09/04/1978 - Vespro III Domenica Pasqua

Il nostro tema guarda al cuore di Gesù come alla fonte di ogni consolazione. Veramente, dicevo questa mattina, tocchiamo in certe circostanze Cristo risorto e Cristo risorto oltre che sorgente di vita è sorgente di gioia. Spesso di fronte al dolore ce ne chiediamo il perché; di fronte alla gioia no, perché confondiamo la gioia con la vita, sentiamo che necessariamente la vita deve fluire nella gioia. In realtà il Signore Gesù ha sciolto quello che per gli altri è un problema insolubile, il problema del dolore, e ci ha svelato come questa vita ha un centro unificatore proprio nella sua parola, perché la sua parola parla della situazione nostra effimera, cioè del tempo che sale all’eternità e come i dolori di questo mondo hanno nel dolore del Cristo la loro spiegazione, come tutte le gioie di questo mondo tendono a farci capire che Dio è la luce piena e meravigliosa che non tramonta mai. A Lui quindi il nostro ringraziamento: il Signore ci ha parlato d’averci portato la vita e la vita sovrabbondante. Ecco perché in Lui tutti i contrasti si appianano, in Lui tutto si risolve. Le gioie e i dolori sono una strada verso la gioia indefettibile, la gioia piena, la gioia che non conosce nessuna ombra, nessuna pausa, la gioia assoluta e completa. Il regno di Dio, più volte ha detto Gesù, è come un banchetto di nozze. La vita non è per alcuni in un senso e per altri nel senso opposto, la vita non è disperazione e la vita non è spensieratezza: la vita è salita, salita con Lui risorto verso il Padre, verso quel Padre che ha creato i suoi figli non perché siano nella sofferenza, ma perché partecipino con Lui alla gloria eterna. Il Signore sapeva bene che il nostro cammino dev’essere una ricerca di gioia, che non può non essere una ricerca di gioia, perché noi abbiamo sete di gioia e sentiamo che se la gioia passa senza speranza quella gioia diventa sofferenza. Tutto quello che si fa contro il Signore lo si fa contro la gioia, tutto quello che si fa contro la sua legge lo si fa contro la pace: ce lo dobbiamo sempre ricordare. Quello che invece si fa per Lui ci conduce direttamente a quella sorgente che Lui stesso ci ha svelato: “In principio era il Verbo”, cioè in principio era la gioia e Dio stesso era la gioia. E Gesù ci ha insegnato a guardare in alto, a guardare la Trinità come un oceano meraviglioso di verità e di amore. Ricordate Dante Alighieri:”O Luce eterna che in Te sola sidi, sola t'intendi e da te intelletta e intendente te ami ed arridi”. Oh, l’oceano sconfinato nel quale noi troveremo la gioia piena nell’amore che splende, nell’amore che è circolo di grazia e di verità! Cosa valgono le cose di questa terra, quando guardiamo alla Trinità, quando abbiamo la certezza che Cristo risorto tramuta tutto quello che quaggiù si chiama noia, pena, dolore. È meraviglioso come tutto trasforma: certo, si richiede da noi l’impegno, si richiede da noi la fede, ma questo impegno e questa fede quanto ci devono sembrare leggeri e soavi quando guardiamo là in alto e abbiamo la sicurezza che Cristo ci ha preso per mano, anzi, che Cristo ci ha identificati a sè per portarci in questa luce, in questo amore, in questa pace. Chiudiamo questa giornata nella contemplazione della gioia della Trinità e ringraziamo il Signore che non manca mai di dare alla nostra comunità i suoi doni, che sono doni di speranza, che sono una caparra di quello che ci darà poi nei secoli eterni.