18/06/1978 - Vespro XI Domenica Ord

Sant’Ilario d’Enza 18/06/1978
Catechismo Vespro

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Parlavamo domenica della vita interiore, ne davamo la definizione e ne sottolineavamo l’importanza. Se la vita interiore è partecipazione cosciente alla vita e all’azione di Cristo in noi, questa vita deve sempre più crescere, sempre più prendere forza, perché siamo chiamati non alla mediocrità, ma siamo chiamati in pienezza alla santità. Il Signore ci ha detto: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro”. Come mai allora, ci chiediamo, certe vite spirituali denunciano una stanchezza, una povertà? Come mai dopo tante Comunioni, come mai dopo tante preghiere, come mai dopo tante parole di Dio e dopo tante spiegazioni non si progredisce, non si va avanti e delle volte assistiamo a una cosa tristissima: che certi pagani, in certe virtù, ci superano? Come mai, se abbiamo in noi la vita di Cristo, se è sommamente dinamica, se è irresistibile? L’interrogativo è forte, l’interrogativo è terribile, aggiungerei un altro aggettivo: per certe anime è un interrogativo tragico: denuncia il fallimento, denuncia la sistematica opposizione a questa grazia, che pure a parole si dice di ammirare e di esaltare. I santi ci enumerano le cause molto facili, molto frequenti di questo e dicono che il primo ostacolo è l’affetto al peccato veniale, che impedisce l’espandersi della carità, il crescere della carità soprannaturale. L’affetto al peccato vuol dire ammettere nella propria vita tanti peccati veniali, amarli quasi formino qualcosa di intimo a noi, di naturale, o almeno qualcosa a cui non si può sfuggire. La prima linea è una seria lotta, un serio combattimento al peccato veniale, perché il peccato veniale è sempre offesa al buon Dio, è sempre ostacolo al suo amore, è sempre un fiorire in noi di egoismo. Un’anima che vuole andare avanti non si deve accontentare di evitare i peccati gravi, ma deve con costanza, con insistenza, con cura evitare tutti i peccati veniali e non fossilizzarsi in essi, non ammetterli, non compiacersi di essi adducendo quelle scuse che denunciano povertà di spirito: “È così il mio carattere… è così il mio temperamento… è una maniera qualsiasi per esprimermi…”. Lotta contro il peccato veniale perché l’amore non calcola, l’amore dona e l’amore sa che per il Signore nulla è piccolo, nulla è trascurabile. Una seconda causa che i santi indicano è l’assorbirsi troppo nelle cose che, pur buone, pur giuste, soffocano, perché prima di tutto va curato il cuore, va curata la preghiera, va curato il colloquio con Dio e poi anche le altre cose. Assorbirsi troppo, dicono i santi, dissecca lo spirito, cioè lo rende per niente facile al colloquio col Signore e al fare le cose nel suo nome. Bisogna che diamo una gerarchia alle cose da fare, una gerarchia rigorosa, perché altrimenti non si diventa anime di vera vita spirituale profonda. Una terza causa è nell’eccessiva dispersione, nell’eccessiva leggerezza che porta un’anima a tante distrazioni e a tanti interessi, dimenticando che il primo interesse è questo incontro col Signore. Esaminiamoci allora davanti a Dio e, mentre veneriamo il Santo Sacramento nella benedizione, chiediamoci che cosa impedisce il frutto delle nostre Comunioni, della nostra vita eucaristica e compiamo una promessa che sia forte e risolutiva.

CODICE 78FHV0133AN
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza 18/06/1978
OCCASIONE Catechismo Vespro
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI I primi tre ostacoli alla crescita della vita interiore
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
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