22/02/1976 - Ritiro Quaresima Giovani

22/02/1976
Ritiro spirituale quaresima

Ascolta l'audio

I MEDITAZIONE

Ger 2, 1-37

“Mi fu rivolta questa parola del signore:

“Va’ e grida agli orecchi di Gerusalemme:

Così dice il Signore:

Mi ricordo di te, dell’affetto della tua giovinezza,

dell’amore al tempo del tuo fidanzamento,

quando mi seguivi nel deserto, in una terra non seminata.

Israele era cosa sacra al Signore

la primizia del suo raccolto;

quanti ne mangiavano dovevano pagarla,

la sventura si abbatteva su di loro.

Oracolo del Signore.

Udite la parola del Signore, casa di Giacobbe,

voi, famiglie tutte della casa di Israele!

Così dice il Signore:

Quale ingiustizia trovarono in me i vostri padri,

per allontanarsi da me?

Essi seguirono ciò ch’è vano,

diventarono loro stessi vanità

e non si domandarono: Dov’è il Signore

che ci fece uscire dal paese d’Egitto,

ci guidò nel deserto,

per una terra di steppe e di frane,

per una terra arida e tenebrosa,

per una terra che nessuno attraversa

e dove nessuno dimora?

Io vi ho condotti in una terra da giardino,

perchè ne mangiaste i frutti e i prodotti.

Ma voi, appena entrati, avete contaminato la mia terra

e avete reso il mio possesso un abominio.

Neppure i sacerdoti si domandarono:

Dov’è il Signore?

I detentori della legge non mi hanno conosciuto,

i pastori mi si sono ribellati,

i profeti hanno predetto nel nome di Baal

e hanno seguito esseri inutili.

Per questo intenterò ancora un processo contro di voi,

- oracolo del Signore -

e farò causa ai vostri nipoti.

Recatevi nelle isole del Kittìm e osservate,

mandate pure a Kedàr e considerate bene;

vedete se là è mai accaduta una cosa simile.

Ha mai un popolo cambiato dèi?

Eppure quelli non sono dèi!

Ma il mio popolo ha cambiato colui che è la sua gloria

con un essere inutile e vano.

Stupitene, o cieli;

inorridite come non mai.

Oracolo del Signore.

Perchè il mio popolo ha commesso due iniquità:

essi hanno abbandonato me,

sorgente di acqua viva,

per scavarsi cisterne, cisterne screpolate,

che non tengono l’acqua.

Israele è forse uno schiavo,

o un servo nato in casa?

Perchè allora è diventato una preda?

Contro di lui ruggiscono i leoni,

fanno udire i loro urli.

La sua terra è ridotta a deserto,

le sue città sono state bruciate e nessuno vi abita.

Perfino i figli di Menfi e di Tafni

ti hanno raso la testa.

Tutto ciò, forse, non ti accade

perchè hai abbandonato il Signore tuo Dio?

E ora perchè corri verso l’Egitto

a bere le acque del Nilo?

Perchè corri verso l’Assiria

a bere le acque dell’Eufrate?

La tua stessa malvagità ti castiga

e le tue ribellioni ti puniscono.

Riconosci e vedi quanto è cosa cattiva e amara

l’avere abbandonato il Signore tuo Dio

e il non avere più timore di me.

Oracolo del Signore degli eserciti.

Poichè già da tempo hai infranto il tuo giogo,

hai spezzato i tuoi legami

e hai detto: Non ti servirò!

Infatti sopra ogni colle elevato

e sotto ogni albero verde ti sei prostituita.

Io ti avevo piantato come vigna scelta,

tutta di vitigni genuini;

ora, come mai ti sei mutata

in tralci degeneri di vigna bastarda?

Anche se ti lavassi con la soda

e usassi molta potassa,

davanti a me resterebbe la macchia della tua iniquità.

Oracolo del Signore.

Perchè osi dire: Non mi sono contaminata,

non ho seguito i Baal?

Considera i tuoi passi là nella valle

riconosci quello che hai fatto,

giovane cammella leggera e vagabonda,

asina selvatica abituata al deserto:

nell’ardore del suo desiderio aspira l’aria;

chi può frenare la sua brama?

Quanti la cercano non devono stancarsi:

la troveranno sempre nel suo mese.

Bada che il tuo piede non resti scalzo

e che la tua gola non si inaridisca!

Ma tu rispondi: No. È inutile,

perchè io amo gli stranieri,

voglio seguirli.

Come si vergogna un ladro preso in flagrante

così restano svergognati quelli della casa di Israele,

essi, i loro re, i loro capi,

i loro sacerdoti e i loro profeti.

Dicono a un pezzo di legno: Tu sei mio padre,

e a una pietra: Tu mi hai generato.

A me essi voltan le spalle e non la fronte;

ma al tempo della sventura invocano:

Alzati, salvaci!

E dove sono gli dei che ti sei costruiti?

Si alzino, se posson salvarti

nel tempo della tua sventura;

poiché numerosi come le tue città

sono, o Giuda, i tuoi dei!

Perché vi lamentate con me?

Tutti voi mi siete stati infedeli.

Oracolo del Signore.

Invano ho colpito i vostri figli,

voi non avete imparato la lezione.

La vostra stessa spada ha divorato i vostri profeti

come un leone distruttore.

O generazione!

Proprio voi badate alla parola del Signore!

Sono forse divenuto un deserto per Israele

o una terra di tenebre densissime?

Perché il mio popolo dice: Ci siamo emancipati,

più non faremo ritorno a te?

Si dimentica forse una vergine dei suoi ornamenti,

una sposa della sua cintura?

Eppure il mio popolo mi ha dimenticato

per giorni innumerevoli.

Come sai ben scegliere la tua via

in cerca di amore! Per questo hai insegnato i tuoi costumi

anche alle donne peggiori.

Perfino sugli orli delle tue vesti si trova

il sangue di poveri innocenti,

da te non sorpresi nell’atto di scassinare,

ma presso ogni quercia.

Eppure protesti: Io sono innocente,

la sua ira è già lontana da me.

Eccomi pronto a entrare in giudizio con te,

perché hai detto: Non ho peccato!

Perché ti sei ridotta così vile

nel cambiare la strada?

Anche dall’Egitto sarai delusa

come fosti delusa dall’Assiria.

Anche di là tornerai con le mani sul capo,

perché il Signore ha rigettato coloro nei quali confidavi;

da loro non avrai alcun vantaggio.”

Il nostro discorso è sulla Quaresima, è preparazione diretta alla Quaresima.

Voi ricordate che sono tre le linee direttive di una Quaresima:

• La Quaresima è tempo di solitudine, di deserto, di preghiera.

• E’ tempo di conversione: tu devi cambiare. Il testo di Geremia ci ricordava questa necessità di decisione, di cambiamento, ricordando quanto il Signore ha fatto per ognuno di noi e per noi tutti insieme.

• La Quaresima di carità: tu non puoi amare Dio, se non ami il tuo prossimo di un amore concreto e autentico, non di una illusione di amore.

Vorrei che fossero presenti tutte e tre le direttive nella riflessione di oggi, ma, data la brevità del tempo, mi fermo prevalentemente nella direttiva che ci siamo proposti quest’anno come catechesi: il nostro discorso di Chiesa, Chiesa che si realizza sul modello Cristo. Vorrei che il senso fosse dato soprattutto dalle parole di S. Paolo, quelle parole che ci ricordano come la nostra identità col Cristo è completa: “Voi siete il corpo di Cristo”.

La Chiesa, dunque, è Cristo articolato, è Cristo che si snoda nel tempo, nello spazio, è il Cristo che continua la sua opera di redenzione e di salvezza, è il Cristo che continua a donare, a donare la Padre nell’amore e a donare ai fratelli.

Dobbiamo capire bene, perché la Quaresima, come in genere la liturgia, non è qualcosa che esce dalle consuetudini degli uomini. Se uno confondesse il folclore con la liturgia, sbaglierebbe in pieno, anche se dei gusti e degli usi degli uomini entrano nella liturgia, perché la liturgia esprime la cultura e la sensibilità del popolo.

Però la liturgia ha ben maggiore profondità: la liturgia è la preghiera del Cristo, la liturgia è Cristo che unisce la sua Chiesa alla sua preghiera, che unisce la Chiesa all’opera della sua salvezza. Ecco perché la liturgia è proprio il vertice di tutta la spiritualità della Chiesa.

Allora perché celebriamo la Quaresima?

Noi la celebriamo con Cristo, perché è un’azione di Cristo: la è stata nel deserto della Giudea meridionale, la è ancora, in quanto Cristo continua a offrire la sua penitenza al Padre per la salvezza del mondo.

Quaresima è penitenza, Quaresima è sacrificio, Quaresima è oblazione. Quaresima, allora, è l’unirsi al Cristo in modo speciale in questa sua intenzione e in questa sua azione. Non allora semplicemente una consuetudine: la Messa è di sempre, ma la Messa non è consuetudine, perché la Messa è dramma, è sacrificio, è convito, cioè partecipazione di carità.

Vorrei che noi sentissimo come nella Quaresima siamo invitati in modo speciale a sentire la Messa e a vivere la nostra vita come oblazione a Dio, come purificazione nostra, come aiuto alla purificazione del mondo.

Mi pare che sia in questo senso che noi possiamo afferrare qualcosa di molto grande. Se la Chiesa è il corpo di Cristo, la Chiesa è chiamata a rinnovare Cristo nella sua opera di salvezza, deve continuare Cristo. Questa stagione di Dio, che è la Quaresima, noi, in modo speciale, siamo chiamati a vivere il nostro Battesimo, a viverlo in quello che è chiamato il secondo battesimo: la penitenza.

La Quaresima ci prepara all’intelligenza del Mistero Pasquale, alla comunione col Mistero Pasquale di Cristo, perché nel Battesimo siamo stati sepolti nella sua morte e siamo stati resi partecipi della sua risurrezione.

E’ allora in quest’ordine che dobbiamo cercare di vivere bene, di vivere con apertura di cuore questa esperienza.

Il piano nostro, allora, si potrebbe formulare così: nella Quaresima sentire in modo speciale, particolarissimo (c’è una grazia di Dio per questo) il nostro essere Chiesa, Chiesa che si purifica, che si converte, Chiesa che si rinnova, Chiesa che rivive fino in fondo questa grande esperienza di Gesù. Vivere perciò da Chiesa con Cristo nel deserto, vivere da Chiesa perché il sacrificio di Cristo si estenda agli altri uomini, purificazione nostra, invocazione di grazia per tutti coloro che hanno bisogno di misericordia essendo peccatori.

Ci possiamo poi chiedere il modo.

Il modo ci sarà dato, la riflessione ci sarà data dalla liturgia di ogni giorno; ogni giorno nel tempo quaresimale la Chiesa ha un suo insegnamento, ha una sua istanza che presenta, giorno per giorno. Però, giorno per giorno, noi dovremo cogliere questa esortazione che viene data, una liturgia molto ricca che ci viene perciò a nutrire, ma sempre in questa idea: l’idea nostra di essere il corpo di Cristo, nel quale si devono ripetere i gusti, le scelte, la sorte di Gesù.

Gesù non ha scelto la sua vita; ci ha detto: “Io non faccio la mia volontà, ma faccio la volontà di Colui che mi ha mandato”. Gesù ha avuto la sua vita tracciata dal Padre, Gesù perciò ha vissuto rinunciando a se stesso ed ecco perché la sua vita è dominata dalla parola obbedienza, “Si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce”. Si è fatto obbediente: l’Incarnazione. Fatto obbediente, è restato obbediente fino alla morte e anche al tipo di morte, la morte in croce.

Rivivere l’obbedienza di Cristo nella Quaresima, obbedienza di gioia nel fare quello che vuole da noi il Signore, la sua volontà. La volontà di Dio è per ognuno di noi e ognuno di noi se sta attento, se sta in ascolto scopre qual è la volontà di Dio, la volontà del Padre.

Com’è stata grande la vita del Cristo, proprio perché è stata rinuncia! La personalità di Cristo è qualcosa di grandioso, colpisce tutti, ma la sua volontà non è stata così grande che nell’obbedienza. Quando l’obbediente fa sua la volontà di Dio, fa sua anche la sapienza di Dio, fa sua anche la gloria di Dio. Noi ci immaginiamo di essere grandi, solo quando andiamo a capriccio, quando ci appropriamo della prima idea che ci è venuta in testa e ne facciamo chissà che cosa, quasi un idolo. Ecco, Cristo è stato obbediente.

Sicché, la nostra idea base si dovrà snodare così: vedere liturgia per liturgia, Eucaristia per Eucaristia, l’esempio del Cristo. Allora, studiando Cristo, modulandoci su di Lui, noi veniamo a piacere al Padre, attuiamo quella che è la nostra conversione. E’ una grande proclamazione, ma in questa proclamazione vorrei sottolineare un’altra cosa, che non possiamo dimenticare come parrocchia: per la nostra parrocchia non è una semplice Quaresima, ma è una Quaresima del nostro anno mariano. Restando nell’idea che dicevamo il primo dell’anno, la Madonna è il paradigma della fede. Dicevamo che la Chiesa realizza se stessa, piace a Dio, la Chiesa può arrivare ad essere come la vuole Cristo, seguendo al Madonna: è la Madonna che ci insegna come imitare Cristo. Lo Spirito Santo è il vento che ci porta, ma la Madonna è il timoniere: è Lei che sa voltare la barca, che sa stendere la vela perché abbia a cogliere il vento. Ecco perché, nella Quaresima nostra, vorrei non semplicemente come musica di sottofondo, ma come continua visione di cose che noi sapessimo accogliere l’esempio e le parole della Madonna.

La Chiesa ha cercato di farci capire nella sua liturgia questo, quando ha istituito la festa dei dolori della Madonna, ma non come episodi isolati; la focalizzazione a sette dolori è puramente strumentale, cioè si vedono sette episodi, ma sette episodi cui poniamo attenzione in un circolo di cose sempre dello stesso tono. Vorrei che ogni settimana della Quaresima noi ascoltassimo, in questo itinerario a Cristo e per Cristo a Dio, anche la voce della Madonna e i suoi dolori, perché la penitenza caratterizza la Quaresima e soffrire è fare penitenza e la nostra penitenza ha un senso, se si adegua alla penitenza di Gesù che ci ha redento: a questa penitenza di Gesù, in maniera mirabile si è unita la Madonna. E’ l’invito che Lei ci fa, invito del resto moltiplicato dalle sue apparizioni: stiamo particolarmente ascoltando la rivelazione di Fatima e è questo l’invito.

Per cui le sette settimane di Quaresima sono intonate così. Queste sono le disposizioni.

Ora vorrei aggiungere alcune cose che mi sembrano importanti.

Noi dobbiamo vedere la Quaresima soprattutto come penitenza, penitenza e conversione. Coloro che non hanno capito il significato della penitenza, evidentemente non hanno capito il significato della parola “amore”, perché chi ama non è mai contento del suo amore e delle modalità del suo amore; chi ama vuol fare sempre di più; chi ama vuole sempre di più distruggere quello che nella sua vita è stato contro l’amore.

La nostra penitenza non è assolutamente una specie di rivalsa contro se stessi, un piacere nel farci del male, una specie di vendetta che uno rivolge verso di se’ (queste cose le lasciamo ai pagani): la penitenza cristiana sorge dall’amore, si snoda nell’amore, si completa nell’amore. Per questo non cessiamo mai di convertirci, sentiamo sempre di più il bisogno di convertirci, perché non ci saziamo di amare il nostro Dio, o meglio di accogliere tutto il suo amore per noi. La nostra penitenza è qualcosa di severo, di serio, proprio perché l’amore non è una piccola cosa: è pensare di non aver amato Dio, anzi di essere stati così sciocchi da aver scartato, come dice il profeta Isaia, “la sorgente di acqua viva” per chinarci a bere il fango di una cisterna screpolata.

Il bisogno di conversione è allora imperioso, proprio perché veniamo a capire un po’ di più che cosa vuol dire il peccato, la stupidità che è il peccato, ma soprattutto il tradimento che è il peccato, che il peccato è disgregazione, che il peccato è insipienza.

Vorrei perciò che ci ponessimo molto decisi in questa parola: convertirci! Convertirci attraverso la penitenza, “tornare da Babilonia”, come dice la Scrittura. In tanta parte della Scrittura si parla del ritorno degli esuli da Babilonia: “Fa’, Signore, che noi torniamo”. La simbologia di Babilonia è evidente: Babilonia è la città del peccato, è la città della confusione, dell’amarezza, della schiavitù. La chiamata di Cristo è la chiamata alla conversione, cioè è la chiamata a lasciare tutto quello che è schiavitù dei nostri peccati e delle nostre cattive passioni.

Quindi conversione come ricerca di Dio, come ricerca dei beni di Dio, come rinnovamento, perché una delle nostre più cattive cose è questo adagiarci, questo abituarci, questo non sentire.

La prima nostra conversione è allora l’accettazione della parola di Dio, è rinunciare a molte cose che avevamo messo in primo piano e che dobbiamo mettere in ultimo, addirittura a delle cose che abbiamo messo in primo piano e che non dobbiamo più neanche avere, sia individualmente, sia come popolo, sia come Chiesa che si rinnova, che si converte.

Se volete allargare nella Scrittura questa esortazione, questa meditazione della parola di Dio sul nostro bisogno di convertirci, potete prendere questi passi della Scrittura o altri simili: Tb 13, 8; Gb 2, 12-13; Gb 17, 10; Sal 89: Is 21, 12; Is 31,6; Is 45, 22; Ger 3, 14-22; Ger 35, 15; Ez 14, 6; Ez 18, 30; Ez 33, 11; Os 14, 2-3; Zc 1, 3-4; Ml 3, 18; Lc 3, 8; Mc 1, 15; At 3, 19.

Se poi progrediamo e ci chiediamo dov’è la nostra conversione, cioè dove si deve attuare in modo speciale la nostra conversione, allora facciamo bene attenzione: ci sono dei segni esteriori di penitenza e c’è una conversione interiore. Ci sono dei segni esterni, la liturgia è piena di segni esterni; la liturgia è formata anche da gesto, come quando ci mettiamo in ginocchio. “Io ho alzato le mie mani a te, o Dio”: la Scrittura ci indica anche dei segni esteriori, ci indica anche dei modi esteriori, ci dice che possiamo esercitarci col digiuno, che ci possiamo esercitare in speciali forme di servizio, per cui la nostra penitenza diventa carità, in speciali forme di solidarietà con gli altri e per gli altri. Ma tutto deve tendere a questa conversione interiore, perché, senza di questa, tutto sarebbe posizione farisaica.

La conversione interiore è allora vivere di fede, è allora camminare nella sua luce. Per cui, agli atteggiamenti di umiltà esteriore devono corrispondere gli atteggiamenti di umiltà interiore.

Essendo poi Chiesa, abbiamo la rappresentatività, rappresentiamo gli altri: la nostra espiazione non può logicamente fermarsi a un discorso solitario, individualista. La nostra espiazione dev’essere vicaria, cioè deve tenere il posto di altri: la Chiesa è posta per la salvezza, anche la penitenza è posta per la salvezza, particolarmente la penitenza come accennavamo prima.

Mi pare che il nostro discorso vada proprio così: vogliamo sentire tutta la grazia di questa Quaresima, dobbiamo temere che questa grazia passi con poco o nullo beneficio; questo sarebbe tristezza per noi, ma sarebbe soprattutto sarebbe tristezza, pensando alla nostra qualità di Chiesa. Il mondo ha bisogno di preghiera e di espiazione: se noi manchiamo, non solo manchiamo a una cosa buona, ma manchiamo a un dovere. Isaia dice: “Come un ladro preso in fragrante, così restano svergognati quelli della casa di Israele”: sottrarci a un dovere è rubare.

Ricordate il capitolo 53 di Isaia sul servo di Iahvè: “egli è stato ferito, piagato per le nostre iniquità”. Cristo è così e noi , corpo del Cristo, non possiamo fare altre scelte.

La mia posizione nella Chiesa, per la Chiesa e per il mondo: posso fare qualcosa se sono veramente convertito, altrimenti non sono buono né per me e né per gli altri. Guarda al frutto della tua vita, guarda se ci sono state delle giornate inutili, oziose, vuote, guarda se la tua vita è tiepida, insulsa, sciocca. Puoi fare delle cose veramente grandi per te e per gli altri e allora perché sciupi il tempo? Perché le tue giornate scorrono senza una pienezza? Stupidaggini, peccati, frasi vuote di senso, atteggiamenti semplicemente modellati sugli altri, fare bella figura, attrarre l’attenzione: sono tutte foglie secche. Senti il bisogno di dare alla tua vita qualcosa di grande, ma questo l’hai solo modellandoti su Cristo: per modellarti su Cristo ti devi convertire.

L’augurio è che tutti noi ci convertiamo, l’augurio è che in ognuno di noi si attui il regno di Dio. “Il regno di Dio è vicino”: sì, se lo vogliamo.

II MEDITAZIONE

Lam 4, 1-6

Ah! come si è annerito l’oro,

si è alterato l’oro migliore.

Sono disperse le pietre sante all’angolo di ogni strada.

I preziosi figli di Sion, valutati come oro fino,

ah! come sono stimati quali vasi di creta,

lavoro delle mani di vasaio!

Perfino gli sciacalli porgono le mammelle

e allattano i loro cuccioli,

ma la figlia del mio popolo è divenuta crudele

come gli struzzi nel deserto.

La lingua del lattante si è attaccata

al palato per la sete;

i bambini chiedevano il pane

e non c’era chi lo spezzasse loro.

Coloro che si cibavano di leccornìe

languono lungo le strade;

coloro che erano allevati sulla porpora

abbracciano letame.

Grande è stata l’iniquità della figlia del mio popolo,

maggiore del peccato di Sòdoma,

la quale fu distrutta in un attimo, senza fatica di mani.

Nelle Lamentazioni, il profeta si lamenta di Gerusalemme, si lamenta della desolazione di Gerusalemme e descrive vivacemente queste conseguenze del peccato di ribellione del popolo di Israele.

Parlavamo questa mattina di conversione, d’impegno di conversione.

Ecco, ogni sventura di ordine materiale può essere solo un simbolo delle rovine di ordine spirituale.

Il nostro peccato, è vero, è peggiore del peccato del pagano, perché i nostri peccati sono simili, sotto un certo aspetto, ai peccati degli angeli: gli angeli peccarono nella luce, per questo il loro peccato fu grande. Noi pecchiamo nella luce, perché noi cristiani sappiamo bene che cosa facciamo.

Per capire il nostro bisogno di conversione, dobbiamo numerare le grazie ricevute, per vedere poi a quante di queste grazie noi abbiamo corrisposto. Dio ci chiama alla vita, Dio ci chiama all’amore, Dio ci chiama alla gioia, però noi tradiamo così la vita (il peccato essenzialmente è morte), andiamo contro l’amore (il peccato è essenzialmente ribellione, cioè odio), andiamo contro la gioia perché preferiamo le nostre passioni alle soavissime comunicazioni di Dio. Ecco perché siamo diventati “dell’oro annerito”, ecco perché siamo dispersi per la strada come delle pietre che un giorno erano del santuario e adesso sono solo dei ciottoli buttati là.

Il nostro desiderio di conversione nella Quaresima dev’essere portato allora a una situazione molto concreta, cioè noi dobbiamo vedere bene ciò che ci impedisce di essere le “pietre del santuario”, cioè di essere qualcosa di santo, qualcosa di valido, di essere qualcosa di degno. E’ un dato semplicissimo di umiltà: se umiltà è amore alla verità, noi dobbiamo guardarci senza aver paura. Noi ancora una volta dobbiamo misurare qual è l’ostacolo che abbiamo a una vera realizzazione della nostra vita cristiana e comunitaria. Noi dobbiamo guardare che cos’è, in fondo, che può rappresentare una vanificazione della Quaresima.

Un discorso di questo tipo, nell’ordine di queste dimensioni, altre volte l’abbiamo fatto. Vogliamo guardare la nostra Quaresima come si snoderà e vogliamo già prevedere gli ostacoli che nasceranno da noi stessi, che nasceranno da quelle tentazioni che si possono ipotizzare, quelle tentazioni che possiamo ipotizzare da quelle che possono essere le trappole poste da tutto un ambiente che è organizzato contro il regno di Dio.

Cos’è che può vanificare la nostra Quaresime? Si sta per presentare la stagione di Dio, il tempo in cui siamo accettato, dice la liturgia, in una maniera privilegiata: cos’è che può rendere la nostra Quaresima solo una responsabilità maggiore?

Lo dicevo anche questa mattina: ognuno di noi deve guardare la propria situazione, però in un ordine discorsivo dobbiamo vedere bene che cosa può essere per noi più facile.

Intanto il discorso sulla liturgia. Mirabile è questa liturgia di Quaresima, come possiamo viverla dentro di noi, come possiamo arrivare ad essere veramente uniti alla preghiera del Cristo?

Ci sono dei difetti che corrono con facilità.

C’è il difetto dell’essere superficiali, la superficialità. La superficialità porta a scorrere: si scorrono le letture, le preghiere fluiscono così, ma dentro resta il secco. Chi partecipa alla liturgia superficialmente resta solo a una lontana periferia.

La liturgia ci porta la parola di Cristo e ci porta l’azione di Cristo. La liturgia ci porta la Parola, cioè ci porta la comunicazione di Dio, quella comunicazione esaltata tante volte nella Scrittura: ricordate il salmo 118 che dice: “Beato l’uomo che cammina nella legge del Signore, beato l’uomo che segue i tuoi insegnamenti, la mia sorte, ho detto, Signore è custodire le tue parole”. La parola di Dio salva, la parola di Dio sgrida, la parola di Dio condanna, la parola di Dio illumina, la parola di Dio crea, la parola di Dio dà speranza. “Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola, su di me non prevarrà il male”.

La liturgia poi contiene l’azione sacramentale del Cristo. Cristo nella Messa viene a noi e ripete il suo gesto di salvezza, la sua morte. Colui che nella liturgia è superficiale, non penetra.

E’ così la tua liturgia? Sarà così anche nei giorni di Quaresima?

Il superficiale non fa sforzo, il superficiale molte volte è un pigro, gli sa fatica fare sforzo, gli sa fatica essere puntuale alla liturgia, gli sa fatica persino tenere in mano il libro, se ha in mano il libro gli sa fatica cercare il segno. Parliamo forse di cose irreali? No. Guardate se la superficialità vi ha preso, se vi può prendere ancora. La superficialità porta alla mediocrità. Il superficiale se non è già mediocre lo diventa presto.

Un altro ostacolo alla comprensione della liturgia, di natura ancora più grave, è che ci presentiamo a Dio come vasi pieni: in un vaso pieno non ci sta più niente. Siamo pieni dei nostri interessi, siamo pieni di noi stessi, siamo pieni delle nostre voglie, siamo pieni delle nostre aspirazioni, siamo pieni del nostro orgoglio, siamo pieni della nostra sensualità, ecc.

La condizione per essere guidati è di riconoscerci ciechi, la condizioni di avere il cibo è quella di riconoscerci affamati (“riempie di beni gli affamati”). Molte volte non portiamo dalla liturgia niente, perché abbiamo abbastanza, abbiamo già tutto: non è vero che abbiamo tutto. Voi ricordate la famosa frase del profeta: “proprio perché tu dici «io non ho bisogno di niente» sei un miserabile” e il concetto è ripetuto nell’Apocalisse nel capitolo 3.

La necessità allora di andare affamati alla liturgia, di far vuoto dentro di noi perché sia la parola di Dio che ci guida, sia l’illuminazione dello Spirito che ci accompagna, sia la misericordia di Dio che riceve il figliol prodigo che non aveva più niente se non la fiducia nel padre suo.

Un altro difetto che ci impedisce la partecipazione giusta alla liturgia è una scarsa, alle volte quasi inesistente, stima di noi stessi. Stima, ma in che senso? Col Battesimo siamo diventati sacerdoti, cioè siamo Chiesa, Chiesa che rappresenta, Chiesa che agisce. Noi non andiamo alla Messa col sentimento, la persuasione di essere Chiesa, Chiesa che prega, Chiesa che offre, Chiesa che sacrifica, noi andiamo alla Messa per titolo nostro, per conto nostro, per egoismo nostro, per preoccupazione nostra, per una devozione più o meno stagnante in noi e per molte altre situazioni che fanno poco e agiscono poco.

Alla Messa non si va da soli, alla Messa non si resta da soli, nella Messa non ci interessiamo unicamente di noi: noi andiamo alla Messa per tutta la Chiesa e per tutto il mondo e portiamo alla Messa i problemi e le ansie di tutta la Chiesa e di tutto il mondo.

Vorrei allora che la liturgia della Messa nella Quaresima potesse incidere veramente, dandoci tutto quello che ci deve dare. Conversione alla liturgia, chiamatela così, conversione al vero spirito liturgico. Se tu noti dei difetti, la Quaresima è il tempo per prenderli via.

Indubbiamente è vero che spesso ne parlerete nei colloqui spirituali col sacerdote, è vero che farete spesso discussioni sul vostro modo di partecipare alla liturgia, però vi consiglio di parlarne in modo speciale in questo tempo; discutete il vostro modo di fare liturgia. Se devo dire così di una impressione esteriore, che non va assolutizzata, mi sembra che ci sia molta strada da fare nella nostra comunità, moltissima.

Ho parlato della liturgia della Messa e voi capite che se inizio a parlare della liturgia della lode, dovrei cercare dei passi molto gravi, delle lamentazioni di Geremia profeta; lo struzzo nel deserto sarebbe un paragone abbastanza adatto, immagine cioè di chi è duro, di chi non capisce le cose che si devono capire. Ho sentito di un gruppo, ed è lodevole, che si propone di studiare insieme i salmi, almeno un certo numero, durante la Quaresima: se il lavoro è fatto con forza e non a etichetta, è un proposito robusto, almeno i salmi delle lodi e dei vespri della domenica. Penso che i salmi della compieta siano detti meglio di quelli dei vespri, perché quelli della compieta penso li leggano, mentre ai vespri c’è chi li legge sul soffitto… o chi li legge dall’altra parte della Chiesa… o chi è arrivato a un tale grado di contemplazione che non li dice più ed è solo immerso… Chiudiamo questa, parentesi raccomandandovi solo la liturgia della lode.

Il discorso della penitenza è il secondo discorso dopo la liturgia. Liturgia fatta bene, penitenza fatta bene con questi aggettivi: la penitenza dev’essere intelligente (che punti proprio dove deve puntare), appropriata (che sia una medicina adatta), perseverante (che non si fermi al dopo cena del Mercoledì delle ceneri), in una forma che ci rende più adatti al servizio ecclesiale e non meno adatti. Un ricordo di anni passati, che quindi non tocca nessuno di voi: c’era in oratorio una confusione indescrivibile, c’erano cose che andavano a pezzi. Passo per la Chiesa e c’è una persona che sta pregando; siccome l’avevo vista mezz’ora prima, gli dico: “Preghi?” e la persona alza gli occhi e accenna a un sì, poi gli chiedo: “Continui ancora a pregare?” e accenna ancora un sì senza alzare gli occhi; gli chiedo ancora: “Le hai già fatte tutte le tue preghiere?”; quella persona provava imbarazzo di fronte alle mie domande, ma io ho continuato, forse ingenuamente, e gli chiedo: “Continui molto? Hai fatto questa penitenza per la Quaresima? Allora guarda: in nome di Dio pianta lì questa penitenza e va’ in oratorio!”: sentiva dalla Chiesa il baccano e la confusione, ma non si muoveva. Avete capito cosa voglio dire? E’ giusto pregare, ma aveva finito le sue preghiere e stava lì, ma avrebbe pregato anche in oratorio, vero?

Continuiamo nelle elencazioni degli aggettivi della penitenza. Ho detto perseverante, che non ci impedisca il servizio. Poi la penitenza fa fatta in una visione molto aperta, la visione che le nostre croci sono la porta sulla risurrezione, che se ci mortifichiamo è per raggiungere la liberazione, è per raggiungere il dominio di noi stessi, se ci mortifichiamo è per arrivare a una pienezza e non ad una carenza di cose.

La penitenza è la strada per essere ricchi e la dobbiamo fare. Ognuno di noi si deve fare il suo itinerario, ci dobbiamo fare un piano di penitenza che non trascuri niente.

La penitenza può essere di ordine fisico. Abbiamo la penitenza comunitaria di venerdì che è per onorare la passione e la morte del Signore, per unire a Lui quanto dobbiamo realizzare anche noi per la salvezza. La penitenza fisica fa bene, perché il nostro corpo è ribelle, deve sentire che c’è una legge superiore che lo deve guidare, che l’istinto, che soprattutto avariato dai nostri peccati dev’essere corretto, dev’essere indirizzato.

Una penitenza di ordine spirituale, una penitenza che allora guidi meglio il nostro spirito. Arrivare ad essere padroni dei nostri mezzi. Alle volte sono le lacerazioni che si producono in questo campo quelle che nuocciono di più: troppa abbondanza di fantasia, troppa abbondanza di sensibilità, desideri non indirizzati e non guidati. Diventare padroni, adoperare bene quello che il Signore ci ha dato, realizzare.

Una penitenza di ordine comunitario che valga a scontare tutte le nostre manchevolezze verso la comunità, tutte le nostre mancanze di sensibilità in ordine alla Chiesa e alle esigenze di essere Chiesa. Le penitenze perché ci purifichino e ci portino a una collocazione più precisa e a un impegno più cosciente.

Un terzo punto della nostra penitenza è per le nostre relazioni, cioè per la nostra carità. La penitenza della carità è quella che colpisce di più, quella che può essere appresa meglio. Le sofferenze degli altri devono trovare la nostra comprensione, abbiamo interessi da acutizzare, abbiamo delle prese di posizione da attuare, abbiamo da diventare più pazienti, più generosi, più umili. Non si fa la Quaresima litigando; non si fa la Quaresima restando molto egoisti in casa, senza fare, senza interessarsi, facendoci servire; non si fa la Quaresima stando oziosi nel nostro dovere, professionale o di studio; non si fa la Quaresima dando cattivo esempio di negligenza in questi doveri,; non si fa la Quaresima stando così insensibili e chiusi in noi stessi di fronte alla problematica degli altri.

La Quaresima è il tempo privilegiato del confessarsi. Per non vanificare ricordare che ci sono due braccia aperte, le braccia di Cristo, che per il ministero della Chiesa ci vuole dare il perdono e la pace.

Bisogna fare molto bene, in modo specialissimo, le Confessioni di Quaresima. I gruppi hanno già predisposto le Confessioni comunitarie fino alla settimana santa, hanno predisposto il tempo e spero che insistano anche sul modo, perché sul modo ho delle cose da dire… Perciò se i gruppi nella loro programmazione vogliono insistere sul modo fanno bene. Penso che questo sia un grande mezzo di ricupero, perché il Signore nel sacramento della Penitenza ci dà la grazia di non cadere nelle mancanze che abbiamo detestato.

Perciò confessarsi spesso, confessarsi bene. La Confessione intesa come il vertice della nostra penitenza: ci pentiamo veramente, ci convertiamo in progressione, poi riconosciamo di essere estremamente deboli e ci andiamo a confessare.

Restiamo quindi in questa idea, ma studiate bene questo programma di Quaresima, altrimenti vedrete come vanno via lisce quelle giornate. Ritorna la parola di S. Paolo: siete come degli atleti nello stadio e non tutti ricevono il premio. Tutti quelli che sono qui raggiungeranno il premio? Lo spero. Casomai ci saranno le medaglie d’oro, d’argento e di bronzo.

III MEDITAZIONE

La conclusione è questa: noi dobbiamo attuare nella Quaresima una grande cosa, noi abbiamo cercato un grande modello; abbiamo visto che sempre il nostro andare a Cristo è lasciarci prendere per mano dalla Madonna, Madonna madre nostra e madre della Chiesa.

Sotto quali aspetti dobbiamo, in modo speciale, vedere la Madonna?

Ricordate come la vita della Madonna è stato un continuo sì: il sì al piano di Dio al momento dell’annunciazione, il sì ad ogni richiesta.

Accennavo ai sette dolori della Madonna e dicevo che non è che ne abbia avuti sette, perché la sua vita è stata tessuta di un’adesione totale e sofferta, sofferta in un grande entusiasmo di dono. Ha sofferto, ma ha sofferto con amore, perciò la sua sofferenza è stata vissuta nell’entusiasmo, quando con questa parola si vuole indicare uno slancio generoso e senza ritorno.

Accennavo ai sette dolori, perché secondo la devozione cristiana ci servono come delle finestre che danno luce alla vita della Madonna stessa. Consideravamo allora nella vita della Madonna questi aspetti di fede (la Madonna è stata eroica nella fede), questa vita di distacco (la Madonna è stata povera: è stata la più povera tra i poveri, è stata tra i poveri che essendo totalmente distaccati dai beni e dalle visioni terrene hanno capito il piano di Dio), è stata umile, è stata pura, la più grande delle vergini, la Vergine delle vergini, è stata completamente unita al piano di Dio in una disponibilità totale.

Le sette finestre:

• Quando alla Madonna è preannunciato tutto l’itinerario della sua sofferenza. E’ Simeone che glielo dice: il tuo bimbo è la luce dei popoli, però il tuo bimbo sarà segno di contraddizione, sarà amato e odiato; una spada trapasserà la tua anima. Dalla Madonna dobbiamo imparare ad accogliere l’incognita del domani, ad accogliere quello che pesa, pensando che la lotta di oggi é la lotta di sempre, che il no di oggi è il no di sempre, che non ci può essere variazione, perché solo i violenti rapiscono il regno di Dio, solo loro.

Dalla Madonna noi dobbiamo imparare durante la Quaresima ad ascoltare la parola di Dio, qualunque cosa umanamente ci possa dispiacere, dobbiamo da Lei imparare ad accogliere con umiltà e con fede quanto il Signore ci vuol dire per noi e per gli altri.

• Il dolore della fuga in Egitto. La Madonna ha saputo dimostrare di ubbidire alla parola di Dio anche se improvvisa, anche se sconvolgente, anche se fuori da ogni piano. Non chiedeva niente di particolare, se non di poter vivere come gli altri, se non di poter vivere in un villaggio, ad attendere alle cose come gli altri. No, no: bisogna partire subito, bisogna partire di notte, bisogna partire alla svelta, piantare lì tutto, non potere disporre di nulla.

Nella Quaresima dobbiamo accettare la parola di Dio, anche quando ci sconvolge, anche quando rompe i nostri piani, anche quando esige da noi che certe cose vengano lasciate. Alle volte, torna il discorso sulla nostra conversione, non ci persuadiamo che certe cose vanno lasciate anche se in se’ non sono male, basta che siano un inciampo a un progredire. “Non c’è niente di male – dice uno – a fare dello sport”: giusto, non c’è nulla di male, però se per te è inciampo, adesso, lascialo! “Non c’è nulla di male andare con quella compagnia”: sì, però per te, adesso, è di inciampo. Interroga la volontà di Dio: lascia, fuggi, fuggi in Egitto.

• Il dolore della ricerca: per tre giorni lo cercò. La penitenza della ricerca. La vita cristiana non si presenta a noi con una magia, non si presenta a noi come qualcosa buttato là di facile, come un gioco. La fede dev’essere una conquista quotidiana: bisogna cercare il Signore, bisogna cercarlo con grande umiltà. Bisogna cercarlo con molta fede.

Attraverso la liturgia e la penitenza cercare il Signore e saper soffrire quando non lo troviamo, perché alla fine lo troveremo.

• Il dolore di Maria che incontra Gesù sulla via del Calvario. Quello sguardo, quei due volti, Maria che vedeva il volto sfigurato di Gesù, il suo sangue che scorreva. Il dolore che dobbiamo provare per gli oltraggi che fanno a Gesù direttamente (pensate alle bestemmie) e gli oltraggi alla Chiesa, le sofferenze del Calvario della Chiesa.

Imparare nella Quaresima, attraverso la parola di Dio, come si partecipa alla vita del Corpo Mistico e alle sofferenze del Corpo Mistico.

• Maria che assiste all’agonia di Gesù sulla croce. “Stabat Mater dolorosa”: la fortezza della Madonna, il suo impegno ad essere presente. Non gridava, nessuna agitazione esteriore, ma una partecipazione totale: la chiamiamo “Corredentrice”.

Chiederemo alla Madonna di capire cosa vuol dire partecipare alla passione di Gesù particolarmente nella Messa.

• Maria che assiste a Gesù che muore e dopo morte gli viene aperto il fianco e squarciato il cuore. Dicevamo che dal cuore trafitto di Cristo nasce la Chiesa: Maria raccoglie misticamente quel sangue e quell’acqua.

Imparare a soffrire per quei peccatori che non si convertono, che tendono a rendere inutile quel sangue e quell’acqua, che non vogliono trovare il loro rifugio nel cuore del Cristo.

• Maria che pone nel sepolcro Gesù. La nostra volontà di essere uniti con Lui nella morte per risorgere. Nel Battesimo siamo stati sepolti nella sua morte per risorgere a vita nuova.

Dalla parola di Dio nella Quaresima dobbiamo imparare come tutta la nostra vita è proiettata verso la risurrezione: se ci lasciamo conformare a Cristo, con Lui risorgeremo.

Così, brevissimi accenni. Ognuno di questi dolori meriterebbe una meditazione, meditazione che svolgeremo durante le omelie di quest’anno. Intanto vi basti una citazione per cogliere tutto, per cogliere bene, per cogliere nell’abbondanza. Cercheremo di approfondire nelle omelie della sera, naturalmente cercheremo di approfondire insieme. Perciò il gruppo che avrà da curare la Messa di quella sera, non alcuni dei gruppo, ma tutto il gruppo, rifletterà in quest’ordine: si prende la liturgia della Messa, la si vede in relazione alla Chiesa e in relazione alla Vergine. Fatta la riflessione, si presenta alla comunità: dalla presentazione tutta la comunità capirà il grado di maturità a cui è arrivato il gruppo e sarà una Quaresima di carità notevole.

Aiutiamoci a vicenda a penetrare nel mistero di Dio. Ecco perché vorrei che tutto il gruppo partecipasse, perché non sappiamo chi sceglierà lo Spirito Santo in quel gruppo: c’è il caso che sia scelto il meno considerato. Il Signore fa così, sceglie chi vuole Lui. Diceva una suora: “Perché è stata scelta Bernadette e non io? Io sono una suora molto devota…”: lo Spirito Santo è Lui che sceglie. Ecco il lavoro, questa è l’esortazione: lavoro di tutto il gruppo. Perciò cominciate subito, perché mancano solo dieci giorni alla Quaresima.

CODICE 76BNR093
LUOGO E DATA 22/02/1976
OCCASIONE Ritiro spirituale quaresima
DESTINATARIO Gruppo giovani
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Come vivere la quaresima / Liturgia, penitenza, carità / I sette dolori della Madonna
Condividi su
MOVIMENTO FAMILIARIS CONSORTIO
Via Franchetti, 2
42020 Borzano
Reggio Emilia
Tel: + 39 347 3272616
Email: info@familiarisconsortio.org
Website: familiarisconsortio.org
  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
    tra la vita delle persone, condividendo tutto. 
    In fondo, forse, è il segreto più prezioso che ci ha svelato.”
    Umberto Roversi

© 2022 Movimento Familiaris Consortio | Via Franchetti, 2 42020 Borzano (RE) | info@familiarisconsortio.org |Privacy Policy | COOKIE POLICY | SITEMAPCREDITS