29/06/1980 - Vespro XIII Domenica Ord

Non allo stesso modo di Paolo, in una maniera così prodigiosa, ma nella fede si deve verificare per ognuno di noi questo incontro con Gesù. Per ognuno. Non si può dire una vita vera se non c’è questo incontro. Un incontro strettamente personale. Incontrarsi con lui, conoscerlo, entusiasmarsi di lui, amarlo. E allora si capisce ciò che si verifica per Paolo: dopo, ogni sacrificio è superato, ogni difficoltà è vinta. Allora, in verità, tutto sembra, tutto diventa facile. Perché conoscerlo è amarlo. E l’amore vince ogni cosa. Ci dobbiamo sempre interrogare, perché c’è una parola del Signore che recentemente abbiamo avuto nella liturgia, quella parola che ci deve fare tremare. Dice il Signore: “In quel giorno, il giorno del giudizio, vi saranno molti che diranno: “Signore, in tuo nome noi abbiamo profetato, in tuo nome abbiamo fatto molti miracoli”. E io risponderò: “Non vi ho conosciuti. Non vi conosco. Andate via, voi che avete operato l’iniquità” (cfr. Mt 7,22-23). Allora ci sono in molti che si illudono di conoscere Gesù e non lo conoscono. Non lo conoscono ma si incontrano con un’immagine fittizia. Quand’è che si conosce in verità? Quando lo si cerca con cuore sincero, quando si accoglie aprendo tutto il cuore, senza riserve, senza fughe interessate, senza pretese furbizie. Quando veramente lo si incontra nella fede, nella fede piena e serena. Domandiamo la grazia al Signore, la grazia di questo incontro con lui, vero: “Apparve anche a me”. Un incontro vero per cui ci possiamo sentire dette quelle altre parole: “Io vi ho chiamato amici” (cfr. Gv 15,15). Essere suoi e dice quand’è che si può essere suoi: “Quando osserverete i comandamenti” (cfr. Gv 15,14), quando cioè la vostra fede non sarà un sentimento, ma sarà un’opera, un’opera che prende e coinvolge tutta l’esistenza.