15/01/1978 - Vespro II Domenica Ord

Sant'Ilario d'Enza, 15 gennaio 1978, II domenica del Tempo Ordinario
Catechesi del Vespro

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Penso che vi ricordiate dove siamo arrivati. Ricordate che abbiamo finito l’invocazione venticinquesima e siamo alla ventiseiesima che dice esattamente: “Cuore di Gesù trafitto da una lancia, abbi pietà di noi”. Si invoca allora il Cuore di Gesù, lo si invoca nella sua passione, in un momento particolarissimo della Passione. L’apostolo san Giovanni, lo ricordate, ci descrive l’episodio, solo lui. E ci dice che, quando i soldati per ordine del procuratore romano vollero finire i condannati a morte, spezzarono le gambe, il crurifragio, così chiamato, spezzarono le gambe ai due ladri crocefissi con Gesù. Ma venuti da Gesù, avendo constatato che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con la lancia gli aprì il fianco e dal cuore squarciato uscì sangue ed acqua” (Gv 19, 32-34). L’attenzione e lo sguardo specialmente delle anime più ricche di amore e di contemplazione, si sono fermate su questo episodio, sapendo che niente nella passione di Gesù è venuto a caso, c’era una provvidenza evidente che toccava anche i particolari; del resto Gesù aveva detto che non erano gli uomini a decidere della sua sorte, era la volontà del Padre. Nei secoli molti si sono interrogati sul significato di questo cuore squarciato e si è visto un simbolo il simbolo evidente che ci illumina su tutta la passione, perché Cristo soffrì per amore, non per necessità, perché Cristo ha eletto quella morte perché voleva bene agli uomini e ha voluto simbolicamente aprire il suo cuore di redentore perché tutti gli uomini capissero questo immenso infinito tesoro. Un simbolo - commenta la liturgia - dal suo cuore squarciato è nata la chiesa, noi siamo stati lavati da quell’acqua e da quel sangue che uscì dalla ferita. È una meditazione evidente sulla carità di Cristo che troppo spesso noi dimentichiamo, che troppo spesso consideriamo, così, genericamente, e non vediamo nella carità di Cristo un discorso strettamente personale. San Paolo ci guida quando ci dice “Cristo mi ha amato e si è dato per me” (Gal 2, 20). Ognuno deve fare un discorso, un discorso di comprensione: se ha cominciato a capire l’amore che gli porta Cristo. Se ha cominciato a capirlo; se ha cominciato a corrispondere. “Cristo mi ha amato”. E per ognuno è tanto vero che, se ci fosse solo lui nel mondo, Cristo non lo amerebbe di più di quello che lo ama ora. Se ci fosse solo lui nel mondo, e fosse necessario redimerlo, Cristo incontrerebbe ancora tutti i dolori della Passione, subirebbe ancora quella terribile morte. Si è dato per me. È un discorso forte; sono frasi che si dicono con trepidazione, perché vedete, se ci abituiamo a queste frasi, e abituati continuiamo a peccare, ecco, sta proprio qui il peccato contro lo Spirito Santo che non è perdonato né in questo mondo, né in quell’altro: il rifiuto cosciente dell’amore. Perché dalla giustizia di Dio possiamo rifugiarci nella misericordia, ma, se rifiutiamo la misericordia, se rifiutiamo tanto amore, non ci resta più niente da fare. Ecco che, guardando al crocefisso, dobbiamo proporci di guardare alla sua piaga, soprattutto alla piaga del suo costato, perché vediamo il suo cuore, perché dobbiamo entrare in questo cuore, perché allora è sicura la nostra salvezza, è sicura la nostra gioia eterna. Accogliamo l’amore del Cristo crocefisso, accogliamo l’amore del Cuore di Gesù con tutto lo slancio e con tutta la forza della nostra volontà, e sappiamo che contrasta con l’amore il peccato, particolarmente il peccato grave. Il peccato è rifiuto dell’amore e su questo dobbiamo a lungo riflettere.

CODICE 78AEV01311N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 15 gennaio 1978, II domenica del Tempo Ordinario
OCCASIONE Catechesi del Vespro
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI (26) 25- Trafitto dalla lancia
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