01/02/1981 - Vespro IV Domenica Ord

Eb 12, 22-24 San Paolo dice: è questo il monte santo, è questa la Gerusalemme celeste. Gesù rappresenta il nostro tutto perché senza di lui niente ha consistenza. Cosa vuol dire che lui è mediatore? Che tutti i beni che si riversano sul mondo e sull’umanità passano da lui. Tutta la salvezza la dobbiamo al suo sangue, un sangue più eloquente di quello di Abele. Noi parlavamo del peccato, della responsabilità del peccato, della fuga del peccato. Penso che la vera meditazione sul peccato è la meditazione sulla grandezza di Gesù e sul sangue di Gesù. Perché per redimerci dal peccato noi non abbiamo avuto un piccolo riscatto. È il Verbo di Dio, venuto sulla terra. È il Verbo eterno di Dio fatto uomo che dona il suo sangue, dona il suo martirio, dona tutta la sua opera. E solo così si ottiene remissione. Si capisce il peccato quando si parla dei castighi di Dio. Si capisce il peccato quando si parla di inferno. Ma si capisce che enormità, che gravità terribile ha il peccato quando lo guardiamo così fissando la croce. È la croce del Signore eloquente. È l’eloquenza più grande, è la persuasione che ha il massimo valore. Il peccato è una enormità perché ci è voluto il sangue del Figlio di Dio a riscattare la colpa. E quando uno, nonostante tutto, commette un peccato grave torna a crocefiggere Gesù nel proprio cuore, cioè pone ancora la causa della morte del Signore. Noi dobbiamo dunque rifiutare il peccato proprio in questa visione del suo sangue, proprio in questa persuasione del suo amore, in questa impostazione che è la più esatta e la più centrale. Guarda i tuoi peccati, guarda quel sangue, guarda quell’amore e piangerai e non ricadrai più. Voglia il Signore farcelo capire fino in fondo perché la nostra vita deve essere una vera corrispondenza continua a questo amore.