I MEDITAZIONE
Primo libro dei Re cap. 19; l’episodio di Elia nel deserto: “Elia si alzò e se ne andò per salvarsi. Giunse a Bersabea di Giuda. Là fece sostare il suo ragazzo. Egli si inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire, disse: “Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri”. Si coricò e si addormentò sotto il ginepro. Allora, ecco un angelo lo toccò e gli disse: “Alzati e mangia!”. Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi tornò a coricarsi. Venne di nuovo l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: “Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino”. Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb” (1 Re 19, 1-8).
La traccia della nostra Quaresima è segnata qui: vuol essere in un deserto, vuol essere un cammino, un cammino reso possibile ed efficace con del pane, scoprendo il pane della fede, il pane della vita, il pane della forza e vogliamo arrivare al monte di Dio, la Pasqua.
Vorrei che noi insistessimo molto in questa Quaresima in un ordine ben preciso, direi in un ordine dinamico: noi dobbiamo capire che se Gesù è restato nel Santissimo Sacramento c’è restato per amore, un amore che non ha eguali, che non ha paragoni. È restato per amore e l’amore vuole il nostro bene, vuole la nostra costruzione, vuole che noi ci sforziamo di andare avanti, di camminare.
Una vita spirituale non è qualcosa di statico, una vita spirituale è qualcosa che è tutta movimento, è tutto superamento, è tutto superamento perché è salita: è per definizione un’ascesi, cioè uno sforzo, uno sforzo per renderci più degni di Dio, più degni della grazia che ci ha donato abbondantemente.
Io vorrei che ognuno di voi sentisse come la prima impostazione della Quaresima è un’impostazione di movimento, un’impostazione che parte da una critica, da una critica di se stessi. Tendiamo sempre a calare, tendiamo sempre verso una posizione di quiete, tendiamo sempre, come dicevo questa mattina, a minimizzare, a fare poco.
La Quaresima è un invito a studiare le proporzioni che deve necessariamente avere un’anima che ha scoperto che cosa è Dio e quali sono le esigenze di Dio, che Dio è l’assoluto, Dio è l’infinito e le sue esigenze sono assolute. Sottolineiamo la parola “assolute”: non si può servire Dio a metà, non si può dare a Dio le briciole o dargli un tozzo di pane come si può dare a un mendicante che viene alle porte. Le esigenze di Dio sono assolute: pensiamo, pensiamo alla nostra preghiera, pensiamo alla nostra carità, pensiamo alla lotta contro i nostri difetti, pensiamo all’esecuzione dei nostri doveri. E chiediamoci in verità se abbiamo risposto a Dio con un’assoluta generosità almeno nelle intenzioni, almeno nello sforzo; sappiamo che la riuscita è sempre, purtroppo, relativa perché siamo deboli, perché abbiamo tanti pericoli, perché abbiamo tante insidie, ma lo sforzo sì, l’intenzione sì.
Non si può venire a patti con la parola del Vangelo, non si può, non si può. Vorrei ripetere fino a diventare noioso: non si può. Se ti accontenti di qualcosa e basta ti devi vergognare: tu dici di amare Dio e non lo ami, tu dici di servirlo e non lo servi. Sai come si chiamano quelli che fanno così? Si chiamano ipocriti! Pigliati fuori quello che il Signore dice agli ipocriti. Ai peccatori pentiti il Signore ha aperto sempre il cuore: “Oggi è venuta la salvezza in questa casa” ha detto a Zaccheo e alla peccatrice ha detto “ti sono rimessi i peccati” e poi ha soggiunto a Simone “vedi, tu non mi hai usato le cortesie, ma lei sì: con le sue lacrime ha bagnato i miei piedi e con i capelli me li ha asciugati. Dovunque sarà predicato il Vangelo sarà citata questa donna” e al ladro in croce ha detto “oggi sarai con me in Paradiso.” Ma agli ipocriti, ai farisei Gesù ha detto parole che dobbiamo sempre portare dentro di noi come qualcosa che non ci lascia pace: “Guai a voi”, “guai a voi, farisei ipocriti, perché siete come sepolcri imbiancati.” Di fuori sembrano belli: già, il buon ragazzo, la buona ragazza. Ma, come sepolcri, dentro siete pieni di marciume, di cose morte, imputridite, dove si moltiplicano tutti i germi della putrefazione.
Noi dobbiamo temere queste parole del Signore, noi che abbiamo tanta abbondanza dei suoi aiuti, noi che partecipiamo così spesso alle liturgie, noi che abbiamo tanti particolari lumi, illuminazioni.
Dunque allora scuoterci, buttare via ogni stanchezza, fare una Quaresima che segni veramente il tipo di una vita nuova. Ascolteremo Paolo nel giorno di Pasqua dirci: “buttate via il vecchio fermento, la pasta vecchia, siate un pane azzimo nuovo”, avremo l’invito cioè a realizzare una pienezza di vita di Cristo, una giovinezza di vita di Cristo, una primavera che segni la grazia di Cristo.
Ma la primavera non s’improvvisa: ecco perché è data la Quaresima. La Quaresima deve preparare la Pasqua: nella Quaresima tu devi compiere il miracolo, tu devi porti decisamente in Cristo, cioè tu devi lasciarti permeare dal Cristo, dalla sua forza.
In questa Quaresima vorrei che noi ci richiamassimo quindi al movimento logico. La costituzione del Concilio sulla liturgia al numero 109 dice che la Quaresima deve avere una duplice intonazione: ci deve disporre alla celebrazione del Mistero Pasquale mediante il ricordo del battesimo e mediante la penitenza. Capite allora il movimento come dev’essere, questo movimento e questa risposta a Dio che è l’assoluto? Il ricordo del battesimo e la penitenza, cioè il cristiano deve prendere coscienza della sua condizione e che la sua condizione è che è innestato nel Cristo, cioè deve ricordare che non basta essere in qualche modo buono, che non basta essere in qualche modo saggio, che non basta avere qualcosa per cui puoi piacere agli altri.
Essere innestato al Cristo dice che non puoi considerare il battesimo come una memoria di un fatto lontano, ma lo devi ritenere un evento che è presente nel tempo, che caratterizza, che radicalizza il tuo comportamento, il tuo essere e il tuo operare. Non devi essere niente di diverso da quello che Dio ti ha fatto: Dio ti ha fatto battezzato, ti ha tornato a creare nel battesimo.
Tu devi cercare dunque la tua identità cristiana.
Vorrei che ci appoggiassimo in questa riflessione su un testo famoso:
“Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito. Ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace. Infatti i desideri della carne sono in rivolta contro Dio, perché non si sottomettono alla sua legge e neanche lo potrebbero. Quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio.
Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se Cristo è in voi (ecco la condizione del battezzato), il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione. E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
Così dunque fratelli, noi siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo la carne; poiché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete.
Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!”. Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
Che diremo dunque in proposito? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come sta scritto:
Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno,
siamo trattati come pecore da macello.
Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8, 5-17; 31-40).
Evidentemente dunque vivere incorporati a Cristo è vivere secondo il suo Spirito “Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8, 29).
La conformazione a Cristo nella gloria presuppone la conformità nella grazia data attraverso il Battesimo e l’Eucarestia. Ed è alla passione di Cristo che tendono a incorporarci: il battesimo in una maniera iniziale, l’Eucarestia in una maniera completa. Il battesimo ci inizia alla profondità del mistero di Cristo, la grazia che comunica è una partecipazione di quella che per redimere e salvare il mondo ha spinto Gesù nella sua passione, morte e risurrezione. Esso produce in noi gli stessi effetti che ha fatto in Gesù, perché dice ancora l’apostolo che “se noi siamo immersi nella sua morte lo saremo anche nella sua risurrezione”.
Potete prendere altre citazioni che vi raccomanderei di meditare: Rm 6, 3-8; Fil 3, 10; Col 2, 12-13; Col 3, 3; Gal 3, 27; 2 Tm 2, 11-13.
Insomma, tutto l’itinerario della Quaresima reclama in noi la morte dell’uomo vecchio e la nascita dell’uomo nuovo, di un vero membro di Cristo. Le esigenze dure, dure (noi non diminuiamo la parola), alle volte anche terribili di questo itinerario noi le dobbiamo abbracciare volentieri, perché è tutta una concezione di vita che dobbiamo adottare, è tutto uno stile di vita. Voi dovete perdere tante idee che avete sentito e che sentite ripetere, voi dovete rigettare le idee del mondo.
Nel battesimo voi avete ricevuto il seme che adesso dovete fare sviluppare.
Perciò cosa vi aspetta?
Vi aspetta la piena consapevolezza che siete figli di Dio e che un figlio di Dio, logicamente, deve pensare, deve parlare, deve trattare da figlio di Dio. Dovete prendere coscienza che col battesimo siete diventati tempio dello Spirito Santo. Gli altri hanno solo la loro testa per agire, gli altri hanno solo le loro idee che casomai hanno raccattato qua e là, gli altri hanno forse solo talvolta dei pregiudizi: ma noi abbiamo lo Spirito Santo, abbiamo lo Spirito Santo (avete sentito il testo di Paolo) che ci guida, che ci indirizza, che non è una parola, ma è un fatto, un grande fatto, che dobbiamo credere con tutta la forza della nostra anima. Nell’anima in grazia abita lo Spirito Santo e ci guida: ci guida nella preghiera, ci guida nella visione del mondo e ci dà il senso e il gusto delle cose. E’ lo Spirito Santo!
Noi dobbiamo cioè, in questa Quaresima, sondare quelle che sono le imperscrutabili ricchezze di Cristo. Vi ricordate come S. Paolo ripete spesso questa ricchezza che c’è nel Cristo.
Nel dinamismo vostro quaresimale andate al vostro battesimo, guardate queste ricchezze meravigliose: non vi si domanda altro che vivere quello che siete e dovete costruire la vostra personalità vera. C’è chi si costruisce una personalità vera e c’è chi si costruisce una personalità falsa: noi non possiamo giudicare gli altri, ma l’impressione l’abbiamo che moltissimi si costruiscono una personalità falsa, falsa perché è contro quello che sono, è contro quello a cui dovrebbero tendere, è contro tutta quell’armonia che Dio ha instaurato mediante il mistero pasquale di Cristo. Vanno avanti così, così, sembrano dei pezzi di un vaso rotto messi insieme alla meglio.
Io vi dico: un’istanza necessaria è la vostra vera personalità che come cristiani si realizza evidentemente solo in Cristo e nello spirito di Cristo. Non si realizza altrimenti. Si realizza allora in una logica ben precisa, si realizza allora in un indirizzo ben determinato: fuori di questo è buio, è buio e nel buio non si sa dove si va a finire. Se un cieco guida un altro cieco vanno a finire tutti e due nella fossa e il Signore ha detto: “Chi segue me non cammina nelle tenebre.”
C’è poi il vostro battesimo con tutta la sua dimensione sociale: il battesimo è il grande sacramento della nostra socialità. Voi siete un corpo solo, il battesimo è nell’ordine dell’unità: ci unisce al Cristo e ci unisce tra di noi, costruisce veramente la nostra vera posizione sociale. Siamo in Lui, siamo con Lui, i nostri doveri li sappiamo da Lui, il nostro amore viene da Lui. E’ illusorio, sottolineo, è illusorio ogni altro amore che non porta il timbro di Cristo, è illusorio. Gli uomini immersi nell’odio, immersi nei contrasti sociali, immersi in un clima di violenza, cercano disperatamente dei motivi di amore, li cercano disperatamente, cercano dei motivi per poter almeno stare insieme, dei motivi per soccorrere quelli che sono i più disgraziati: ma quanta fatica inutile se non vanno nel Cristo, se non vanno e non sentono in Lui.
Ora avrei la seconda parte ma sono stato troppo lungo: la parte dell’Eucarestia. Ma la farò nel pomeriggio.
Fermiamoci alla parte concreta e pratica, a un esame di coscienza, perché il ritiro non ha lo scopo di istruire, di lezione, ma ha lo scopo d’edificare. E’ quindi giusto l’esame di coscienza. Un esame sull’incidenza del battesimo nella nostra vita di ogni giorno.
Come fino ad adesso lo abbiamo ricordato? Memorizzazione del battesimo. Come fino ad adesso abbiamo cercato di viverlo nelle sue istanze fondamentali? Come lo abbiamo apprezzato? Come abbiamo voluto far tesoro?
Insisterò ancora su questa tematica, battesimo e Eucarestia, tanto più che quest’anno noi abbiamo l’anno del battesimo e quindi dovremo insistere molto su questo, perché se è l’anno del battesimo, per le note ragioni, non solo i genitori o gli amici dei genitori, ma tutta la comunità deve prendere coscienza profonda del battesimo, del valore del battesimo, del battesimo in relazione all’Eucarestia e dell’Eucarestia in relazione alla passione.
Allora l’esame vostro di coscienza deve partire così: esiste in me una certa pigrizia e se esiste quali sono le cause? In me esiste una certa discontinuità, un’altalena penosa tra momenti di fervore e stanchezze più lunghe, una penosa altalena per cui le confessioni vengono ad essere un ritornare faticosamente in propositi nei quali non si crede più, non si crede più perché sono stati posti tante volte e poi la confessione diventa una cantilena (vorrei dire una parola più offensiva, ma spero che nessuno di voi si senta nel caso), una penosa filastrocca; le filastrocche ripetono sempre le stesse cose, sempre le stesse cose, è noiosa. Se è così, non è forse perché c’è mancato il dinamismo che viene dal sentire il battesimo come sacramento presente, come grazia operante, come continuità dell’amore di Dio che realizza sempre la sua paternità su di noi? Dio, che ogni giorno è nostro Padre, ogni giorno ci dà l’abbondanza del suo Spirito, ci dà la gioia di essere insieme, tutti, a Cristo, al gioia di essere nel Corpo Mistico. Chiedetevi se deriva da questo, perché alle volte si dice, si dice ma poi si resta vuoti. Ma la pienezza che è in noi dev’essere vista così come un dono perenne che richiede una perenne risposta.
Non c’è niente di più bello che vivere questa vita di figli di Dio, che vivere questo amore abissale del Signore. Non c’è nulla di più bello, non c’è nulla di più bello! Come dobbiamo combattere le nostre passioni, i nostri difetti, il nostro ricascare in cose che ci avviliscono, in miserie di cui dobbiamo arrossire.
Vivere da figli di Dio: la quaresima vissuta così! Vivere sicuri che Lui non ci chiede nulla d’impossibile perché le cose che ci chiede le ha già fatte Lui e ci ha assicurato la sua presenza. C’è una parola che non sonderemo mai abbastanza: “Egli (il Padre) ci ha dato Gesù come compagno, come amico di ogni nostra ora.” E S. Paolo, nel testo che abbiamo meditato dice: “Egli è il primogenito di molti fratelli”. E’ nostro fratello. Se accampiamo delle scuse sono le scuse del nostro egoismo, sono miserevoli scuse della nostra meschinità.
Allora dovete vedere seriamente cosa vi domanda il Signore, l’idea forte che dovete assolutamente approfondire durante questi giorni. Direi che dobbiamo essere in quest’ordine: basta la mediocrità, basta essere mezze figure, mezze figure, dei linfatici, basta. Dobbiamo con tutte le nostre forze andare incontro a Cristo Signore, con tutte le nostre forze dire il nostro sì rinnovato. Non come le altre volte, se c’è chi deve dire così: no, no, no, basta.
Il Signore ci viene incontro: vai incontro al Signore perché il Signore ti vuole bene.
II MEDITAZIONE
“Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”. Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga. Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.” (1 Cor 11, 23-29).
La relazione tra il battesimo e l’Eucarestia si può definire così: un’incorporazione a Cristo iniziale nel battesimo, nell’Eucarestia un’incorporazione plenaria. Ciò che il battesimo ha iniziato l’Eucarestia completa, ci fa entrare nella passione del Signore, ci incorpora più intimamente al suo sacrificio redentore.
Abbiamo visto il racconto: la passione inizia quando Gesù istituisce l’Eucarestia e la dà ai suoi discepoli. “Questo pane offerto è corpo offerto per voi, questo sangue è sparso per voi”.
Ecco perché “ogni volta che voi mangerete questo pane annuncerete la morte del Signore”: annunciare, cioè entrare più profondamente nel suo Mistero Pasquale.
L’Eucarestia, voi lo ricordate, non è solo un sacramento, l’Eucarestia è anche un sacrificio, l’Eucarestia ci mette in comunicazione direttamente con il sacrificio del Signore che, compiuto sul Calvario, viene di nuovo offerto sull’altare.
E’ logico allora sintetizzare così: entrare in una vita più intima con l’Eucarestia è comunicare più profondamente con la morte del Signore, con la sua passione. Penetrare la passione del Signore, capirne i motivi e la forza è vivere con più profondità il mistero eucaristico.
Il mistero eucaristico domanda evidentemente la comprensione come primo passo, domanda la comprensione che si snoda e si rafforza nell’amore. Ecco perché il battesimo è come il seme che trova il suo fiore e il suo frutto nell’Eucarestia, il battesimo, che ci dà la possibilità di essere e di chiamarci figli di Dio, trova nell’Eucarestia il sacramento che fa crescere, il sacramento che matura la personalità del figlio di Dio. Se nel battesimo noi diventiamo templi dello Spirito Santo, nell’Eucarestia riceviamo una larga comunicazione di Spirito Santo, perché il corpo risorto di Cristo è pieno di Spirito Santo e viene comunicato a noi che così gioiamo di Lui.
Ne nasce quindi una posizione di molta, di grande maturità: l’Eucarestia ci rende maturi per tutte le opere del Regno di Dio, nell’Eucarestia avviene ciò che il battesimo ha iniziato ponendoci nel Corpo Mistico, l’Eucarestia è pane che unisce, è pane che fa Chiesa, è pane che costruisce Chiesa.
Dobbiamo dunque, con molta sincerità e con molta umiltà, porci a disposizione dell’Eucarestia con la consapevolezza che l’Eucarestia è il dono più mirabile che ci ha fatto il Signore. Ricordate il racconto dell’Esodo, ricordate come la nostra vita cristiana è cammino nel deserto; dicevamo cammino, cammino nella fede per giungere dove ci aspetta il Signore: “Venga il tuo regno.” Noi dobbiamo completare il Regno di Dio in noi e attorno a noi.
L’Eucarestia diventa dunque il pane del quale non possiamo far senza.
Vorrei che ne sentissimo particolarmente l’urgenza, la necessità. Un cammino da soli, senza quel Pane, è impossibile. Troppe volte noi poniamo la nostra fiducia in noi e il ripetersi dei nostri fallimenti è il ripetersi di una posizione troppo incentrata su se stessa, troppo posta per il nostro gusto.
La posizione giusta è metterci umilmente a sua disposizione, non far conto delle nostre forze, ma delle sue.
Il nostro itinerario quaresimale dev’essere un itinerario di confidenza e di abbandono: ha dato loro il pane per la strada, ha dato loro il pane sufficiente per la strada, è il pane che permette di non morire. “Non Mosè diede a voi il pane del cielo – ha detto Gesù nella sinagoga di Cafarnao – il Signore vi ha dato adesso il pane del cielo: Io sono il pane di vita, chiunque ne mangia non morirà. I vostri padri sono morti, ma chi mangia di me vivrà per me.”
Posizione dunque di confidenza: ed è il secondo aspetto che dobbiamo curare nella nostra Quaresima. Abbiamo detto che Quaresima è dinamismo in avanti, in salita e allora la nostra quaresima dev’essere posta in una giusta prospettiva e la giusta prospettiva sta qui: quello che tu devi fare lo devi fare con le sue forze e non con le tue forze. Di qui la tua necessità di Eucarestia, la tua necessità di mangiare di questa Eucarestia, di confidare nell’Eucarestia, di appoggiarti perennemente all’Eucarestia.
Il discorso della confidenza è un discorso grande che merita d’essere assolutamente approfondito.
Cosa vuol dire confidare? Vuol idre credere nel suo amore. E come scopriamo il suo amore? La via maestra è molto evidente: nell’Eucarestia noi partecipiamo alla passione e morte del Signore, ne riceviamo i frutti, ne riceviamo le grandi ricchezze. Non è l’Eucarestia che ci distribuisce quel tesoro di meriti che Gesù ha acquistato per noi?
Confidare vuol dire allora prima di tutto apprezzare, apprezzare vuol dire conoscere: conoscenza, partecipazione, abbandono.
L’Eucarestia ci introduce nella passione di Gesù. Noi possiamo ripetere le parole che diceva già S. Paolo ai Galati: “Chi vi ha fascinato a fuorviare dalla verità, voi che davanti agli occhi vostri è stato presentato Gesù come crocifisso?”.
Nell’Eucarestia abbiamo la rappresentazione di Cristo crocifisso, abbiamo la rinnovazione della sua oblazione. Ecco perché confidare vuol dire prendere motivo dall’Eucarestia per far nostra più profondamente la passione, psicologicamente studiandola, radicalmente vivendola nella fede, perché la fede ci dice che Cristo è morto per noi e ci dona ogni salvezza.
Quando c’era la Messa in latino, mezzo secolo fa, davano a noi bambini un libretto in cui venivano segnate alcune preghiere ad ogni momento della Messa. Me lo ricordo ancora quel libretto: c’era da un parte una figura, il momento della Messa, e dall’altra la rappresentazione di una scena del Calvario; per esempio c’era il momento della lavanda delle mani e dall’altra parte il disegno di Pilato che si lavava le mani. Era messo tutto in parallelo. Mi ricordo che il nostro esercizio migliore era allora raffigurarci vivamente le scene della passione e cercare nel nostro cuore le parole di amore e di ringraziamento al Signore.
Adesso, giustamente, si è dato rilievo all’assemblea e la Messa è un’assemblea in cui la Chiesa agisce, ma non dobbiamo dimenticare la passione. Se chiudiamo la Messa nell’assemblea la Messa non è più Messa: la Messa è convito sacro, è assemblea di fede, ma la Messa è anche sacrificio, ci ricorda vivamente quello che ha sofferto il Signore, ce lo rappresenta davanti agli occhi e ci comunica le grazie che in questa passione ci sono state date. Di nuovo Gesù compie il sacrificio, di nuovo fa la sua oblazione al Padre: dal rito si va al mistero.
Ecco perché vale anche l’altro cammino: non posso meditare sulla passione di Gesù e non andare al sacrificio della Messa, non posso piangere sulle sofferenze del Signore ed essere indifferente alla Messa.
La necessita che in questa Quaresima particolarmente abbiamo di unire profondamente il nostro lavoro col sacrificio di Gesù, prendere con forza, con grande slancio la nostra meditazione posta così in quello che il Signore ha sofferto, in quello che il Signore ha dato, in quello che il Signore ha comunicato.
Dobbiamo meditare molto sulla passione di Gesù, sui suoi dolori fisici, sui suoi dolori morali, sull’abbandono che ha avuto, sul tradimento che pazientemente ha sopportato. Io devo capire attraverso i singoli episodi quanto Lui mi ha amato.
L’amore nasce dal sapere: io devo sapere. Per troppi la passione di Gesù non dice granché e guardano il crocifisso con occhi molto indifferenti. Ci sono stati dei santi che non riuscivano a guardare il crocifisso senza mettersi a piangere: noi molte volte lo guardiamo ma forse non nasce neanche l’inizio di una commozione.
Ricordiamo cosa diceva S. Paolo: “Egli mi ha amato e si è dato per me.”
Perciò vorrei che insieme col vostro itinerario eucaristico ci fosse il vostro itinerario di compartecipazione alle sofferenze di Gesù, perché quello che ha fatto per tutti lo ha fatto per ognuno e ognuno di noi lo sa bene. Diceva Pascal: “Per me almeno una goccia di sangue Egli ha sparso.” Cioè io devo entrare nel Cenacolo, entrato nel Cenacolo, nell’atmosfera del Cenacolo io devo valutare il suo sangue sparso per tutti e percorrere la via della croce con Lui.
Io con Lui devo andare all’Orto degli Ulivi, con Lui mi devo inginocchiare, con Lui devo dire: “Padre sia fatta la tua volontà”, con Lui devo capire che tormento è stato l’indifferenza e la sonnolenza degli apostoli, devo partecipare al suo strazio nel tradimento con Giuda, mi devo accompagnare con Lui lungo la strada del tribunale, passo per passo, momento per momento, devo arrivare a contemplarlo con un animo pieno di amore e pieno di dolore quando è preso a schiaffi, quando il suo volto divino che gli angeli desidera vedere è fatto centro di sputi, quando il suo corpo è martoriato sotto i flagelli, quando incontra nel cortile di Caifa gli occhi di Pietro che lo ha appena rinnegato, quando è incoronato di spine per scontare tutti i miei cattivi pensieri, quando lungo la via del Calvario cade sotto la croce: momento per momento io devo capirlo, momento per momento io devo entrare nel mistero del suo dolore per me e per tutti gli uomini. Questa è la salvezza. E lo devo così accompagnare fin sulla croce, devo alla sua croce chiedere di essere crocifisso anch’io, per me che sono peccatore. Non tu devi essere crocifisso, Signore, tu, il Santissimo: io devo essere crocifisso.
S. Paolo continua dicendo: “Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso se stessi nei loro vizi e nelle loro concupiscenze.”
Così, accompagnandolo per tutte le ore della sua agonia.
Allora sì che quando parteciperò alla Messa sarò meno stanco, meno svagato, allora sì che quando parteciperò alla Messa avrò il cuore pieno d’amore, allora sì, allora sì, allora non mi saranno necessarie tante acrobazie, allora sì che non mi limiterò a canticchiare e a guardare oziosamente in giro o a dir su quattro cose, sempre le stesse.
Capite perché ci sono molte Messe che sono vuote? Capite perché ci sono molte Messe che non portano il frutto che legittimamente ci si dovrebbe aspettare? Perché manca la comprensione vera di Gesù che s’acquista particolarmente nella meditazione della passione.
Io vi vorrei vedere durante questa Quaresima impegnati in questa meditazione, impegnati veramente, a fondo, per scoprire qualche tesoro che è nascosto nella sofferenza di Gesù, nascosto per noi, per noi.
Allora vi vedrei pensosi di un grande pensiero d’amore, allora vi vedrei pronti a qualsiasi sacrificio pur di partecipare alla Messa e di parteciparvi bene, allora vi vedrei preoccupati di più della salvezza degli altri.
Perché poi il primo frutto di questa meditazione è sentire la vocazione alla collaborazione della salvezza.
Gesù ci chiama a essere ben altro che spettatori, Gesù ci chiama ad essere ben altro che coloro che sono beneficiari: Gesù ci vuole suoi collaboratori in pienezza. La sua passione domanda di coloro che sappiano soffrire con Lui: patiamo con Lui, come dice S. Paolo “morti insieme con Lui.”
La nostra generosità viene allora chiaramente stimolata. Il Signore ci dice: sei ai piedi della mia croce e non lasciare che il mio sangue vada perduto, che vada perduto per tante e tante anime, che vada perduto per tanti e tanti cuori. Il Signore che ha sparso il sangue per tutti e vede che il suo sangue è buttato via, che le anime vanno in perdizione, che vanno all’inferno: in ogni Messa ci domanda questa coscienza di corredentori.
Bisogna che noi ci persuadiamo: abbiamo delle grandi cose da fare. Svegliati dalla nostra tiepidezza, buttata via tutta la nostra indifferenza, abbiamo da santificare noi stessi per santificare gli altri, abbiamo da compiere delle meravigliose cose. Possiamo popolare il Paradiso, possiamo salvare delle anime così amate da Gesù: questa è la cosa da fare nella vita e non perderci in tante sciocchezze, non perderci in tanti trastulli. Non c’è tempo, c’è il mondo da salvare, non c’è tempo, non c’è tempo. Bisogna che noi raggiungiamo questa opera grande di salvezza.
Ora, in pratica, vi suggerisco questo esame di coscienza.
Che cosa mi ha detto fino ad adesso la passione di Gesù? Come sono entrato nella passione di Gesù? Come ho partecipato alla Messa nella coscienza della passione, della morte e della resurrezione del Signore? Meditando la passione, ne ho fatto solo un esercizio di sensibilità, o piuttosto ho cercato d’andare in profondità? Il Signore mi mostra le sue piaghe e direi che si verifica anche adesso quello che ha detto agli apostoli, a Tommaso in particolare: ha detto “non credete che io sia risorto? Toccatemi le piaghe.” Avremmo forse detto altre parole noi che non sappiamo. “Sono risorto, toccatemi le piaghe” e a Tommaso “metti le tue mani nel segno delle ferite, metti la tua mani nel mio costato e non essere incredulo.” E’ proprio così l’esame nostro di coscienza: abbiamo messo le mani nelle sue piaghe? Cristo è risorto e lo incontriamo nella sua forza travolgente di risorto, ma anche a noi il Signore dice: “Metti la tua mano”, cioè la tua comprensione non può essere vera, neanche della resurrezione se non entri così in tutto il mistero. “Tocca le mie piaghe.”
Bisogna quindi vedere come l’abbiamo valorizzata la meditazione della passione. Indubbiamente chi pecca gravemente non ricorda più che è stato amato così, che è stato amato fino a questo punto, non ricorda più le parole del vangelo di Giovanni: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine e si pose a tavola” cioè inizia la passione.
L’esame di coscienza vostro si deve portare su un argomento fondamentale, assolutamente basilare, si deve portare in una prospettiva nuova: la passione di Gesù dev’essere sempre davanti a me nella fede, nel conforto che ci dà, nella soavissima consolazione, nella gioia. Non è poco sentirsi amati così. Perché lo ha fatto?
Quindi potrete, particolarmente nelle Messe di Quaresima, proporvi un’insistenza forte su questo argomento. Guidati dalla grazia di Dio vi fermerete su un punto o su un altro, vi industrierete prima della Messa, dopo la Messa, a fermarvi su qualche aspetto che non avete potuto toccare durante la celebrazione del sacrificio.
E’ così che il vostro battesimo raggiungerà la sua pienezza, perché in voi raggiungerà la vera maturità…
Il vostro esame di coscienza resti così un esame che rivoluzioni, e sottolineo rivoluzioni, il vostro modo di partecipare alla Messa. Nel battesimo avete ricevuto un unione con Cristo re, sacerdote e profeta: nella Messa l’esercizio del suo sacerdozio raggiunge il suo fastigio; per raggiungere questo fastigio voi dovete maturare la vostra devozione e non è possibile che si maturi se non evidentemente attraverso questa partecipazione all’Eucarestia che è pane dei grandi e pane di vita.
III MEDITAZIONE
“Camminate dunque nel Signore Gesù Cristo, come l’avete ricevuto, ben radicati e fondati in lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, abbondando nell’azione di grazie. Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo.
È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi avete in lui parte alla sua pienezza, di lui cioè che è il capo di ogni Principato e di ogni Potestà. In lui voi siete stati anche circoncisi, di una circoncisione però non fatta da mano di uomo, mediante la spogliazione del nostro corpo di carne, ma della vera circoncisione di Cristo. Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati e per l’incirconcisione della vostra carne, perdonandoci tutti i peccati, annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce; avendo privato della loro forza i Principati e le Potestà ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo trionfale di Cristo.” (Col 2, 6-15)
Abbiamo detto che due erano le linee segnate dal Concilio: il rivivere il nostro battesimo e la penitenza.
Vorrei parlarvi di penitenza, brevemente, perché si fa presto a parlare di penitenza: il difficile è fare penitenza.
Dobbiamo essere, dice S. Paolo, ben radicati e fondati in Lui, dobbiamo mettere le radici in Lui. Ma ciò che ci ostacola, ciò che sostanzialmente ci ostacola è il nostro uomo vecchio. Ecco perché per noi c’è una lotta da fare, un dominio da raggiungere.
Se uno è deciso non c’è un’altra strada se non la strada segnata dall’apostolo che dice: “Castigo il mio corpo e lo riduco in schiavitù perché mentre predico agli altri io non diventi un reprobo.” S. Paolo era un gran santo, S. Paolo, lo dice lui stesso, era stato innalzato fino al terzo cielo, un’estasi di paradiso, S. Paolo aveva ricevuto delle comunicazioni e delle rivelazioni dalla stessa persona di Cristo, S. Paolo era la colonna della Chiesa e dice: “Castigo il mio corpo e lo riduco in schiavitù per non diventare un reprobo.”
Bisogna che ci persuadiamo che senza penitenza non si combina niente, anzi si rischia di rovinate tutti fino a diventare dei reprobi.
“Castigo il mio corpo”: ecco l’elemento fondamentale della vita cristiana che ci ricorda la Quaresima, un elemento vitale Proprio perché siamo in un ordine assolutamente instabile, proprio perché abbiamo in noi delle tendenze che continuamente ci portano al basso noi dobbiamo amare e cercare la penitenza.
Chi accarezza se stesso, chi tratta troppo bene se stesso non risolve nulla della sua vita cristiana.
Più uno è duro e rigoroso con se stesso più va avanti celermente.
Le anime che si sono abituate al sacrificio non camminano: volano, volano.
La penitenza è esigita dalla nostre stessa cattiva natura che ci porta al male, per cui non riusciamo tante volte a gioire senza cadere in peccato. ma c’è una ragione ancora più profonda, la ragione che accennavamo nelle altre meditazioni ed è questa: Cristo ha redento l’umanità con la croce e ci ha indicato come la grande via della salvezza la croce. Cristo Signore ha sofferto e ha sofferto per noi: noi non possiamo avere la sua salvezza se non aggiungiamo alla sua sofferenza la nostra. E’ evidente. Noi parteciperemo alla salvezza del Signore partecipando alla sua sofferenza, alla redenzione del mondo partecipando alla sua croce.
Ecco perché i santi, che erano entrati in una profonda conoscenza di questo mistero, volevano soffrire e dicevano, come S. Teresa d’Avila: “O soffrire o morire.” Non si sta bene al mondo senza la sofferenza: assurdo, assurdo per una persona che giudica secondo un metro umano. S. Maria Maddalena diceva: “Non morire, ma soffrire”. Era questa pienezza di partecipazione al mistero del Cristo, era questa ricchezza che domandavano.
Per questo la Chiesa ci suggerisce l’esercizio della penitenza col nome generico di “digiuni”. In generale la liturgia non dice digiuno, ma digiuni, intendendo con questo tutte le forme penitenziali. “Santifica Signore i nostri digiuni”: la liturgia lo mette come una cosa scontata e tutte le volte che partecipiamo alla liturgia e non abbiamo fatto penitenza ci dobbiamo sentire abbastanza malconci, abbastanza falsi, direi.
Questa insistenza della penitenza va colta da noi con un cuore molto aperto, con molta disponibilità. E tanto più siamo peccatori tanto più dobbiamo fare penitenza, tanto più ci sentiamo legati, soggiogati, impotenti di fronte al piacere tanto di più dobbiamo reagire e fare penitenza.
Ognuno sa le cose proprie e quindi ognuno può fare un proposito adatto. Se uno dice “riconosco, ho molto bisogno di penitenza” deve poi tirare le conclusioni.
Allora come si fa ad educarci?
Attraverso la meditazione persuaderci che la strada della penitenza è giusta ed è l’unica che conduce alla vera liberazione, di quella libertà che Cristo ci ha dato. Liberati, liberati, diventa padrone in casa tua, pulisci ciò che hai fatto di male, acquista il dominio per operare molto bene. La penitenza ci libera dai nostri pesi e ci dà le energie per costruire i punti del nostro progresso. Senza penitenza non si ha liberazione, senza liberazione si è in una penosa schiavitù.
Allora uno deve persuadersi di questo, deve chiedere la grazia al Signore e deve entrare in comunicazione con la passione di Gesù, entrare in una comunicazione di amore: “Signore voglio fare come te e con te. Nessuno mi ama come mi ami tu, eppure tu lo hai detto: «Se uno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»”.
Poi persuadersi che la logica del mondo, che è la logica che esalta tutti i piaceri più stolti, che la logica del mondo che presenta la vita come una “carnevalata”, che presenta una vita bella in un’esplosione odiosa di egoismo e di sensualità, questa logica del mondo va rifiutata integralmente, va presa via in tutte le sue infiltrazioni. Tu la devi strappare dall’intimo dell’anima tua e devi guardarti da qualsiasi suggestione. Tu devi assolutamente adottare la linea di Cristo, sicuro che Cristo non delude, che attraverso la croce c’è la gioia.
Poi passa alla pratica.
A voi che avete già cominciato la Quaresima e avete preso con ardore una penitenza non c’è bisogno che esemplifichi molto, però lo sapete: la penitenza può essere fisica, può essere nell’ordine spirituale, può essere nell’uso delle cose, può essere nell’uso del tempo. Se riconosci in te un eccessivo attaccamento alle cose fa una penitenza di povertà; se tu riconosci un eccessivo attaccamento a quello che è il piacere fisico del mangiare e del bere fa’ una penitenza di austerità; se riconosci in te un’eccessiva inclinazione a ciò che è sensuale trattati con nobiltà ma con energia; se riconosci di essere troppo attaccato alle tue posizioni fa’ degli atti di umiltà, fa’ la penitenza dell’umiltà; se riconosci in te di essere troppo esigente verso gli altri fa’ una penitenza di servizio. Ma datti delle botte (spiritualmente parlando): non essere tenero, non essere misericordioso perché chi è misericordioso in questo senso è molto crudele verso se stesso. Ci dobbiamo trattare male per trattarci bene. Dobbiamo porre la nostra vita con chiarezza, con energia davanti al Signore: “Preparate la via al Signore”. Quello che è il grido di tutto l’avvento si ripercuote in tutta la Quaresima: “Preparate la via al Signore.” Bisogna camminare spediti e ciò che apre bene la strada è la nostra penitenza.
Sono sicuro che ne farete, sono sicuro che andrete a gara a farne, sono sicuro che se potessi sentire i vostri angeli custodi indubbiamente dovrei essere ammirato delle vostre penitenze.
Termino con questo augurio.
CODICE | 77BSR093 |
LUOGO E DATA | 27/02/1977 |
OCCASIONE | Ritiro spirituale quaresima |
DESTINATARIO | Gruppo giovani |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | La quaresima: tornare a vivere il proprio battesimo L’Eucarestia ci unisce alla passione. L’importanza del conoscere la passione La penitenza |
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