San Benedetto è il patriarca dei monaci d’occidente, vissuto nel sesto secolo. A Subiaco e a Montecassino ha fondato dei monasteri che hanno poi germogliato in migliaia di altre fondazioni. San Benedetto ha incominciato la sua ascetica con la vita eremitica, posto in solitudine passava il suo tempo nella contemplazione e nella preghiera. Poi alla sua santità, ai suoi consigli, alla sua direzione spirituale accorsero numerosi discepoli; a questi discepoli diede una regola, è quanto adesso noi possediamo di lui. Una regola considerata un capolavoro di equilibrio, di armonia. Un capolavoro, è stato detto, di sapienza umana e di illuminazione di Spirito Santo. Questa regola che ha dato ai suoi monaci ha insegnato molte cose, ha insegnato particolarmente a servire Dio con umiltà, nel distacco dei beni della terra, nell’ubbidienza, nel lavoro. La regola di San Benedetto sorgeva così come una grazia di Dio in una società che allora era in dissoluzione: erano venuti i barbari, la regola era la violenza, una violenza che non risparmiava nessuno, una violenza che era quanto di più irragionevole si potesse pensare. San Benedetto ha richiamato all’ordine, i monasteri suoi sono diventati un capolavoro di ordine, di umiltà: servire gli altri, amarli nel servizio, aiutare tutti; una regola di ordine nell’evitare l’ozio, l’ozio inteso così come un’impostazione capricciosa della vita. Se tu servi il Signore donati ad una precisa direzione di vita. Prescriverà ai suoi monaci la perseveranza nello stesso monastero, non girellare qua e là, non seguire l’impulso del momento ora in una maniera ora nell’altra. San Benedetto richiamerà alla donazione totale che non conosce ritorno. Se dai, da' tutto! Proprio perché se non dai tutto, non dai fino in fondo bene. Insegnerà la preziosità dei valori umani del lavoro, dell’impegno, dell’usare bene il tempo. Insegnerà quella regola di umiltà data dal vangelo, per cui uno si deve sentire sempre in fondo, mai in principio, l’ultimo nelle esigenze, ma diventare i primi nel servizio, fare la gara nel servizio. Sono elementi preziosissimi, per questo i monasteri benedettini diventarono una grande sorgente di spiritualità; “la lezione e il lavoro”, la lezione che era la preghiera, quella che noi, con parola nostra, chiamiamo meditazione, preferivano allora la parola “contemplazione”; e quello che è il lavoro anche manuale, nella obbedienza. Sottolineerà molto il valore dell’obbedienza: il capo del monastero eletto da tutti è il padre, l’abbate; a lui bisogna sottostare come a Cristo, a lui bisogna portare la collaborazione fino in fondo, una collaborazione serena e continua. Ed è così che san Benedetto portò una vera ondata di spiritualità. Correvano, stanchi dai disordini del mondo, stanchi di una società che non trovava più la sua base, correvano a lui e sotto la sua guida edificavano. Edificavano per sé, edificavano per gli altri. Vorrei che della spiritualità benedettina noi sentissimo quello che è l’apporto più necessario per noi: l’impegno, l’ordine. Abbiamo bisogno di ordine nella nostra vita spirituale, troppe volte ci si rovina perché si va a voglie, a capricci del momento, perché non si è capaci di dare al Signore quanto al Signore noi dobbiamo; e allora si cercano vie di traverso, si cercano diversivi, non si cerca il servizio, si cerca l’accontentamento di se stessi, non si cerca la gloria di Dio, si cerca ciò che accontenta l’orgoglio, ciò che accontenta il nostro gusto. Ordine vuol dire sentire come la vita cristiana deve essere indirizzata con precisione, con umiltà, deve essere indirizzata in quella perseveranza che porta ai frutti migliori. È questo, quindi, quello che noi porteremo nella nostra preghiera a san Benedetto: che ci insegni l’ordine della vita spirituale, l’umiltà del servizio al Signore.
CODICE | 76E1V01362N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 02/05/1976 |
OCCASIONE | Catechesi al Vespro |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | San Benedetto |
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