25/01/1976 - Vespro III DOmenica Ord

Sant'Ilario d'Enza, 25/01/1976
Catechesi Vespro III domenica Tempo Ordinario

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Dicevamo che noi dobbiamo essere la compiacenza del Padre, come è stato il cuore di Gesù e dicevamo che questo non è assolutamente possibile, se nella nostra vita regna il peccato o regna una voluta mediocrità, una rinuncia a camminare forte nella via di Dio. Aggiungiamo che non basta non avere dei peccati, e dobbiamo ricordare la parola detta da San Paolo nella lettera agli Efesini: “Vi scongiuro, o fratelli - dice l’apostolo - di camminare degnamente secondo la vostra vocazione, una vocazione cui siete stati chiamati nel meraviglioso piano di Dio, Signore nostro” (cfr. Ef 4, 4). C’è una vocazione: è qualcosa di ben positivo, di ben grande, è la grande costruzione che noi dobbiamo fare nella vita. Dio ci ha chiamati, perché noi facessimo; non ci ha chiamati perché noi guardassimo. Troppi cristiani si fermano così a delle buone intenzioni, a uno sguardo, a un atteggiamento passivo. La nostra chiamata è chiamata ad operare, a costruire, è una chiamata ad essere, è una chiamata ad impegnare questo essere, a fare. La vocazione essenziale del cristiano è una vocazione di santità, di una santità autentica. E quando parliamo di santità non vogliamo dire certe forme di santità. Indubbiamente nella storia della Chiesa vi sono tanti tipi di santità, alcuni eroici, altri da ammirare ma non da imitare (sono vocazioni singolarissime); altri tipi di santità che sono speciali. Noi qui vogliamo parlare della vocazione comune. E la vocazione comune, ed è per tutti, è che noi siamo santi a somiglianza di Gesù, il nostro volto non può piacere al Padre se non ha i tratti, i lineamenti del volto di Gesù; non può piacere al Padre, se noi non viviamo di Cristo. Il vivere di Cristo dice allora accettare con entusiasmo la sua dottrina, la sua indicazione; è mettere nella nostra vita qualche cosa delle sue virtù, è relazionare con il prossimo come ha relazionato Lui. La nostra vocazione di cristiani è dunque una vocazione di pienezza; non a qualche cosa siamo chiamati: siamo chiamati al tutto. E il tutto è vivere interiormente la vita del Cristo, è restare sempre in comunione con Lui nel fare la volontà del Padre. Tutti sono chiamati alla santità, tutti! Ed è un tradimento non arrivarci! È un tradimento accontentarsi di qualche cosa. È un tradimento provocato dalla nostra pigrizia: ci sa fatica. È un tradimento provocato dal nostro orgoglio: vogliamo stupidamente un’autonomia che non costruisce, anzi distrugge. È una pienezza rotta, rovinata dall’eccessivo nostro attaccamento a ciò che piace così sensibilmente, rifiutando perciò quelle gioie profonde e grandi che il Signore dispensa alle anime generose. Siamo chiamati alla santità e dobbiamo guardare al cuore di Gesù come modello e al cuore di Gesù come sorgente di forza. “Ecco il mio cuore”, dice il Signore. Ecco il suo cuore, cioè il suo amore, cioè ciò che il suo amore ha operato, ciò che il suo amore vuole insistentemente realizzare nel mondo. “Imparate da me!” “Imparate da me l’amore a voi stessi. Imparate da me l’amore ai fratelli. Imparate da me ad essere attivi nel regno di Dio”, perché la santità è pienezza, è pienezza di valori umani, è pienezza di valori di fede, è pienezza di generosità verso gli altri che dobbiamo aiutare ed evangelizzare. Voglia il Signore farci sentire fino in fondo questa nostra vocazione e, quando siamo stanchi, quando abbiamo difficoltà, ecco, dobbiamo imparare a guardare al cuore di Gesù. Guardare a Lui vuol dire prendere nuove energie e sentire una gioia profonda: la gioia di essere come Lui.

CODICE 76AQV01332N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 25/01/1976
OCCASIONE Catechesi Vespro III domenica Tempo Ordinario
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Vocazione alla santità
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
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