia se stesso. 170 Il giusto si è fatto fanciullo davanti a Dio; ed Egli stesso si è fatto padre, si è fatto madre. È padre perché ha creato, perché chiama, perché comanda, perché regge; è madre perché riscalda, perché nutre, perché allatta, perché custodisce. 668. O bona Domini dulcia, immortalia, incomparabilia, sempiterna, incommutabilia! Et quando vos videbo, bona Domini?171 (Sant’Agostino).
669. Plus egent quanto plus habent: desideriis vastantur, cupiditatibus dissipantur, timoribus cruciantur, tristitia contabescunt172 (Sant’Agostino).
670. Angusta via est: laboranti angusta est, amant, lata est173 (Sant’Agostino).
671. Qui sunt inimici Ecclesiae? Pagani, Iudaei? Omnibus peius vivunt mali christiani174 (Sant’Agostino).
672. Si orat psalmus, orate; si gemit, gemite; si gratulatur, gaudete; si sperat, sperate; et si timet, timete; omnia enim, quae hic conscripta sunt, speculum nostrum sunt175 (id.).
673. Omnia ista quae amant homines, quia noluit illa habere Christus, ut non habendo ostenderet contemnenda, non quia in potestate non habuit possidenda; omnes qui amant haec, contemnunt illum176(Sant’Agostino).
674. Vilescat totum quidquid praeter Deum est177 (id.).
675. Disce non diligere, ut discas diligere; avertere,ut convertaris; funde,ut implearis 178(id.).
676. Dilectio vacare non potest179 (id.).
677. Num vobis dicitur: Nihil ametis? Absit. Pigri, mortui, detestandi, miseri eritis, si nihil ametis. Amate, sed quid ametis videte. Amor Dei, amor proximi, caritas dicitur: amor mundi cupiditas dicitur. Cupiditas refrenetur, caritas excitetur180 (Sant’Agostino).
171 O beni del Signore, dolci, immortali, incomparabili, eterni, immutabili! Quando vi vedrò, o beni del Signore? 172 Essi hanno più bisogno quanto più posseggono; sono devastati dai desideri, dissipati dalle cupidigie, tormentati dai timori, consumati dalla tristezza. 173 La via è stretta: è stretta per chi fatica, larga per chi ama. 174 Chi sono i nemici della Chiesa? I Pagani, i Giudei? Peggio di tutti vivono i cattivi cristiani. 175 Se il salmo prega, pregate; se geme, gemete; se ringrazia, gioite; se spera, sperate; se teme, temete. Perché tutte le cose che qui sono state scritte sono il nostro specchio. 176 Tutti gli uomini che amano queste cose – che Cristo non volle avere, perché voleva mostrare, non possedendole, che erano da disprezzarsi, non già perché non avesse il potere di possederle –, tutti coloro che amano queste cose disprezzano Lui. 177 Sia stimato poco tutto quanto è all\'infuori di Dio. 178 Impara a non amare, per apprendere ad amare; distogliti per convertirti; svuotati, per essere riempito. 179 L’amore non può starsene in ozio. 180 Forse che vi viene detto: Non amate niente? Tutt\'altro. Sareste pigri, morti, detestabili, miseri, se non amaste nulla. Amate, ma state attenti a ciò che amate. L\'amore di Dio, l\'amore del prossimo è chiamato carità; l\'amore del mondo è detto concupiscenza. Sia frenata la concupiscenza e sia eccitata la carità. 678. Ille fortis est, qui non in se, sed in Deo fortis est181 (id.). 679. Gaudeo in spe, gemo adhuc in re182 (id.). 680. Nec te sine flagello speres futurum, nisi forte cogitas exhaeredari. Flagellat omnem filium quem recipit (...) nullus exceptus (…). Unicus sine peccato, non tamen sine flagello183 (id.).
681. Quis enim sic delectat quam ille qui fecit omnia quae delectant?184 (id.).
682. Modo fructuose dicamus: Transeunt omnia; ne tunc dicamus infructuose: omnia transierunt185 (id.).
683. Ille qui fecit omnia dixit: Pete quod vis (…). Ipsum pete qui fecit, et in illo et ab illo habebis omnia quae fecit186 (Sant’Agostino).
684. Non fuit causa patiendi capiti, nisi ut corpori praeberet exemplum… quando talia forte perpetimur, intueamur caput nostrum, ut eius exemplo commoniti dicamus nobis: Si ille, quid nos? Et quemadmodum ille, ita et nos187 (Sant’Agostino).
685. Suggero remedium, unde tota die laudes Deum, si vis. Quidquid egeris, bene age, et laudasti Deum188 (id.).
686. Omnis morbus animae habet in Scripturis medicamentum suum189 (id.).
687. Fenerator minus vult dare certe, et plus accipere: hoc fac et tu; da modica, accipe magna (…). Da temporalia, accipe aeterna; da terram, accipe coelum190 (id.).
181 È forte solo colui che non in sé, ma in Dio è forte. 182 Gioisco nella speranza, gemo ancora nella realtà. 183 E non sperare tu di evitare la frusta, a meno che non voglia per caso essere diseredato. Flagella ogni figlio che accoglie (…), nessuno eccettuato (…). L\'Unigenito fu senza peccato, ma tuttavia non senza castigo. 184 Chi ci può dare così la gioia se non colui che ha creato tutte le cose che sono fonte di gioia? 185 Diciamo ora con frutto: “Passano tutte le cose”, per non doverlo dire allora infruttuosamente: “Passarono”. 186 Colui che tutto ha creato ha detto: “Chiedi ciò che vuoi (...)”. Chiedi Colui che tutto ha fatto, ed in Lui e da Lui avrai tutto ciò che ha creato. 187 Non vi era motivo per cui il Capo dovesse soffrire, se non per offrire un esempio al Corpo (…) in modo che, quando per caso patiamo simili sofferenze, volgiamo gli occhi al nostro Capo e possiamo dire, ammoniti dal suo esempio, a noi stessi: Se Egli [ha patito], perché non anche noi? Come Egli [ha patito], così anche noi. 188 Ti suggerisco un mezzo, perché tu possa lodare Dio tutto il giorno, se lo vuoi. Qualunque cosa tu faccia falla bene e avrai lodato Dio. 189 Ogni malattia dello spirito ha nelle Scritture la sua medicina. 688. Terrae committis, et tanto amplius colligis: Christo committis, et perdis?191 (id.).
689. Si non vis intermittere orare, noli intermittere desiderare. Continuum desiderium tuum, continua vox tua est. Tacebis, si amare destiteris… Frigus caritatis, silentium cordis est: flagrantia caritatis, clamor cordis est. Si semper manet caritas, semper clamas; si semper clamas, semper desideras192 (Sant’Agostino).
690. Aliter hic non potes esse perfectus, nisi scias, hic te non esse posse perfectum. Haec erit perfectio tua, sic te quaedam transilisse (…) ut restet aliud ad quod omnibus transactis transiliendum est193 (id.).
691. Magna peccata praecavisti, an non times minuta? Proiecisti molem, vide ne arena obruaris194 (id.).
692. Intus habeo victimam quam immolem, intus habeo thus quod imponam, intus habeo sacrificium quo flectam Deum meum: Sacrificium Deo spiritus contribulatus195 (Sant’Agostino).
693. Non timeo iudicium tuum, quia novi misericordiam tuam196 (Sant’Agostino).
694. Finis desiderii nostri, ipse promissor. Seipsum dabit, quia seipsum dedit197 (Sant’Agostino).
695. Qui sunt pauci, qui ambulant per viam angustam? Qui tolerant tribulationes, qui tolerant tentationes, qui in istis omnibus molestiis non
190 L\'usuraio sicuramente vuol dare meno e ricevere di più; fai questo anche tu: da\' poco e ricevi molto (…). Da\' cose temporali, e ricevi quelle eterne; da\' la terra e ricevi il cielo. 191 Lo affidi alla terra, e tanto di più raccogli; lo affidi a Cristo e lo perdi? 192 Se non vuoi interrompere la preghiera, non cessar mai di desiderare. Il tuo desiderio continuo sarà la tua continua voce. Tacerai se cesserai di amare (…). Il gelo della carità è il silenzio del cuore; l\'ardore della carità è il grido del cuore. Se sempre permane la carità, tu sempre gridi; se sempre gridi, sempre desideri. 193 Non puoi essere perfetto in altro modo se non sapendo che non puoi essere perfetto. Sarà questa dunque la tua perfezione: aver così attraversato alcune cose (…), ma in modo che ti resta qualcos\'altro a cui devi passare dopo aver attraversato tutto. 194 Hai evitato i peccati gravi ma dei piccoli che fai? Hai tolto di mezzo i giganti, stai attento a non essere sommerso dalla sabbia. 195 Dentro di me ho la vittima da immolare, dentro di me ho l\'incenso da offrire, dentro di me ho il sacrificio con il quale piegare il mio Dio: Sacrificio a Dio è lo spirito contrito (Cfr Sal 51 [50], 9). 196 Non temo il tuo giudizio perché ho conosciuto la tua misericordia. 197 Il fine del nostro desiderio è colui stesso che ci ha fatto tale promessa. Darà se stesso, perché se stesso ha dato. deficiunt; qui non ad horam gaudent ad verbum, et in tempore tribulationis arescunt, sed habent radicem caritatis198 (Sant’Agostino).
696. Puniendum est peccatum (…). Praeveni illum: non vis ut ipse puniat, tu puni (…). Tu agnosce, ut ille ignoscat199 (Sant’Agostino).
697. Intolerabiliter pateris, quia non venit tibi in mentem quid pro te pertulerit Christus (…). Cum autem pleno corde intuitus fueris quid ille fuerit passus, nonne aequo animo et tu tolerabis? Et fortasse gaudens, quia inventus es in aliqua similitudine passionum Regis tui200 (id.).
698. Nemo est insanabilior eo qui sibi sanus videtur201 (id.).
699. Deus meus, misericordia mea: quid est? Totum quidquid sum, de misericordia tua est202 (id.).
700. Provectus noster per tentationem nostram fit, nec sibi quisque innotescit nisi tentatus, nec potest coronari nisi vicerit, nec potest vincere nisi certaverit, nec potest certare nisi inimicum et tentationes habuerit203 (Sant’Agostino).
701. Audi David clamantem, et simul clama; audi gementem, et congemisce; audi flentem, et lacrymas iunge; audi correctum, et condelectare204 (id.).
702. Quando male vivis, si parcit Deus, plus irascitur205 (id.).
703. Impium te quaesivit ut redimeret; redemptum deseret ut perdat?206 (id.).
198 Chi sono questi pochi che percorrono la via stretta e aungusta? Sono coloro che sopportano le tribolazioni, che superano le tentazioni, che non vengono meno in mezzo a tutte queste angustie; coloro che non si rallegrano per la parola di Dio solo per un momento, e che nel tempo della tribolazione inaridiscono, ma hanno le radici della carità. 199 Il peccato deve essere punito (…). Previenilo; se non vuoi che Dio ti punisca, punisciti da te (…). Non ti risparmiare, affinché egli ti perdoni. 200 Le tue sofferenze ti sembrano intollerabili, perché non ripensi a ciò che ha sopportato per te Cristo. E quando con tutto il cuore avrai contemplato ciò che egli ha sofferto, non sopporterai forse anche tu di buon animo – e magari rallegrandoti – i tuoi dolori, trovando una certa somiglianza fra quel che tu soffri e quello che ebbe a soffrire il tuo Re? 201 Nessuno è più inguaribile di colui che si crede sano. 202 “Dio mio, misericordia mia” che cosa significa? Significa che tutto quanto io sono deriva dalla tua misericordia. 203 Il nostro progresso si compie attraverso la tentazione. Nessuno può riconoscersi finché non è tentato; allo stesso modo che nessuno potrà essere incoronato se non dopo la vittoria, vittoria che non ci sarebbe se non ci fossero la lotta contro un nemico e le tentazioni. 204 Ascolta Davide mentre grida, e grida con lui; ascoltalo mentre geme, e gemi con lui; ascoltalo mentre piange, e alle sue aggiungi le tue lacrime; ascoltalo quando è corretto, e gioisci con lui. 205 Se egli, quando tu vivi male, ti risparmiasse, mostrerebbe una collera ancora più grande. 704. Haec est tota scientia magna: hominem scire quia ipse per se nihil est; et quoniam quidquid est, a Deo est, et propter Deum est207 (id.).
705. Adesto, Domine Iesu, qui mihi dicas: Noli deficere in via angusta; ego prior transii, ego sum ipsa via, ego duco, in me duco, ad me perduco208 (id.).
706. Rectus es quando in eo bono quod facis, Deus tibi placet; in eo autem malo quod pateris: Deus tibi non displicet209 (id.).
707. Qui sunt pauperes spiritu? Humiles, trementes verba Dei, confitentes peccata sua; non de suis meritis praesumentes (...). Qui quando faciunt aliquid boni, Deum laudant; quando mali, se accusant210 (Sant’Agostino).
708. Omni homini converso ad Deum mutatur delectatio, mutantur deliciae211 (id.).
709. Tritura cordis, pietas, humilitas. Qui se conterit, irascitur sibi: se habeat iratum, ut Deum habeat propitium; se habeat iudicem, ut illum habeat defensorem212 (id.).
710. Tu sic accipe consilium per hominem, ut illum consideres qui illuminat hominem213 (id.).
711. Quod infunditur, concavo humilitatis excipitur, eminentia tumoris expellitur214 (id.).
712. Ut facias bene, amas Deum, et times Deum: ut autem facias male, amas mundum, et times mundum. Haec duo convertantur ad bonum:
206 Ti ha cercato, quando eri empio, per riscattarti; ora che sei riscattato ti lascerà perire? 207 Questa è tutta la grande e vera scienza: che l\'uomo si renda conto che di per sé non è niente, e tutto ciò che è lo riceve da Dio e per Dio. 208 Assistimi, o Signore Gesù! Dimmi, ti prego: “Non venir meno nella via stretta! Io vi sono passato per primo: io che sono la stessa via, io che guido, e verso di me guido, e a me conduco”. 209 Retto sei quando fai il bene e, facendo il bene, cerchi il beneplacito di Dio, e quando, dovendo soffrire del male, lo soffri senza ribellarti a Dio. 210 Chi sono i poveri di spirito? Gli umili: coloro che trepidano di fronte alla parola di Dio, coloro che confessano i propri peccati; coloro che non ripongono la loro fiducia nei propri meriti (...). Coloro che, quando fanno qualcosa di buono, ne lodano Dio e, quando fanno qualcosa di male, accusano se stessi. 211 Quando l\'uomo si converte a Dio si mutano i suoi gusti, si mutano anche le sue gioie. 212 La pietà e l\'umiltà macerano il cuore. L\'uomo pentito si adira con se stesso. Sia in ira contro se stesso per avere benevolo il Signore! Sia giudice di se stesso, per avere il Signore come difensore. 213 Ascolta, dunque, il consiglio che ti giunge per mezzo dell\'uomo, ma pensa a colui che illumina l\'uomo. 214 Quando viene versata una cosa, questa viene raccolta nel concavo dell\'umiltà, mentre invece è respinta dal gonfiore della superbia. amabas terram, ama vitam aeternam; timebas mortem, time gehennam! 215 (Sant’Agostino).
713. Si ergo sanctificatos dicit, dicat et unusquisque fidelium: Sanctus sum.Non est ista superbia elati, sed confessio non ingrati (...). Dic Deo tuo: Sanctus sum, quia sanctificasti me; quia accepi, non quia habui; quia tu dedisti, non quia ego merui… de capite tuo dignitatem cape216 (Sant’Agostino).
714. Solus tu es iucunditas; amaritudine plenus est mundus217 (id.). 715. Stans in terra, in coelo es, si diligas Deum218 (id.). 716. Cui peregrinatio dulcis est, non amat patriam219 (id.).
717. Deus ineffabilis est; facilius dicimus quid non sit, quam quid sit220 (id.).
718. Qui desiderat Deum, etsi lingua taceat, cantat corde: qui autem non desiderat, quolibet clamore aures hominum feriat, mutus est Deo221 (id.).
719. Sursum cor, sursum cogitationem, sursum amorem, sursum spem, ne putrescat in terra222 (Sant’Agostino).
720. Deus patiens est, quia aeternus est (…) Iunge cor tuum aeternitati Dei et cum illo aeternus eris223 (id.).
721. Si in humilitate est fortitudo, nolite timere superbos. Humiles tamquam petra sunt: petra deorsum videtur, sed solida est. Superbi quid? Quasi fumus: etsi alti sunt, evanescunt224 (id.).
215 Per fare il bene, occorre che tu ami Dio e temi Dio; per fare il male, occorre che tu ami il mondo e temi il mondo. Si volgano al bene l\'amore e il timore! Tu amavi la terra: ebbene, ama la vita eterna! Temevi la morte: temi, invece, l\'inferno! 216 Se egli asserisce che siamo stati santificati, dica pure ogni fedele: “Io sono santo”. Non è questa la superbia dell\'orgoglioso, ma la confessione di colui che non vuole essere ingrato (...). Di\' al Dio tuo: “Sono santo, perché tu mi hai santificato; perché l\'ho ricevuto, non perché l\'avevo da me stesso; perché tu me l\'hai dato, non perché io me lo sono meritato”. (…) accogli in te la dignità del tuo capo. 217 Solo tu infatti sei la letizia: il mondo è pieno di amarezza. 218 Pur stando in terra, sarai in cielo se amerai Dio. 219 Colui al quale è dolce l\'esilio, non ama la patria. 220 Dio è ineffabile; più facilmente diciamo ciò che non è, anziché ciò che è. 221 Chi desidera Dio, anche se tace con la lingua, canta con il cuore; chi invece non desidera, anche se ferisce con le sue grida le orecchie degli uomini, è muto dinanzi a Dio. 222 In alto il cuore, in alto il pensiero, in alto l\'amore, in alto la speranza, affinché non imputridisca sulla terra! 223 Dio è paziente, perché è eterno… Congiungi il tuo cuore con l\'eternità di Dio e sarai eterno insieme con lui. 224 Se nell\'umiltà sta la fortezza, non temete i superbi. Gli umili sono come la pietra: la pietra è cosa che sta per terra, però è solida. I superbi invece come appaiono? Appaiono come fumo. Quanto più sono alti, tanto più rapidamente svaniscono. 722. Sic mittit nos Deus in fornacem tribulationum, ut coquatur vas, non ut frangatur225 (id.).
723. Diligis, et taces: dilectio ipsa vox est ad Deum, et ipsa dilectio canticum novum est226 (id.). 724. Quare amas habere quod Christus, si times pati quod Christus? 227 (id.). 725. Nisi ardeat minister praedicans, non accendit eum cui praedicat228 (id.).
726. Angustam tibi semitam stravit Deus, quidquid extra illam, lubricum est229 (id.).
727. Est sine fine quaerendus, quia sine fine amandus (…). Qui diligitur, etiam praesens quaeritur, dum caritate perpetua, ne fiat absens, agitur230 (id.).
728. Nec sapientia vestra sit cum superbia, nec humilitas sine sapientia231 (id.).
729. Ei animo, qui terra non est; terra est et aurum et argentum232 (id.).
730. Quid habet dives? Aurum. Quid nondum habet? Vitam aeternam. Attendat quid habeat, et videat quid non habeat. Fratres, ex eo quod habet, det, ut accipiat quod non habet; emat ex eo quod habet, illud quod non habet233 (id.).
731. Tibi Deus placere non poterit, nisi tu tibi displicueris234 (id.).
732. Cum quanta suavitate plorat in gemitu, qui orat! Dulciores sunt lacrymae orantium, quam gaudia theatrorum235 (id.).
225 Dio ci manda nella fornace delle sofferenze in modo tale che il vaso si cuocia, non che si frantumi. 226 Tu ami e, anche se stai zitto, l\'amore è già una voce che sale a Dio. 227 Come aspiri ad avere la ricompensa di Cristo, se temi di subire i patimenti di Cristo? 228 Se il ministro che predica non arde, non accende colui al quale predica. 229 Dio ha aperto per te una strada ristretta, e tutto lo spazio che sta fuori di essa è sdrucciolevole. 230 Dovremo cercarlo senza fine, perché senza fine dovremo amarlo (…). L\'amato viene cercato anche se è presente, mentre egli stesso è sollecitato da un moto costante di carità a non rendersi assente. 231 La vostra sapienza non sia mescolata a superbia, né la vostra umiltà sia priva di saggezza 232 Per chi ha l’animo non impastato di terra, anche l’oro e l’argento sono terra. 233 Cos’ha il ricco? Dell\'oro. Cosa non ha ancora raggiunto? La vita eterna. Osservi ciò che possiede e rifletta su quel che gli manca. Fratelli, dia agli altri attingendo a ciò che possiede, se gli sta a cuore ottenere ciò che ancora non possiede. Con ciò che ha comperi ciò che non ha. 234 Dio non potrà piacerti se tu non proverai dispiacere per te stesso. 733. Deus cor quaerit, cor inspicit, intus testis est, iudex, approbator, adiutor, coronator; sufficit ut offeras voluntatem236 (id.).
734. Totum cor meum flamma tui amoris accendat: nihil in me relinquatur mihi, nec quo respiciam ad meipsum; sed totus in te aestuem, totus in te ardeam, totus diligam te, tamquam inflammatus abs te237 (id.).
735. Opus tuum in me vide, non meum; nam meum si videris, dammas; tuum si videris, coronas238 (id.).
736. Non timeant imperfecti (…) sed non ament imperfectionem239 (id.). 737. Lingua tua ad horam laudat Deum; vita tua semper laudat240 (id.). 738. Negotium nostrum quod erit in Caelo? Amare et laudare; laudare in amore, amare in laudibus241 (id.).
739. Deum toti laudate: cantet vox, cantet vita, cantent facta242 (id.). 740. Qui non gemit peregrinus, non gaudebit civis243 (id.). 741. Quid enim sum ego mihi sine te nisi dux in praeceps? 244 (id.).
742. Minus enim te amat qui tecum aliquid amat, quod non propter te amat245 (id.).
743. Ecce vox tua gaudium meum; vox tua super affluentiam voluptatum. Da quod amo: amo enim. Et hoc tu dedisti. Ne dona tua deseras246 (id.).
235 Con quanta dolcezza piange e geme la persona che prega! Le lagrime dell\'orante sono più dolci dei godimenti che offre il teatro. 236 Dio cerca il cuore, scruta il cuore, nel tuo intimo ti è testimone e giudice, ti approva, ti aiuta e ti premia. Basta quindi che tu gli offra la volontà. 237 La fiamma del tuo amore bruci tutto intero il mio cuore; nulla in me resti per me sicché io mi orienti verso me stesso, ma bruci tutto in te e tutto in te arda; tutto sia preso dal tuo amore come avvolto dalle fiamme sprigionatesi da te. 238 Vedi in me l\'opera tua, non la mia. Infatti se guarderai alle mie opere, dovrai condannarmi; se guarderai all\'opera tua, mi coronerai. 239 Non temano gli imperfetti (…), ma non amino la loro imperfezione. 240 La tua lingua loda Dio per un ora; la tua vita lo lodi sempre. 241 Quale sarà la nostra occupazione in Paradiso? Amare e lodare; lodare nell\'amore e amare nella lode. 242 Lodate Dio con tutto l\'essere: canti la voce, canti la vita, cantino le opere. 243 Chi non geme mentre è pellegrino non godrà da cittadino. 244 Cosa sono io per me stesso senza te, se non una guida verso il precipizio? 245 Ti ama meno chi ama altre cose con te senza amarle per causa tua. 246 Ecco, la tua voce è la mia gioia, la tua voce una voluttà superiore a tutte le altre. Dammi ciò che amo. Perché io amo, e tu mi hai dato di amare. Non abbandonare i tuoi doni. 744. Male mihi est praeter te non solum extra me sed et in me ipso, et omnis mihi copia, quae Deus meus non est, egestas est247 (Sant’Agostino).
745. Pietas timore inchoatur, caritate perficitur248 (id.). 746. Nihil justum disciplicet justo249 (id.). 747. Si autem diligatur ab anima quae negligit Deum (…) fit poenalis dilectori suo, et eum implicat aerumnis, et pascit fallacibus voluptatibus: quia neque permanent, neque satiant, sed torquent doloribus250 (id.).
748. Plerumque cum bona mutabilia adsunt nobis, putamus quod non ea diligamus, sed cum abesse coeperint, invenimus qui simus. Hoc enim sine amore nostro aderat, quod sine dolore discedit251 (id.).
749. Solus se novit diligere qui Deum diligit252 (id.).
750. Si caritas absit, inania; si haec adsit, plena sunt omnia253 (id.). 751. Nihil Deus iubet quod sibi prosit, sed illi cui iubet254 (id.). 752. Clamasti de longinquo: “Ego sum qui sum”; et audivi, sicut auditur in corde, et non erat prorsus, unde dubitarem faciliusque dubitare vivere me quam non esse veritatem, quae per ea, quae facta sunt, intellecta conspicitur255 (id.).
753. Quid patimur? (…). Quid audisti? Surgunt indocti et caelum rapiunt, et nos cum doctrinis nostris sine corde ecce ubi volutamur: in carne et sanguine256 (id.).
247 Tranne te, per me tutto è male, non solo fuori di me, ma anche in me stesso; ogni mia ricchezza, se non è il mio Dio, è povertà. 248 La pietà ha inizio dal timore e giunge a compimento nella carità. 249 Nulla di ciò che è giusto dispiace al giusto. 250 Se poi [una creatura corporea] è amata da un\'anima che non si cura di Dio (…), essa diventa causa di pena per colui che la ama: lo getta nelle tribolazioni e, ingannandolo, lo nutre di piaceri che non durano e non appagano, ma sono fonte di acuti tormenti. 251 Per lo più, quando abbiamo beni mutevoli, pensiamo di non amarli; ma quando cominciano a mancare, scopriamo chi siamo. Infatti perdiamo senza dolore ciò che difendevamo senza nostro amore. 252 Sa amarsi solo chi ama Dio. 253 Se manca la carità, tutto è vanità; se è presente, tutto è pienezza. 254 Dio non ordina nulla che giovi a lui stesso, ma a colui al quale dà ordini. 255 Tu mi gridasti da lontano: “Io sono Colui che sono”. Queste parole udii con l\'udito del cuore. Ora non avevo più motivo di dubitare. Mi sarebbe stato più facile dubitare della mia esistenza, che dell\'esistenza della verità, la quale si scorge comprendendola attraverso il creato. 256 Cosa facciamo? (…). Cosa hai udito? Gli ignoranti si alzano e rapiscono il cielo, mentre noi con tutta la nostra dottrina insensata ecco dove ci avvoltoliamo: nella carne e nel sangue. 754. Abissus corruptionis erat nolle quod volebas, et velle quod nolebas257 (id.).
755. Sicut est aliquando misericordia puniens, ita et crudelitas parcens258 (Sant’Agostino).
756. Nisi humilitas omnia quaecumque bene facimus et praecesserit et comitetur et consecuta fuerit (…) Jam nobis de aliquo bono facto gaudentibus totum extorquet de manu superbia259 (id.).
757. Non possunt habere martyrum mortem, qui christianorum non habent vitam: cum martyrem non faciat poena, sed causa260 (id.).
758. Animus quippe velut pondere, amore fertur quocumque fertur; jubemur itaque detrahere de pondere cupiditatis, quod accedat ad pondus caritatis: donec illud consumatur, hoc perficiatur261 (id.).
759. Divites ad mensam Christi accipiunt de corpore et sanguine eius; sed adorant tantum, non etiam saturantur, quoniam non imitantur. Manducantes enim pauperem, dedignantur esse pauperes … tumore non magnitudine; infirmitate ergo, non sanitate262 (id.).
760. Maior liber noster orbis terrarum est; in eo lego completum, quod in libro Dei lego promissum263 (id.).
761. Inter temporalia atque aeterna hoc interest, quod temporale aliquid plus diligitur antequam habeatur, vilescet autem cum advenerit. Non enim satiat animam, cui vera est et certa sedes aeternitas. Aeternum autem ardentius diligitur adeptum quam desideratum. Nulli enim desideranti conceditur plus de illo existimare quam se habet, ut ei vilescat cum minus
257 L’abisso di corruzione era non volere ciò che Tu volevi e volere ciò che Tu non volevi. 258 In certi casi si può essere indulgenti castigando, come si può essere crudeli perdonando. 259 Se l\'umiltà non precede, accompagna e segue tutte le nostre buone azioni in modo che l\'anteponiamo per averla di mira, la poniamo accanto per appoggiarci ad essa, ci sottoponiamo ad essa perché reprima il nostro orgoglio (…). Le azioni per sé degne di lode vanno perdute se ispirate dall\'amore della stessa lode. 260 Non possono avere la morte dei martiri coloro che non hanno la vita dei cristiani, poiché non è il supplizio che fa il martire, ma la causa [per cui soffre il martirio]. 261 L\'animo in realtà è trasportato dall\'amore come da un peso dovunque esso è trasportato. Ecco perché la Legge ci ordina di toglier qualcosa al peso della cupidità per aggiungerlo a quello della carità, fin a tanto che l\'annientamento dell\'uno serva al completamento dell\'altro. 262 I ricchi alla mensa di Cristo ne ricevono il corpo e il sangue; ma lo adorano soltanto, non se ne saziano, poiché non lo imitano. Pur cibandosi di un povero, disdegnano di essere poveri (…) a causa della superbia e non della grandezza d\'animo, della debolezza e non della forza di carattere. 263 Il nostro libro più grande è il mondo intero; in esso leggo avverato ciò che nel libro di Dio leggo annunziato. invenerit, sed quantum quisque veniens existimare potuerit, plus perveniens inventurus est264 (id.).
762. Ea quae dicuntur merita nostra, dona sunt eius265 (id.).
763. Quis de se desperet pro quo tam humilis esse voluit Filius Dei? 266 (id.).
764. Quis beatam vitam esse arbitretur in iis quae contemnenda esse docuit Filius Dei 267 (id.).
765. Aliquando ipsa oratio nostra sic tepida est vel potius frigida et pene nulla, immo omnino interdum ita nulla, ut neque hoc in nobis cum dolore advertamus? Quia si vel hoc dolemus, iam oramus268 (id.).
766. Magna miseria superbus homo: sed maior misericordia humilis Deus269 (id.).
767. Si tanta suffert anima ut possideat unde pereat, quanta debet sufferre ne pereat?270 (id.).
768. Ipse homo Dei nomini consecratus et Deo votus, in quantum mundo moritur ut Deo vivat, sacrificium est271 (id.).
769. Miracula visibilium naturarum videndi assiduitate viluerint; tamen cum ea sapienter intuemur, inusitatissimis rarissimisque majora sunt. Nam et omni miraculo, quod fit per hominem, majus miraculum est homo272 (id.).
770. Definitio brevis et vera virtutis: ordo amoris est273 (id.).
264 Tra i beni temporali e quelli eterni c\'è questa differenza: ciò che è temporale lo si ama di più prima che lo si possegga, mentre, quando se ne è in possesso diventa insignificante: non è infatti in grado di saziare l\'anima, la cui sede vera e certa è l\'eternità. Ciò che è eterno invece, quando lo si è conseguito, lo si ama con più ardore che non quando era oggetto di desiderio. A nessuno che lo desideri infatti è consentito di valutarlo più di ciò che effettivamente vale, sicché possa diminuire di valore quando lo possederà trovandolo meno pregevole. Anzi, quanto più l\'uomo viatore lo avrà stimato, tanto più lo valuterà quando sarà giunto al suo possesso. 265 Quelli che sono chiamati meriti nostri sono suoi doni. 266 Chi può disperare di sé, se per lui il Figlio di Dio ha voluto essere tanto umile? 267 Chi può stimare beata la vita per quelle cose che il Figlio di Dio ha insegnato doversi disprezzare? 268 Talvolta la nostra stessa preghiera è così tiepida o addirittura fredda e quasi nulla, anzi a volte totalmente nulla, che neppure ce ne dispiace. Se invece ne siamo amareggiati, già preghiamo! 269 Grande miseria è un uomo superbo, ma più grande misericordia è un Dio umile. 270 Se dunque un’anima sopporta tanti disagi per possedere cose che la portano alla rovina, quanti non ne dovrà sopportare per possedere ciò che la sottrae alla rovina? 271 Pertanto l\'uomo stesso consacrato nel nome di Dio e a lui promesso in quanto muore al mondo per vivere di Dio è un sacrificio. 272 Il miracolo degli esseri visibili si è svilito per l\'assiduità nel vederlo, tuttavia, se lo esaminiamo saggiamente, è più grande di quelli più inusitati e rari. L\'uomo infatti è un miracolo più grande di qualsiasi miracolo che si compie mediante l\'uomo. 771. Pax nostra hic, talis est pax, ut solacium miseriae sit potius, quam beatitudinis gaudium274 (id.).
772. Quando te possum comprehendere tam magnum, qui meipsum non valeo explicare extremum et parvum?275 (id.).
773. Custos virginitatis caritas, locus autem huius custodis humilitas276 (id.).
774. Si non amas, time ne pereas; si amas, time ne displiceas. Illum timorem caritas foras mittit; cum isto intro currit277 (id.).
775. Inter divina monita et humana pericula, itane adhuc humilitatem persuadere laboramus?278 (id.).
776. Superbiam sic odit Deus ut contra hanc unam se tantum humilaret Altissimus279 (id.).
777. Cetera enim vitia tantum in male factis valent, sola autem superbia etiam in recte factis cavenda est280 (id.).
778. Quisquis amat dictis absentum rodere vitam hanc Mensam indignam noverit esse sibi281 (id.).
779. Quid non misericorditer praestatur hominibus a Domino Deo, a quo etiam tribulatio beneficium est? Nam res prospera donum est consolantis: res autem adversa donum est admonentis Dei282 (id.).
780. Quas tibi, Deus meus, voces dedi, cum legerem psalmos David, cantica fidelia et sonos pietatis excludentes turgidum spiritum, rudis in germano amore tuo, catechumenus in villa! (…). Quas tibi voces dabam in psalmis
273 Definizione breve e vera della virtù: è l\'ordine dell\'amore. 274 La pace propriamente nostra è pace più come sollievo dell\'infelicità che come godimento della felicità. 275 Quando potrei comprendere te tanto grande, io che non riesco a spiegare me stesso che sono così estremamente piccolo? 276 Custode della verginità è la carità; la casa dove abita questo custode è l’umiltà. 277 Se non ami, temerai di andare all\'inferno; se ami, temerai di non essere gradita abbastanza. L\'amore caccia via quel primo timore; se, invece, si ha in cuore quest\'altro timore, l\'amore mette le ali. 278 Dopo tutti questi ammonimenti divini e fra tanti pericoli umani, dovremo forse insistere ancora nell\'inculcare l\'umiltà? 279 Dio odia talmente la superbia da umiliarsi – Egli, l\'Altissimo – per combatterla. 280 Tutti gli altri vizi infatti si fanno valere solo in azioni cattive, la superbia invece è la sola da cui bisogna guardarsi anche nelle azioni buone! 281 Chinque ama denigrare la vita degli assenti sappia di essere indegno di questa Mensa. 282 Orbene, che cosa dal Signore Iddio, mosso dalla sua misericordia, non viene largito agli uomini, dal momento che perfino la tribolazione è un beneficio? La prosperità infatti è un dono di Dio con cui ci vuole consolare, mentre l\'avversità è un dono di Dio con cui ci vuole avvertire. illis, et quomodo in te inflammabar ex eis, et accendebar eos recitare, si possem, toto orbe terrarum adversus typhum generis umani283 (Sant’Agostino).
781. Dolore genera amore.
782. Tu ti lamenti del cammino quotidiano e poi ti dimentichi del pane quotidiano. Non separare l’uno dall’altro. Tu puoi tutto in Colui che non domanda altro di fortificarti (P. Plus).
783. Nihil illa religio de causa sua deprecaretur, quia nec de conditione miratur. Scit se peregrinam in terris agere, inter extraneos facile inimicos invenire. Caeterum genus, sedem, spem, gratiam, dignitatem in caelis habere284 (Tertulliano).
784. Cruciate, torquete, damnate et atterite nos; probatio est enim innocentiae nostrae, iniquitates vestra285 (Tertulliano).
785. Pervicacissimus hostis ille, numquam malitiae suae otium facit, at quin tunc maxime saevit, cum hominem plene sentit liberatum: tunc plurimum accenditur, dum extuiguitur286 (Tertulliano).
786. Petendo panem quotidianum, perpetuitatem postulamus in Christo, et individuitatem a corpore eius287 (id.).
787. Delicatus es, Christiane, si et in saeculo voluptatem concupiscis; imo nimius stultus, si hoc existimas voluptatem288 (Tertulliano).
788. Qui praesumit, minus veretur, minus praecavet, plus periclitatur. Timor fundamentum salutis est. Praesumptio impedimentum timoris (…). Timendo cavebimus, cavendo salvi erimus. Qui securus agit, non est sollicitus, non
283 Che sospiri, Dio mio, quando leggevo i salmi di Davide, queste canzoni di fede e musica della devozione, di fronte a cui si sgonfia qualunque superbia; ancora principiante nel tuo autentico amore, catecumeno ancora in campagna! (…). Che sospiri mettevo in quei salmi e di che incendio bruciavo per te, che volontà di recitarli, se avessi potuto, in faccia al mondo intero, alla boria del genere umano! 284 Quella religione in favore della propria causa non prega per nulla, perché della propria condizione nemmeno si meraviglia. Sa che vive straniera sulla terra, che fra estranei facilmente trova dei nemici: che, del resto, la sua famiglia, la sua sede, la sua speranza, il suo credito, la sua dignità l\'ha nel cielo. 285 Tormentateci, torturateci, condannateci, stritolateci: la vostra iniquità infatti è prova della nostra innocenza. 286 Il nostro fierissimo avversario non lascia tregua mai alla sua malizia; ma anzi è proprio allora che maggiormente attacca ed infierisce quando appunto può sentire che l\'uomo si trova in uno stato di libertà piena; è quando si crede che la sua forza si estingua, che la fiamma del male si accende più minacciosa e più fiera. 287 Chiedendo il pane quotidiano chiediamo di essere perpetuati in Cristo e di non essere mai separati dal corpo di Lui. 288 O cristiano, se tu desideri il piacere che ti può esser dato dal mondo, sei troppo falsato nel tuo pensiero; anzi, se stimi veramente piacere quello del mondo, sei troppo stolto. possidet tutam et firmam securitatem: et qui sollicitus est, is vere poterit esse securus289 (Tertulliano).
789. Natus est Dei Filius: non pudet, quia pudendum est. Mortuus est Dei Filius: prorsus credibile est quia ineptum est. Et sepultus resurrexit; certum est, quia impossibile est290 (Tertulliano).
790. Si justus es et fide vivis, si vere in Deum credis, cur non cum Christo futurus, et de Domini pollicitatione securus, quod ad Christum voceris, amplecteris; et quod Diabolo careas, gratularis?291 (San Cipriano).
791. Tentatur statim post baptismum Dominus, tentatione sua indicans in sanctificatis nobis maxime diaboli tentamenta grassari; quia victoria ei est magis exoptata de sanctis292 (Sant’Ilario).
792. «Intravit Satanas in Iudam»: In omni igitur quam perpetimur iniuria, alterius opus, alterius instinctus est. Non ergo his irascendum; sed quoties per contumelias ad iracundiam provocamur, quoties aliqua perpetimur (…), agnoscendus est hostis ille, per quem haec operum ac dictorum incentiva praebentur. Neque irascendum est hominibus alienae instigationis operariis: sed potius in his detestandi officii intercessio foeda miseranda est, quod sint vasa Diaboli, Satanae ministerium293 (Sant’Ilario).
793. Beatus plane qui iis quae in terra sunt non ut propriis se addixit, neque isti saeculo tamquam naturali suae patriae acquievit: quin potius gravatur quod incolatum hunc casum esse novit a rebus potioribus; et quasi proscriptionis domicilium vitam hanc incolit294 (San Basilio).
289 Chi presume di sé, teme meno, sta meno attento, rischia di più. Il timore è fondamento della salvezza. La presunzione ostacolo al timore (…). Grazie al timore stiamo attenti, stando attenti ci salveremo. Colui che agisce sicuro non è prudente, non possiede una reale solida sicurezza; e chi è prudente, quello potrà essere veramente sicuro. 290 È nato Figlio di Dio: non si vergogna, perché c’è da vergognarsi. E il Figlio di Dio è morto: che è del tutto credibile, poiché è del tutto incredibile. E sepolto risorse: è certo, perché è impossibile. 291 Se sei giusto e vivi di fede, se veramente credi in Dio, perché tu che sei destinato ad essere con Cristo e sicuro della promessa del Signore, non lo abbracci poiché sei chiamato a Cristo; e poiché ti tieni lontano dal diavolo ti compiaci? 292 Il Signore è tentato immediatamente dopo il battesimo, indicando con la sua tentazione che le prove del diavolo «si ingrassano» soprattutto in noi quando siamo santificati; poiché la vittoria per lui è più desiderata se deriva dai santi. 293 “Satana entrò in Giuda”: in ogni offesa che soffriamo, è opera dell’uno, ispirazione dell’altro. Dunque con questi non ci si deve adirare; ma tutte le volte che siamo provocati all’ira con offese, altrettante volte sopportiamo altro (…), si deve perdonare quel nemico per mezzo del quale ci sono offerti questi incentivi in opere e parole. Neppure gli uomini si devono adirare per gli autori di istigazione altrui; ma piuttosto si deve provare pena per la vergognosa mediazione in costoro di un compito detestabile, poiché sono vasi del diavolo, è servizio a Satana. 294 Del tutto beato colui che non si è consacrato alle cose che sono sulla terra come alle proprie, né ha trovato riposo in questo secolo come nella sua patria naturale: anzi piuttosto si affligge perché sa che questa abitazione è decaduta dalla sua passata grandezza; e abita questa vita quasi come una dimora di esilio. 794. Sane ad eum modum sine intermissione oraveris, non quidem si verbis modo orationem expleveris; verius ubi omnis prorsus vitae tuae ratio, divinae te conformarit voluntati; sicut vita tua dici et esse promereatur continens quaedam et indivulsa oratio295 (San Basilio).
795. Quemadmodum rubigo ferrum, sic invidia hos, qui eam possident, consumit atque vastat296 (id.).
796. Mos est nauclerj in caelum aspicere, indeque navigationis cursum auspicari (...). Tu quoque oculos ad caelum attollens, secundum eum in ait: Ad te levavi oculos meos qui habitas in caelis. Habitantem in caelo iustitiae solem respice; ac velut astra quaedam splendida, Dei mandata observa297 (San Basilio).
797. Thesaurus pietas est298 (id.).
798. Cum Deo multis, cum hominibus paucis loquere299 (Sant’Efrem). 799. Pastorum negligentia luporum est gaudium300 (id.). 800. Quemadmodum corpus nisi pane sustentetur, vivere nequit, ita nec anima nisi spirituali alimento reficiatur (…). Nutri illam in verbis divinis, in Psalmis, in lectionibus Sacrarum Scripturarum, in jejuniis, in vigiliis, in lacrymis, in spe ac meditatione futurorum bonorum301 (id.).
801. Peccatores poenitentia immolat, sed rursus eos vivificat, mortificat, ac denuo resuscitat (…) Magna fornax est poenitentia: aes accipit, et in aurum commutat302 (id.).
295 Certamente avrai pregato senza interruzione in questo modo non, in verità, se avrai soltanto completato l’orazione; in modo più vero quando assolutamente tutta la condizione della tua vita ti avrà conformato alla volontà divina. Come se la tua vita ottenesse di essere detta e di essere veramente una, per così dire, continua e ininterrotta preghiera. 296 Come la ruggine consuma e devasta il ferro, così l’invidia quelli che la possiedono. 297 È usanza del padrone della nave guardare in cielo e di lì presagire il corso della navigazione (…). Anche tu, alzando gli occhi al cielo, come colui che dice: “A Te, che abiti nei cieli, ho alzato i miei occhi” (Cfr Sal 123 [122], 1). Guarda il sole della giustizia che abita in cielo; e come astri, per così dire, splendidi, rispetta i comandi di Dio. 298 Un tesoro è la pietà. 299 Parla molto con Dio, poco con gli uomini. 300 La negligenza dei pastori è gioia per i lupi. 301 Come il corpo non è sostenuto né può vivere se non con il pane, così l’anima non è risanata se non da un alimento spirituale (…). Nutrila con parole divine, Salmi, letture delle Sacre Scritture, digiuni, veglie, lacrime, speranza e meditazione dei beni futuri. 302 La penitenza immola i peccatori, ma poi di nuovo li fa vivere, li fa morire e di nuovo li risuscita (…). Grande fornace è la penitenza: riceve bronzo e lo trasforma in oro. 802. Clamat sacerdos: sursum corda; vere enim circa illam tremendam horam maxime sursum ad Deum corda levare necesse est303 (San Cirillo da Gerusalemme).
803. Lubentius de Deo quidpiam discatis, quam doceatis304 (San Gregorio Nazianzeno).
804. Da exiguum ei, a quo multum habes: da etiam omnia ei qui omnia tibi donavit. Nunquam Dei munificentiam vinces; etiamsi omnia bona tua projicias; etiamsi te etiam bonis tuis adjungas. Nam hoc quoque ipsum accipere est, nempe Deo donari305 (id.).
805. Quamquam praeclarum est de Deo verba facere; praeclarius tamen est coram Deo se purgare306 (id.).
806. Faciamus hominem (…) et praesit. Ad imperandum es natus homo: quid ergo pertubationibus servis? Cur dignitatem abjicis tuam? Cur te peccato tradis in servitutem? Cur te constituis mancipium diaboli?307 (San Gregorio Nisseno).
807. Omne studium adhibeamus, ne ab ea perfectione decidamus, ad quam pervenire sit possibile: tantumque ipsius possideamus, quantum capere possumus. Ita enim se habere, ut ad ulteriora semper in virtute velis ascendere, id ipsum forsan humanae naturae perfectio est308 (id.).
808. Invidus non suis malis, sed alienis bonis infelix est; et contra non suo bono, sed malis proximi felix309 (id.).
809. Quod est tempus quaerendi Deum; breviter dico, tota vita. Oculi mei semper ad Dominum310 (id.).
303 Il sacerdote grida: “In alto i cuori”; veramente, infatti, in quella tremenda ora soprattutto è necessario alzare i cuori a Dio. 304 Dovete più volentieri imparare qualcosa riguardo a Dio che insegnare. 305 Da’ una cosa piccola a colui dal quale ricevi molto: da’ anche tutto a colui che tutto ti ha donato. Non vincerai mai la generosità di Dio; anche se lasciassi tutti i tuoi beni, anche se aggiungessi te stesso ai tuoi beni. Infatti anche questo è propriamente ricevere, appunto avere in dono Dio. 306 Benché sia cosa eccellente parlare di Dio, tuttavia più eccellente è purificare se stessi di fronte a Dio. 307 “Facciamo l’uomo (…) e comandi”. Sei nato per comandare, uomo: perché, dunque, (avere) le agitazioni dei servi? Perché disprezzi la tua dignità? Perché con il peccato consegni te stesso alla schiavitù? Perché ti costituisci servo del diavolo? 308 Usiamo tutto l’impegno per non decadere da quella perfezione alla quale sia possibile arrivare: dobbiamo possedere della stessa quanto possiamo ottenere. Infatti, impiegare se stessi in modo tale da voler salire sempre alle cose più alte nella virtù, questo stesso forse è la perfezione della natura umana. 309 L’invidioso è infelice non per i propri mali, ma per i beni degli altri; e, al contrario, è felice non per il proprio bene, ma per i mali del prossimo. 310 Qual è il tempo per cercare Dio? Lo dirò brevemente: tutta la vita. “I miei occhi sempre verso il Signore” (Cfr Sal 123 [122], 2). 810. Caput omnium bonorum est, si per meam vitam nomen Dei glorificetur311 (id.).
811. Non perdam civitatem, si fuerint in ea quinquaginta iusti. Unde discimus quantus murus sit patriae vir iustus312 (Sant’Ambrogio).
812. Anima in morte absolvitur, corpus resolvitur. Quae absolvitur, gaudet; quod resolvitur, nihil sentit313 (id.).
813. Amplius suis suspicionibus affligitur impius, quam alienis plerique verberibus (…). Grande est intra se tranquillum esse, et sibi convenire314 (id.).
814. Si opprobrium tuum gloria est, Domine Iesu, quanta est gloria tua?315 (id.).
815. Accedite ad eum et satiamini, quia panis est; accedite ad eum et potate, quia fons est; accedite ad eum et illuminamini, quia lux est; accedite ad eum et liberamini, quia ubi Spiritus Domini, ibi libertas; accedite ad eum et absolvimini, quia remissio peccatorum est316 (id.).
816. Christus suos castigat, quos diligit; alienos tanquam generali damnatione impietatis adstrictos poena damnat aeterna317 (Sant’Ambrogio).
817. Quid te pro salute tua facere oportet, quando pro te Chistus in oratione pernoctat? Quid te facere convenit, cum vis aliquod pietatis officium adoriri, quando Christus missurus Apostolos prius orare curavit?318 (id.).
311 Il principio di tutti i beni è se il nome di Dio è glorificato attraverso la mia vita. 312 “Non distruggerò la città, se ci saranno in essa cinquanta giusti” (Cfr Gen 18,26). Da qui impariamo che grande baluardo per la patria sia l’uomo giusto. 313 L’anima nella morte è liberata, il corpo è dissolto. Lei che è liberata, gode; ciò che è dissolto non percepisce nulla. 314 L’empio è afflitto dai suoi sospetti più che la maggior parte delle persone dai colpi avversi (…). Cosa importante è essere tranquilli dentro di sé, ed essere d’accordo con se stessi. 315 Se la tua infamia è gloria, Signore Gesù, quanto grande è la tua gloria? 316 Avvicinatevi a Lui e saziatevi, perché è pane; avvicinatevi a Lui e bevete, perché è fonte; avvicinatevi a Lui e illuminatevi, perché è luce; avvicinatevi a Lui e siate liberi, perché dove c’è lo Spirito del Signore, lì c’è la libertà; avvicinatevi a Lui e siate assolti, perché è il perdono dei peccati. 317 Cristo castiga i suoi perché li ama; gli altri, come costretti da una generale condanna di empietà, li condanna ad una pena eterna. 318 Cosa è opportuno fare per la tua salvezza, quando Cristo passa la notte in preghiera per te? Cosa è opportuno che tu faccia quando vuoi intraprendere qualche compito di pietà, quando Cristo, mentre stava per mandare gli Apostoli, prima si preoccupò di pregare? 818. Voluit deseri, voluit prodi, voluit ab Apostolo tradi: ut tu a socio desertus, a socio proditus, moderate feras tuum errasse judicium, periisse beneficium319 (id.).
819. Nulla aetas ad perdiscendum sera est. Erubescat senectus quae se non potest emendare. Non annorum canities laudanda, sed morum; nullus pudor est ad meliora transire320 (id.).
820. Haec hominibus sola perfectio, si imperfectos se esse noverint321 (San Girolamo).
821. Apud Christianos non qui patitur, sed qui facit contumeliam, miser est322 (San Girolamo).
822. Quo nobis gratiam mundi, quae est odium Christi?323 (San Paolino).
823. Nihil habemus, nisi Christum; et vide, si nihil habeamus, qui omnia habentem habemus324 (San Paolino).
824. Evacuemur nostris viribus, ut divinis impleamur325 (id.).
825. Utinam digni habeamur, qui maledicamur, et notemur, et conteramur, atque etiam interficiamur in nomine Christi, dummodo non ipse Christus occidatur in nobis326 (San Paolino).
826. Nihil est imperiosius caritate327 (id.).
827. Dives est non qui multa possidet, sed multa largitur328 (San Giovanni Crisostomo).
828. Nullum gratiarum actioni par bonum, quemadmodum blasphemia pejus nihil329 (id.).
319 Ha voluto essere lasciato, ha voluto essere abbandonato, ha voluto essere tradito da un Apostolo: così che tu, abbandonato dall’amico, tradito da un compagno, sopporti con mitezza di aver sbagliato il tuo giudizio, di aver perso il beneficio. 320 Nessuna età è tarda per imparare. Si vergogni il vecchio che non può correggere se stesso. Non deve essere lodata la vecchiaia degli anni, ma la vecchiaia dei costumi; non c’è nessuna vergogna nel passare alle cose migliori. 321 Questa è la sola perfezione per gli uomini, se riconoscono di essere imperfetti. 322 Presso i Cristiani, non chi sopporta, ma chi fa l’ingiuria è sventurato. 323 Perché a noi il favore del mondo, favore che è odio di Cristo? 324 Non abbiamo niente, se non Cristo; e considera se non abbiamo niente, noi che abbiamo Colui che ha ogni cosa. 325 Dobbiamo svuotarci delle nostre forze per riempirci delle cose divine. 326 Voglia il cielo che noi siamo ritenuti degni di essere insultati, di essere biasimati, di essere calpestati e anche di essere uccisi nel nome di Cristo, purchè Cristo stesso non sia ucciso dentro di noi. 327 Niente è più potente della carità. 328 È ricco non chi possiede molto, ma chi dona molto. 329 Nessun bene è uguale all’azione della grazia, come niente è peggiore della bestemmia. 829. Vultis dicam unde timemus mortem? Non vulnerat nos regni amor, non nos futurorum amor accendit; alioquin praesentia despiceremus omnia330 (id.).
830. Multos vidi gaudentes et inter se dicentes: jejunii dimidium consumptum est. Tales hortor considerare, si peccatorum sit consumptum et profligatum dimidium, et tunc exultare331 (id.).
831. Saepius testamenta legens dicentia: ille quidem habeat agrorum, vel domus dominium, usum vero alius. Omnes enim usum habemus, dominium nemo: etsi nobis per totam permaneant vitam, velimus, nolimus, in fine aliis cedemus, ipsarum usu solo recepto, dominio autem nudi et orbati ad illam vitam migrantes332 (id.).
832. Pretium redemptionis animae est eleemosyna. Quemadmodum pelves, et lavacra cum aqua sunt, quo manus laves: sic et pauperes pro foribus Ecclesiae sedent, et animae manus abluas333 (id.).
833. Qui fieri potest, dicet aliquis, ut Martyrem imitemur, non enim persecutionis est tempus? Nun persequuntur daemones (…). Non objectas prunas conspicis, at cupiditatis conspicis flammam accensam; illi prunas calcaverunt, tu naturae pyram calca; illi cum bestiis pugnaverunt, tu iram indomitam belluam fraena. Illi adversus intolerabiles dolores steterunt, tu absurdas, pravasque cogitationes, quae in corde tuo pullulant, vince: ita martyres imitabere334 (id.).
834. Satis certus recte factorum est thesaurus, ipsa recte factorum oblivio335 (id.).
330 Volete che io dica da dove temiamo la morte? Non ci ferisce l’amore per il regno, non ci accende l’amore per il futuro; diversamente disprezzeremmo tutte le cose visibili. 331 Ho visto molti che gioivano e che dicevano tra sè: «Metà del digiuno è stata consumata». Io esorto questi tali ad esaminare se è stata consumata e sconfitta la metà dei peccati, ed allora ad esultare. 332 Più frequentemente leggo testamenti che dicono: «Quello abbia indubbiamente il dominio dei campi o della casa, un altro invece ne abbia l’uso». Tutti infatti abbiamo l’uso, il dominio nessuno: anche se rimangono a noi per tutta la vita, volenti o nolenti, alla fine li cederemo ad altri, dopo aver trattenuto soltanto l’uso delle cose stesse, ma nudi e privati del dominio trasferendoci verso quella vita. 333 Il prezzo del riscatto dell’anima è l’elemosina. Come i catini e (anche) i bagni sono con l’acqua per lavare le mani, così anche i poveri siedono fuori dalle porte della chiesa per lavare le mani dell’anima. 334 Come potrebbe accadere, qualcuno dirà, che noi imitiamo il Martire, poichè non è tempo di persecuzione? Non ci inseguono i demoni (...). Non vedi i carboni posti di fronte, ma vedi la fiamma della cupidigia accesa; quelli calpestarono i carboni accesi, tu calpesti la pira della natura; quelli combatterono con le bestie, tu frena l’ira belluina propria delle belve. Quelli rimasero imperterriti di fronte ad intollerabili dolori, tu vinci le assurde e depravate riflessioni, che pullulano nel tuo cuore: così imiterai i martiri. 335 È abbastanza sicuro il tesoro delle azioni, e giustamente anche l’oblio delle azioni. 835. Suscipe quod revelatum est, et noli curiose indagare quod tacitum est336 (id.).
836. Minimum de se sensisse tam magnum est, quam maximas res fecisse; quod si non adsit, nec illae poterunt esse laudabiles337 (id.).
837. Non est lusus haec vita, imo lusus est quidem vita praesens, sed non est lusus etiam futura. Non enim tendit ad risum, sed intolerabilem iis afferet dolorem, qui mores suos non mature instituunt. Quo enim distamus a pueris per ludum casulas aedificantibus, nos qui ampla et clara praetoria constituimus? Nulla differentia, nisi quod nos saepe ad supplicium nostrum faciamus, quae illi imitantur ad ludum. Quod si necdum eorum, quae agimus, vilitatem perspicimus, non est profecto mirandum. Nondum venimus ad maturitatem virorum, quo cum venerimus, intelligemus haec omnia esse puerilia. Nam et testas et lutum aggerentes cum pueri essemus, non minus gloriabamur, quam hi, qui certatim amplas porticus gaudent construere. Verum peribant illa, nec stantia quidem nobis utilia esse potuissent, sicut nec istae splendidae domus, quae certe iam Coeli civem capere non possunt (…) ut nos pedibus ludicra illa aedificiola plerumque destruimus, ita haec sapienti ille mente subvertit; et sicut nos parvulos de illa flentes destructione ridemus; sic isti quoque nobis de hac subversione maerentibus, non modo rident, sed etiam flent338 (San Giovanni Crisostomo).
838. Grati estote. Optima quippe beneficiorum custos est ipsa memoria beneficiorum, et perpetua gratiarum actio339 (id.).
336 Accogli quello che è stato rivelato e non indagare con curiosità quello che è stato taciuto. 337 Aver pensato pochissimo a se stessi è tanto grande quanto aver fatto le cose più grandi, e se questo non avviene, quelle non potranno essere lodevoli. 338 Non è un gioco questa vita; anzi, la vita presente in effetti è un divertimento, non è però un divertimento anche quella futura. Infatti non si orienta verso il riso, ma infligge insostenibile dolore a chi non definisce rapidamente il proprio stile di vita. In che cosa infatti siamo diversi dai bambini che realizzano per divertirsi piccole abitazioni, noi che realizziamo grandi e importanti palazzi? Non c’è nessuna differenza se non che noi spesso realizziamo per nostra condanna quelle opere che loro imitano per gioco. Ma se non cogliamo la viltà di quello che facciamo nemmeno mentre lo facciamo, questo non è certamente un comportamento da ammirare. Non siamo ancora giunti alla maturità di uomini veri, e quando avremo raggiunto questo traguardo, capiremo che tutte queste sono cose puerili. Infatti, quando eravamo bambini non ci inorgoglivamo per costruzioni di cocci e fango meno di quelli che si compiacciono di costruire a gara ampi portici. Le costruzioni infantili però crollavano, ma neppure conservandosi avrebbero potuto esserci utili, come neppure possono esserci utili codeste lussuose dimore che certamente non possono più appassionare un cittadino del Cielo (…) e come noi di solito coi piedi demoliamo quei piccoli edifici costruiti per gioco, così il saggio annienta queste costruzioni prestigiose; e come noi ridiamo dei bambini che piangono di quella distruzione, così i saggi non solo ridono, ma anche piangono se noi ci rattristiamo per questo sovvertimento di valori. 339 Siate riconoscenti. Infatti il miglior custode dei benefici è il ricordo stesso dei benefici e il perenne rendimento di grazie. 839. Nec res parvas contemne, sed magnas etiam earum rationes repete. Hoc modo magna facilius evitabis delicta340 (id.).
840. Hoc maxime vivere est: aliis etiam prodesse341 (id.).
841. Nihil tam alienum a divino amore nomine reddit quam superbia. Nihil tam facile in gehenna detrudit, quam superbiae insania, sub qua omnis nostra vita immunda est, quamvis pudicitia, virginitate, jejunio, orationibus, eleemosyna, quamvis omni denique virtute praestemus342 (id.).
842. Peccata nostra, et humanae naturae communitatem reputantes, ad quemvis mansuete loquamur343 (id.).
843. Humilitatis condimento gratiosa omnia redduntur344 (id.).
844. Si unguentariae tabernae quis assideat, etiam invitus illum suscipit odorem; longe magis, qui Ecclesiam frequentat (…). Quamvis innumeris vitiis sis obnoxius noli Ecclesiae vitare consuetudinem345 (id.).
845. Peccata nemo luget; quod lugere non jubemur, id lugemus346 (id.).
846. Corpus suum dedit tibi Christus, et pretiosissimum sanguinem; tu nec potum das347 (id.).
847. Omnia munda facit eleemosyna. Haec jejunium, haec humi dormire exsuperat; quamvis molestiora et laboriosiora sint illa; haec tamen lucrosior. Illuminat animam, saginat, pulcram reddit348 (id.).
848. Virtus est, humana omnia despicere, futura singulis horis cogitare, nullis praesentibus inhiare; sed scire omnia humana umbram esse,
340 Non disprezzare le cose piccole, ma richiama anche le grandi motivazioni di quelle. In questo modo eviterai più facilmente grandi colpe. 341 Vivere è soprattutto questo: giovare anche agli altri. 342 Niente rende l’uomo tanto estraneo all’amore divino quanto la superbia. Niente lo precipita tanto facilmente nella Geenna quanto la follia della superbia, sotto la quale tutta la nostra vita è immonda, anche se primeggiamo per la castità, per la verginità, per il digiuno, per le preghiere, se insomma (primeggiamo) per ogni virtù. 343 Diciamo i nostri peccati a chiunque con mitezza, anche considerando la condizione comune della natura umana. 344 Con il condimento dell’ umiltà tutte le cose diventano bene accette. 345 Se qualcuno frequenta una bottega di essenze profumate, anche senza volerlo assume quel profumo; molto di più chi frequenta la Chiesa (…). Anche se sei soggetto a innumerevoli vizi, non evitare la familiarità con la Chiesa. 346 Nessuno piange i peccati. Piangiamo ciò che non siamo obbligati a piangere. 347 Cristo ti ha dato il suo corpo e il (suo) preziosissimo sangue; tu non gli dai neanche da bere. 348 L’elemosina rende pure tutte le cose. Essa supera il digiuno, supera il dormire per terra. Benché quelle cose siano più pesanti e faticose, questa tuttavia è più vantaggiosa. Illumina l’anima, la nutre, la rende bella. somnium et si quid his vilius. Virtus est erga negotia huius vitae non magis affici, quam cadaver afficitur349 (id.).
849. Et si pravi sunt sacerdotes, Deus per eos omnia perficet et mittet Spiritum Sanctum. Neque enim pura mens propter propriam puritatem spiritum attrahit, sed gratia omnia operatur. Omnia enim propter vos, sive Paulus, sive Apollo, sive Cephas350 (id.).
850. Nihil temere vel fortuito loquitur Scriptura Sacra: sed syllaba et apicolus unus reconditum habet thesaurum351 (id.).
851. Nihil tam gratum Deo ut anima grata et gratias agens352 (id.).
852. Anachoretas imitare, in media civitate solitudinem persequens353 (id.).
853. Quando res in maximam inciderint inopiam, tunc tu spera maxime. Tunc enim Deus maxime suam ostendet potentiam; non a primordio sed cum res fuerint plane desperatae ab ho minibus. Hoc est enim tempus divini auxilii. Et ideo nec pueros eripuit e principio, sed postquam fuerint coniecti in fornacem: nec Danielem antequam esse immissus sed septem post diem (…). Hoc autem facit Deus, ne ullus eius sibi gloriam vindicet354 (id.).
854. Non solum gratias agit David quod liberatus fuerit; sed etiam quod ceciderit, maximum agnoscit beneficium, et dicit lucrum tentationis. Quidnam hoc? Castigans castigavit me Dominus. Haec est utilitas pericolorum, quod me meliorem fecerunt355 (id.).
349 La virtù poi è disprezzare tutte le cose umane, pensare alle cose future in ogni singolo momento, non bramare nessuna cosa presente; ma sapere che tutte le cose umane sono ombra, sogno e, se c’è, qualcosa di più insignificante di queste. La virtù è essere disposti verso gli impegni di questa vita non più di quanto sia disposto un cadavere. 350 E se anche i sacerdoti sono malvagi, Dio attraverso di loro porterà a termine tutte le cose e manderà lo Spirito Santo. Infatti non è la mente pura che grazie alla propria purezza attrae lo Spirito, ma la grazia opera tutte le cose. Tutte le cose dunque a causa, tramite voi, o Paolo, o Apollo, o Cefa. 351 La Sacra Scrittura non dice nulla senza riflettere, e così a caso; una sillaba e un solo piccolo apice [segno di vocale lunga, n.d.r] hanno un tesoro nascosto. 352 Niente è tanto gradito a Dio quanto un’anima riconoscente e che rende grazie. 353 Imitare gli anacoreti, ricercando la solitudine in mezzo alla vita civile. 354 Nel momento in cui le circostanze siano cadute nella più grande povertà, allora soprattutto tu spera! Allora soprattutto Dio mostrerà la sua Potenza; non dall’inizio, ma quando le circostanze abbiano perso ogni speranza da parte degli uomini. Questo è infatti il tempo dell’aiuto divino. E perciò non ha salvato i fanciulli dal principio, ma dopo che erano stati gettati nella fornace. Né (salvò) Daniele prima che vi fosse gettato, ma dopo sette giorni (…). Questo infatti fa Dio e nessuno attribuisca a sé la sua gloria. 355 Non solo Davide rende grazie perché è stato liberato, ma anche per il fatto che è caduto; soprattutto riconosce il beneficio e afferma il guadagno della prova. Perché questo? Rimproverandomi, mi ha corretto il Signore. Questa è l’utilità dei pericoli, che mi hanno reso migliore. 855. Iubet Christus, etiam nos esse oves inter lupos! Mane ovis, et ita lupos superabis (…). Nihil enim est mansuetudinem potentius, nihil lenitate validius et firmius356 (id.).
856. Verumtamen frusta conturbatur omnis homo. Cur acerbe fers cum a pauperibus rogaris, quasi de tuo impendas? Sua illi petunt, non tua: ea quae ipsorum causa tibi tradita sunt et credita, non quae tecum procreata sunt. Eroga quod accepisti, quod tibi ut dares, non ut acciperes praescriptum est357 (id.).
857. Qui misericordia cum pauperi utitur, Deo dat foenori. Ergo Deus noster est debitor. Utrum ergo eum habere vis iudicem, an debitorem?358 (id.).
858. Quemadmodum appetentia cibi, corporis bonam valetudinem declarat; sic et sermonis spiritualis desiderium animae sanitatem arguit359 (id.).
859. Summa vis est orationis multitudinis. Idcirco convenimus hic omnes, ut vehementius Deum ad misericordiam flectamus. Nam cum orantes soli, imbecilles sumus, per conjunctionem charitatis Deum exoramus (…). An non possum, inquires, domi orare? Potes quidem, sed tantam virtutem non habet oratio, quam ubi cum propriis membris fit, quam cum totum corpus ecclesiae unanimiter, et una voce preces fundit, Sacerdotibus praesentibus hac verba communis coetus offerentibus360 (San Giovanni Crisostomo).
860. Tu praestas aliquid quod Deo placeat, et aliam mercedem requires? vere ignores quantum boni sit placere Deo. Si enim scires, nunquam aliud aliquid extrinsecus mercedis aut muneris expectares. Nescis quia major augetur tibi merces, quando non spe mercedis operaris, sed studio placendi? aut non vides quomodo et apud hominess illi maxime famuli
356 Cristo ordina che anche noi siamo pecore in mezzo ai lupi. Rimani pecora e così vincerai i lupi (…). Niente infatti è più potente della mansuetudine, niente più efficace e più saldo della mitezza. 357 Ma tuttavia inutilmente è turbato ogni uomo. Perché dai a malincuore quando i poveri te lo chiedono, come se spendessi del tuo? Quelli chiedono ciò che è loro, non ciò che è tuo: ciò che per loro stessi ti è stato consegnato e affidato, non che è stato generato con te. Distribuisci ciò che hai ricevuto e che ti è stato ordinato di dare, non di ricevere. 358 Chi usa la misericordia col povero dà a Dio in prestito. Dunque Dio è nostro debitore. Preferisci dunque avere Dio come giudice o come debitore? 359 Come il desiderio del cibo manifesta la buona salute del corpo, così anche il desiderio della conversazione spirituale indica la sanità dell’anima. 360 Grandissima è la forza della preghiera della moltitudine. Pertanto riuniamoci qui tutti quanti per volgere Dio alla misericordia con più forza. Infatti, mentre pregando da soli siamo deboli, riusciamo a persuadere Dio attraverso il vincolo della carità (…). Non posso forse, chiederai, pregare a casa? Certamente puoi, ma la preghiera non ha tanta forza quanta ne ha – come accade con le proprie membra – quando tutto il corpo della Chiesa, di comune accordo e a una sola voce, proferisce preghiere alla presenza dei sacerdoti che offrono le parole dell’assemblea comune. diliguntur, qui non tam accipere aliud ad dominis quam placere eis et obedire gestiunt?361 (San Giovanni Crisostomo).
861. Fontes quamvis nemo hauriat, tamen scatebras emittunt; et amnes etiamsi nemo bibat, nihilosecius fluunt; sic oportet et illum qui concinatur quamvis nullus auscultet, tamen praestare quidquid in eo situm est. Siquidem haec lex sacri sermonis administris a benigno Deo praescripta est, ne unquam quod in ipsis fuerit facere defatigentur, neque ullo tempore fileant, sive sit qui auscultet, sive qui praetercurrat, negligens quod dicitur362 (id.).
862. Nihil tam exitiale peccato quam peccati accusatio, comndemnatioque, cum plenitudine lacrymis que coniuncta. Condemnasti tuum peccatuum, deposuisti sarcinam. Quis haec dicit? Ipse judex Deus: dic tu peccata prior, ut justifeceris363 (id.).
863. Quid prodest homini si aliena habeat, sua non habeat; pecunias possideat, virtutibus careat? Villam, inquis, fertilem habeo; at animam fertilem non habes; habeo indumenta, sed non habes pietatem. Si quis depositum tibi tradiderit, num te divitem possem Vocare? Minime Quippe qui possideas aliena364 (id.).
864. Ingens telum est oratio: curam pauperum omittebant Apostoli, ut plus illis otii ad vacandum orazioni suppeteret365 (id.).
865. Talis est spiritalium rerum natura: distribuzione crescit et divisione moltiplicatur366 (id.).
361 Tu fai qualcosa che piace a Dio e chiedi un’altra ricompensa? Invero ignori che bene sia piacere a Dio. Se infatti lo sapessi, non aspetteresti mai qualche altra ricompensa o dono all’esterno. Non sai che più grande è per te la ricompensa quando non operi con la speranza della ricompensa ma per il desiderio di essere gradito? O non vedi come anche presso gli uomini sono amati soprattutto quei servi che sono desiderosi non tanto di ricevere qualcos’altro dai padroni, quanto di piacere a loro e di obbedire? 362 Le fonti, anche se nessuno attinge, tuttavia emettono zampilli; e i fiumi, anche se nessuno beve, nondimeno scorrono; così è necessario tuttavia, anche se nessuno ascolta quello che è predicato, presentare ciò che è posto in esso. Dato che questa legge del sacro sermone è stata prescritta dal Buon Dio ai collaboratori perché mai si stanchino di fare ciò che in loro stessi è accaduto, e mai stiano in silenzio, sia che ci sia chi ascolta, sia che corra via, trascurando ciò che è detto. 363 Niente è tanto rovinoso per il peccato che l’accusa del peccato, e la condanna, unita alle lacrime. Hai condannato il tuo peccato, hai deposto il peso. Chi dice queste cose? Lo stesso Dio giudice: “Di’ prima tu i peccati, così da essere giustificato”. 364 Che cosa giova all’uomo se avesse cose altrui ma non avesse le proprie, possedesse denaro ma fosse privo di virtù? Tu dici: “Ho una ricca fattoria”, ma non hai un’anima ricca; “Ho vestiti”, ma non hai la benevolenza. Se qualcuno ti avesse affidato un deposito, forse potrei chiamarti ricco? Per niente. Perché possiederesti cose altrui. 365 Grande dardo è la preghiera: gli Apostoli tralasciavano la cura dei poveri per avere a disposizione il tempo per esseri liberi per la preghiera. 366 Tale è la natura delle cose spirituali: crescono distribuendole, si moltiplicano dividendole. 866. Si punire cuperet Deus, taceret; misereri vult, propterea monet; predicando terret te, ne reipsa in pericula incidas. Deus enim cum servare vult, minatur; cum vero silet, statuit castigare (…). Comminatus est Ninivitis, et pepercit: tacuit apud Sodomitas, et punivit367 (id.).
867. Aperi nobis vineam tuam, Domine: tametsi nos circa undecimam oram advenimus, ne succenseas nobis, ut qui tardi fuerimus, Domine, neque mansuetos oculos tuos, humanitatis tuae ianuas claudas; praecedentem nostram negligentiam damnamus; quod non paruerimus laesi sumus; quod dormierimus damnum fecimus: dum oblectamur, naufragium sumus passi; spoliati sumus dum ludimus, ac deludimur, periimus dum rebus vanis animarum recreamus. Vix tandem erigilavimus, vix torporem excussimus, vix quod expediebat, invenimus: vix bellum effugimus: renunciavimus penitus malo; renunciavimus perniciosis mali set otiosis deliciis; salvatori deinceps nos adjungimus soli Deo; excipe confessionis nostrae libellum, ut praefinitam mulctam reformidantes, ea quae pacti sumus, observemus (…). Volumus tua mandata per agere, volumus intra vineam reperiri, volumus ut approquinquantes tibi degere. Cum operarii essemus, toto vitae nostrae tempore male viximus; volumus quod reliquum est bene vivendo traducere368 (id.).
868. Ala orationis eleemosyna est: nisi orationi tuae alam addiderit, minime volat: cum vero fuerit alis praedita anima tua, in coelum evolat369 (id.).
869. Prima ingratitudo superbia est; aufert enim beneficentiae donum: qui enim sese effert, is quasi ipse id quod recte factum est confecerit370 (id.).
367 Se Dio desiderasse punire, tacerebbe; vuole avere misericordia, per questo ammonisce; avvertendo, ti spaventa, cosi che tu non cada nei pericoli per lo stesso motivo. Dio, infatti, quando vuole salvare, minaccia; quando invece tace, ha deciso di castigare (…). Minacciò gli abitanti di Ninive, e li risparmiò; tacque alla presenza degli abitanti di Sodoma, e li punì. 368 Aprici la tua vigna o Signore: anche se noi siamo arrivati alle quattro del pomeriggio, non adirarti con noi che siamo stati lenti o Signore, e non chiudere i tuoi occhi misericordiosi e le porte della tua benevolenza. Riconosciamo la nostra negligenza di prima; siamo danneggiati poiché non ci siamo presentati prima, perché abbiamo dormito abbiamo subito un danno; mentre ci rilassavamo abbiamo fatto naufragio; siamo stati spogliati mentre ci divertivamo e distraevamo, siamo andati in rovina mentre ci dilettavamo lo spirito nelle vanità. A fatica infine ci siamo ridestati dal torpore, a fatica abbiamo trovato ciò che ci giovava; a fatica abbiamo evitato la guerra, abbiamo rinunciato radicalmente al male, abbiamo rinunciato ai piaceri rovinosi ed oziosi del male. Ci uniamo infine all’unico Dio salvatore; accetta lo scritto della nostra confessione, affinchè, timorosi del castigo meritato, teniamo fede a ciò che ci siamo proposti (…). Vogliamo osservare fino in fondo i tuoi comandi, vogliamo essere trovati nella tua vigna, vogliamo vivere come coloro che ti sono vicini. Essendo (ora) operai, ma avendo vissuto male tutto il tempo della nostra vita, vogliamo trascorrere quello che è rimasto vivendolo bene. 369 L’ala dell’orazione è l’elemosina: se tu non avrai aggiunto l’ala alla tua orazione, essa non vola in nessun modo; quando, in verità, la tua anima sarà stata dotata di ali, vola in cielo. 370 La prima ingratitudine è la superbia; porta via infatti il dono della clemenza (disposizione a fare del bene): colui che infatti diventa superbo, costui quasi da sé logora ciò che è stato fatto rettamente. 870. Divinus sermo sicut mysteriis prudentes exercet, sic plerumque superficie simplices refovet. Habet in publico unde parvulos nutriat, servat in secreto unde mentes sublimium in admiratione suspendat. Quasi quippe fluvius (ut ita dixerim) planus et altus, in quo et agnus ambulet et elephans natet371 (San Gregorio Magno).
871. (…) ut nullus dies vitae eius abscenderet, quo non omni potenti Deo Hostiam placationis immolaret. Cui cum sacrificio valide etiam concordabat vita372 (San Gregorio Magno).
872. Audiendo praecepta Dei illuminati non sunt, faciendo illuminati sunt373 (id.).
873. Veraciter orare, est amoris in compunctione gemitus, et non composita verba resonare374 (id.).
874. Quid prodest solitudo corporis, si solitudo defuerit cordis? Qui enim corpore remotus vivit, sed tumultibus conversationis humanae terrenorum desideriorum cogitationibus se inserit, non est in solitudine. Si vero prematur aliquis corporaliter popularibus turbis, et tamen nullos curarum saecularium tumultus in corde patiatur, non est in urbe375 (id.).
875. Tanto fit quisquis uilior Deo, quanto pretiosior sibi: tanto praetisior Deo quanto propter eum uilior sibi, quia humilia respicit et alta a longe agnoscit376 (id.).
876. Iustis initium retributionis est ipsa plerumque in obitu securitas mentis377 (id.).
877. Vera scientia afficit, non extollit; nec superbientes quos impleverit, sed lamentates facit378 (id.).
371 Il discorso divino come esercita ai divini misteri i saggi così riscalda i semplici in superficie. Sa in pubblico come insegnare ai semplici, in privato tiene in serbo da dove tener sospese le menti nell’ammirazione delle cose sublimi. Quasi davvero un fiume, per così dire, piano e profondo, in cui sia l’agnello cammina a piedi, sia l’elefante nuota. 372 (…) così da non finire nessun giorno della sua vita senza immolare al potente Dio il sacrificio di propiziazione. E a questo sacrificio si accordava grandemente anche la vita con l’offerta. 373 Ascoltando gli insegnamenti di Dio non sono illuminati, eseguendoli sono illuminati. 374 Pregare secondo verità è far risuonare, nel dolore, i sospiri dell’amore e non parole eleganti. 375 A che giova la solitudine del corpo se sarà venuta a meno la solitudine del cuore? Chi infatti vive separato dal corpo, ma si mescola agli strepiti della relazione umana con pensieri di desideri terreni, non è nella solitudine. Se in verità qualcuno è fisicamente sommerso dalle folle popolari, e tuttavia nel cuore non fa entrare nessun tumulto delle preoccupazioni dei tempi, non è nella città. 376 Ognuno diventa di poco valore per Dio, quanto più diventa prezioso per se stesso: diventa di maggior valore per Dio, quanto di meno valore per sé nei confronti di Lui, perché guarda le cose umili e riconosce le superbe da lontano. 377 L’inizio della vera ricompensa è per lo più la tranquillità stessa della mente nella morte. 878. Quidquid animo ex praesenti saeculo arridet, ex consideratione aeterni ignis amarescat379 (id.).
879. Primum nobis est exteriora nostra misericorditer ovibus eius impendere. Postremum vero, si necesse sit, etiam mortem nostram pro eisdem ovibus ministrare380 (id.).
880. Nisi Spiritus Sanctus eorum corda repleat, ad aures corporum vox docentium in cassum sonat. Formare enim vocem magistri exterius possunt, sed hanc imprimere interius non possunt381 (San Gregorio Magno).
Correggio, 1 Luglio 1948.
378 La vera dottrina mette in una certa condizione: non esalta, né rende superbi quelli che ha colmato (di sapere), ma li rende desiderosi di sapere di più. 379 Qualsiasi cosa della presente età è gradito all’animo diventerà amaro con la considerazione del fuoco eterno. 380 Prima di tutto dobbiamo spendere i nostri beni esterni in modo misericordioso per le sue pecore. Infine, in verità, se è necessario, dobbiamo dare anche la nostra morte per le stesse pecore. 381 Se lo Spirito Santo non riempisse i loro cuori, la voce dei docenti risuonerebbe a vuoto alle orecchie dei corpi. Infatti i maestri possono emettere la voce esteriormente, ma non possono imprimerla all’interno.
Indice Analitico382
Eucarestia: 1-4-6-12-22-29-36-37-151-252-255-336-337-366-367-
445-470 -471-478. Santa Messa: 2-214-242-251-256-477. Comunione: 3-5-8-9-11-13-14-1516-26-38-39-205-206-207-208-236-
238-239-247-248-250-253-254-258-338-365-479. Verginità (purezza): 10-217-266-272-472-473. Amore a Dio: 17-25-83-98-102-104-106-111-120-131-162-164-174-191-
201-202-216-233-259-261-273-282-326-349-360-368-
390-395-401-408-424-431-454-476-483. Missioni: 18. Maria Santissima: 103-144-145-146-148-203-222-225-228-229-230-237- 244-245-246-268-297-298-309-310-311-312-313-314- 315-316-317-318-319-320-321-322-323-324-325-327- 328-329-330-331-332-333-434. Volontà di Dio: 19-72-73-74-75-355-380-393. Amore ai fratelli (bontà): 21-27-32-50-55-84-85-87-137-213-219-220-224- 240-241-267-277-303-334-340-341-374-409- 410-412-413-414-455-467-482. Meditazione: 20-35-155-275-296-356-357. Abitazione di Dio in noi (Raccoglimento): 24-78-79-152-157-158-181-183- 257-260-399-475. Conoscenza di sé: 98-117. Sofferenza (mortificazione): 26-87-88-89-90-91-95-107-118-119-121-122- 123-124-130-187-188-190-192-194-196-232- 233-234-287-288-289-290-292-293-294-295- 305-308-339-351-362-363-364-378-379-385.
Umiltà: 68-69-70-71-140-161-163-169-213-215-231-276-281-381-
394-411-453. Tempo: 28-30-57-199-286-400. Carattere: 101-221-443. Dio (Amore): 109-141-210-263-370-371-375-388. Fede: 31-120-171-180-204-352-444-465. Santità: 3-56-58-59-62-63-64-65-93-94-105-150-159-175-177-
179-249-262-283-344-350-373-469. Devozione: 272-358. Sacra Scrittura: 189-195-278. Preghiera: 40-41-42-43-61-80-81-147-211-223-299-302-304-420-
463-485. Piccole cose: 181-182-184-185-437. 382 Stilato da don Pietro. Il titolo è stato inserito in fase di redazione. Valore della vita (ideale): 45-47-70-193-198-218-226-300-301-306-307- 335-376-446-447-464.
Giovinezza: 48-178-217-404-405. Santa Famiglia: 209. Gioia: 49-64-65-96-435. Sacerdote: 52-53-66-82-99-100-128-129-139-172-243-279-280-359-
396-406-418. Verità (e Studio della): 111-112-113-114-153-154-264-270-271-347-440- 448-456–472. Breviario: 60-97. Apostolato: 61-77-86-91-92-100-108-110-116-125-126-127-132-165- 166-167-168-173-174-212-265-284-291-345-346-353- 354-417-422. Gesù Sacerdote: 67. Gesù (Modello): 76-89-90-142-235-269-274-343-348-392-401-423-429- 430-431-432-435-441-468-486. Povertà: 133-134-135-136-170. Peccato: 138-176-186-200-425-450-466. Penitenza: 149-227-342-428. Lavoro-studio: 156-384. Festività: 160. Morte (e morte dell’anima): 197-361-458-460-461-462-464.
Martiri: 369. Rispetto umano: 377. Costanza: 382-383-436. Educatore: 397-398-403-406-407-412-413-414-415-416-421. Abitudine: 402. Giudizio di Dio: 426. Pazienza: 437-438. Poveri: 439-442. Natura: 457-459. Silenzio: 484. Mortificazione: 386-387-389-391-392-427-452-476-480-481.
QUADERNO 8 - Crestomazia (1939-1948) – SOMMARIO383
Raccolta di 880 frasi………………………………………………………………………….2-95 Indice Analitico……………………………………………………………………………………….93
383 Inserito in fase di redazione. l titoli sono stati adottati discrezionalmente.
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