Dicevamo domenica scorsa: “Cuore di Gesù di maestà infinita”. Anche nell’umanità di Gesù risplendeva una luce della sua maestà divina. Noi dobbiamo imparare a conoscere Gesù anche nella sua umanità, perché, lo meditavamo in questi giorni di Natale, dalle cose visibili possiamo salire alle cose invisibili. Dall’amabilità e dalla maestà di Gesù uomo dobbiamo salire all’amore infinito di Dio e alla sua infinita maestà. Sottolineiamo dal vangelo la figura di Gesù, la sua maestosa figura. Leggevamo questa mattina nella liturgia dal capitolo secondo del Vangelo di Luca, Gesù a dodici anni che stupisce: erano, dice, pieni di stupore. Già a dodici anni. Lo vediamo dopo, al momento del suo battesimo: Giovanni, il grande profeta, è intimidito e dice: non sono io che devo battezzare te, ma sei tu che devi battezzarmi. Dirà, e dopo Giovanni lo ripeterà ai suoi discepoli nel resto della sua vita: “Ho visto lo Spirito di Dio scendere su di Lui”. Come doveva essere grande e bello nella sua umiltà Gesù in quel momento! E poi lo vediamo nel suo insegnamento. Egli, sottolinea l’Evangelista, destava profondo stupore, Egli non insegnava, e tutta la folla era concorde in questo, come gli scribi, come gli altri dottori della legge, ma insegnava con autorità, la sua grande autorità, quella maestà per la quale cadevano le mani ai suoi persecutori e i nazaretani si fermarono là, sul ciglio del monte, quando volevano buttarlo giù. Gesù nella maestà del suo discorso là, nel Monte delle Beatitudini, Gesù nello splendore dei suoi miracoli: Egli si alzò in piedi sulla barca e disse al vento di stare calmo e al mare di quietarsi. Quella maestà per la quale la samaritana ricevette l’invito forte alla sua conversione: non è come gli altri. Quella maestà che sfolgora nell’Orto stesso degli Ulivi: “Chi cercate?” e loro “Gesù di Nazaret”, “Sono Io” ed essi caddero a terra, caddero dalla paura: lo sguardo del Signore che proprio perché infinitamente dolce doveva essere infinitamente terribile; lo sguardo per il quale la domenica precedente i pagani non avevano osato avvicinarsi a Lui ed erano andati dagli apostoli, da Filippo e Filippo lo disse ad Andrea: nemmeno Filippo ebbe il coraggio di andare da solo e tutti e due insieme portarono i pagani a Gesù. La maestà davanti al Sinedrio, davanti a Caifa che lo condannava a morte, quando alzando il capo il Signore proclamò la sua divinità dicendo: “Vedrete il Figlio venire sulle nubi del cielo con maestà grande e potenza”. La sua maestà stessa che rifulge dal legno della croce: Pilato aveva messo l’iscrizione “Questo è il re dei giudei”, è un Re e i giudei non volevano, ma Pilato soggiunge: “Ciò che ho scritto ho scritto”. La maestà di Cristo nella sua risurrezione: come possiamo immaginarlo quando appare glorioso davanti ai suoi apostoli dicendo: “Sono Io, non temete”; la maestà quando ascende al cielo. Ecco, chiniamoci di fronte a Gesù per sentirlo sempre così nella sua grandezza anche umana, nella sua meravigliosa intelligenza, nella sua forza, nella sua parola così forte. Inchiniamoci così davanti al Signore e ricordiamocene sempre, particolarmente nei momenti della liturgia, quando sappiamo che il Signore è misteriosamente in mezzo a noi, per sentirlo così come nostro Dio, per sentirlo così come la nostra gioia, per sentirlo così come la nostra fortezza, perché i veli eucaristici non diminuiscano in noi la venerazione, il rispetto, ma che piuttosto servano solo ad accrescere in noi l’amore. Sia così che ripeteremo l’invocazione “Cuore di Gesù, di maestà infinita, abbi pietà di noi”.
CODICE | 73NVV01320N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza 30/12/1973 |
OCCASIONE | Catechesi vespro |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Maestà nella umanità di Gesù |
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