11/03/1979 - 251 - Salmo 21 I parte ritiro giovani

11/03/1979

251. Salmo 21 (I parte)

Ritiro1, 11 marzo 1979

È un salmo profezia. Nella grazia dello Spirito Santo Davide ha visto nella sua vita quello che sarebbe avvenuto al Giusto per eccellenza, al Servo obbediente che avrebbe preso su di Sé l\'iniquità di tutti noi. È molto vitale per noi meditare questa profezia, sentire a quale caro prezzo siamo stati redenti. Lo studio pieno d\'amore della Passione del Signore è fonte di molte grazie.

Prima di tutto viene nel nostro cuore tanto stupore e tanta ammirazione. Quanto Dio ci ha amato, non ha risparmiato il suo diletto figlio. Quanto Gesù ci ha amato perché si è dato tutto in così grandi tormenti. “Non a prezzo di cose corruttibili […], ma con il prezioso sangue di Cristo” (1Pt 1,18-19).

Dobbiamo lasciarci investire da questo amore, dobbiamo lasciarci occupare: Quod potuit gutta, hoc voluit unda2. Troppo spesso non comprendiamo il suo amore, non ne tocchiamo neanche l’inizio. Tutto il Cristianesimo si risolve nell\'amore, e l\'amore ha toccato il suo vertice nel mistero pasquale.

Dobbiamo scoprire quanto amore è stato dato per noi. Noi a questo non pensiamo. Siamo degli smemorati e degli indifferenti. Non abbiamo preso coscienza di questa realtà che è alla base di tutto. Tutte le grazie ci sono venute di qui. Cerchiamo dunque di meditare in questa Quaresima la Passione del Signore passo per passo, prendendo come guida il Salmo 21.

“Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”3.

L\'uomo si è allontanato da Dio. Il peccato è rottura e divisione.

Gesù è venuto a prendere i peccati: “Agnello che prende...”4. Ha avuto il primo tremendo peso di sentire la solitudine da Dio.

Il peccatore ha paura, ha tristezza, ha affanno. Paura di Dio, paura di se stesso, dello scatenarsi delle sue passioni, ha paura degli altri. Ha tristezza, perché si è avvilito, perché ha sciupato i doni di Dio, perché si è immerso nell’egoismo, e ha danneggiato gli altri. Ha affanno perché teme i castighi di Dio e si è reso indegno delle sue grazie. È sull’orlo dell\'inferno.

Mt 26,36; che cosa ha provato Gesù nell\'orto degli ulivi, nella notte del tradimento, davanti ai tribunali, davanti alla piazza, sulla via dolorosa, sulla Croce. L’affanno e la noia del peccato. Il profondo disgusto, la nausea. “Diventato per noi maledizione” (Gal 3,13). Li ha visti tutti i nostri peccati: dai più grandi ai più piccoli, dall’orgoglio all’impurità, dalla bestemmia ai sacrilegi.

Gesù piangeva i peccati non suoi ed era in angoscia e noi che cosa dovremmo fare? Imitare i santi penitenti.

Il suo calice di umiliazione e di dolore. La penitenza vera è il primo passo che noi dobbiamo fare.

A che punto siamo. Le false penitenze e gli atti di dolore fasulli, il nostro moltiplicare i peccati. Conformarci a Gesù per espiare.

“Hanno sperato il Padri”5. Gesù è solo e la sua voce sembra che non sia ascoltata. Le nostre speranze e le nostre delusioni. Che cosa speriamo, che cosa attendiamo dalla vita. La vicinanza agli altri. L\'amicizia. Dobbiamo essere passivi o attivi e fino a qual punto.

Durante la Passione Gesù è come passivo, non fa nulla. Nell\'orto agisce; ai soldati: “Sono io“ (Gv 18,6), guarisce Malco (Lc 22,51), salva i suoi: “Lasciateli andare” (Gv 18,8). Ma poi la sua potenza è come paralizzata, mentre quella dei nemici sembra cresciuta a dismisura.

Diventa «una vittima», non si ribella. Come un agnello6. Non si ribella, si abbandona. “Porga a chi lo percuote la sua guancia, si sazi di umiliazioni” (Lam 3,30) O il testo di Isaia 50,5-6: “Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba, non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi”.

Egli tace sempre: “Gesù taceva”7. Pilato se ne stupiva (Mt 27,14) “Io, come un sordo, non ascolto e come un muto non apro la bocca” (Sal 37,14-15).

Ma la sua è un’apparente inazione. Egli sta compiendo l\'opera più grande, la nuova creazione. Con il suo sangue ci introduce nel Santuario (Eb 9,12). Compie l\'opera che gli ha assegnato il Padre(Gv 17,4). “Sei tu Re?”, “Sì, lo sono”8.

Col 2,9 sq; 1Pt 2,21 sq.

La paura di essere inutili. L\'esagerata stima delle cose esteriori. Non credere nella penitenza, soprattutto quella di tutti i giorni, di tutte le ore, le cose oscure, i doveri noiosi. Cerchiamo una gloria esteriore. Gesù non si difende non perché non possa difendersi. Rinuncia ad ogni affermazione del momento. La penitenza dell\'umiltà.

Non vi è virtù vera senza l\'umiltà, non vi è salvezza, non vi è carità.

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