14/03/1982 - Vespro III Domenica Quar

“Essi lo fanno per ottenere una corona che si corrompe”, la corona dell’alloro che poi dissecca. “Noi invece corriamo per una corona che non si corrompe” e non si corrompe perché è il premio dell’eternità, è la gloria che la Scrittura chiama anche immarcescibile, che non può marcire, che per l’eternità è trionfo e gioia. Il senso della Quaresima è proprio questa visione di gioia e di gloria. Perché, se nella Quaresima cerchiamo di purificarci dai nostri peccati, di combattere di più i nostri difetti, lo facciamo per unirci a Gesù e per partecipare del suo mistero, mistero di croce, prima, mistero di gloria, poi e per sempre. Dobbiamo allora prendere molto coraggio, un coraggio generoso e pronto. Prendere molto coraggio, perché questa Quaresima deve essere vissuta bene, in profondità. Lo sappiamo: ogni giorno della nostra vita c’è una tentazione, c’è un dispiacere, c’è una preoccupazione. Non si termina mai, perché il cristiano non si illuda che questo mondo è mondo di Paradiso. No! Neanche inizialmente! Finché siamo quaggiù, abbiamo il buon combattimento da fare, ma con l’anima aperta, ma con l’anima generosa, ma con l’anima fervida, ma con l’anima che aspetta immancabilmente da Dio la ricompensa della buona coscienza in questa vita, la pace sua e il premio che sarà Lui stesso. Perché il Signore non ci darà delle cose, che per quanto grandi e belle sono sempre cose: ci darà Lui stesso. Lui! che verrà a noi e ci metterà a parte di tutto quello che ha. Come dice la Scrittura: “Ci darà la sua eredità” (cfr. Mt 25, 34; Ef 1, 18; Eb 9, 15). Ecco, viviamo quindi da figli per potere essere eredi di Dio. Come dice sempre san Paolo: “Eredi di Dio, coeredi, eredi insieme a Cristo” (cfr. Rom 8, 17). Sia il nostro combattimento allora forte, generoso, umile, in piena fiducia e in pieno amore.