14/04/1985 - Vespro Domenica Albis

Parlavamo del Salmo invitatorio dell’Ufficio; se vi ricordate parlavamo della funzione di questo Salmo. Ed ora che siamo nel tempo di Pasqua, lo comprendiamo ancora con maggiore insistenza. È proprio il ricordo dell’Esodo, il ricordo dei prodigi dell’Esodo: “Per quarant’anni mi disgustai di quella generazione, perché mi tentarono i vostri padri, nonostante i prodigi meravigliosi, come a Meriba nel giorno di Massa nel deserto” (cfr. Sal 95, 8). Di fronte ai grandi prodigi di Dio, il loro cuore si indurì. L’Esodo ci ricorda allora come una profezia di quello che sarebbe avvenuto nella nuova legge: quest’esodo del popolo cristiano che passa attraverso le acque di salvezza, il suo mare Rosso, il suo battesimo. E deve corrispondere, perché il cammino è faticoso, è duro, il cammino mette alla prova. Ogni battezzato sa com’è vera questa cosa, come la vita presenta tentazioni, presenta paure, presenta ansie, presenta tristezze. E bisogna credere, perché i prodigi del Signore non vengono mai meno, perché il Signore ha dimostrato a noi il suo amore nel Mistero Pasquale e la sua resurrezione è garanzia della nostra speranza e della nostra salvezza. Ecco, non fare come a Meriba, quando mormoravano perché non avevano acqua e ancora una volta il prodigio di Dio fece zampillare abbondante l’acqua e si dissetarono, ma non erano stati fedeli, non avevamo creduto. Il battezzato, che sente il Salmo 94, sente l’urgenza di credere a quell’acqua che il Signore dà, perché è un’acqua zampillata dal suo costato, è un’acqua venuta dal suo cuore, è l’aiuto meraviglioso, continuo, un aiuto che, se si crede, è sempre più evidente e sempre più forte. Ma, se si lascia perdere, diventa il cammino difficile, perché il cuore si indura. Ecco, la lettura dei Salmi sarà per noi sempre un motivo di rinnovamento di fede.