Corso A
103a. Verso una coscienza morale
27 aprile 1981
Abbiamo visto i primi passi di un bimbo verso Dio. Bisogna che man mano lo conosca sempre di più e lo conosca come un Padre pieno di amore e di tenerezza, al quale proprio per questo non è indifferente che i suoi figli facciano cose che li danneggiano e li rovinano. Sta a vigilare perchè i suoi bambini non si facciano male.
Ha già l\'esperienza della sua mamma e del suo papà, che gli proibiscono certe cose perchè gli fanno male; e con qualche caduta ha già fisicamente constatato che hanno ragione, che fa danno il disobbedire.
È facile che il bimbo interroghi spesso perchè Dio non si vede. Che cosa gli si può rispondere se non che Dio è dappertutto e vede tutto e la sua vista sarà il premio per tutta la vita vissuta come Lui vuole? Questa idea di Dio grande, onnipresente, carissimo, dà al bimbo una sicurezza e una tranquillità di base, gli toglie le angosce e le paure e lo avvia al senso della sua responsabilità.
Deve imparare che amare non è solo ricevere ma è donare, che è sforzo per far piacere. Dio non è solo da adorare con le parole ma deve essere ubbidito in tutto quello che dice. Certamente sbagliano quei genitori che rendono troppo facile la vita dei figli, che impediscono ogni sforzo, che soddisfano tutte le richieste. Un Dio che domanda e per rispondergli bene, bisogna fare sforzo.
Importante è partire bene e bisogna partire di qui: è il momento, quando il bambino comincia a capire che non può riferire tutto solo a sé, che non deve concepire il mondo in senso egocentrico. In quel momento dal mondo delle apparenze, in cui uomini e cose sono concepite solo per lui, passa all\'universo della realtà in cui le cose sono vere, oggettive, non più in sua funzione.
Allora bisogna fargli vedere tutte le cose in Dio, che sono create da Lui, da Lui conservate, destinate alla sua gloria. Dio gli deve apparire come Colui nel quale tutte le cose sussistono, non un essere tra tanti esseri. Altrimenti finirà di vederlo come un fantasma tra tante realtà tangibili.
Dio non è un oggetto che si colloca da qualche parte per guardarlo: è una Persona che si accoglie o si rifiuta, alla quale ci si offre o ci si nega. Parlargli di Dio, senza aiutarlo a volgersi a Lui in un primo atto di libera scelta, sarebbe fargli conoscere male Dio.
Che gli servirebbe sapere della sua esistenza se subito non è avvertito che Dio è il suo principio e il suo fine al quale deve rendere e darsi immediatamente? Bisogna fargli capire che Dio ha parlato e che la sua parola è tutto per la nostra vita. Nei genitori deve trovare dei testimoni della parola, perchè i genitori posseggono e vivono nel loro Matrimonio questa parola.
Devono fare capire che il proprio amore verso i figli si motiva al di fuori di loro, in certo senso li supera, perchè si richiama a un altro amore da cui proviene e di cui è segno privilegiato.
Bisogna raccontare loro la vita di famiglia come una storia di salvezza in cui sono individuabili gli interventi di Dio da raccontare. Hanno la missione di essere profeti del quotidiano. Quindi non solo gli interventi biblici che sono lontano, ma la presenza attuale di Dio. Narrare la propria esperienza di fede, una visione globale di fede.
Insegnargli a scegliere nei momenti e nei modi adatti ciò che deve fare per inserirsi in questa storia e far piacere a Dio. Non pesare troppo su di lui per non fargli violenza, tanto più che per lui basta poco, ma nemmeno essere troppo guardinghi e distanti, dicendo che lascia scegliere a lui, senza dargli i motivi della scelta, senza stargli accanto; chiarire la situazione, consigliarlo.
Non abbandonarlo a se stesso, perchè allora non farebbe alcuna scelta, contento di vivere senz’altra preoccupazione. Ci sono cose che bisogna fare agli albori, perchè dopo è molto più difficile.
Diceva san Francesco d\'Assisi: “Chi sei tu, o mio Signore, e chi sono io? Il mio Dio e mio tutto”. È in questo spirito la prima educazione. Non capiranno tutto, ma devono crescere con questa impressione scolpita nel cuore che Dio è qualcosa di grande, che devono ascoltare, che devono cercarlo perché, trovando Dio, trovano tutto e, perdendo Dio, perdono tutto. Sono semi preziosi.
Al senso di Dio corrisponde il senso del peccato che è disubbidienza alla sua legge, pratico rifiuto di Lui come fine della vita. È in grande declino il senso del peccato, perché non si riconoscono i diritti di Dio. Si arriva ad esaltare il peccato come segno ed elemento del progresso, di conquista dell\'autonomia e della libertà; o se ne nega l\'esistenza dichiarandolo concetto superato.
Iniziare al senso del peccato non è cosa facile perchè bisogna evitare tre scogli assai pericolosi:
1) il sorgere degli scrupoli,
2) il formarsi del complesso di colpa, una specie di frustrazione,
3) insegnare loro il male che ancora non conoscono.
Neppure non parlare del peccato per niente, lasciare il fanciullo nella sua innocenza. Non è realistico: innocenza non è ignoranza, e il bambino vive nel mondo, e non è immunizzato.
Non è cristiano, perchè davanti a Dio ci dobbiamo sentire peccatori e fiduciosi di essere perdonati. Ci vuole chiarezza: non si devono fare cose sconvenienti, cose sudicie, fare cose brutte.
Rafforzarlo contro le tentazioni: volontà di bene e fiducia.
Guardarsi dall\'insistere troppo sovente e pesantemente sull\'idea di peccato più a crearne un incubo, qualcosa di incombente e opprimente. Il senso del peccato è una componente dell\'educazione morale e religiosa, ma non deve essere dominante; la bruttezza, il timore del peccato non deve diventare il motivo dominante.
Fin dai primi anni bisogna insistere più sugli aspetti positivi che non su quelli negativi. La certezza della divina misericordia.
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