07/02/1979 - 251 - Salmo 17 I parte

07/02/1979

Il salmo si può dividere in due parti con un intermezzo.

È un grande salmo, magnifico, uno dei più belli.

Stasera ci fermeremo alla prima parte. È un grande inno di ringraziamento a Dio perché ha fatto delle mirabili opere, perché ha amato come ama un Dio.

Nei grandi personaggi della Bibbia non trovano l’espressione che troviamo qui. Riverenza, onore, fedeltà, adorazione: ci sono a noi dei modelli.

Davide va più in alto, va al vertice. Dice a Dio: “Ti amo”1. Troviamo qui uno dei punti più alti del Vecchio Testamento. Lo ama perché non c’è altra risposta alla sua formidabile azione di amore.

Il salmo si trova anche in Samuele 222. Davide è arrivato, dopo tante traversie, da pastorello a Re di tutto Israele. Ha conosciuto anni di pericolo e di angoscia. È stato tante volte sull’orlo della morte. Un miracolo di Provvidenza. Dio lo ha scelto piccolo e povero. Dio lo ha salvato e lo ha condotto. Nessun merito; solo l’amore, la gratuità dell’amore. Per compiere una tale meraviglia ci vuole il fulgore della sua potenza. È per questo che l’azione di Dio è vista nel simbolo dell’uragano, che incute timore, che tutto piega e travolge in un impeto irresistibile, in una cornice di fuoco e di raffiche3.

È un cataclisma cosmico: la terra trema4, il cielo è sconvolto5, appare il fondo del mare6. Uno sconvolgimento tale che, ponendo il salmo di ringraziamento sulla bocca di Cristo, giustamente si vede la commozione della natura nel Mistero Pasquale. Quando Cristo muore e quando Cristo risorge. È un preannuncio di quando Cristo tornerà nella sua maestà sulle nubi del cielo a giudicare i vivi e morti.

Lo sconvolgimento e il canto di ringraziamento che vengono descritti nell’Apocalisse.

Una grande scoperta dobbiamo realizzare nella nostra vita, e finché non l’abbiamo fatta, la nostra vita non ha il suo senso, non ha la sua forza; scoprire come Dio ci ama, come ama personalmente ognuno di noi e come si interessa di noi personalmente, come vuole essere Padre e amico.

Tutta la Scrittura ce ne dà la testimonianza piena: “Di amore eterno ti ho amato, per questo ti ho conservato la mia bontà” (Ger 31,3); “Con funi di amore ti ho attirato” (Os 11,4).

La più grande manifestazione dell’amore di Dio l’abbiamo avuta in Cristo.

L’amore di Dio è apparso, si è rivestito della nostra umanità fragile perché ci lasciassimo cercare meglio.

“Abbassò i cieli e discese”7. Apparuit benignitas et humanitas Salvatoris nostri Dei (Tt 3,4). “E noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito del Padre pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14). E in questa gloria di amore abbiamo visto tutti gli istanti della sua vita. È questo furore di amore che lo ha portato a Betlemme, anche se in albergo non vi era posto per lui8; che lo ha portato a condividere la sorte dei maltrattati dagli uomini, dei poveri, degli esuli, dei perseguitati. Lui che ha offerto agli uomini la sua amicizia e il suo dono: “Io non vi ho chiamati più servi, vi ho chiamati amici” (Gv 15,15). È il cuore di Dio nella parola di Dio: “Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Ed egli reclinandosi sul petto di Gesù” (Gv 13,23-25); “Gesù amava Marta, la sua sorella Maria e Lazzaro” (Gv 11,5); “Guardandolo, lo amò” (Mc 10,21). Eppure sapeva bene che cosa ci fosse nell’uomo (cfr Gv 2,25).

Ma egli non desiste mai, neppure di fronte al più odioso tradimento, anche nella desolazione più fitta. “La mia anima è triste fino alla morte” (Mc 14,32); “Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo” (Lc 22,48); “Amico, per questo sei qui” (Mt 26,50); “«Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano». Perché s’adempisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato»” (Gv 18,8-9).

Le sue lacrime: Gerusalemme9 e Lazzaro10. La forza dell’Amore divino si presenta come debolezza. Si era presentato come un bambino; un bambino piange perché impotente. La sua impotenza è il suo amore che non vuole castigare.

Ma è l’uragano, ancora, della sua potenza che vince tutto: “Quando sarò innalzato, tutto trarrò a me”11. È la Croce la meraviglia del suo amore. La Croce, strumento di tormento e di infamia, diventa il trionfo dell’amore invincibile. Le anime più elette dell’umanità saranno innamorate della Croce. Regnavit a ligno Deus12. “In niente io mi glorierò se non nella Croce del Signore mio Gesù Cristo”13.

Ed è in questa luce che si può capire la parabola degli invitati a nozze (Mt 2214). Le nozze del suo figlio. Non si può leggere senza una commozione profonda. Lui ci ha voluto dire che il suo amore per l’umanità è così grande che può essere significato un po’ dall’amore di donazione che caratterizza il Matrimonio. Noi non ci crediamo davvero che il Signore ci ama tanto, che è per noi in un dono totale. Il pensare alla forza gigantesca dell’uragano, del ciclone che muove il cielo, il mare e la terra, ci dovrebbe far capire. Ha fatto per noi, ha fatto tutto per ognuno di noi. La violenza del suo amore ha fatto dei prodigi nella nostra vita, e ognuno di noi lo sa. Dovremmo ardere di amore suo. E troppo spesso siamo ben raffigurati da Gesù negli invitati della parabola. L’indifferenza, il rifiuto. Ed è evidente il motivo: siamo occupati in altre cose, in altri amori. Non siamo dei poveri. Facciamo caso mai finta di partecipare alle nozze, ma siamo per questo scoperti in tutta la nostra miseria: “Amico, come sei entrato qui senza l’abito da nozze?”15.

Il richiamo dunque è fortissimo. Arrivare a scoprire l’amore di Dio per noi. Scoprirlo e viverlo. Educarci ad amarlo perché dobbiamo aprire il nostro cuore liberandolo dall’egoismo. Stiamo attenti alle nostre preghiere che non siano mai un’abitudine o una formalità. Devono essere sempre un’accoglienza di amore o una risposta all’amore del Signore.

È nell’Eucarestia dove abbiamo il fuoco dell’amore di Dio. Tutte le leggi sono state sconvolte perché Lui ha voluto essere vicino ad ogni uomo, ha voluto essere l’amico di ogni ora e di ogni sofferenza. L’Eucarestia è la logica suprema dell’amore di Dio che ha voluto porre le sue delizie nell’essere con i figli degli uomini16. Ecco, è lì che dobbiamo guardare, è lì che dobbiamo attingere ogni giorno il rifornimento. L’assemblea liturgica, prima ancora di essere la fraternità che si rinnova nell’amore vicendevole, è convito di amore dove meditiamo la parola di Dio e vediamo le sue meraviglie per il suo popolo e per ognuno di noi.

E così partiamo per narrare quanto buono è il Signore17 e come in eterno è la sua misericordia18.

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