Proseguiamo nella meditazione della prima invocazione: “Cuore di Gesù, Figlio dell’eterno Padre”. La seconda considerazione: viene spontaneo pensare all’eternità, noi del tempo, noi limitati dal tempo, noi che viviamo in questa terra solo per una frazione di questo tempo. Pensare all’eternità è pensare che Gesù, come Dio, ci ha amati fin dall’eternità, poiché in Dio non vi è né passato, né futuro, ma vi è solo il presente. Dio ci ha amati, ognuno di noi deve ripeterlo a se stesso: mi ha amato dall’eternità. Quando ancora non c’erano le cose che noi vediamo così grandi e così imponenti, prima dei cieli, prima degli astri, prima di qualsiasi cosa, il cuore di Dio mi ha amato. Mi ha amato di un amore meraviglioso, perché mi ha destinato ad essere come Gesù, ad essere un’unica cosa in Gesù, a raggiungere una santità in Gesù che sia santità anche per i fratelli. Dio mi ha amato e il cuore umano di Gesù mi ha amato fin dal primo momento dell’Incarnazione. Quando Dio, nella sua grande misericordia e potenza, ha creato l’anima umana di Gesù, quest’anima è entrata nell’amore del Padre, ed ha amato il Padre e ha amato tutto ciò che ama il Padre. Perciò il Cuore umano di Gesù mi ha amato fin dal primo momento: mi ha amato nel seno della Vergine, mi ha amato nella grotta di Betlemme, mi ha amato nel suo tempo di Nazaret, mi ha amato lungo le strade della Palestina, mi ha amato sul Calvario, mi ha amato sulla croce, mi ha amato nella sua risurrezione. Ognuno di noi è stato investito da questo amore ed è sorto da questo amore. È necessario che riflettiamo fino in fondo che cosa vuol dire essere amati da Dio, che cosa vuol dire che Dio pensa a noi, che cosa vuol dire essere oggetto della tenerezza del cuore di Gesù. Voi ricordate tutte le magnifiche espressioni che ricorrono tanto spesso nella Scrittura, questo amore personale, forte, continuo del Signore: e cosa si domanda a noi? Di lasciarci amare. Perché è Dio che ha cominciato ad amarci, è il cuore di Gesù che ha palpitato per noi e certamente continuano ad amarci, ci amano pur essendo noi peccatori e vogliono la nostra salvezza, la nostra santificazione. Gesù vuole, di una volontà efficace, che noi corrispondiamo al suo disegno di grazia, di una volontà efficace che ci dà i mezzi, che ci urge. Il Signore è vicino a noi: “Si fa più festa per un peccatore che si converte che per cento giusti”. Si fa festa in Paradiso, sottolinea Gesù, quando un peccatore si converte. Ed è in queste espressioni che noi troviamo tutto il vangelo, sono queste espressioni che ci garantiscono che non è una fantasia la nostra, che non è un sentimentalismo, ma che è una grande realtà: si fa festa in Paradiso per un peccatore che si converte. Siamo oggetto dell’attenzione di Dio e di tutto il Paradiso: niente è indifferente di quello che avviene nella nostra vita. Ecco, la santità nostra non consiste nel fare delle grandi cose, non consiste nel voler fare dei miracoli o delle grandi imprese: la nostra santità è lasciarci amare e corrispondere nell’amore. Ecco perché siamo inescusabili se poniamo il cristianesimo fuori da questa prospettiva, se pensiamo a un cristianesimo di durezza e d’imposizione. Lasciati amare, perché il tuo Dio ti ama. Lasciati amare, perché nell’amore del tuo Dio troverai la tua perfezione e la tua felicità.
CODICE | 73LTV0133TN |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza 28/10/1973 |
OCCASIONE | Catechesi vespro |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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