II Meditazione
Se noi vogliamo fare la volontà di Dio e vogliamo farla com’è la nostra vocazione, vocazione a vivere la nostra figliolanza divina nell’umiltà e nell’obbedienza al Padre, evidentemente abbiamo bisogno di punti forti d’appoggio, perché altrimenti non ce la facciamo, perché la nostra infermità è grande. Tornano le parole: “lo spirito è pronto ma la carne è debole”.
La nostra vocazione di figli di Dio ha bisogno dunque di un punto solido sul quale sempre far forza. C’è bisogno di citare Archimede: “Datemi un punto d’appoggio e vi muoverò il mondo”. E’ vero anche nel campo soprannaturale: abbiamo bisogno di un punto solido d’appoggio.
Dove lo troviamo? Lo troviamo nella vita di pietà, nella vita di devozione, nella vita di preghiera. E’ in quest’ordine che noi abbiamo il punto di appoggio, altrimenti finiamo per non trovarci, per non costruire, finiamo in modo che le cose ci disgregano, ci spezzano. Allora con buona volontà, con buona intenzione, ma senza punto di appoggio concludiamo poco. Allora succede come in certe giornate della vita in cui si dice: “lo farò alle dieci” e non lo si fa, “lo farò a mezzogiorno” e poi non lo si fa; poi quando è passato il mezzogiorno della vita e ci avviamo al cuore d pomeriggio le cose vanno sempre peggio: Dio non permetta che arriviamo al tramonto senza aver costruito, senza aver fatto.
Io proporrei alla vostra attenzione questo punto: la vita di preghiera reale appoggio a fare la volontà del Padre.
Cosa intendiamo per vita di preghiera?
Per vita di preghiera intendiamo un orientamento continuo, ricco di amore, verso il Signore, Padre nostro.
La vita di preghiera è una vita di fede, prima di tutto. Noi dobbiamo avere una visione sempre nella grazia della fede: non possiamo mai vedere le cose unicamente sotto il punto di vista umano. Una visione di fede per cui di noi stessi, delle nostre responsabilità, delle cose del mondo abbiamo un giudizio di fede.
La fede deve permeare così tanto la nostra vita, la nostra anima da non potere assolutamente, in nessuna cosa, prescindere da questo meraviglioso dono che ci ha fatto il Signore. Vita di fede, giudizio di fede, aspirazioni di fede. La tua vita costituita nella fede. E’ il primo, fondamentale elemento per una vita di preghiera: tutto nella fede, nulla senza fede, nulla fuori dalla fede, nulla senza essere informato dalla fede.
Questa vita di fede si arricchisce nella vita di speranza, per cui noi dobbiamo sviluppare in noi la facoltà, la grazia della speranza, la virtù infusa che ci è stata donata dal Signore.
Cosa vuol dire vivere nella speranza?
Vuol dire non misurare mai le nostre difficoltà, non misurare mai le difficoltà che troviamo davanti a noi e attorno a noi, le difficoltà di quelli che sono con noi, non misurarle mai secondo parametri umani, secondo categorie umane, ma vedere sempre le cose nella promessa di Dio. “Dio è con noi – dice la Scrittura – chi può essere contro di noi?”. E’ evidente, il nostro ragionamento umano ha le sue leggi, ha la sua logica, ha il suo peso ed ecco perché molte volte se ci fermiamo qui non è la paura del bambino, ma è il ragionamento dell’adulto che ci ferma, è una maturità che ferma e non una qualsiasi posizione di debolezza da infante o da adolescente. E’ proprio qui che torna la Scrittura, quando dice che ciò che umanamente è sapiente è stolto davanti a Dio. Dio rifiuta la sapienza della carne. C’è la logica di Dio che ci deve sempre informare. La virtù della speranza vuol proprio dire così: che noi dobbiamo attendere, aspirare al regno di Dio nella sua pienezza, cioè noi dobbiamo veramente aspettare, aspettare volendo che il regno di Dio si formi in noi, la nostra santità, che il regno di Dio si formi attorno a noi nell’ambito della nostra missione, che il regno di Dio si operi attraverso a noi nella famiglia, nella comunità. Noi aspettiamo con sicurezza perché aspettiamo da Dio che ha promesso, di Dio che mantiene, di Dio che veramente mantiene con una sovrabbondanza meravigliosa di doni quale noi certamente non aspettavamo, perché Dio sorpassa ogni nostra attesa, sorpassa ogni nostro intendimento.
E’ l’esercizio della vita di speranza che è preghiera, che è vita di preghiera. “Gli occhi di tutti sono fissi a te, o Signore”: è il salmo che pone la nostra posizione e la sua centralità. “Gli occhi sono fissi su di te come gli occhi della serva sulle mani del suo padrone”.
Poi la nostra vita preghiera soprattutto è una vita di amore, per cui noi dobbiamo vincere tutte le forze egoistiche e salire al puro amore, al vero amore, all’amore di dono schietto, forte.
E’ allora l’esercizio della tua fede, della tua speranza, della tua carità che ti costituiscono nella vita di preghiera, cioè costituiscono la tua gioia di orientamento. Questa vita deve trovare così il suo respiro, il suo cibo nelle pratiche di pietà, cioè in quegli spazi della preghiera di cui tante volte abbiamo parlato, quegli spazi nei quali non solo diamo il primo posto al Signore, ma gli diamo tutto intero lo spazio, non ci allontaniamo neanche un momento da Lui.
La vita di pietà allora si esercita nella preghiera, ci incanala in modo che le nostre preghiere ci siano facilitate dagli appuntamenti fissi, dalle forme stesse, quando sappiamo benissimo che se non abbiamo certe impostazioni ci disperdiamo disordinatamente, scioccamente, superficialmente.
La tua vita di pietà va allora vista così, come la garanzia della tua vita di preghiera fede, di preghiera speranza, di preghiera carità. Per cui la tua vita di pietà dev’essere un continuo esercizio di fiducia in Dio, la fede, continuo esercizio di speranza e di amore.
Sicché, se tu vuoi fare una revisione della tua vita di pietà, devi guardare questi elementi:
Una vita di pietà illuminata, basata su idee teologiche, su idee molto ben connesse e molto ben costruite: non si costruisce su delle reminiscenze, non si costruisce su cose poco precise e vaghe. Questo sempre, ma un uomo di una certa età ha bisogno d’idee forti su come costruire. Una pietà illuminata e questo non avviene, se non operiamo continuamente un aggiornamento: quello che un professionista cosciente compie periodicamente (sta aggiornato: legge, si interessa, guarda perché non può vivere di quello appreso anni prima), così dev’essere nella tua vita di pietà. Per questo fate bene, vedo che in generale lo fate, quando fate direzione spirituale, a partire sempre di lì, cioè partite dal dire: “Ecco l’idea sulla quale adesso soprattutto mi baso… l’idea che mi dà tono è questa…, intesa in questa maniera e sviluppata in questo modo…”: giustamente fate così, perché l’idea che vi andava bene cinque anni fa adesso può essere non inefficace, ma le circostanze possono portarla a sentirla meno. Fate bene quindi a continuare nella direzione spirituale a martellare su questo punto, sicuri che è sempre bene dare una revisione generale prima di scendere ai particolari. Quindi una pietà illuminata.
Secondo aspetto: una pietà fervida. Notate l’aggettivo “fervida”, che è preso dall’acqua bollente. Una cosa è il termine fervido e altro è il termine sentimentale: ho sentito alle volte degli uomini, non voi, che con una certa consapevolezza e senso di responsabilità parlavano della pietà delle donne, della devozione delle donne, delle devonziuncole delle donne, dei sentimentalismi delle donne, di una pietà sdolcinata e dicevano che, visto che erano uomini, la loro preghiera era sostenuta e non cadeva nelle forme di tipo femminile. Giusto, vorrei però che eliminando il termine “sentimentale”, non si eliminasse il termine “fervido”. Fervido vuol dire che in tutto bisogna mettere tutto, che bisogna essere dinamici, che bisogna essere fervorosi, che bisogna sentire le cose.
Se provate ad applicare l’aggettivo fervido a tutte le vostre pratiche di pietà, allora le vedete meglio: le preghiere del mattino fervide, raccoglimento quotidiano fervido, salmi fervidi, Messa fervida, meditazione (qui ci vorrebbe un superlativo, ma limitiamoci) fervida, le preghiere della sera fervide, l’esame di coscienza fervido. Se uno alle sue pratiche mette davanti l’aggettivo fervido, allora vede bene. Fervido non va d’accordo con sonnacchioso, con tirato, con superficiale, con linfatico: sono cose molto elementari, sulle quali non mi fermo, però la pietà dev’essere fervida.
Terza qualità della pietà: la pietà dev’essere costante, cioè è necessario che l’amore per manifestarsi davvero non abbia delle intermittenze. Un amore che non sa superare gli ostacoli, che ogni tanto subisce delle eclissi, che ogni tanto cammina con i reumatismi non è in quest’ordine. Noi abbiamo bisogno di una pietà che sia veramente una dimostrazione di un amore che non viene meno, dev’essere la nostra corrispondenza all’amore del Padre. Un abisso chiama abisso, l’infinita misericordia di Dio chiama la nostra volontà totale.
Tutto questo nell’ordine tuo, cioè nell’ordine della tua famiglia, nella quale si deve celebrare una liturgia domestica, nell’ordine di quella famiglia nella quale tu dai lode vera insieme con tua moglie al Signore che ti ha costruito la casa, in cui dai man mano che crescono lode vera insieme ai tuoi figli. Allora possiamo parlare di una pietà famigliare oltre che di una pietà famigliare, una pietà famigliare che tanto dipende da te, tanto. Le tue carenze, le tue lacune a lungo andare finiscono per essere le carenze e le lacune della tua famiglia, a lungo andare i tuoi figli si costruiranno i medesimi limiti che sono i tuoi.
Poi una pietà comunitaria, perché la tua famiglia vive in una comunità: la Chiesa che prega. E’ Chiesa che prega per bocca tua nella liturgia: sentire perciò che nella comunità hai il tuo posto, il posto che ti ha dato il Battesimo, il tuo servizio, l’umiltà e la forza del tuo servizio.
Ecco allora che vedrete bene queste considerazioni. La mia vita di preghiera è il mio punto di sostegno, quindi difetti, incertezze, pigrizie: quali sono state quelle cose che hanno limitato la mia vita di pietà, che l’hanno ridotta, che l’hanno impoverita? Su questo penso che facciate bene a fare la vostra revisione di vita, ma fatta bene in concreto, fino in fondo. Vedere dove c’è la mancanza e perciò dove poi il resto scivola e si spacca. La vita di preghiera dev’essere una vita che riconosce Dio nella sua grandezza (adorazione), una vita di ringraziamento al Padre per tutti i suoi benefici, una intercessione perenne, perché il Signore della misericordia abbia pietà di tutti coloro che in qualche modo possano convertirsi ed essere totalmente suoi.
Una vita di pietà molto seria, molto forte, molto impegnata. Penso che questo sia il vostro proposito
III MEDITAZIONE
La vita spirituale posta così da figli in una vita di preghiera può scendere anche ai sacrifici più forti, anche a quelle forme di ascetica cristiana che in modo speciale ci ricorda adesso la quaresima.
Il senso penitenziale della vita.
Vorrei sottolineare particolarmente due cose: come abbiamo bisogno di penitenza e come abbiamo bisogno di mortificazione.
Il Signore ha posto con chiarezza la necessità della penitenza: “Se non farete penitenza perirete tutti”. Il bisogno della purificazione. Non ho bisogno di illustrare come i nostri peccati sono un ostacolo alle grazie di Dio, alle più grandi grazie di Dio, come i nostri peccati, anche quando hanno ottenuto la remissione nel Sacramento, hanno bisogno di essere completamente scontati, eliminati anche nelle loro conseguenze, perché mai come di fronte all’infinita santità di Dio sentiamo che la nostra qualità di peccatori ha bisogno di una straordinaria indulgenza…
…
CODICE | 73CIR023 |
LUOGO E DATA | Traversetolo 19/03/1973 |
OCCASIONE | Ritiro spirituale quaresima |
DESTINATARIO | Gruppo uomini |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Pratiche di pietà / Penitenza e mortificazione |
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