06/11/1977 - Vespro XXXII Domenica Ord

Sant'Ilario d'Enza, 06/11/1977
Catechesi al Vespro

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Parlavamo dell’obbedienza che noi dobbiamo a Dio e come tutta la nostra religiosità, la nostra perfezione sia nel fare la sua volontà, perché nella sua volontà c’è ogni nostro bene; ma noi sappiamo che Dio ha dato tutto nelle mani di Cristo suo Figlio. Fra poco tempo noi celebreremo la festa di Cristo Re, che vuol proprio sottolineare come Gesù con la sua resurrezione sia diventato il “Signore” nel senso esclusivo e pieno della parola. Il Signore! Di Lui Davide aveva profetizzato: “Oracolo del Signore al mio Signore, siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi” (Sal 109, 1). Questo salmo che recitiamo tutte le domeniche sottolinea proprio questa grande realtà: Gesù, con la sua resurrezione, è stato glorificato dal Padre che lo ha costituito padrone dell’universo, Signore dei vivi e dei morti. Gesù è nostro Re nel senso pieno di questa parolaAt ci comanda, ci guida, ci protegge e insieme a Lui noi dobbiamo fare il suo regno. Di qui l’umiltà nostra che è umiltà di fede. Gesù è il nostro capo, noi siamo sue membra. La grazia di Dio ci arriva mediante Cristo, perciò ogni grazia si chiama grazia di Cristo; è da Lui che ci viene trasmessa la volontà del Padre, è con Lui che noi possiamo rendere valida la nostra vita, salvarla, come è detto nella scrittura: “Salvatevi - diceva san Pietro nel giorno di Pentecoste - salvatevi da questa generazione cattiva” (At 2, 40). Lui salvatore, Lui che dà un senso vero a tutto il nostro operato, Lui che dà una dignità alla nostra preghiera, un merito alla nostra sofferenza; Lui che ci unisce gli uni agli altri, perché è da Cristo che viene la nostra fraternità e la nostra vera unione. Perciò chiamiamo Gesù “Principe della pace” secondo la profezia che troviamo nel profeta Isaia: principe della pace, cioè quello che costituisce la base della nostra armonia con Dio e perciò della nostra armonia comune tra di noi. Noi guardando all’umiltà di Gesù, guardando alla povertà del suo tabernacolo, guardando alla sua mansuetudine,11111 non ci dobbiamo ingannare: tu sei il Re della gloria, o Cristo, tu sei il Figlio eterno del Padre! Non dimentichiamoci mai della maestà di Gesù, non dimentichiamoci mai di come Gli dobbiamo essere soggetti, di come dobbiamo lasciarci condurre da Lui. Certo Lui ci conduce come un pastore “Io sono il buon pastore” (Gv 10, 11). Però le altre parole “Le mie pecore ascoltano la mia voce” (Gv 10, 27): ecco, ci dobbiamo proporre questa obbedienza essenziale a Cristo, questa obbedienza in tutto quello che vuole da noi e Lui, ho detto, ci vuole partecipi del suo regno, cioè noi dobbiamo fare un’opera con Lui. La nostra vita ha una grande missione, che è la missione stessa di Cristo. Noi dobbiamo costruire per l’eternità; noi dobbiamo perciò sentirci impegnati in tutto quello che Lui desidera, vuole da noi “Mi è stata data - dirà sono delle sue ultime parole - mi è stata data ogni potestà in cielo e sulla terra” (Mt 28, 18), perciò “Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo ad ogni creatura, chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato” (Mc 16, 16). È questa la nostra sostanziale obbedienza: fare l’opera che ci è stata data. L’evangelizzazione non è solo qualche cosa di buono da fare, è un atto di obbedienza a Cristo, un atto che costituisce la finalità stessa della nostra vita: “Andate e predicate”. Andate: è un comando; predicate: è un comando; un comando che ha una conseguenza terribile: “Chi crederà a voi sarà salvo, chi non crederà a voi sarà condannato” (ib). Ecco, in questo spirito facciamo la nostra adorazione eucaristica ponendo tutte le nostre facoltà a servizio di Cristo maestro e di Cristo Signore, ponendo tutta la nostra buona volontà di seguirLo sempre.

CODICE 77M5V0133VN
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 06/11/1977
OCCASIONE Catechesi al Vespro
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI 24- Obbediente fino alla morte
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
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