06/03/1977 - Vespro II Domenica Quar

Sant'Ilario d'Enza, 06/03/1977
Catechesi al Vespro

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Parlavamo di grazia, cioè di una comunicazione che ci viene da Dio per mezzo dell’umanità santissima di Gesù. Giovanni evangelista sintetizzerà così: “Dalla sua pienezza, noi abbiamo ricevuto” (Gv 1, 16) e oggi ricordavamo nella trasfigurazione, questa posizione del Figlio diletto di Dio, che non è una posizione solamente esteriore, ma è una posizione eminentemente intima, è diletto perché in lui è riversata non solo la compiacenza di Dio, ma la vita stessa di Dio. Per questo noi, aderendo a Gesù, diventiamo cari a Dio. Essere in grazia, vuol dire essere cari al Signore. L’angelo che è apparso a Maria, l’ha chiamata: “Carissima a Dio, piena della compiacenza, di Dio, piena della grazia” (cfr. Lc 1, 28). Ecco, come possiamo accrescere questa grazia in noi? Possiamo accrescerla attraverso tre mezzi. La possiamo accrescere con la preghiera, perché la preghiera è aprirsi a Dio e alla sua parola. La preghiera è privilegio di colloquio, chi prega, raccoglie in una maniera assolutamente diversa da chi non prega. Chi prega riceve le compiacenze di Dio e perciò la vita di Dio cresce in lui. L’accresciamo ancora con i sacramenti. I sacramenti sono efficaci di grazia: ogni sacramento ricevuto bene aumenta la grazia santificante. Ma badate bene, la grazia santificante, è come una sorgente: uno riceve in quanto è capace, in quanto si rende capace. Perciò il sacramento non è un atto magico, che fa quello che fa, il sacramento ha la forza in se stesso, è mezzo infallibile, ma uno riceve in tanto in quanto si rende adatto. Le nostre confessioni, domandano particolarmente lo spirito di conversione, le nostre comunioni domandano particolarmente il desiderio di Gesù. Abbiamo dunque un serio interrogativo sui nostri sacramenti: ne riceviamo tanti, ma la grazia di Dio forse non cresce in proporzione, perché restiamo sempre molto imperfetti e restiamo sempre tanto fragili. Terzo mezzo che ci accresce la grazia, è fare la volontà di Dio e fare ciò che si chiamano “le opere buone”. Le opere buone non sono tutte buone alla stessa maniera. Cos’è che rende buona un’opera? Rende buona un’opera, ciò che la rende conforme alla volontà di Dio. La rende buona, se è fatta con intento di amore: quanto più grande è l’amore che uno mette, tanto maggiormente preziosa è l’opera. E ancora, l’opera è buona quanto più costa: i nostri sacrifici per fare il bene. Tante volte sciupiamo molte opere buone: o perché le facciamo senza intenzione di amore, o perché le facciamo svogliatamente, o perché le facciamo mescolandole con tanti difetti e tante limitazioni. Se vogliamo che la grazia di Dio si compiaccia in noi e si accresca la nostra unione col Signore, guardiamo di far bene ciò che facciamo. “Maledetto - dice la scrittura dell’antico testamento - chi fa l’opera di Dio svogliatamente”. Non facciamo le opere di Dio svogliatamente, ma con tanta generosità, con tanto impegno, soprattutto con tanto amore. Ci sono delle distrazioni che in sé sembrano buone, ma in realtà sono da buttare via. Dobbiamo unificare i nostri sentimenti, ci dobbiamo sentire una sola cosa, dobbiamo far nostro il cuore di Gesù. Dobbiamo essere distaccati, poveri dei nostri sentimenti, poveri delle nostre… [Registrazione interrotta].

CODICE 77C5V01341N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 06/03/1977
OCCASIONE Catechesi al Vespro
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI La grazia: mezzi per accrescerla
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