25/11/1973 - Ritiro di Avvento Giovani

25/11/1973
Ritiro spirituale avvento

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I MEDITAZIONE

Isaia 26, 7-19

E’ un testo che si presta bene alla meditazione iniziale dell’Avvento.

Cos’è l’Avvento? Io lo definirei con due parole: è attesa, è preparazione.

E’ attesa perché perennemente l’uomo deve riconoscere il suo fallimento, l’uomo lasciato a se stesso fallisce. L’uomo deve constatare una volta di più che non è capace.

L’Avvento ci porta questa dimensione: noi lo constatiamo nell’umiltà, noi non siamo capaci, l’uomo fa fallimento. Questo testo di Isaia lo indica con molta chiarezza, con molta forza, anche con vivacità letteraria: noi abbiamo fatto fallimento. Dice Isaia che noi siamo come coloro che si contorcono nel dolore, ma il loro dolore non porta a nulla; siamo simili a una donna nelle doglie del parto e quando partorisce non partorisce una creatura, ma vento.

Dobbiamo constatare il nostro fallimento ed ecco perché è attesa: è attesa perché constatazione della nostra inefficacia. Questo il profeta Isaia lo sottolinea sotto l’aspetto sociale, ma noi lo vediamo bene anche sotto il nostro aspetto individuale: i nostri propositi dove sono? La forza delle nostre risoluzioni ci ha salvato? Abbiamo accumulato dei buoni sentimenti, ma hanno portato a una conseguenza logica? Con gli uomini riusciamo ad essere coerenti, ma lo siamo col nostro Dio?

L’attesa dell’Avvento è dunque l’attesa dell’uomo che ha dichiarato bancarotta, che ha dichiarato di non essere capace: l’uomo lasciato a se’ non riesce. L’Avvento ci ricorda questo in una maniera assolutamente drastica: non ce la facciamo da soli, né sotto l’aspetto individuale, né sotto l’aspetto sociale.

Ecco perché l’Avvento, evidentemente, ci porta nel clima dell’Antico Testamento, è come metterci ancora nei secoli prima del Cristo. Gli uomini avevano per mille anni provato la loro capacità, avevano ideato le cose che sembravano più sapienti: gli uomini avevano dovuto ripetere il “rorate”, cioè “scenda la rugiada dal cielo e le nubi piovano il giusto” perché la nostra terra – dice sempre il profeta – è piena solo di spine e di rovi.

E’ per questo che la vita cristiana ripercorre questa vita del popolo d’Israele, in un certo senso e in una certa misura. Con l’Avvento cerchiamo di riscoprire, sollecitiamo, risvegliamo, ravviviamo attraverso la liturgia questa nostra vera constatazione: noi siamo poveri, noi non ce la facciamo.

Mi ripeto, ma vorrei che fosse il concetto iniziale, perché tutto il peccato sta nell’autonomia sciocca dell’uomo che pensa di fare da se’ che pensa di potere, anche nel campo spirituale realizzare molte cose.

L’Avvento ci ricorda con l’inizio dell’anno liturgico di attendere Gesù salvatore, di desiderare Lui, di desiderarlo con tutte le forze della tua anima perché da solo non puoi, come da solo non sei stato. Si innestano poi meravigliosamente le tre venute:

1. Noi sei da solo perché la prima venuta di Dio è la creazione, è venuto Dio e ha fatto, Egli ha detto e tutto è stato compiuto; la creazione è attuale, non è un fatto storico, perché la conservazione in essere è una continua creazione. Dio viene perché ti crea, perché ti sostiene con le sue mani, perché ti dà momento per momento quello che tu sei: se ho un corpo è suo, se ho un’anima è sua, se penso è perché Lui mi dà da pensare, se amo è perché Lui mi dà questa capacità. Lui è con me, è con me nella creazione, perché io non cada nel nulla: basterebbe un solo piccolo istante perché io cada nel nulla, io sono sospeso sul nulla e chi mi sostiene è l’amore di Dio.

2. Anche nel campo soprannaturale io non posso realizzare e ecco la seconda venuta: Dio redentore. Viene Gesù. Noi abbiamo provato, noi ci siamo impegnati, abbiamo creduto che la bontà possa essere una nostra conquista, che la pace possa essere una nostra conquista, che l’equilibrio nella purezza possa essere la nostra conquista, abbiamo pensato di costruire una famiglia, di costruire una società giusta, abbiamo pensato di fare tante cose e per tanti secoli: no, no. Dicevamo di costruire la bontà ed ecco la cattiveria, abbiamo detto di costruire la pace ed ecco la guerra, abbiamo detto di voler essere nella purezza e invece preparavamo le cose più sporche nel nascondiglio del nostro cuore. Ecco il tormento che era caduto sugli uomini saggi e più riflessivi dell’antichità, in modo speciale tra il popolo eletto: Signore, non ce la facciamo, Signore vieni. Ecco l’attesa, ecco il desiderio dell’anima, ecco l’imperiosa volontà di andare incontro a Lui che è venuto. Il Re viene e sta in mezzo a noi.

3. Quindi non è indifferente porre la nostra vita nelle sue mani o non porla. C’è la terza venuta: Egli sta per venire. Gesù davanti a Caifa ha detto: “Vedrete il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo”. E’ la terza venuta escatologica, la venuta per cui ha senso tutta la storia. La storia vale perché è un andare incontro a Cristo. L’uomo va incontro a Lui, la società degli uomini va incontro a Lui. Il Vangelo di domenica prossima è proprio quello della fine del mondo: se tu accogli il Salvatore avrai in Lui la vita eterna, ma se tu lo respingi guai a te, l’uomo e le sue costruzioni si infrangono come un vaso di terracotta che cade per terra, è inevitabile.

Sicché l’Avvento cosa ci propone? Questa inquadratura meravigliosa che si realizza così: il nulla dell’uomo, l’incapacità dell’uomo lasciato a se stesso e l’infinita bontà di Dio che viene incontro all’uomo, l’infinità bontà di Dio che dice il sì, dice il sì al nostro nulla, dice di sì al nostro bisogno di perdono, dice di sì perché la nostra vita si trasformi.

Allora in che cosa possiamo porre la prima nostra impostazione?

Noi dobbiamo porre come sentimento fondamentale l’umiltà. L’umiltà è accettazione della verità, amore alla verità, non è la rabbia di non essere. Umiltà è constatare e riconoscere la realtà: Dio è l’essere e noi il nulla, Dio è l’amore infinito, Dio ha pietà del nostro nulla.

Perciò vedere la nostra umiltà come virtù base. Tu non puoi né credere, né amare, non puoi assolutamente avvicinarti al tuo fratello se non hai l’umiltà.

Hai dato molta importanza all’umiltà? Oppure ti lasci così prendere dal tuo fervore dimenticando quello che sei? Poi quando hai avuto delle cadute come le hai prese? Il tuo atteggiamento di fronte ai tuoi peccati com’è? C’è chi ignora, fa finta di niente: sono caduto e faccio finta di non essere caduto; c’è chi tratta la cosa con leggerezza; c’è chi la prende con rabbia; c’è chi lo prende con invidia contro i migliori: che grave peccato l’invidia, è un peccato contro lo Spirito Santo, è un peccato che è più diffuso di quanto non sembri l’invidia delle grazie altri. Hai visto che uno è riuscito e sei invidioso: non saresti soddisfatto se lui cadesse, ma sei invidioso perché è riuscito. C’è poi la malinconia, alleata del demonio, che spinge a una vita spirituale triste, ma è triste evidentemente perché si è degli sconfitti: chi vince è nella gioia. Quando un ragazzo o una ragazza vincono nella vita spirituale sono pieni di gioia, ma quando si è arrugginiti come un ferro che è stato all’acqua per qualche secolo, quando sono così sono pieni di tristezza e di malinconia: mancano di umiltà.

Dovete guardare allora nella revisione di vita di mettere al primo posto l’umiltà: virtù dell’Avvento, prima virtù dell’Avvento l’umiltà. E’ Lui che viene, è Lui che salva, è Lui che prende in braccio, è Lui, è Lui.

Seconda cosa.

L’Avvento ci chiama ad andare incontro a Dio nella prima venuta, la venuta di Lui creatore: andargli incontro vuol dire una crescita umana.

La fede, le virtù soprannaturali non ci devono servire da alibi per non crescere umanamente, nella nostra dimensione umana, nella nostra maturazione umana. Noi non riusciamo da soli, ma con Lui possiamo: dobbiamo maturare quelle componenti personali che ci inseriscono nella storia, che ci inseriscono nel rapporto buono con noi stessi e con gli altri.

Io devo sviluppare le capacità, i doni che Dio creatore mi ha dato e quello che è in me non lo devo seppellire: Dio me lo ha dato perché mi vuole come la sua opera preferita, Dio me lo ha dato perché io possa collaborare al bene di tutto il mondo. Non posso lasciare senza maturazione la mia intelligenza, non posso lasciare senza maturazione la mia volontà, la mia sensibilità, le mie capacità fisiche, le mie capacità spirituali. E’ una maturazione dell’uomo, allora, a cui siamo chiamati nell’Avvento.

Maturarsi vuol dire non restare acerbi e non andare troppo oltre nella maturazione. Ci sono delle cose acerbe in te? A volte il contatto con certe persone da proprio l’impressione di un frutto acerbo, che lega in bocca, acido; ma neanche esagerare nella maturazione: tu, ragazzo, devi maturare la tua fortezza, ma non andare nella prepotenza, nell’esagerata sicurezza di te stesso, tu, ragazza, matura le tue qualità femminili, ma non farne un idolo, loda Dio per la tua bellezza, ma non fare di essa un idolo.

La maturazione delle nostre qualità personali è richiamata fortemente nell’Avvento: lo constaterete guardando nelle Messe dell’Avvento si parla insistentemente di questa maturazione.

Terzo aspetto: andare incontro al Signore che viene è maturazione nella fede.

Maturarsi nella fede, cioè passare dallo stato di fede bambina alla fede chiara, alla fede generosa, alla fede da grandi. La fede è accettazione del piano di salvezza di Dio, è collaborazione col piano di salvezza di Dio, è arricchimento continuo in un ordine di collaborazione coi fratelli nel regno di Dio. La fede dunque che si realizza in una disponibilità iniziale: “Il regno di Dio è simile a un seme” (Lc 8, 15), ma il regno di Dio è simile a un seme che accetta di morire (Gv 12, 24); Il regno di Dio è simile a una pianta, ma a una pianta che porta molto frutto (Gv 15, 1-8).

Siamo chiamati allora nella constatazione della nostra nullità ad entrare con entusiasmo, con gioia, con slancio incontro a Colui che salva.

“Avrai un bambino” dice Gabriele a Maria e come si chiamerà? Gesù, colui che salva. Nella Bibbia il nome esprime la realtà e essere chiamato Gesù è perché proprio colui che salva.

Tiriamo le conclusioni.

Ripercorriamo nell’Avvento per gradi le storie d’Israele: noi dobbiamo porci nelle disposizioni adatte. Dio viene, Cristo è venuto, Cristo viene,

La nostra revisione di vita, sul nostro realismo, cioè umiltà, sulla nostra autentica maturazione, cioè devi essere quello che Dio ha pensato che tu devi essere. Cristo ti salva, a Lui sottometterai il giudizio della tua fede.

II MEDITAZIONE

L’Avvento non solo ci avverte della visita di Dio alle nostre anime, ma intende educarci a riceverlo. C’è dunque tutta una educazione che dobbiamo imparare, una sensibilità che dobbiamo sviluppare.

Egli è venuto, abbiamo bisogno di un modello: la nostra educazione spirituale è faticosa, perché facilmente siamo egoisti, chiusi, facilmente sottovalutiamo l’importanza dell’azione dello Spirito Santo in noi. Del resto, voi lo ricordate, la storia dell’Antico Testamento è stata tutta una storia di preparazione: nella nostra educazione dobbiamo riferirci a quello che si è svolto nell’Antico Testamento.

Per essere ordinati noi diciamo che la venuta di Gesù è stata preparata nell’Antico Testamento con dei “tipi”, con delle figure, con delle profezie: dai “tipi”, dalle figure e dalle profezie abbiamo una strada educativa. Cosa intendiamo per tipi? Intendiamo quei personaggi dell’Antico Testamento che hanno nella loro vita messo in luce un aspetto del Cristo. Cioè, la loro vita è stata tipicamente un modello di attesa. Notate bene le Messe dell’Avvento, sono Messe nelle quali noi dobbiamo vivere queste venute di Dio, ci devono educare a ricevere Dio nostro Signore, a ricevere il suo Cristo e a prepararci alla sua venuta, alla sua venuta nella carne, alla sua venuta nello Spirito (“ecco, Io sto davanti alla porta della tua anima e busso”), alla sua venuta finale.

Sicché nel proseguire ciò che abbiamo cominciato negli Esercizi noi diciamo allora: veramente la Messa è Cristo con noi. Sicché l’Avvento ci deve portare all’accrescimento nell’umiltà, nella via della maturazione, nella fede e nella Messa, con la Messa e attraverso la Messa. Il valore di ciò che abbiamo nella Messa dev’essere riscoperto.

Capite ancora meglio questo nostro atteggiamento di ricerca attraverso l’Antico Testamento. Per cui i “tipi” sono i personaggi: per esempio Adamo, Abele, Noè, Melchisedek, Aronne sono personaggi che mi illuminano sul sacerdozio del Cristo, cioè hanno preparato gli uomini a ricevere Gesù Cristo come sacerdote; Adamo ha consacrato la creazione a Dio, Abele ha offerto ciò che aveva di migliore, Noè ha offerto un sacrificio di propiziazione, Melchisedek che ha offerto un sacrificio della materia così simile al sacrificio eucaristico, pane e vino, Aronne che realizza nella sua vita l’opera salvifica di Dio attraverso la sua legge e il suo amore al popolo eletto. Io dovrò perciò fermarmi a guardare questi esempi, perché la mia maturazione avviene come sacerdote, perché anche noi nel Battesimo siamo diventati sacerdoti e realizzando bene la liturgia noi realizziamo la strada vera dell’incontro col Signore.

In un ritiro non posso fermarmi sulle singole figure, perché comporterebbe troppo tempo, ma vi do delle indicazioni, visto che siete capaci poi d’approfondire. Prendo altre figure: Abele ancora, ma non come sacerdote, come vittima; nella Messa devo unirmi al Cristo vittima. Prendo Isacco, docile nel sacrificio del padre e chiederò le sue disposizioni; prendo Giuseppe, venduto per trenta pezzi d’argento, che realizza nella sua docilità, nella sua umiltà, nella sua obbedienza alla volontà di Dio il sacrificio del Cristo; prendo Davide, che ha saputo aprire la sua profonda amarezza, ha saputo chiedere perdono, ha saputo accettare i castighi di Dio.

Allora questi “tipi” mi erudiscono nell’Avvento, sono personaggi da Avvento. Si capisce che allora se uno si mette a meditarli bene l’Avvento diventa corto perché una mattina per ognuno nella meditazione…

Poi ci sono le figure: non più personaggi ma cose che sono state simboli di Cristo. Per esempio il tabernacolo e il tempio: non a capriccio tiriamo fuori questo esempio perché è stato Cristo stesso che ha usato questa figura quando ha detto: “distruggete questo tempio e Io in tre giorni lo ricostruirò”; ecco il paragone tra il tempio di Gerusalemme e il tempio del suo corpo: nel tempio di Gerusalemme si dava la vera lode a Dio superata dal tempio vero che è Cristo, dove c’è veramente tutta la forza della lode. Poi l’arca dell’alleanza, Cristo è la nostra alleanza, “questo è il sangue della nuova ed eterna alleanza”: capite che rapporto c’è nella Messa, rapporto continuo, fortissimo.

Poi le profezie. Nelle profezie soprattutto abbiamo la figura del profeta Isaia: Isaia è il profeta dell’Avvento, come Geremia è il profeta del tempo pasquale. La sua viva sensibilità al regno che doveva venire, tutta la sua ricchezza d’immagine: “C’è stato dato un bimbo…”. Ci sarebbero moltissime citazioni in Isaia, ma voi lo conoscete bene e quindi andiamo avanti. Potete quindi partire dal capitolo 5 (il capitolo della vigna) al capitolo 7 e 8 che sono una vera delizia di meditazione.

Quindi realizzarci in questa educazione. Mi spiego meglio: per accogliere il Signore dobbiamo farci un determinato stato d’animo, le tre virtù che abbiamo posto nella prima meditazione devono essere poste in condizione d’affermarsi e sono poste in questa condizione se meditiamo la scrittura dell’Antico Testamento articolata così nei tipi, nelle figure e nelle profezie. Altrimenti noi non realizziamo, cioè allora il tempo che è breve, le feste che ci sono, se non abbiamo abbastanza controllo ci frastornano invece di edificarci, ci distraggono: ecco perché per fare questo centralizziamo nella Messa, perché nella Messa noi esercitiamo il nostro compito con Gesù di sacerdoti e vittime. Cristo è stato preparato non solo nella sua vita, ma in tutta la sua azione (quindi anche nella Messa) dallo Spirito Santo attraverso questi tipi, queste figure e queste profezie.

Ecco perché nella Messa, attraverso le letture che la Chiesa ci presenta, noi possiamo veramente sentirci sensibilizzati, sentirci finalizzati, a lasciare al Signore il posto che gli compete: apri il tuo cuore perché il Signore viene, apri il tuo cuore al Signore perché il Signore ti vuole donare, vuole comunicare a te una pienezza.

Qui torna opportuna, mi pare, la citazione di Ezechiele, Ez 36, 22-27.

La nostra disponibilità all’azione di Gesù nella Messa comporta allora uno spirito nuovo, un cambiare il cuore; il nostro cuore è di sasso e il Signore ci dà un cuore di carne, “porrò il mio spirito dentro di voi (ecco lo Spirito Santo nella Messa) e vi farò vivere secondo i miei precetti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi”.

Sicché allora la nostra educazione spirituale capite come si compie attraverso la meditazione dell’Antico Testamento (tipi, figure, profezie), si compie poi attraverso una grande docilità allo Spirito Santo che fa in me uno spirito nuovo, cioè crea in me un’altra sensibilità, un’altra situazione, insomma mi cambia la vita. Lo Spirito Santo ci rende particolarmente sensibili e costruisce particolarmente in noi e con noi unendoci a Gesù nella Messa, in maniera che è nella Messa dove, attraverso la liturgia dell’Avvento, ho maggiore docilità allo Spirito Santo e lo Spirito Santo fa in me qualcosa di grande.

In pratica, noi ci porremo in un programma delle Messe d’Avvento. Qual è la maturazione per me più necessaria? Come insisterò nella meditazione nella docilità allo Spirito Santo in quest’ordine della comunicazione con Gesù?

III MEDITAZIONE

Continuiamo l’approfondimento dell’Avvento per vivere bene la Messa e con fede questa apertura dell’anno liturgico.

Questa mattina abbiamo parlato di tipi, figure, profezie. Oggi prendiamo, per educarci, dei maestri. Qual è il primo maestro che noi prendiamo? In questo tempo d’Avvento il maestro che noi prendiamo è il profeta Elia, figura di Giovanni Battista, poi prendiamo Giovanni Battista e Maria, madre di Gesù e madre nostra.

Dunque il profeta Elia.

Il libro dei Re ci presenta un maestro di vigilanza. Non ho bisogno di tratteggiare la sua figura, perché il tempo che abbiamo è molto breve. Ricordate com’è vissuto in un tempo difficilissimo ed è proprio parso come la sentinella vigilante, come colui che ha reso il culto al vero Dio in una maniera meravigliosa rischiando continuamente la vita.

E’ sentinella, è il profeta della forza, della vita austera, è il profeta dell’esperienza di vita: voi ricordate particolarmente l’episodio centrale, l’attraversamento del deserto fino all’Oreb.

La Messa è nostro nutrimento, è veramente il Pane del viaggio, perché ci dà il mistero del sacrificio del Cristo e ci dona il suo corpo.

Meditare la figura di Elia come colui che è vigile, che è forte mangiando il suo pane, che si incontra con suo Dio: realizza l’Avvento proprio perché ha realizzato in pieno la propria disponibilità, ha fatto fino in Fondo quello che voleva il Signore suo Dio (1 Re 19, 5-9).

Da Elia a Giovanni Battista.

Questo grande santo è proprio centrale nel tempo d’Avvento. La Chiesa nella sua liturgia ci erudisce soprattutto presentandoci Giovanni Battista. Cito le Messe nelle quali il testo del Vangelo è su Giovanni Battista:

Nella seconda domenica d’Avvento è presentata la figura penitente e umile di Giovanni (Lc 3, 1-6). Giovanni Battista si fa eco del profeta Isaia, ci ricorda nella sua austerità, nel suo spirito di preghiera, il dovere della nostra conversione. Spesso si insiste nelle Messe dell’Avvento su queste strade, su queste vie che devono essere cambiate, su queste vie che devono essere conosciute. Domenica nel salmo responsoriale diremo: “Fammi conoscere, o Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri, guidami nella tua verità e istruiscimi”: questa preghiera ha il senso della nostra conversione.

Lunedì, 3 dicembre, è ancora un discorso di strada, cioè sempre di conversione: “Quale gioia quando mi dissero andremo alla casa del Signore, ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme”.

E’ sempre in questo senso che si dice il giorno dopo: “Vieni Signore, re di giustizia e di pace” e il 5 dicembre: “siederemo con gioia alla mensa del Signore; il Signore è mio pastore, non manco di nulla…”.

Voi vedete un’insistenza particolare.

E’ evidente che il secondo insegnamento dal maestro Giovanni Battista noi lo prendiamo nell’ordine della nostra conversione personale: ci sono dei sentieri e delle vie da raddrizzare.

Poi la liturgia ci ripresenta Giovanni giovedì 13 dicembre: è l’elogio che Gesù fa di Giovanni Battista. “In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista” (Mt 11, 11-15): perché è più grande? Perché ha realizzato con pienezza il mistero della sua disponibilità, il mistero perché è stato guidato prodigiosamente, misteriosamente dallo Spirito di Dio.

Subito dopo, sabato 15 dicembre, ancora il brano è su Elia e Giovanni Battista (Mt 17, 10-13). Il Signore ci dice che la potenza di Elia, la sua voce profetica è esattamente nell’ordine di Giovanni Battista.

La domenica che segui, 16 dicembre, terza d’Avvento: è il brano della manifestazione di Giovanni Battista (Lc 3, 10-18). E’ sempre allora questa conversione, questa insistenza della conversione che apprendiamo dalle labbra stesse del grande santo.

Il 19 abbiamo l’annuncio di Giovanni Battista, la visione dell’angelo di Zaccaria. La liturgia ci presenta ancora la figura di Giovanni (Lc 1, 5-25).

Poi ancora il 21 dicembre ci viene presentata la visitazione (Lc 1, 39-56).

Infine l’ultima domenica d’Avvento c’è ancora Giovanni nella visitazione: il bambino che esulta di gioia nel grembo della madre: figura, modello della nostra esultanza nella vicinanza del Natale.

Scusate le molte citazioni, ma capite com’è importante: è dunque alla sua scuola che noi ci dobbiamo avvicinare al Natale. Abbiamo il maestro in Lui. Cerchiamo allora di cogliere le linee del suo insegnamento.

Siamo invitati alla conversione: Egli viene per trovarci pronti, non viene perché noi indugiamo. Cosa vuol dire che viene? Se abbiamo capito cosa abbiamo detto questa mattina è evidente: non possiamo parlare delle visite di Gesù in astratto, tra queste visite avviene la nostra vera riforma, il verificare la nostra strada, il colmare l’avvallamento, il togliere ciò che è superfluo.

Porrei tre punti.

Le visite del Signore all’anima fedele avvengono attraverso:

1. Le ispirazioni

2. Le prove

3. Le consolazioni

Giovanni Battista ci è modello di come accogliere le ispirazioni, di come accogliere le prove e di come accogliere le consolazioni di Dio, cioè attraverso la liturgia dell’Avvento noi dobbiamo imparare a riconoscere il Signore. Ricordate l’episodio sul lago di Genesaret quando gli apostoli lottavano contro il mare mosso e il vento, vedono qualcuno che cammina sulle acque e gridarono di paura pensando che fosse un fantasma, ma Gesù disse loro: “Sono io, non temete”; o possiamo ricordare l’altro episodio, sempre sul lago, quando gli apostoli che non avevano pescato nulla, ricevono la segnalazione e per la foschia non riconobbero colui che era a riva e dopo il miracolo il discepolo da Gesù prediletto disse a Pietro “è il Signore!” e Pietro, sentito che era il Signore, si cinse il vestito e si buttò in mare per andare incontro al Signore.

Giovanni Battista riconosce Gesù, lo riconosce quando era ancora nel grembo di sua madre (“il bambino esultò”), lo riconosce al battesimo (“ecco l’Agnello di Dio”), lo riconosce in tutta la pienezza della sua azione messianica (“è venuto dopo di me, ma è prima di me e io non sono degno di sciogliere i legacci dei suoi sandali”), lo riconosce dal carcere (“e mandò i suoi discepoli a dire…”), lo riconosce nella testimonianza più fedele (“è necessario che io diminuisca e che Lui cresca” e lo diceva ai suoi discepoli invidiosi della gloria di Gesù), lo riconosce nella testimonianza del suo martirio.

Noi dobbiamo riconoscere le visite di Gesù in quelle che noi chiamiamo le buone ispirazioni, cioè quei movimenti dell’anima nostra che ci portano al bene: la grazia viene da Lui, viene dal suo amore.

Il Signore agisce continuamente, il Signore parla: quante volte nelle Messe dell’Avvento c’è sottolineato questo aspetto, il Signore parla; “Io ascolterò la voce del nostro Dio, a te innalzo, Signore, l’anima mia”. Egli è vicino a noi: è la grande parola di tutto l’Avvento. Riscopriamo questa verità: vicino a noi è il Signore. Perdiamo molte grazie perché trascuriamo molte ispirazioni. Il Signore parla e noi siamo distratti, il Signore parla e noi ci poniamo come assenti, il Signore parla e noi siamo assolutamente sordi.

Allora l’Avvento ci porta a un aspetto di sensibilizzazione verso la parola di Dio. Altrimenti noi saremmo delle persone sterili, cioè delle persone dove è impossibile che si eserciti la fecondità della parola di Dio e dalle quali il Signore si attende una trasmissione da uomo a uomo. “Non sposarti – dice il Signore a Geremia – perché tu devi essere il simbolo del popolo d’Israele, un popolo sterile”. Non accogliere la parola è condannarsi alla sterilità.

Giovani Battista ci è poi modello e maestro nelle gioie. Le gioie costituiscono la visita di Gesù.

Il primo incontro con Giovanni Battista è un incontro nella letizia: “Il bambino esultò”.

Il secondo incontro nel Vangelo è ancora di esultanza: “Molti si rallegreranno della sua nascita”.

Il terzo incontro con Giovanni Battista è un incontro nello spirito di gioia e nello spirito di penitenza: “Egli vide lo Spirito di Dio scendere su di Lui e udì la parola del Padre”. Gesù lo definisce addirittura l’amico dello Sposo. Giovanni è nella gioia, pur essendo nella massima penitenza: è nella gioia ed è dunque modello per noi per trovare Gesù nella gioia.

Molte volte le gioie si dissipano, ci inorgogliscono, ci rendono il centro: non le sappiamo prendere bene. L’Avvento sottolinea in pienezza questo sentiero della gioia: chi trova il Signore trova la gioia. Se quando il Signore ti manda una gioia, tu la sai prendere con grande senso di umiltà e sai esercitare (ecco una virtù molto sottolineata nell’Avvento) la speranza, sei nella sua strada. La speranza: “Non temere Sion, il tuo salvatore verrà”, “le nostre iniquità ci hanno portato via, come sono portate via le foglie secche dal vento: Signore noi abbiamo la sicurezza solo in te, nella tua misericordia e nel tuo perdono”.

Giovanni Battista ci è modello nel trovare Gesù nelle prove. Giovanni ha avuto le prove nelle difficoltà della sua predicazione: la classe dirigente del popolo ebreo non gli ha creduto, anzi lo ha contestato, lo ha insidiato. “Vennero da Gerusalemme degli scribi e dei farisei e gli chiesero: chi sei tu? Perché predichi se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta? E Giovanni disse: sono la voce di uno che grida nel deserto…”. Ha avuto la prova del doversi far da parte, infatti era al colmo della sua gloria di profeta quando è venuto Gesù e Giovanni, con serenità, ha rinunciato al suo ruolo e si è ritirato nell’oscurità: “E’ necessario che io diminuisca”. Ha avuto le sue prove nei lunghi mesi di carcere. Ha avuto una vita terribile nel deserto e poi rinchiuso nei sotterranei, fino alla prova suprema, alla morte accettata in un momento imprevedibile, in mezzo a una festa.

Giovanni ha saputo dire serenamente e gioiosamente di sì: noi dobbiamo capire la visita di Gesù nelle prove di ogni giorno, nelle tentazioni, nelle umiliazioni, nel dolore, nelle afflizioni, dobbiamo capire che è Gesù che ci visita, che è un avvento di Gesù, che è una sua venuta. Per cui dobbiamo avere questa strada come una strada buona per realizzarci in Lui.

Adesso la parte pratica, poi la revisione di vita la potete vedere con chiarezza.

Sintetizzando: due maestri, Elia e Giovanni Battista, vigilanza e conversione. Vigilanza e conversione dicono trovare il Signore, volgerci a Lui, riconoscere che è Lui. Questo lo realizziamo particolarmente seguendo questi due maestri. In modo speciale abbiamo sottolineato Giovanni Battista come maestro nel trovare il Signore nelle ispirazioni, nelle consolazioni e nelle prove.

Guardiamo invece quante cose forse abbiamo sciupato, quante cose abbiamo buttato via e come la nostra vita abbia bisogno di avvento.

IV MEDITAZIONE

Maria è il tabernacolo di Gesù: noi dobbiamo profondamente entrare nei sentimenti della Madonna.

Che sentimenti aveva Maria durante il periodo dell’Avvento, che sentimenti aveva Maria nei venti giorni che hanno preceduto la nascita di Gesù?

Qua ci vuole la sapienza di un angelo per parlare di ciò che ci poteva essere nel cuore della Madonna. Ogni mamma che aspetta un bambino lo aspetta con ansia, con gioia, con un profondo senso di ringraziamento.

Qual era l’ansia del cuore di Maria? Era l’ansia di vedere e di abbracciare il suo bambino che era il suo Salvatore e il suo Dio. Le mamme comuni non sanno che cosa sarà il loro figlio. Lei lo sapeva, glielo aveva detto l’angelo: “Egli sarà chiamato Figlio di Dio, il Signore Dio gli darà il trono di Davide e il suo regno non avrà fine”. Lo sapeva. Perciò con quale desiderio, in quale esercizio di speranza la Madonna viveva il suo dono.

Veramente l’Avvento è scuola della speranza sulla scia della Madonna. Dicevo stamattina, che l’Avvento è attesa e ora capite la seconda parola che ho detto: è preparazione.

L’ansia del Signore anche per noi: quante volte diciamo nella Messa: “Mostraci la tua pace”. Cosa vuol dire imparare questo per noi? Vuol dire quello che diremo domenica nel versetto al Vangelo: “Mostraci Signore la tua misericordia e donaci la tua salvezza”. In pratica, in una parola, è il desiderio della comunione con Gesù, la comunione spirituale dei suoi sentimenti, il desiderio della nostra fusione con Gesù e ad essere un’unica cosa con Lui.

Martedì della prossima settimana, 4 dicembre, noi diremo: “Sì, Signore, tu vieni con potenza grande a illuminare gli occhi dei tuoi servi”, però ripeteremo anche le parole di Gesù: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto”.

Allora la nostra ansia di santità, il nostro desiderio pieno e completo si configurerà così: Signore, noi vogliamo diventare santi, noi vogliamo diventare molto santi, Signore noi non abbiamo paura a diventare molto santi, Signore, a imitazione della vergine Maria, noi abbiamo l’ansia di diventare santi.

E’ qui dove troveremo la strada per il nostro equilibrio spirituale. Dicevamo che la Madonna attendeva con gioia il suo Figlio: tornano le parole del versetto della Messa dell’Avvento: “siederemo con gioia alla mensa del Signore”.

L’Eucaristia nostra gioia: scoprire anche questo valore nell’Avvento. L’Eucaristia nostra gioia: l’Eucaristia è l’Emmanuele, Dio con noi, è Gesù nelle nostre braccia, nel nostro cuore.

La Madonna aspettava la venuta di Gesù con un cuore dilatato dalla gioia, sapeva chi veniva e sapeva quello che avrebbe portato a Lei e all’umanità, lo sapeva ed era disposta, lo voleva fare. Anche noi dovremo vedere nell’Eucaristia in pieno la vera nostra sicurezza: siamo sicuri come Elia quando camminò con la forza di quel pane per quaranta giorni e quaranta notti.

In Isaia 25, 6-10 era profetizzato l’abbondanza che il popolo nuovo avrebbe avuto nelle cose spirituali. Ecco la profonda comunicazione che dà l’Eucaristia nella gioia.

La Madonna aspettava Gesù nella sicurezza delle cose che avrebbe portato nella sua grande redenzione. La nostra fede nell’avvicinarci all’Eucaristia, la nostra fede nel prendere la Messa, la nostra fede nel sapere che la Messa è veramente la nostra grande risorsa. Senza la Messa niente vale.

Sicché, come saranno le nostre Messe nel tempo dell’Avvento?

Prima di tutto allora dovranno essere in Maria, con Maria, per Maria, cioè cercheremo nelle Messe dell’Avvento la nostra comunicazione con la Vergine, perché Gesù è in Lei, Lei è il tabernacolo, il sacrario, Domus Aurea, la casa d’oro. Quindi venereremo la Madonna e nella festa dell’Immacolata che ce la presenterà così candida e così santa ci sarà un motivo per indirizzare le nostre Messe così.

Poi il rito d’inizio della Messa vorremo particolarmente viverlo nello spirito di Giovanni Battista di cui abbiamo parlato nella meditazione precedente: la purificazione nella gioia.

La liturgia della Parola cercheremo d’ascoltarla con profonda docilità alle ispirazioni di Gesù: sempre sulla scorta di Giovanni Battista saremo degli attenti ascoltatori. “Maria conservava tutte queste cose nel suo cuore”.

Nell’offertorio presenteremo particolarmente i nostri desideri: offertorio di desideri, cioè esercizio della virtù della speranza.

Nella consacrazione cercheremo di valorizzare soprattutto il pensiero del nostro nulla: il Signore ci unisce a se’ per una creazione e per una redenzione. Tanto più sarà grande la nostra unione con Gesù quanto più avremo realizzato l’umiltà. Nel cuore della Messa durante l’Avvento cerchiamo di coltivare questo sentimento profondo di umiltà.

La Comunione allora avrà come sentimento dominante l’abbandono, l’abbandono fiducioso, tenero, l’abbandono molto fervido. Perché l’abbandono? Proprio a somiglianza di Maria, della comunione in quel mese di Maria con Gesù, proprio nella fiducia che tutta la liturgia in Avvento sottolinea. Quindi un confidare nella sua salvezza, in un continuo ripetersi di questo abbandono.

Ci servirà moltissimo e in molti casi il fare la Comunione, meditando il testo delle parole della liturgia, della prima lettura o della seconda. Nella seconda domenica d’Avvento noi ripeteremo il versetto: “grandi cose ha fatto il Signore per noi”, c’è il salmo 123 che è proprio il salmo di colui che riconduce i prigionieri di Sion: “nell’andare se ne va e piange portando la semente da gettare, ma nel tornare viene con giubilo portando i suoi covoni”. Tempo dell’Avvento quindi tempo di straordinaria fiducia, la fiducia del contadino che ha gettato il seme piangendo, ma che ha raccolto i frutti giubilando.

Ecco le nostre Comunioni: abbandono, fiducia, serenità.

Sono le accentuazioni che possiamo dare alla nostra Messa nel tempo di Avvento.

Siamo a più di due mesi dagli Esercizi: qui la vostra revisione di vita si fa nel vedere com’è andata dal termine degli Esercizi fino ad ora. Soppesate bene: che non si verifichi la parola “sei stato soppesato e sei stato trovato scarso di peso”. Soppesiamo bene la nostra Messa secondo la parola di Gesù per cui se condanno me stesso Lui non mi condannerà. Guardiamo le nostre Messe: che profilo ne abbiamo ricavato? Guardiamo in quale punti siamo andati ottimamente: se in tutti mettiamoci in ginocchio e ringraziamo. Guardiamo se siamo andati non solo ottimamente ma solo bene, o mediocremente, o sufficientemente, o, ipotesi peggiore, se in qualche parte, qualche volta siamo andati male, ecc.

Una volta fatto il bilancio fate la riforma della liturgia dell’Avvento, ognuno di voi cerchi di prendere una guida o un modello. Uno dice “prenderò per modello Maria, la spiritualità della Madonna in attesa”, un altro dice “c’è un tipo dell’Antico Testamento che va bene per me”; un altro dice “c’è una figura dell’Antico Testamento che devo tenere sempre presente”; oppure “c’è un sentimento di cui ho particolarmente bisogno”; oppure “c’è una virtù sulla quale devo particolarmente insistere”, ecc.

Prima della riforma liturgica il 17 dicembre c’era una festa: la festa dell’attesa della nascita di Gesù della Madonna: sia il nostro Avvento una specie di questa festa.

Sappiamo attendere, ma sappiamo con forza prepararci: l’Avvento ci darà la misura del nostro Natale.

CODICE 73MQR093
LUOGO E DATA 25/11/1973
OCCASIONE Ritiro spirituale avvento
DESTINATARIO Gruppo giovani
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI L’Avvento / Come prepararsi all’Avvento / I maestri dell’Avvento / Maria nell’Avvento
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
    tra la vita delle persone, condividendo tutto. 
    In fondo, forse, è il segreto più prezioso che ci ha svelato.”
    Umberto Roversi

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