Terminiamo la nostra riflessione sulla nona invocazione. Se vi ricordate abbiamo detto come Gesù nel suo cuore ha il centro della santità e della giustizia e come noi alla scuola sua dobbiamo maturarci nella santità e nell’acquisizione di ciò che noi chiamiamo il timore di Dio, la paura, cioè, di offendere il Signore così buono e di metterci fuori dal suo piano di misericordia e di grazia. Ed è in questo senso che abbiamo ricordato come vi sono degli stati, che si creano nelle anime, che vanno direttamente contro questa santità e questa giustizia; e stasera vogliamo ricordare come è terribile rifiutare una pienezza così meravigliosa di amore. Una pienezza di amore che è una pienezza di forza, perché l’amore è una forza, e, se è Gesù, è la pienezza della carità e la pienezza della forza. Ecco perché diciamo che noi comprendiamo, guardando la croce, quanto deve essere terribile l’Inferno, perché l’Inferno è rifiuto, perché l’Inferno è fuga, perché l’Inferno è odio. Nessuno manda all’Inferno, è l’anima che ci vuole andare, è l’anima che rifiuta la luce fino in fondo, è l’anima che coscientemente rifiuta questa carità di cui non c’è una maggiore. Allora comprendiamo come il Signore tante volte nella sua predicazione ha ricordato il vangelo, come ne ha fatto oggetto di parabole, perché ce le ricordassimo bene, come ha esortato a temere, quasi a dirci: corrispondete all’amore! L’amore è la cosa più grande, l’amore è la cosa più bella, guai, se rifiutate l’amore! Ed è per ciò che la meditazione dell’Inferno ci deve essere abituale, come ci è abituale la meditazione dell’amore di Gesù, perché è Gesù stesso che ci guida in questa meditazione; e Gesù sottolinea gli elementi fondamentali dell’Inferno: questa assenza di Dio, questo tormento, questa solitudine infinita. Noi lo sappiamo: in ogni uomo c’è la possibilità dell’Inferno, come in ogni uomo c’è la possibilità della santità più grande. La nostra meditazione dell’Inferno allora è una meditazione di umiltà, è una meditazione di verità, è una meditazione di vera salvezza. L’Inferno è veramente ciò che ci deve spaventare di più, ma non nel senso di uno spavento, così, di tipo superstizioso! Il nostro spavento dell’Inferno è lo spavento di un amore che teme di non amare, di non amare fino in fondo, di un amore che sa quanto è prezioso stare col Signore, di un amore che sa quanto è bello stare con Gesù, di un amore che perciò non esita di fronte ai sacrifici, non esita di fronte a quelle che sono le grandi scelte che in certi momenti, soprattutto, siamo chiamati a fare. È la preghiera che un grande santo ci mette nella bocca sempre dopo la Comunione: “Non permettere, o Signore, ch’io sia mai separato da te. Tu sei la Verità, tu sei la gioia, tu sei l’amore, tu sei la bellezza, Signore, che io non mi allontani mai da te. Che non mi lasci prendere dal mio orgoglio, dal mio egoismo e rischi di questo rischio tremendo, di questo rischio supremo, dal quale non si torna indietro”. Quanto dobbiamo pregare per la nostra salvezza! E quanto dobbiamo pregare per quelli che sono i moribondi, che hanno vicino il momento dal quale dipende tutta l’eternità, da quel momento tutto, da quel momento o una gioia infinita o una riprovazione senza ritorno. Chiediamo al cuore di Gesù allora con molta forza: Signore rafforzami nel tuo amore, fa' che questo amore mi prenda tanto, mi occupi tanto da assicurarmi di essere sempre con te, insieme a te è tutto, fuori di te vi è il niente.
CODICE | 74G6V0133DN |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 07/07/1974 |
OCCASIONE | Catechesi a Vespro |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | 9- santuario di giustizia e di amore |
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