In questo tempo sorgono i Comuni. Io non mi fermo su un’analisi storica dei Comuni, sulla loro genesi che indubbiamente è varia: alcuni dicono che sorsero per il vivo ricordo che c’era ancora di Roma e delle sue istituzioni, i comuni romani. Indubbiamente furono ragioni economiche le prevalenti, economiche e commerciali. Si sta facendo le ossa quella che si chiamerà in seguito la borghesia: commercianti, artigiani che si arricchiscono e che prendono posizione prima di distanza e poi d’opposizione verso i padroni, i feudatari. Certo non è da sottovalutare quella che è l’idea cristiana di libertà, di dignità, dell’esigenza di una fraternità che è alla base stessa della predicazione del Vangelo. Indubbiamente sorgono i Comuni nelle città e sorgono anche nella campagna (i comuni rustici) con la voglia di essere se stessi, di poter disporre di se stessi e delle ricchezze conquistate col lavoro. Sicché, l’anima cristiana si manifesta anche nelle insegne, nei gonfaloni, la massima parte delle quali portano insegne religiose di confraternite, di consociazioni, di consorterie che portano il nome di un santo e s’ispirano alle gesta di quel santo. I Comuni s’affermano mentre l’imperatore di Germania vuole conservare, anzi, sviluppare il suo potere egemonico. Quando si ha il caso di un imperatore che vuole calcare di più la mano, come nel caso di Federico Barbarossa, nasce l’alleanza tra papato e comuni. Vengono così a formarsi due partiti: i guelfi e i ghibellini. I guelfi erano prevalentemente composti da piccoli feudatari, dai borghesi, dalla gente minuta e nelle questioni della lotta tra il papato e l’impero parteggiano per il papato, mentre i ghibellini sono composti dai feudatari maggiori o da gente che sogna la restaurazione dell’impero romano (come Dante Alighieri), da quelli che sono persuasi che l’autorità politica forte è l’unica medicina al dilagare dei contrasti, delle rivalità, delle lotte, delle fazioni, del moltiplicarsi dei partitini che sconvolgono e turbano la vita di ogni paese e di ogni città. I ghibellini tengono dalla parte dell’imperatore, ma sarebbe ingenuo pensare che fossero uniformi: avevano dei pensieri molto diversi e si coagulavano solo in particolari circostanze. Sicché, dopo la lotta delle investiture abbiamo questo nuovo capitolo di lotta, di antagonismo e, purtroppo, di sangue. I Comuni alleati col Papa combattono il Barbarossa, che del resto non era un uomo privo d’ingegno: aveva delle qualità ma voleva un dominio, un potere che la Chiesa non poteva ammettere. Voleva che il Papa fosse come uno dei tanti vescovi dipendenti dall’imperatore, voleva che i comuni riconoscessero la sua signoria e pagassero quello che loro dicevano ingiusto pagare. La lotta si protrasse per dei decenni, soprattutto col Papa Alessandro, in onore del quale gli alleati fecero una città, nata in posizione strategica per dividere le forze di due ghibellini: Alessandria. La lotta si trascinò senza apprezzabili risultati fino a che Federico Barbarossa, sconfitto, non scese a patti, riconoscendo i diritti e le necessità della Chiesa e dei comuni. In gergo moderno diremmo che era stata una vittoria del popolo. Certo, costò molta strage, costò molte distruzioni: questi anni senza pace, questa divisione costante anche all’interno dei comuni stessi e delle signorie. Troviamo però sempre lo stesso denominatore che abbiamo trovato prima e che troveremo dopo: il potere civile si vuole arrogare tutte le forme di signoria, la Chiesa che non può non rivendicare la sua e l’altrui libertà. Cerchiamo di capire bene questa lotta, perché è la stessa lotta che si combatte in tanti paesi anche adesso nel mondo: nell’Est europeo, in America latina e nei paesi d’Oriente. E’ sempre la stessa cosa: la Chiesa è per la libertà, il potere civile deve restare nei suoi limiti. Noi vediamo il clero ortodosso di Mosca come è asservito, come per la propaganda e per le affermazioni di comodo è sempre pronto. La Chiesa veramente la possiamo chiamare la patria della libertà, perché chi vive bene il Vangelo non può non amare la libertà, cioè l’indipendenza della coscienza. La coscienza è il rifugio dell’uomo ed è nello stesso tempo la gloria dell’uomo: oppresso esteriormente l’uomo resta libero nella sua coscienza e quando può domanda e grida questa libertà. Certo non possiamo dimenticare come sono ancora tanti milioni nel mondo quelli senza libertà e se condividono con noi la fede condividono con noi l’amore alla libertà, l’esigenza del diritto alla libertà. Perché l’uomo ha più bisogno di libertà che di pane, l’uomo vuole essere quello che deve essere: vuole essere se stesso. L’uomo è stato fatto a immagine di Dio e Dio è infinitamente libero, non è determinato da nessuna cosa, gode una libertà perfetta: l’uomo creato a immagine di Dio ritorna perciò sempre a questo dato fondamentale, a questa sua essenza. Non solo noi dobbiamo amare la libertà, ma dobbiamo farla amare. Il nostro tipo di educazione dev’essere segnato dalla libertà: meglio lasciare uno libero anche esageratamente che opprimerlo in qualche cosa. La libertà dobbiamo rispettarla in tutti: dobbiamo rispettarla e dobbiamo promuoverla e dobbiamo lottare per la libertà e gioire ogni qualvolta la libertà è affermata e la violenza è repressa. In fondo, lo sapete bene, questo amore alla libertà è attaccata da destra e da sinistra: se uno non la pensa come te va eliminato. Noi siamo contro tutto quello che in qualche maniera è lesivo, anche sotto un solo aspetto, della dignità dell’uomo ed è ben giusto che serviamo la libertà e vogliamo attuare giustamente e fortemente la nostra libertà. Sappiamo che la democrazia nasconde anche lei, nelle sue pieghe, degli elementi che sono contrari alla libertà, quando la legge del numero diventa una legge irragionevole, per cui chi ha il numero maggiore vuole avere ragione anche se tutto sta contro. Il numero non deve schiacciare: prima del numero c’è la verità.
CODICE | 83AMA103 |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza 21/01/1983 |
OCCASIONE | Adunanza |
DESTINATARIO | Gruppo S. Giovanni Bosco |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Storia della Chiesa XII secolo Guelfi e ghibellini: la lotta per la libertà |
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