16/05/1979 - 251 - Salmo 24 II parte

16/05/1979

251. Salmo 24 (II parte)

16 maggio 1979

Al discorso radioso della speranza si può contrapporre quello della ripetizione insistente, noiosa, avvilente, dei nostri peccati quotidiani. Sembra che non vi sia salvezza perché alcune anime sono come avviluppate da una cappa che impedisce le ascensioni. Pesanti condizionamenti, caratteri costituzionalmente difficili, abitudini prese da lungo tempo, spiritualità fragilissime, stanchezze di ambiente, o atmosfera contraria.

Nasce un profondo stato di avvilimento: “La santità è bella, ma non è fatta per me”; “È inutile”; “Sono solo belle parole”. E subentra la rassegnazione alla mediocrità, la rassegnazione al peccato quotidiano o almeno a certi peccati, a determinate fragilità.

Dobbiamo allora ricordarci che non siamo mai da soli ma che Gesù Risorto ci ha donato il suo Spirito che continuamente agisce in noi e con noi. Alla base di molti nostri fallimenti vi è una mancanza di una giusta convinzione: che Dio è al lavoro con noi. Che la forza più grande è quella che chiamiamo «grazia attuale». Ma ci vuole, sì, la nostra collaborazione e l’uso giusto della nostra libertà, ma soprattutto è vitale la grazia che ci aiuti a indirizzarci e ci sostenga.

“O Dio, nostro Padre, suscita in noi la volontà di andare incontro al tuo Cristo che viene”, dice la Liturgia (1 Avvento1); “Nessuno può venire a me, se non l’attira il Padre che mi ha mandato” (Gv 6,44); “Senza di me non potete far nulla”2. È Lui stesso che agisce in noi: sulla nostra intelligenza perché capisca, sulla nostra volontà perché possa avere l’energia.

Dice san Paolo (Fil 2,13): “È Dio che suscita in voi il volere e l’operare secondo i suoi benevoli disegni”. Quindi noi sappiamo che c’è un dono soprannaturale che previene, accompagna o segue le nostre opere. Possiamo riuscire a fare e fare molto perché è presente quest’azione dello Spirito Santo, questo suo speciale concorso. E la preghiera della Liturgia: “Previeni, o Signore, con la tua grazia e accompagna con il tuo aiuto le nostre azioni, affinché ogni nostra opera cominci sempre da te e finisca, cominciata, da te”3.

È Dio continuamente presente e operante nella nostra anima perché ci ama. È luce che ci fa vedere il bene da fare, è forza per attuarlo. Nella lotta non siamo mai soli4.

Vi è una spinta dinamica per tutti e nessuno può dire: “Non ce la faccio, non è possibile”. Una vera pioggia di aiuti cade su di noi: quante ispirazioni, quanti […5] rimorsi, quanti desideri che vengono da Lui fatti fiorire nel nostro cuore. È una cosa mirabile. Se è mirabile la Provvidenza di Dio nel creato, ancora più mirabile è quella del nostro cuore. Dio non lascia nulla di intentato: ci vuole salvi, ci vuole santi. E la sua azione è continua. Noi distratti, indifferenti, insensibili, sciuponi, lasciamo perdere o respingiamo. Ma Dio non disarma di fronte ai nostri peccati, alle nostre ingratitudini, e continua a seminare in noi. Quanta responsabilità.

Dobbiamo ricordare ciò che sta scritto su certi orologi a proposito delle ore che passano: pereunt et imputantur6, passano e non tornano e sono di nostra responsabilità. Misurare questa nostra responsabilità e sapere tutta la forza della grazia.

Dice san Giovanni Crisostomo: “La terra senza la pioggia non produce nulla e la pioggia senza la terra non può dare frutti; così la grazia nulla può senza la volontà e la volontà non può nulla senza la grazia”7. Dio ci ha creato senza di noi, non vuole salvarci senza di noi8. Per non accumulare un debito enorme. È la parabola di Gesù, in Lc 13,6-9, del fico. Quante occasioni di dolcezza, umiltà, pazienza, carità, mortificazioni, perdute ogni giorno. Se tutto dipendesse da Dio tutti gli uomini si salverebbero; è di fede.

Sta a noi cogliere la sua azione salvifica. E dà a tutti in maniera sovrabbondante. Non c’è vizio che possa resistere a tale azione. San Paolo ha descritto il dramma della lotta tra l’uomo vecchio e l’uomo nuovo. Rm 7,21-25: “Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo!”.

La conversione è un dramma grandioso. Questo lo ricordiamo per noi, lo ricordiamo per gli altri. Per noi: a voler capire l’efficacia della preghiera di invocazione. “O Dio, vieni in mio aiuto”9. È tendere a Lui la mano. Questa è tutta la sapienza (Sant’Agostino): sapere che siamo niente, non possiamo niente. La persuasione e la parola del povero, che pone la sua totale fiducia nel Padre, che facendoci suoi figli ci ha dato in Gesù la nostra sicurezza.

“Finora non avete chiesto nulla ecc...”10. È proprio in questa posizione, in Gesù, che la nostra impotenza umana si cambia in forza divina. Lavorare con Dio.

Diceva Lacordaire: “Conosco qualcuno più forte di Dio; è l’uomo che prega: fa dir di sì a Dio, quando ha già detto di no”. Per noi: ricordandoci che cosa vuol dire non confidare: vuol dire perdere tutto, fare fallimento, rendere vani anche i propositi più entusiasmanti.

Un autore medioevale, Riccardo di San Vittore, parla delle cinque sterilità per le anime che abusano dei benefici di Dio.

Sterilità dell’azione, quando Dio toglie la grazia del ben operare.

Sterilità della parola, del pensiero, quando ritira la grazia del ben sentire e ben pensare.

La sterilità dell’affetto quando non dà la grazia di amare come si conviene.

Sterilità d’intenzione quando un’anima, priva dalla grazia di Dio, non si propone che cose vane e sciocche. Quest’ultima è la più terribile, perché guasta tutto il bene che si fa e nulla produce che non sia infruttuoso e inutile.

Dio adopera mille mezzi, che desolazione se rendiamo tutto inutile!

Per gli altri: la conversione e la santità loro va aiutata con un’incrollabile donazione nella preghiera; è un’azione del cuore, cioè del vero nostro amore per gli altri.

La preghiera è uno strumento incomparabile di buone opere.

Se non preghiamo abbastanza, siamo responsabili di tutto il bene che avremmo potuto fare e che non abbiamo fatto. Pregare è agire, potentemente, divinamente. “Mio Dio fate che tutti gli uomini vadano in cielo” (F.). “Sto bene solo quando prego per i peccatori. Esce dal Cuore di Gesù un tale fiotto d’amore che sommerge i peccati di tutto il mondo”.

Preghiamo per i nostri amici quando particolarmente li vediamo in tribolazione, in crisi, perché arrivi loro abbondante l’aiuto del Signore. Stiamo loro vicino con grande senso di comprensione. Non fare le meraviglie, non fare gli scandalizzati, ma prestare loro un magnifico aiuto. Chiediamo nella carità; e allora la preghiera avrà una straordinaria efficacia, perché sarà nell’umiltà di un servizio e nella costanza. Sarà esercizio di quello che ci ha raccomandato Lui. Ha pregato – noi preghiamo –, perché siamo santificati nella verità11.

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