02/04/1978 - Vespro Domenica Albis

Sant’Ilario d’Enza 02/04/1978
Catechismo Vespro

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Siamo arrivati alla ventisettesima invocazione: “Cuore di Gesù, fonte di ogni consolazione, abbi pietà di noi.” Consolare vuol dire portare uno dal dolore alla gioia, dalla depressione al sollievo. Gesù stesso si è posto come sorgente di consolazione. Voi ricordate: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.” (Mt 11, 28-29). In che maniera ci consola Gesù? Gesù ci consola unendoci a Lui. Non è che manchino le croci per uno che segue Cristo, anzi, uno che segue Cristo dev’essere disposto ad abbracciare la sua croce, è una regola. Ma proprio sta qui: proprio perché è una regola unirci a Lui, comunicare con Lui, formare un’unica cosa con Lui, è qui che viene la più forte di tutte le consolazioni. Noi lo stiamo meditando in questo tempo pasquale, noi ripetiamo le parole di S. Paolo: “Se siamo crocefissi con Lui, risorgeremo con Lui”. Risorgeremo, c’è una comunione che è certissima, certissima nella sofferenza che viene alleviata, perché Gesù si carica anche della nostra croce e poi ci dà la certa speranza di essere con Lui già fin da adesso nella sua risurrezione e di parteciparvi poi con pienezza. La nostra identificazione con Cristo è la nostra grande speranza: proprio perché siamo una sola cosa con Lui, noi possiamo alzare lo sguardo, possiamo essere sicuri che Lui ci unisce a sè nella vittoria totale sul peccato, sul male, sul dolore, sulla morte. E guardando a Lui niente ci può fare paura, ripetendo le parole dell’apostolo: “Per quelli che amano Dio tutto torna in bene”(Rm 8, 28). Rinsaldiamo quindi la nostra convinzione totale. Noi dobbiamo unire la nostra vita a Cristo e solo quello che ci stacca da Cristo è brutto, è terribile, può dar luogo al più grande dei pericoli, quello di perdere per sempre la consolazione morendo in sua disgrazia. Il grave è che noi molte volte cerchiamo consolazione fuori di Lui, dove non va bene, cerchiamo consolazione nel piacere proibito, condannato, cerchiamo consolazione in forme di dissipazione mondana in cui non troviamo niente che possa veramente saziare l’anima nostra. Noi cerchiamo la consolazione fuori di Lui, forse in cose che Lui condanna: non mangiate di quel frutto, qualunque volta voi ne mangerete, voi morirete!(cfr. Gn 2, 17). Cercare la consolazione fuori di Lui è un’illusione: solo il Signore ha la potenza di guarire le nostre anime e di dare quella soavità di certezza che guarda all’avvenire senza paura. Perciò questa sera riaffermiamo la nostra precisa volontà: cercare nel cuore di Gesù il conforto, cercare il sostegno delle cose dure di ogni giorno, il sostegno nelle tentazioni, la medicina nelle cadute, la soavità in mezzo a tutte le amarezze che si presentano. Il Signore è soave. “Lodate il Signore perché è buono”: quante volte nei salmi tornano queste parole. Il Signore è buono, quanto è soave il servirlo! È l’atto di fede che noi facciamo nella sua risurrezione, è l’atto di fede che noi facciamo nella sua misericordia che ci ha uniti a sè e ci vuole sempre con sè, secondo le sue parole dette nell’ultima cena: “Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io” (Gv 17, 24)

CODICE 78D1V01360N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza 02/04/1978
OCCASIONE Catechismo Vespro
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Gesù ci consola unendoci a Lui
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
    tra la vita delle persone, condividendo tutto. 
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    Umberto Roversi

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