11/03/1984 - Ritiro di Quaresima Giovani

11/03/1984
Ritiro spirituale tempo di Quaresima
I MEDITAZIONE Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti:  Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti.  Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto ? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1,17-25).  Ecco ciò che ci proponiamo in questo ritiro di Quaresima. Ci proponiamo di avanzare nella Sapienza della Croce, di capire di più, un po’ di più il mistero della Croce, perché la nostra costruzione spirituale non può essere appoggiata a ragionamenti e cose umane, la nostra vita spirituale deve nascere sempre più profondamente nella comunione nostra con Gesù Crocefisso. La Sapienza della Croce, il disprezzo per un altro falso fondamento: il ridurre, il tentativo di ridurre il Cristianesimo ad una forma di apertura umana, di intelligenza umana. No, è lì, nella Croce e solo nella Croce che si svela il progetto di Dio sulla nostra salvezza, sulla nostra redenzione e sulla nostra grandezza.  Dobbiamo capire come sia necessario per noi questa meditazione della Croce, questo entrare nella partecipazione a Gesù Crocefisso, perché troppo spesso siamo portati a vedere le cose da lontano, così, in una sorta di nebbia, ma Gesù si presenta a noi nella attualità del suo dolore e del suo amore.  Possiamo infatti dire: ora Cristo è crocefisso, ora Cristo mi ama, ora Cristo si immola per me, ora Cristo mi cerca con le sue lacrime. Cristo mi dice: «Perché, perché non comprendi la mia sofferenza, il mio amore? Perché mi torni a tradire e sei così languido e sei così freddo e sei così irriconoscente e sei così villano e sei così giuda? Perché?». Dobbiamo educarci ad una meditazione forte, viva, ad una meditazione veramente profonda in modo da poter dire con san Paolo: “Io non so niente, io so solo Gesù Crocefisso; il mondo per me è come sparito, io so solo Cristo Crocefisso” (Cfr. Gal 6,14; 1Cor 2,2), perché in Gesù vediamo il senso di tutta la storia, il senso di tutto quello che si svolge, il senso della sofferenza del mondo intero e del destino dell’uomo.  Il Crocefisso è il punto centrale per capire tutto, altrimenti non capiamo niente del mondo, non capiamo perché si deve soffrire, non capiamo perché Dio permette al male tanta irruenza e tanta rovina. Non capiamo niente né di quello che dobbiamo fare, né il perché i buoni sono conculcati, né perché tu devi fare certe scelte, lasciare certi interessi e rivestirti dell’umiltà e della mansuetudine di Gesù.  Devi allora, con molta fede, avvicinarti alla Passione di Gesù, guardando chi è che soffre, e quanto è grande quel Volto in cui desiderano fissare il loro sguardo gli Angeli: è il Volto del Figlio di Dio, che tu vedi schiaffeggiato, coperto di sputi, rigato dal sangue della corona di spine, dalle sue lacrime! Fissa gli occhi nei suoi occhi. San Pietro si è convertito per uno sguardo, quando là, nel cortile di Caifa, da lontano gli occhi del Signore si sono incrociati con i suoi e allora pianse amaramente (Lc 22,61). Gli bastò.  Guarda il suo Volto, impara quanto ha sofferto! Tu lo sai: uno soffre tanto più quanto più grande è la sua sensibilità, quanto più è grande la sua intelligenza e nel Volto di Gesù leggerai tutta la sua sofferenza interiore, perché era più grande la sofferenza della sua anima che la sofferenza del suo corpo. Soffriva per il peccato, soffriva per le ingratitudini, soffriva per tutta la moltitudine dei peccati che si era preso su di sé, e divenne tale la sua angoscia, che sudò sangue: “Padre, se è possibile, passi da me questo calice, ma non la mia, la tua volontà si faccia” (Mt 26,39). Soffriva di più: dentro di Lui c’era la pena di tutti i peccati, di tutte le forme di iniquità, di tutte le durezze di tutti quelli che non si sarebbero neanche commossi a pensare a quello che lui soffriva, non si sarebbero nemmeno mossi.  Anche tu, anche tu superficiale, anche tu che assisti alla Messa senza neanche ricordarti la Passione, anche tu che resti come un sasso, preoccupato solo di te, preoccupato, anche quando sembri devoto, solo di star bene, solo di fare bella figura; anche quando sembri in devozione è per fare bella figura.  Guarda il volto di Gesù, guarda le sue piaghe, tutto il suo corpo e pensa che ogni piaga grida, ogni piaga è un clamore, il clamore che dice con quanto grado di amore ha fatto questo. “Non c’è amore maggiore”, aveva detto Gesù; proprio così: “Non c’è amore maggiore che dare così la vita” (1 Gv 3,16; Gv 15,12-13). Ecco, allora impara e capisci come, nella fede, devi porti davanti a Gesù. Poni così i tuoi atti, poniti pensando all’amore, pensando al dono e perciò pensando che l’ha fatto per te, per te.  Ma chi sei tu? Chi sei tu da avere il martirio di un Dio? Chi sei tu? Perché in qualche maniera, lo sai, in qualche maniera tu lo hai tradito! L’hai rinnegato come Pietro, lo hai tradito come Giuda; con la tua vita stolta hai ripetuto le parole urlate in piazza: “Crocifiggilo! Crocifiggilo! Il suo sangue cada su di noi. Crocifiggilo!” (Mc 15,13-14; Mt 27, 25). Pensa quanta riconoscenza devi avere, quanto senso di amore, quanta ammirazione, quanto desiderio di corrispondere, quanta voglia di romperla con una vita insipida, di romperla finalmente con tanta indifferenza e con tanta freddezza! Pensaci. Allora dobbiamo proporci questa meditazione con un lavoro forte, con un lavoro sistematico, particolarmente il lavoro sistematico di questa Quaresima, da poter raggiungere questo frutto: con questa Quaresima entrerò veramente nella scienza della Croce, capirò un po’ di più Gesù.  Per far questo ogni giorno te lo devi proporre. Ogni giorno poniti davanti al Crocefisso, alla sua immagine e dimentica ogni preoccupazione di altre cose. Sii rigido, ci vuole lo sforzo di molto silenzio.  «Io – deve dire ognuno – io dimentico anche le cose che sono buone ma mi distraggono, per il momento le dimentico. E prego la Madonna che mi dia l’intelligenza e poi, ecco, mi metto a riflettere su quanto ha sofferto il Signore in quel determinato episodio della Passione. Poi cerco di leggere il suo amore, cerco di capire come Lui ha voluto dirmi la sua infinita carità e come tutta la mia vita cristiana deve essere così nell’amore, come la mia vita cristiana vale secondo l’amore che esprime, come sono chiamato ad accettare i miei dolori, le mie privazioni, che capirò quanto sono piccole perché il Signore mi dirà: “Al mio dolore e al mio amore per il mondo devi aggiungere la tua parte”, secondo sempre l’insegnamento di san Paolo: “Compio nel mio corpo ciò che manca alla Passione di Cristo” (Col 1,24). Io allora capirò che la Passione di Cristo deve avere un prolungamento in me, che anch’io devo accettare le mie privazioni, le mie lotte, le mie difficoltà per la santificazione mia e per la santificazione di tutto il mondo. Gesù Redentore mi invita a partecipare alla Redenzione, a farmi anch’io redentore». Meditare sulla Passione di Gesù non è estraniarsi dai problemi del mondo, non è dimenticare le angosce di chi muore di fame, di chi è ucciso, di chi soffre in maniera indicibile; è proprio capire e partecipare nel senso giusto, nel senso di Gesù, nel vero senso, perché la partecipazione non è nel senso parolaio ed esteriore e clamoroso, ma è proprio una vera offerta, una vera donazione insieme a Gesù, insieme a Gesù perché Gesù ce ne ha dato l’esempio mirabile, bellissimo.  Questa meditazione dà prima di tutto il coraggio, perché molte volte nella nostra vita spirituale ci manca un elementare coraggio, ci sgomentiamo delle difficoltà, ci sembra di essere soli, ci sembra di battere l’aria e di non costruire, ci sembra che tutto vada male e che tutto si rovini.  Il Signore con la sua Passione ce lo dice: se ci uniamo a Lui nella volontà del Padre niente cade invano, se ci uniamo a Lui tutto è possibile; se ci uniamo a lui. Ognuno di noi nel suo campo, ognuno di noi nei suoi problemi, ognuno di noi nelle sue particolari difficoltà, ognuno di noi è un prolungamento di Cristo, perché è membro del suo Corpo Mistico e le nostre sofferenze diventano le sofferenze di Cristo. Quando noi soffriamo, è Lui che soffre in noi e dà valore alla nostra sofferenza ed è Lui che vince nelle tentazioni, è Lui che supera tutte le difficoltà. Allora capiamo quanto coraggio ci arriva e come quello che prima ci sembrava impossibile, insormontabile, è vinto, è trionfato. Oh, si, ci deve caratterizzare proprio il coraggio! Si scateni la tentazione, irrompa beffardo Satana, troverà che noi siamo corroborati dal Sangue del Signore, perché nel Sangue del Signore c’è la nostra fiducia, il nostro abbandono, la nostra vera gioia. E col coraggio trionferà la speranza, sicuri che anche l’avvenire è nelle mani del Signore e che, se il Padre ci ha così amati da dare per noi il suo Figlio Unigenito, non ci lascerà mancare le altre cose. La speranza allora diventa gigante, proprio perché Lui ha pagato per noi e ha pagato perché noi potessimo partecipare alla sua Resurrezione. Lui ha pagato perché noi, dopo la nostra prova, possiamo entrare in una pienezza di gioia e di gloria. La speranza cristiana diventa magnifica.  Coraggio, speranza e, terzo punto, umiltà. È l’umiltà di capire bene come tutto viene da Lui e tutto viene per i meriti della sua Passione. Tutto viene da Lui e perciò l’orgoglio è una stupidità, l’orgoglio che dice e crede di riuscire con le proprie forze, di realizzare per i propri meriti, è una stupidità. Restiamo nell’umiltà, per cui sappiamo che il Signore si china particolarmente su chi è povero, misero, che non si fida di se stesso, che resta nell’invocazione continua, nell’invocazione di amore, nell’invocazione che sa quanto Lui è buono. Quanto Lui è buono!  E, infine, ecco il frutto prezioso della contrizione dei nostri peccati, quella contrizione profonda, viva, quella contrizione che ci strappa le lacrime e ci strappa la penitenza anche lunga e anche dura, perché se i nostri peccati ci appaiono gravi e incredibilmente odiosi, sappiamo che ne dobbiamo avere un dolore sommo e che il Signore ce li perdona! Ce li perdona. Lui è tanto buono, e ce li perdona; anche i ripetuti, anche i tradimenti ce li perdona, ma non per questo dobbiamo essere meno addolorati né dobbiamo fare meno penitenza. Dobbiamo a tutti i costi purificarci. La Passione del Signore è un grande mezzo per poter entrare in quelle disposizioni che ci valgono proprio una vita nuova, una vita santa, una vita ricca d’amore. La conclusione allora può essere sintetizzata così: vedere, prima di tutto, come finora abbiamo meditato la Morte e la Passione del Signore, e voler fare a tutti i costi un grande progresso; secondo, voler prendere la Passione del Signore come mezzo per la nostra santificazione e per la nostra salvezza; terzo, voler partecipare alle intenzioni di Gesù: la salvezza del mondo, la salvezza di tante anime, la redenzione di tanti che rischiano l’inferno. Noi stiamo a perdere tempo e delle anime possono precipitare nell’inferno! Attraverso la Passione di Gesù voler capire la sostanza del Cristianesimo, che è amore e amore di redenzione.  Edificare, infine, nella Messa la nostra vera meditazione della Passione di Gesù, perché la Messa rinnova la Croce del Signore.   II MEDITAZIONE Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa” (Gv 19,25-27).  Dobbiamo accogliere il dono di Gesù, avere Maria come nostra Madre ed essere veri suoi figli, perché solo così possiamo veramente capire Gesù, capire i suoi dolori e la sua morte. È la Madonna il nostro modello e la nostra maestra. È con la Madonna che noi possiamo partecipare bene al Calvario di tutti i giorni, che abbiamo nella Messa, perché ogni giorno noi stiamo presso la Croce di Gesù, ogni giorno. E purtroppo è così distratto il nostro cuore, è così vuota la nostra mente che il dramma del Calvario non ci sfiora nemmeno.  È nello spirito vero della devozione alla Croce che noi dobbiamo farci aiutare dalla Madonna, perché Lei ha sofferto, ha sofferto in maniera incredibilmente grande. Dopo Gesù è quella che ha sofferto di più. Era così unita a Gesù, che tutto quello che toccava Gesù, toccava anche Lei. La spada, che aveva profetizzato Simeone, ha proprio colpito tutta la sua anima; pur non avendo avuto il corpo lacerato, giustamente è chiamata «Regina dei martiri», la Regina. Ha sofferto di più, ha sofferto in maniera che il martirio terribile, che leggiamo di tanti santi, non è paragonabile a quello che ha sofferto Lei con così profondo amore. Lo sappiamo: non conta tanto il soffrire quanto l’amore con cui si soffre, e l’amore, con cui soffriva la Madonna, immaginiamo quanto fosse grande: era l’amore di obbedienza al Padre celeste. Era unita a Gesù sacerdote e offriva totalmente, offriva serenamente, offriva umilmente il suo Gesù. Lo aveva offerto al tempio nella Presentazione, lo offre ora con tanta fede, con tanta generosità. Dobbiamo allora capire la Passione della Madonna. I misteri dolorosi sono anche i misteri di Maria, sono i misteri di colei che, per la salvezza del mondo, donava tutto, donava quel tesoro, il più grande e inimmaginabile, del suo Gesù, perché noi potessimo essere giustificati, noi potessimo avere la pace nel cuore, l’amicizia con Dio e tutti i frutti di bene. Lei ha saputo offrire. Lei ha visto morire Gesù e si è unita in una unità completa. L’amore. La «fons amoris» dice lo Stabat Mater, la «Fonte dell’amore» diventata così per tutta la Chiesa è la sorgente alla quale andare, la sorgente dell’amore, di quell’amore che dobbiamo saper imparare.  La devozione alla Madonna è una devozione molto forte, è una devozione che ci edifica, che ci trasforma, perché ci porta nel Cuore stesso di Gesù, ci porta in Gesù e noi dobbiamo lasciarci plasmare ed educare passo per passo, situazione per situazione, impegno per impegno. Noi dobbiamo lasciarci lavorare dalla Madonna con molta umiltà, perché possiamo essere veramente sensibili e continuativi e perseveranti, perché possiamo così avere il senso delle proporzioni. È questo che dobbiamo desiderare e dobbiamo con tutte le forze conquistare: dare al Signore la parte che gli spetta nella nostra vita, non togliere dalla sua volontà neanche un momento, neanche un’azione, neanche un respiro dell’anima nostra.  Dare. È ciò che ci insegna la Madonna: saper dare. Abbiamo sempre paura di restare poveri, abbiamo sempre paura di defraudare la nostra vita di qualcosa e, in questa maniera, la rendiamo qualcosa che assomiglia ad uno scarabocchio, un groviglio di cose mal combinate e mal messe.  Primo insegnamento della Madre Dolorosa è questo: non avere paura di dare. Cos’è che non hai dato al tuo Dio? Cos’è che da tanto tempo il Signore ti chiede e tu fai il sordo? Cos’è che, negando al Signore, interrompe la catena delle grazie? Non sa che se tu non dai, fermi la sua azione? Hai bisogno di imparare da Maria, Madre Dolorosa, questa scienza perfetta del dono; devi saper dare, devi saper offrire senza esitazione e senza rimpianti, devi sapere che il segreto della tua gioia è proprio non nel pasticciare, nell’essere gretto, ma nel dare senza calcolo. Butta via tutti i calcoli che ti ingombrano! Buttali via! Non ti servono. Ti serve essere come la Madonna che ha seguito Gesù e lo ha seguito sempre da Betlemme al Calvario; sempre! Lei non si è ritirata e ha voluto essere ai piedi della Croce e ha voluto condividere tutto con Gesù, tutto; ha accolto anche il desiderio ultimo di Gesù che noi fossimo suoi figli, poveri figli così peccatori, così miseri, al posto di Gesù. Lei ci ha accolto, Lei ha detto di sì, Lei nella persona di Giovanni è diventata la Madre di tutti gli uomini, è diventata la Mediatrice di tutte le grazie. La seconda cosa che dobbiamo imparare è la bontà della madre, perché la Madonna è diventata davvero mia madre. Ognuno di noi la deve sentire così. È diventata madre col dolore, nel momento sommo del dolore. A Eva era stato detto: “Avrai un figlio con sofferenza” (cfr. Gen 3,16). La Madonna non era in quell’onda di castigo, ma ha accettato ugualmente di generarci nella sofferenza, di generarci così, nella totale donazione di Lei, che aveva il cuore purissimo e per questo larghissimo.  Sentire la Madonna madre e sentirla maestra, perché sia Lei che ci insegni come partecipare alla Messa. Dobbiamo vivere le nostre Messe uniti alla Madonna, domandando a Lei-madre la grazia dell’intelligenza, dell’amore, chiedendo a Lei-Maestra quali devono essere i nostri atteggiamenti, come deve essere il nostro cuore, come si deve occupare la nostra mente, come possiamo davvero andare oltre quella che è la parte esteriore, quella che è la parte nella quale più facilmente ci fermiamo.  C’è un modo di partecipare alla Messa che è fanciullesco: il canto di una canzone, l’attenzione esteriore, vaga ad una frase, e via si arriva a Comunione; si ripetono sempre le stesse cose, si è vaghi e distratti e quella è la nostra Messa. Dalla Madonna dobbiamo veramente ottenere questo meraviglioso regalo di partecipare ai quei sentimenti, che aveva ai piedi della Croce. Dobbiamo accogliere questo meraviglioso invito: essere suoi discepoli, suoi umili ma costanti discepoli.  La Quaresima ci deve lasciare un segno particolarmente nel nostro modo di partecipare alla Messa, nel nostro modo di fare la Comunione, di prepararci e di ringraziare. Bisogna che sentiamo come l’assemblea liturgica ci unisce strettamente alla Madonna. L’assemblea liturgica ci rende comunicanti in modo specialissimo con Gesù e Maria ed è proprio per questo che dobbiamo avere molta fiducia e dobbiamo mettere molto impegno, nello sforzo generoso di arrivare ad una vera maturità della nostra devozione. Entrare nella Messa come si entra nel Calvario. Entrare nella Messa con la Madonna, perché sul Calvario c’era Lei, entrare a ricevere Gesù, il Pane del sacrificio, il Corpo immolato per noi, con gli stessi sentimenti con i quali la Madonna ha trattato Gesù.  Oh, proviamo ad immaginare un po’, anche se non riusciremo a farlo fino in fondo, quanto amore, quanta purezza, quanta umiltà, quando desiderio, quanta riconoscenza, quanta consolazione Maria dava a Gesù! Com’è il nostro amore nella Messa? Com’è la nostra purezza di preparazione alla Messa e alla Comunione? Com’è la nostra fede? Com’è la nostra umiltà? Com’è la nostra riconoscenza? Se constateremo uno stato fallimentare, avremo bisogno di una vera, grande riforma. Nello Stabat Mater diciamo questo: “Configgi le piaghe del Crocefisso fortemente nel mio cuore”. Abbiamo bisogno della riforma che solo Lei può fare. Se vogliamo imparare a leggere il Crocefisso, a prendere dal Crocefisso, a vivere la Messa, dobbiamo prendere tutto da Lei. Abbiamo bisogno di educarci, di educarci e di trasformarci. Allora ne vengono alcune conseguenze. Prima: rivedere i misteri dolorosi. Come li meditiamo durante il Rosario? Ci facciamo veramente aiutare dalla Madonna per entrare? Seconda: cercare di avere l’intelligenza del compito della Madonna. È nella Chiesa come maestra e come madre. Dobbiamo sapere che è pronta per noi come madre; una madre corregge, una madre ha la pazienza e Lei ha pazienza! Ha ricevuto inoltre l’incarico dal Signore di essere la maestra dell’amore. Terza conseguenza: rivedere l’impostazione che diamo alla partecipazione alla Messa come rinnovazione del Sacrificio di Gesù. La sentiamo così la Messa o ci fermiamo a molta esteriorità? Infine dobbiamo insistere sulle singole parti della Messa. All’inizio, ci pentiamo dei nostri peccati; la Madonna ha saputo, in una maniera tremenda, che cos’è il peccato, perché il peccato ha tormentato e ucciso Gesù. Lei, che non ha mai conosciuto il peccato, ha visto però tutta la tragedia del peccato. Pentirci con il suo aiuto, invocare la sua mediazione, ascoltare la Parola come ha saputo ascoltarla Lei. La sua apertura, la sua intelligenza! Come ha saputo offrire, come ha saputo mettersi disponibile! Come ha seguito Gesù! Come è stata colei che più di tutti ha saputo consolare Gesù! Ecco la nostra comunione con Gesù in Maria, perché “desidero stare vicino alla Croce con Te, desidero questo” (Stabat Mater). Desidero questo e perciò voglio modificare tutto il mio atteggiamento se è stato troppo superficiale, troppo leggero. La Vergine Santa ci aiuti, perché in questa Quaresima possiamo fare un gran passo nella nostra spiritualità.
CODICE 84C2R0935
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 11/03/1984
OCCASIONE Ritiro di Quaresima
DESTINATARIO Gruppo giovani
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI La Passione, la Sapienza della Croce
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
    tra la vita delle persone, condividendo tutto. 
    In fondo, forse, è il segreto più prezioso che ci ha svelato.”
    Umberto Roversi

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