28/01/1979 - Vespro IV Domenica Ord

Sant’Ilario d’Enza 28/01/1979
Catechesi Vespro

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Siamo a considerare la trentaduesima invocazione: “Cuore di Gesù, speranza di chi muore in te, abbi pietà di noi”. Tutta la nostra vita dev’essere conforme alla vita del Cristo. Il disegno del Padre celeste è chiaramente in questo senso: ci ha voluto simili al suo Figlio diletto. Ecco perché un cristiano ha sempre davanti un modello, il modello del suo pensare, del suo parlare, del suo agire. Noi dobbiamo essere pieni di amore, perché Gesù ha avuto il cuore così, noi dobbiamo essere umili perché Lui è stato umile, noi dobbiamo distaccarci dai beni della terra perché Lui è stato poverissimo. Il cristiano, perciò, nelle sue virtù non è impegnato per un suo ragionamento, per una sua logica umana: il cristiano guarda Cristo e, vedendo che queste sono le linee di Cristo, queste Lui cerca di ricopiare. Ecco perché, quando parliamo del termine della vita, della morte, noi non possiamo che ripetere la stessa affermazione: la morte di un cristiano dev’essere simile a quella di Gesù Cristo. Di qui la grande speranza sottolineata dall’invocazione, “speranza di chi muore in te”. Morire in Lui vuol dire dunque dare alla morte quei tratti, quelle caratteristiche che ha avuto la morte di Gesù. La morte di Gesù è stata un atto di obbedienza al Padre: Gesù l’ha voluta, Lui la pienezza della vita, l’ha voluta perché la voleva il Padre. È stato così che ha raggiunto la perfezione, “fatto ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce”. È stato un atto di ubbidienza umile, forte, senza alcuna esitazione; Gesù si è offerto come una vittima secondo quello che era stato detto di Lui all’inizio della sua vita mortale: “Tu non hai voluto altre cose, ma hai voluto il sacrificio della mia volontà”. Ecco, fino a quel punto! La morte di Cristo è stata un atto di ubbidienza e tale deve diventarlo per il cristiano, accettando la morte come obbedienza nella sua realtà e nelle sue circostanze. “Ecco, Io vengo, o Dio, a fare la tua volontà”: la morte di Cristo è stata un atto di amore preventivo, Gesù sapeva che noi potevamo nascere solo nella sua morte e Lui l’ha voluta, l’ha voluta per la salvezza di tutti. Anche un cristiano deve dare alla sua morte il senso della espiazione dei suoi peccati, il senso dell’espiazione con Gesù di tutti i peccati del mondo. Un cristiano non vive per sé e non muore per sé, ma muore unendo la propria vita come oblazione per la salvezza del mondo.

CODICE 79ATV01333N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza 28/01/1979
OCCASIONE Catechesi Vespro
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI La morte del cristiano dev’essere simile alla morte di Cristo
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
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