28/11/1982 - Ritiro di Avvento Giovani

28/11/1982
Ritiro spirituale avvento

I MEDITAZIONE

Nello spirito delle letture della Messa di oggi vorrei che proseguissimo su un altro testo che mi pare apra bene il discorso dell’Avvento.

“Deposta dunque ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza, come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza: se davvero avete già gustato come è buono il Signore. Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici

spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura:

Ecco io pongo in Sion

una pietra angolare, scelta, preziosa

e chi crede in essa non resterà confuso.

Onore dunque a voi che credete; ma per gli increduli

la pietra che i costruttori hanno scartato

è divenuta la pietra angolare,

sasso d’inciampo e pietra di scandalo.

Loro v’inciampano perché non credono alla parola; a questo sono stati destinati.

Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi, che un tempo eravate non- popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia. ” (1 Pt 2, 1-10)

L’Avvento dunque si caratterizza come tempo d’inizio. Non è facile entrare in questo discorso di dover cominciare ancora da capo, di dover prendere l’iniziativa come fosse la prima volta, proprio perché la nostra insidia, e la nostra tentazione, è sempre l’insidia dell’abitudine, l’insidia di credere d’avere già dato e che non ci resti poi molto da fare.

Ci fermiamo, ed è chiaro come ci fermiamo, quasi che avessimo fatto molto e, in fondo in fondo, come se Dio fosse nostro debitore.

Vorrei che vedeste l’Avvento invece in questa novità: la novità di un tesoro che si scopre, di una mirabile realtà alla quale si guarda con sorpresa e con stupore. Come bambini per i quale tutto è nuovo, come bambini che bramano il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza.

Il discorso nostro allora parte proprio di qui, parte dal volere sentire le cose nella loro novità e nella loro preziosità, nel voler sentire le cose come mirabili doni di Dio.

Dicevamo negli Esercizi: non è forse questo il maggiore nostro torto che benché il Signore è così buono da darsi sempre nell’Eucarestia, noi andiamo all’Eucarestia come a una cosa ordinaria, come a una cosa comune, come a una cosa davanti alla quale non ci si stupisce più? E abituati così trasciniamo penosamente le nostre giornate che sono tutte giornate in cui manchiamo di elasticità, manchiamo di vivacità, non scopriamo più il bello della preghiera, il bello dell’incontro col Signore, la gioia di confrontarci con Lui, di entrare in comunione con Lui, di ascoltare la mirabile sua parola.

E’ indifferenza che danneggia così tanto la vita spirituale, quella sorda, pesante indifferenza che ci fa annullare tutte le cose più belle che abbiamo qui in terra, che ce le fa annullare e ci rende tardi, pigri, sempre inclini a quello che è superficiale, che è leggero, che è passionale, che è materiale, che non va bene. L’indifferenza ci struttura in una maniera assolutamente precaria sicché restiamo sempre molto deboli, molto deboli: la debolezza è proprio nella sua origine la mancanza di un fondamento.

S. Pietro ci ricorda come il fondamento è il Cristo: è Lui la pietra viva, scelta e preziosa.

La mancanza di fondamento rende i nostri propositi fasulli: facciamo tanti propositi e li distruggiamo con un gesto solo, facciamo tanti propositi, diciamo tante e tante cose e se il Signore ci facesse sentire tutte le promesse che abbiamo fatto sarebbe la cosa più spaventosa per noi; tornare a sentire anni di promesse non mantenute, buttate via così come niente fosse, come avessimo promesso a uno che vale niente mentre abbiamo promesso a Dio.

L’Avvento è contro l’indifferenza.

Cosa intendo per indifferenza? Il non sentire, il minimizzare, il non fare entrare la vita vera nella parola di Dio, lo strascicarci penosamente in un cristianesimo riduttivo e sciocco, sciocco perché non è il vero cristianesimo, sciocco perché è una specie di surrogato che mettiamo in noi per tacitare la nostra coscienza.

Per indifferenza dico dunque questo andare a passo d’oca, senza un entusiasmo vero, non sentendo le cose forti e vere. Siamo sempre dei convalescenti che non riescono ad arrivare a una santità schietta e forte.

Il tempo d’Avvento è contro l’indifferenza, contro quella sorte di mediocrità accettata e messa come norma, quell’indifferenza che sotto sotto è ancora paura di Dio, paura delle sue esigenze, paura dei suoi comandi, paura dei suoi rimproveri, paura che Lui entri troppo dentro di noi, diventi padrone e noi non possiamo più tornare indietro.

L’indifferenza è allora una sorte di atonia spirituale, di mancanza di tono, di mancanza di forza.

Ogni anima che è presa dall’indifferenza ha delle cause ben precise e ogni anima deve fare il bilancio di se stessa, però certe cause comuni le possiamo individuare.

La prima causa che mi pare sia da sottolineare è la mancanza di una meditazione vera e costante per cui le cose vengono colte solo in superficie, vengono prese solo in quello che piace. La meditazione prima di tutto ci dev’essere, entra come un elemento di prima necessità, cioè è l’accoglienza della parola di Dio. “Con la parola di Dio – dice la Scrittura – sono stati fatti i cieli” e, aggiungiamo, con la parola di Dio viene fatta la spiritualità. Il cielo dell’anima tua non si crea se non nella parola di Dio. Le altre cose sono molto, molto secondarie in confronto a questa . tu hai bisogno di lasciare penetrare dentro di te ogni giorno questa parola che libera, questa parola che illumina, questa parola che costruisce, questa parola che ti dà il vero respiro.

Dice sempre S. Pietro che coloro che non credono alla parola inciampano, inciampano in quella pietra d’angolo che è Cristo. Inciampare vuol dire fermare il cammino e andare per terra. La parola di Dio dev’essere tenuta viva e forte, permettere alla parola di Dio di entrare in noi con tutta la forza e con tutta la ricchezza che questa parola possiede.

La meditazione ci dev’essere: se non hai la meditazione tu sicuramente inciampi e vai nel fango dell’indifferenza. Piombi lì, non ti salva nessuno, piombi lì. Tu potrai far vedere agli altri una tua supposta virtù, tu puoi chiacchierare e darla a intendere, ma il Signore ti giudica uno strumento vuoto, “un cembalo che risuona” come dice Paolo.

La meditazione ci dev’essere. Il tempo d’Avvento è tempo forte di meditazione. Tutto porta alla meditazione. E’ un vissuto stesso di tutta la liturgia: “Ascolta Israele il tuo Dio, ascolta”.

Perché alle volte si rifiuta la meditazione? Perché non si sente che è parola d’amore, non si sente che è la parola che Dio manda a noi perché sia veramente la nostra gioia. Si distacca quella che è la sapienza di Dio dalla sua misericordia: Dio è certo sapientissimo nel rivolgerci la sua parola, ma è anche amore infinito. Se ci parla è perché ci ama.

E’ proprio quello che in fondo viene ripetuto: la meditazione è parola di Dio piena d’amore e tu la devi prendere con entusiasmo, con amore.

“Voglio cantare, a te voglio inneggiare:

svègliati, mio cuore,

svègliati arpa, cetra,

voglio svegliare l’aurora.

Ti loderò tra i popoli, Signore,

a te canterò inni tra le genti.” (Sal 56, 9-10)

Ecco che diventa la meditazione vera, la meditazione fatta bene perché è inquadrata così come dialogo di amore. Ecco che tutti i giorni noi stiamo davanti alla porta di Dio e stiamo lì per accogliere il Signore che viene con amore.

Tutto l’Avvento è in questo tono, è in questo slancio: “Il Signore viene”, sì, sì, viene, ma bisogna che poniamo questo entusiasmo amore.

“Spianate la strada a chi cavalca le nubi:

“Signore” è il suo nome,

gioite davanti a lui.” (Sal 67, 5)

Spianate la strada, spianatela. E’ questo slancio che uccide l’indifferenza, che l’annienta tutti i giorni per cui tutti i giorni diventano splendidi dialoghi d’amore, splendidi dialoghi per cui si sente il valore delle cose, si sente che a tante cose diamo troppo valore, la sproporzione delle cose.

Osservate: quando una ragazza o un ragazzo cominciano ad essere occupati dall’indifferenza c’è tutto un rovinio di cose. Allora nel ragazzo e nella ragazza prendono piede delle cose molto secondarie che diventano principali: per il ragazzo sarà uno sport, un divertimento, una leggerezza, per la ragazza sarà un vestito, sarà una vanità, sarà un insistere troppo sulle vanità per cui un vestitino vale più di tutte le cose e attira più attenzione di tutto il mondo che è attorno.

E’ così, è mancanza di meditazione, è la mancanza di lasciarsi guidare dalla parola di Dio.

Bisogna fare una meditazione vera, una meditazione perseverante, una meditazione in cui si scopre sempre di più quanto Dio è mirabile e grande.

“Celebrate il Signore perché è buono, perché eterna è la sua misericordia”: l’anima s’infiamma, l’anima prende forza, l’anima si lascia penetrare fino in fondo.

“Lodate il Signore, Egli è buono”: le cose si scolorano, le insidie del mondo s’infrangono, si capisce bene come tante cose sono vanità che non meritano neanche un po’ d’attenzione. Il mondo viene preso e buttato via perché si capiscono i valori.

“se il Signore non fosse stato con noi,

quando uomini ci assalirono,

ci avrebbero inghiottiti vivi,

nel furore della loro ira.

Le acque ci avrebbero travolti;

un torrente ci avrebbe sommersi,

ci avrebbero travolti

acque impetuose.” (Sal 124, 2-5)

Il Signore c’è con la sua parola, c’è con la sua azione. Tu mettiti nella meditazione, apprezza la meditazione, fa una meditazione seria e non di cinque minuti, non una lettura affrettata, non una lettura fatta pensando ad altro, non per sbrigarsi. Meditazione vera è porsi con tanto cuore davanti al Signore e dire al Signore: io sono con te e ti amo, io sono con te perché, Signore, la tua misericordia mi è arrivata anche questa mattina, anche questa mattina tu mi hai parlato.

“Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:

hai ascoltato le parole della mia bocca.

A te voglio cantare davanti agli angeli” (Sal 137, 1)

Essere così in una sequenza di cose magnifiche, in una rinnovazione di forza che infallibilmente si verifica, infallibilmente, perché il Signore non manca, il Signore non può mancare. Si verifica quello che dice il profeta Isaia:

“Così succhierete al suo petto

e vi sazierete delle sue consolazioni;

succhierete, deliziandovi,

all’abbondanza del suo seno” (Is 66, 11).

E’ questo. La meditazione annulla l’indifferenza.

Una seconda cosa è contro l’indifferenza: è l’uso umile, frequente, gioioso della Confessione.

La Confessione contiene una grazia; c’è una grazia propria ad ogni sacramento che è chiamata la grazia sacramentale: ecco, nella Confessione abbiamo che il Signore interviene e medica, fascia le nostre ferite, le guarisce. Gesù è sempre il buon samaritano, che anche quando uno è mezzo morto lungo la via si china e lo porta dove si salverà.

La Confessione non è dunque semplicemente il mezzo per riacquistare la grazia una volta perduta, ma la Confessione è nella sua pratica progressiva il rimedio a tutte le nostre crisi, a tutte le nostre oscillazioni, a tutte le nostre incoerenze; ci salva proprio da questo peso di mediocrità e d’indifferenza.

Dobbiamo capire che dal peccato si va alla grazia, dalla grazia si va al fervore, dal fervore si va alla santità. E per tutto questo cammino c’è la Confessione, data come soave e forte aiuto: è l’incontro personale col Signore. E’ un incontro gioioso, dicevo, perché l’incontro in amore con Gesù è sempre fonte di gaudio, sempre.

Quanto ce ne dobbiamo preoccupare che ci sia nell’anima nostra l’amore per la Confessione: bisogna amarla e non sopportarla, non fare quando non si può fare a meno, non fare buttando là. Amare le Confessioni fatte bene.

Le Confessioni segnano il risultato del nostro spirito di amore, del nostro spirito di penitenza, della nostra voglia di recupero e l’anima esce trasfigurata, esce e sente le cose come prima non le sentiva, le gusta come prima non le gustava, che sente come è sollevata e serena.

Insistiamo sulle Confessioni frequenti.

Vorrei dire solo che le Confessioni sono cose preziose, sono incontri di salvezza, sono un porci nelle mani del Medico divino, sono un acquistare potenzialità di grazia. Bene, le abbiamo fatte così?

Le Confessioni ben fatte non stanno nelle parole del sacerdote, anche se ci vogliono, non stanno nell’abbondanza dei nostri sentimenti: le Confessione ben fatte stanno nella potenza della grazia che noi dobbiamo chiedere, chiamare e invocare.

Così che allora la nostra riflessione sarà ben chiara: c’è l’indifferenza? Ci sono i segni dell’indifferenza? Com’è l’excursus e il “cursus” delle nostre meditazioni? Com’è l’impegno che vi mettiamo? Facciamo direzione spirituale sulla meditazione? La miglioriamo come qualità? Ci sono delle cose da cambiare radicalmente?

Proseguendo l’esame di coscienza domandiamoci: le amo le mie Confessioni? Perché non le amo? Perché è mancato l’incontro vivo e forte col Signore?

II MEDITAZIONE

Guardiamo a Giovanni Battista. Nella seconda e terza domenica dell’Avvento si insiste sulla sua figura, perché anche ora ha il compito dato da Dio, la grazia, di aprire a Cristo, di farci intendere Gesù Cristo.

Leggiamo perciò qualcosa di lui.

“In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea, dicendo: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino! ”.

Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse:

Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri!

Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico. Allora accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano; e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano.

Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: “Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente? Fate dunque frutti degni di conversione, e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre. Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile” (Mt 3, 1-12).

Cristo viene.

La nostra conversione, conversione che è autentica quando è in penitenza e la penitenza dev’essere la sorgente delle opere buone, perché l’opera buona per eccellenza è unirsi a Gesù, è lasciarsi battezzare da Lui in Spirito Santo e fuoco.

Molto spesso il gesto di rimandare la conversione è la pratica normale. Non si dice proprio “io rimando la mia conversione”, ma in realtà avviene così perché scattano dei meccanismi che particolarmente ci rendono immobili. Ci sono dei falsi passi che nascondono un immobilismo sostanziale.

Dicevo che la prima opera buona, la sostanziale opera buona che nasce dal pentimento della nostra vita, dalla considerazione della pochezza dei frutti che facciamo è proprio l’unirci a Gesù. Gesù battezza in Spirito Santo e fuoco, cioè ci fa nuovi, ci dà fuoco, rende la nostra vita degna, rende la nostra vita utile alla Chiesa e ai fratelli, toglie dalla nostra vita quel cumulo di cose che prima si potevano prendere in esame, ma dopo devono necessariamente essere considerate delle spazzature.

Il discorso ci porta allora all’Eucarestia.

L’Eucarestia è proprio il Signore che viene, che viene per ognuno, che viene come Salvatore, che ci pone nel suo cuore, che ci dà lo Spirito Santo. L’Eucarestia va da noi considerata come il punto vitale di tutto il nostro itinerario. Unirci a Cristo, sentire con Lui, operare con Lui, donargli la nostra vita.

Per molti l’Eucarestia è solo oggetto di culto e non persona con la quale entrare nell’identità di vita, non persona con la quale potere realizzare la scelta fondamentale. Troppo spesso l’Eucarestia resta là e crediamo d’essere a posto quando abbiamo fatto una genuflessione.

Ma l’Eucarestia va vissuta (…)

Darei come titolo a questa meditazione “l’Avvento e l’Eucarestia”.

La cosa che ci piace subito in questa pagina di Giovanni è il suo amore alla verità e la proclamazione della verità.

Giovanni ha la verità perché è nella magnificenza dell’umiltà, Giovanni proclama che non è degno di portare i sandali del Messia; a lui spetta l’ultimo posto, a lui non spettano i comodi: è austero. Non avrebbe potuto annunciare il Messia, anche senza questa austerità, austerità per lui. Lui sa che è al suo posto. Lui, santificato fin dal grembo di sua madre, si mostra e ama la penitenza, si mostra penitente e ama proclamarla, perché sente che all’uomo spetta quel posto, quello spirito, quella fondamentale posizione di vita.

E’ veritiero, non indulge a false cose, non si dà degli atteggiamenti, è sincero verso gli altri e non usa mezze misure: “Razza di vipere” dice ai farisei e ai sadducei. E’ umile dell’umiltà che un uomo sincero deve avere. Non si mette sopra di loro, li definisce perché questa è la verità.

Ci possiamo chiedere se questa è la nostra posizione per prepararci all’Eucarestia, se noi siamo persone che amano la verità, una verità scomoda, una verità che ci toglie quelle false aureole che ci siamo messi attorno, se sappiamo riconoscere i nostri difetti e le nostre manchevolezze.

Troppo spesso c’è un diaframma tra l’anima e Cristo: Cristo è la verità e l’anima non ha la verità, cioè costruisce delle bugie, delle ipocrisie attorno a se stessa per cui non conosce bene i propri difetti, non sa dare il peso giusto alle cose e quindi anche per gli altri il discorso non è veritiero.

Amare la verità per incontrarsi con Gesù Eucarestia vuol dire in questo tempo d’Avvento riconoscere i nostri veri difetti, le nostre vere manchevolezze e volere una comunione con Gesù che li distrugga. Lui battezza col fuoco e il fuoco distrugge.

Quali sono, prova a chiederti con grande spirito di sincerità, i reali tuoi difetti, quei difetti che casomai hanno solo esternamente qualche nota, solo qualche evidenza e che in realtà sono i difetti che ti impediscono di più l’incontro col Signore.

L’incontro con Gesù Eucarestia è un incontro di una mente con una mente, di un cuore con un cuore. Il Signore viene a noi e noi dobbiamo essere umili e sinceri.

Quando si vuole davvero togliere un difetto lo si individua, se ne vedono le radici e le manifestazioni, si studiano i mezzi e si moltiplicano gli sforzi per toglierlo. Lo sforzo che si fa diventa perseverante e allora ecco che Gesù è pronto e mette a nostra disposizione la sua onnipotenza divina. L’Eucarestia viene a noi e allora è salvezza, è mirabile salvezza, è il trionfo.

Questa considerazione ha tanto più valore in quanto, dice Giovanni Battista, di fronte a Gesù ci sono solo due soluzioni: o si è pula o si è grano. Se si è pula c’è il fuoco inestinguibile, se si è grano c’è la sua casa. Cioè, torna quello che dirà Simeone il giorno della purificazione, dirà che Gesù è segno di contraddizione. Se si riceve l’Eucarestia in verità, in umiltà, in fervore si è con Lui, altrimenti si è contro di Lui, cioè, in ultima analisi, un po’ alla volta prevalgono gli elementi deteriori e ci si trova sempre più lontano da Lui, sempre più le differenze diventano un fossato che finisce per diventare un abisso.

I grandi tradimenti si fanno così, i grandi tradimenti avvengono un po’ per volta, un po’ per volta, impercettibilmente. Quel ragazzo o quella ragazza che sembrava posta in una posizione di devozione e di fede ascolta delle altre voci, ascolta delle altre soluzioni; l’essere fervoroso lo chiama fanatismo, l’essere logico lo chiama bigottismo e allora si preparano i no e si finisce per fare quello che ha fatto Pietro: anche tu sei un galileo? E Pietro “no, non lo conosco.” Il Signore era galileo e molti hanno paura d’essere definiti galilei, ma non bisogna aver paura di portare i suoi vestiti e di parlare col suo accento, non bisogna aver paura di mettersi a suo servizio in quel posto che ci ha fatto capire Lui. Bisogna avere il coraggio di testimoniarlo.

L’Eucarestia è comunione di vita e bisogna prendere la sua vita, il suo spirito, le sue modalità: bisogna prendere tutto da Lui sapendo che la vera gloria sta lì.

Una parte della popolazione che applaudiva Gesù la domenica delle palme il venerdì gridava “crocifiggilo” in piazza: non sono questi gli amici di Gesù, non sono questi.

Si ama veramente Gesù come Giovanni Battista, servendolo con umiltà, con fervore, sradicando in noi quello che non può fargli piacere. Perché lo sradicare i nostri difetti è una legge dell’amore. Bisogna che prendiamo via i nostri difetti, perché Lui non li vuole. Non è per un’altra qualsiasi ragione umana, ma per amore suo.

Sempre ci dobbiamo chiedere: cos’è quello che offende il suo sguardo quando si posa sulle nostre anime? Pensa, nella tua anima c’è tanto orgoglio e Lui è umilissimo; pensa, la tua anima, c’è tanto egoismo, vuoi emergere, vuoi avere, calpesti, almeno in certe cose, i diritti degli altri e pensa a Lui che è amore, è il dono, è la carità infinita; pensa alla tua anima, quante tentazioni forse accettate di cose brutte, oscene, la tua anima fatta come un capolavoro da Dio l’hai impastata di tante cose che il Signore rifiuta perché Lui è purissimo.

Ma come fai a fare la Comunione? Come fai a ricevere l’Eucarestia? Come fai a stare davanti all’Eucarestia, a Gesù che viene e dirgli “vieni Signore Gesù”, quando non vuoi buttare via queste cose, quando queste cose le camuffi e chiami il tuo orgoglio “dignità”, chiami il tuo egoismo le “giuste esigenze”, chiami la tua impurità “maturità” di uno che non è più bambino?

Sii sincero, chiama le cose come devono essere chiamate. Anche se la tua anima non è imbrattata fino in fondo, quante cose ci sono da prendere via, cose che urtano, che impediscono il cammino, che ti lasciano vuoto e incerto.

Decidi: il Signore lo vuole!

Ecco l’Avvento, perché tu possa giorno per giorno non solo onorare il Signore, ma trasformarti in Lui: Eucarestia che trasforma, Eucarestia che salva.

“Già la scure è posta alla radice degli alberi”: la scure finora è stata ferma e pensa che chi non fa frutti buoni certamente però verrà tagliato. Quali sono i frutti buoni? Le opere di carità, il dovere fatto bene, la tua bontà in famiglia, il tuo spirito di servizio, il tuo impegno nel sociale. Valgono più queste cose o i tuoi capricci? Valgono di più queste cose o il rischio di buttare via queste grazie di Cristo?

Alla base di certe crisi e di certi sbandamenti sta proprio l’idolatria di noi stessi, un’idolatria tanto più nociva, quanto più è accarezzata ed amata.

L’Eucarestia è proprio il mistero di Cristo che è presente per chi crede ed è assente per chi non vuol credere, è il mistero di Cristo che viene nella nostra vita per purificarla e vuole unirla alla sua.

Il nostro esame di coscienza allora sarà così: prendere nuova spinta per costruire le virtù vere, le virtù solide che sono proprio nell’ordine stesso della comunione con Cristo. Dobbiamo vivere la sua vita, dobbiamo ripetere la sua esperienza, dobbiamo ripetere il suo cammino.

III MEDITAZIONE

Il segno del Natale sarà proprio la luce: la stella che brilla sulle tenebre è il simbolo. Giovanni aveva detto nel prologo del suo vangelo:

“Veniva nel mondo

la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

Egli era nel mondo,

e il mondo fu fatto per mezzo di lui,

eppure il mondo non lo riconobbe.

Venne fra la sua gente,

ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1, 9-10).

Noi dobbiamo capire Gesù, perché Gesù si fa capire. La luce splende. Questa luce ci porta a una cognizione profonda di Gesù. E’ stando vicino all’Eucarestia che veniamo ad avere la luce e veniamo ad avere una vera comprensione di Gesù.

La sua parola davanti all’Eucarestia assume la sua tonalità, assume quel carattere di forza che penetra in noi. La sua parola è parola comando, comando a impostare la nostra vita come la sua.

Cos’è tutta la vita di Gesù Eucarestia, se non una carità, un amore? Cos’è l’Eucarestia, se non la fornace ardente dell’amore di Cristo?

Sicché, se davanti all’Eucarestia comprendiamo Gesù, lo comprendiamo fino in fondo, cioè comprendiamo come tutte le sue opere, come tutte le sue parole, come tutte le cose che Lui dice di lasciare e di superare, tutto è per l’amore. Abbiamo bisogno di persuaderci che Lui è la fontana dalla quale dobbiamo attingere amore. E’ Lui. E fuori di Lui non attingiamo all’amore, attingiamo un amore che è inquinato, perché la sorgente fuori di Lui è una sorgente che ha ricevuto ogni germe di putrefazione.

Bisogna che il nostro Avvento sia allora l’Avvento che prende l’amore, l’Avvento della carità. L’Avvento non può essere semplicemente un tempo in cui si fanno determinate cose: l’Avvento dev’essere inteso come il tempo in cui ci prepariamo ad accogliere l’amore di Dio, ancora di più nella nostra vita, quell’amore verso il Padre che è fondamentale e nel Padre l’amore verso i fratelli. Altrimenti le parole di S. Giovanni sarebbero per noi una condanna: credi di vedere ma cammini nelle tenebre. Camminare nelle tenebre, percorrere una strada nelle tenebre e, peggio ancora, restare immobili nelle tenebre: chi cammina nelle tenebre, nell’assenza di luce, va incontro a mille pericoli, a tutte le facili illusioni, a tutte quelle facili esche che la tentazione ci mette sulla strada.

In sostanza, qual è allora il proposito che dev’essere fondamentale per il nostro Avvento?

Ecco, mi pare proprio qui, è il comandamento antico che abbiamo ricevuto fin dal principio: “Amerai il Signore Dio tuo, amerai il prossimo come te stesso.” Combattere tutte le forme che vanno contro la carità.

Vuoi un proposito di preghiera? Trasforma la tua preghiera in vero amore, non cercare le tue cose nella preghiera, cerca che sia amore, che sia desiderio della sua gloria, che sia unione stretta con Gesù.

Vuoi un proposito di penitenza? La penitenza di avvento rendila un dominio di te, dominarti, vincerti per amore. E’ nell’amore che ti devi realizzare, con serenità, con umiltà, con continuità. La penitenza allora non ti costerà: sarà una liberazione. Gesù è venuto a portare la liberazione ed è nell’Eucarestia continuamente per liberarci. Non pensare alla penitenza come qualcosa di triste: pensa tutto il tuo agire nella grazia dello Spirito Santo come la progressiva affermazione della tua vera personalità.

Tu vuoi a tutti i costi costruirti una personalità: per questo attingi da Gesù Eucarestia l’amore.

Vuoi un proposito che riguarda gli altri? Prendi con generosità come regola unica l’atteggiamento di Gesù: “Amatevi come io vi ho amato.”

Allora la tua carità nell’Avvento sarà un progressivo, generoso servizio. Chi vuole solo per se è un buono a nulla. Noi dobbiamo capire che l’Eucarestia ci vuole Chiesa, ci fa Chiesa proprio perché edifica e in noi, che saremmo membra disperse, edifica un organismo strutturato, definito.

Sii quindi di una carità che non è un gesto che fai semplicemente in una visione umana, ma è la solida, vera persuasione che proprio per essere noi stessi dobbiamo essere per gli altri. Diminuiamo noi stessi quando ci rifiutiamo di aprirci agli altri e di entrare in servizio.

Così i tuoi propositi, preghiera, penitenza e carità, saranno ogni giorno guidati da Gesù Eucarestia.

In questo primo tempo di Avvento abbiamo la preparazione all’Immacolata. La figura della Madonna è una figura essenzialmente di amore, è la mamma, la mamma di Gesù e la mamma nostra, è il cuore che palpita: il Signore ha fatto il suo cuore così grande che può abbracciare tutti gli uomini. La Madonna è stata chiamata “la maestra dell’amore”, è stata chiamata “la guida” che tutti i cristiani devono invocare per arrivare alla montagna dell’Amore.

Restiamo in questa idea: i nostri propositi affidiamoli a Maria santissima perché queste quattro settimane d’Avvento segnino veramente una tappa risolutiva della nostra vita.

CODICE 82MTR093
LUOGO E DATA 28/11/1982
OCCASIONE Ritiro spirituale avvento
DESTINATARIO Gruppo giovani
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Il pericolo dell’indifferenza e i mezzi per vincerla: la meditazione e la confessione
L’avvento e l’Eucarestia
I propositi per un avvento carità
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