01/05/1977 - Vespro IV Domenica Pasqua

Sant'Ilario d'Enza, 01/05/1977
Catechesi al Vespro

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Nella nostra meditazione siamo alla ventitreesima invocazione “Cuore di Gesù, saturato dagli obbrobri, abbi pietà di noi”. Cosa sono gli obbrobri? Sono sofferenze atroci, sono offese orribili; e sappiamo come nella sua passione particolarmente il Signore è stato proprio saturato, fino al limite estremo. Ricordiamo anche solo un momento la notte tra il giovedì e il venerdì, quando il Signore era in mano ai soldati, quando Lo beffeggiavano invece di onorarlo, …come facevano finta, lo schiaffeggiavano e lo sputacchiavano in volto, quel volto nel quale desiderano fissare lo sguardo gli angeli, in quel volto vi erano solo le percosse e gli sputi. Ricordiamo un momento la scena della flagellazione, Gesù coronato di spine che è presentato da Pilato al popolo “Ecco l’uomo”, vestito di uno straccio di porpora, ecco, proprio… non Lui! ma saturato di obbrobri. Ricordiamolo sulla croce, in un tormento inesprimibile, fatto oggetto dell’irrisione dei suoi nemici “Colui che ha salvato gli altri non può salvare se stesso” (Mt 27, 42). Saturato di obbrobri. L’obbrobrio contiene non solo la sofferenza, non solo contiene l’insulto, contiene l’umiliazione. Il Signore ha fatto tutto questo per scontare in Lui stesso, scontare il peccato di orgoglio, il peccato di ribellione dell’uomo che vuol essere autonomo da Dio, dell’uomo che si è ribellato a Dio per essere simile a Dio. La storia dell’umanità è una storia di orgoglio: “Perché – dice il salmo secondo - i popoli si sono alzati contro Dio e il suo Cristo?” (Sal 2). Ecco l’orgoglio degli uomini li ha portati a tutte le defezioni. La storia dell’umanità è una storia di orgoglio spezzato mille volte e mille volte rinato, più prepotente e sciagurato di prima. E così è ancora nella storia di ogni anima; la causa profonda dei nostri peccati sta essenzialmente nell’orgoglio, nel volere giudicare da sé, nel non accontentarsi della parola di Dio, nel rifiutarsi di ammettere che la felicità vi è solo dove Dio la indica, che non c’è nel peccato, in tutte le sue manifestazioni, in tutte le sue ostentazioni, in tutte le mille apparenze con cui cerca di camuffarsi. Dietro il peccato c’è solo amarezza, disperazione, fallimento. Che cosa allora dobbiamo fare meditando questa invocazione? Dobbiamo prima di tutto capire, per quanto è possibile, la parola della scrittura: “Egli si è umiliato” (Fil 2, 8), capire l’umiliazione del Signore è capire quale grande danno sia il peccato di orgoglio per le nostre relazioni col Signore, per la nostra relazione con gli altri uomini. Siamo cattivi, siamo invidiosi, perché siamo orgogliosi. Non vogliamo che un altro sappia più di noi, vogliamo sempre prevalere. E poi, ecco, seguire Gesù nella strada dell’umiltà, accettando le umiliazioni che il Signore permette per noi, cercando di essere forti nella conquista di questa virtù; è la virtù più difficile, perché è la virtù base. Quando uno ha conquistato l’umiltà, ha conquistato una grandiosa fortezza; quando uno ha conquistato l’umiltà, ha conquistato un equilibrio grandissimo; quando uno ha acquistato l’umiltà, ha acquistato la pace, la pace interiore e la pace con gli altri. Tante volte non andiamo d’accordo proprio perché non siamo umili, non sappiamo capire gli altri, non sappiamo perdonare agli altri, non sappiamo essere col cuore aperto, perché non siamo umili. Lo domandiamo al Signore, chiediamo al Signore di seguirLo perché la bandiera di Satana, la bandiera sotto la quale raccoglie tutti i suoi adepti è la bandiera dell’orgoglio, ma Gesù ha il vessillo dell’umiltà e tutti quelli che vogliono essere di Gesù Cristo devono essere umili; non si può essere di Gesù senza l’umiltà, ed è proprio nell’umiltà il segno di una vera e solida virtù.

CODICE 77E0V01363N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 01/05/1977
OCCASIONE Catechesi al Vespro
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI 23- Saturato di obbrobri
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